E venne il giorno |
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Un film di M. Night Shyamalan.
Con Mark Wahlberg, Zooey Deschanel, John Leguizamo, Betty Buckley, Frank Collison.
continua»
Titolo originale The Happening.
Fantascienza,
durata 91 min.
- USA, India 2008.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 12 giugno 2008.
MYMONETRO
E venne il giorno
valutazione media:
2,83
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Grossi disastri e piccoli filmdi Rudy GonzoFeedback: 0 |
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mercoledì 18 giugno 2008 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Lavorare sulle paure contemporanee è un filone benemerito e anche ampiamente sfruttato. E’ fuori di dubbio che Shyamalan consideri questa come una delle fonti principi del suo cinema, e ben venga. The village, anche se incredibilmente esplicito, funzionava bene come metafora degli Usa di Bush, e tutto sommato anche dell’arroccamento di tutto l’Occidente su posizioni di difesa estrema dall’invasione di altre culture e altri popoli. Difesa fisica o anche solo psicologica, alzando barriere, crendo mostri terribili e sanguinari oltre queste. Su un altro fronte, un’altra grande paura, angoscia, spada di Damocle sulle nostre teste, è l’imminente e immanente catastrofe ecologica (non domani, non tra un anno, ma certo tra qualche decennio), per scongiurare la quale abbiamo tutti i mezzi ma nessuna volontà politica, e contro la quale la gente normale si trova spiazzata e sola di fronte all’ignoto. Ancora una volta, tutte le nostre certezze sono messe in discussione – non esistono più le mezze stagioni, signora mia – e il terrore può arrivare dalla più innocua delle cose che ci circondano. Ma se vuoi farmi paura, farmici riflettere, devi impegnarti un po’ di più e andare un po’ più in là della sola constatazione di ciò e dell’idea di farne un soggetto cinematografico. Devi trovare una chiave narrativa congrua, un mostro che abbia una sua coerenza anche scientifica, dato l’argomento; soprattutto, una risoluzione che passi attraverso la presa di coscienza dei personaggi riguardo al disastroso problema. Innanzitutto, che tensione ci può essere se non riesci ad essere abbastanza bravo da darmi un contensto verosimile per quello che mi vai raccontando? E non sto parlando altro che della proverbiale e banalissima sospensione dell’icredulità con la quale ogni raccontatore di storie deve fare i conti. Non importa quanto il mondo che mi metti davanti sia fantastico o irreale o inverosimile, basta che al suo interno tutto torni. A maggior ragione se il mondo che vuoi raccontare è il nostro, e se la paura che vuoi incutere dovrebbe essere nient’altro che l’estremizzazione di quello che tutti abbiamo davanti agli occhi. Ma, di incongruenza in incongruenza, di incoerenza in incoerenza, questo brutto film si riduce alla più banale delle storielle di coppia circa quarantenne in crisi - intorno al suo problema si svolgeranno tre quarti del film, compreso il melenso finale - dimenticando quasi il contesto. Che si trasforma, a ben vedere, nella metafora del viaggio dei due protagonisti all’interno dei loro problemi, e da qui il non casuale sdolcinato, banale, fastidioso citato finale (del controfinale taccio per decenza). E in più a condire tutto, al contrario di quanto visto nei precedenti lavori di questo regista, un film girato con approssimazione, con una fotografia così sciatta come non si ricordava da tempo, e con attori (ma forse è colpa dei personaggi, così male abbozzati e niente profondi) privi del minimo spessore e della minima capacità espressiva. Insomma, o il Nostro è in profonda crisi, o, semplicemente, ha cercato di affrontare un tema più grosso di lui senza avere le capacità o la maturità per affrontarlo. In fondo, tutte le altre sue storie erano basate sul giochino narrativo del ribaltamento finale: è evidente che l’aver provato ad affrontare un tema vero e così grande, non risolvibile con espedienti o trovatine più o meno furbe, si è rivelato un compito non alla sua altezza.
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