I temi di Henry James sono piuttosto costanti, anche se riproposti con sfumature, meccanismi e analisi psicologiche variamente sfaccettate. The Golden Bowl (La coppa d’oro) li ripresenta dunque: il contrasto fra l’America innocente e rozza e l’Europa corrotta e sofisticata, i rapporti di coppia e la ricerca della felicità, il soffocamento delle pulsioni da parte delle convenzioni sociali, etc. etc. Ma qui parliamo del film. E Ivory è sempre Ivory: il che, per molti, diventa paradossalmente un difetto. Tuttavia, oltre alle solite osservazioni sulla sua strabiliante perfezione ed eleganza nella ricostruzione delle locations e dei costumi (che in questo film sono veramente raffinatissimi, e certo in anticipata competizione con quelli altrettanto strepitosi dell’Età dell’Innocenza di Scorsese – costumi per cui l’ideatrice italiana ha vinto un Oscar), oltre a alle solite osservazioni sulla sua regia, meticolosissima nei tempi e attenta alle prestazioni degli attori, quel che mi ha colpito del film è Uma Thurman, la cui interpretazione è di grande spessore e modernità (nel senso di complessità, evitando quindi la resa “tagliata con l’accetta”): il suo è un personaggio difficile. In realtà potrebbe essere una semplice sfascia famiglie….e qui sta invece la bravura della Thurman e di Ivory: rispettare e rendere lo spirito di James. Nella sua ostinata determinazione, nella sua frenesia (sì, direi proprio frenesia amorosa) non riesce a risultare odiosa, quanto piuttosto complessa, e suscitare profonda compassione. Di contro la “povera” e ingenua Maggie, nel suo percorso di abbandono delle illusioni e di crescita, è decisamente perfida. Ivory riesce a cogliere perfettamente la lezione di James: coloro che sembrerebbero candidi (come la “candida” May dell’Età dell’innocenza d’altronde, e non dimentichiamo che Edith Warthon, autrice del romanzo, era ammiratrice e allieva di James..), coloro che sembrano “candidi” dicevamo, sono in realtà i carnefici più spietati, proprio perché il loro candore è perfettamente aderente e in simbiosi con le convenzioni. I guastafeste invece, nel loro impulso e nella loro coerenza con le loro aspirazioni, vengono irrimediabilmente stritolati dalle maglie del sociale che, nel ferreo ristabilimento degli equilibri, creano altrettanti e ben più gravi squilibri. Insomma…il vaso sbeccato (o, in questo caso, la più elegante e crinata coppa bizantina in cristallo e oro) è forse meglio di quello intatto.
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