Munich |
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Un film di Steven Spielberg.
Con Moritz Bleibtreu, Eric Bana, Mathieu Kassovitz, Geoffrey Rush, Bijan Daneshmand.
continua»
Titolo originale Munich.
Drammatico,
durata 164 min.
- USA 2005.
uscita venerdì 27 gennaio 2006.
MYMONETRO
Munich
valutazione media:
3,43
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Una speranza per un nuovo avveniredi camillaFeedback: 0 |
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venerdì 6 ottobre 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Monaco 1972: la narrazione di Spielberg comincia laddove è appena conclusosi l’attentato terroristico in danno degli 11 atleti olimpici israeliani. Il ritmo del racconto è serrato, e non concede spazio a valutazioni morali; alla violenza deve seguire violenza e condurre dunque all’uccisione sistematica delle menti realizzatrici dell’attentato, così come pianificato da parte servizi segreti israeliani. La vendetta è vissuta con sublimazione quasi spirituale, è un male da compiere, purché sia fatto in fretta, senza pensare, come osserva lo stesso Carl, complice e membro della piccola squadriglia di cinque uomini assoldata per le esecuzioni e capeggiata dal giovane, e ideologicamente motivato, Avner. Il gruppo, animato da un fine -individuale e collettivo contemporaneamente- superiore, assiste apatico, senza porsi domande, allo spargimento di sangue che esso stesso sta generando. In un clima di crescente sospetto, le menti degli improbabili killer comprendono mano a mano, ma ormai tardi, di essere divenute pedine di un gioco di cui ignorano le regole e da cui è impossibile tirarsi fuori, e coscienti dunque di ciò, con nuovo dolore, non possono fare a meno di ergersi a giudici delle loro nefande azioni, di cui ora si, sfuggono le giustificazioni: con enfatico pentimento e, quasi profeticamente, prima della sua uccisione, Robert annuncia “il sangue versato ricadrà su di noi”. Avvolto ormai da una spirale di paranoia, Avner sente di portare con sé il dramma dell’intero popolo israeliano, ma anche il dramma, tutto personale, di chi sente ormai vacillare le ragioni del suo odio e nel contempo acquisisce consapevolezza che le violenze compiute non fermeranno il terrore. Di ciò il giovane capo ha conferma nell’incontro con il nemico-fratello palestinese che, altrettanto fanaticamente, annuncia il proseguirsi di una “lotta che ben potrà essere infinita, portata avanti dai molti figli della Palestina “. Anche in questa occasione il narratore Spielberg, sapientemente, non prende posizione, ma concede che lentamente l’irrequietudine di Avner maturi in senso di tradimento nei confronti dell’alter ego palestinese, il quale, drammaticamente trova la morte di li a poco l’incontro, proprio sotto i suoi occhi impotenti; ma il cammino per la personale redenzione è ancora lungo, e mentre ognuno dei membri della squadriglia segue il proprio destino, il racconto prosegue lungo il dramma umano di Avner, che in un clima di psicosi, perseguitato dal proprio passato, non sa fare altro che rivivere quotidianamente l’orrore dei propri crimini. Solo il rifiuto successivo del giovane uomo per la commissione di nuovi attentati fa venir finalmente fuori la consapevolezza maturata del male commesso, nonché il progressivo ripudio acquisito per la lotta armata come criterio risolutivo del conflitto israelo-palestinese, che, nonostante il diniego di Avner, troverà, almeno per ora, comunque nuovi militanti.
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