annalisarco
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domenica 22 ottobre 2017
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la libertà di essere sé stessi
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La battaglia dei sessi non poteva invadere le sale cinematografiche di tutto il mondo in un momento migliore. Ogni giorno vengono raccontate storie di discriminazione da cui deriva inevitabilmente tutto il resto: violenze, soprusi, aggressioni, paure che innescano silenzi. I registi Valerie[+]
La battaglia dei sessi non poteva invadere le sale cinematografiche di tutto il mondo in un momento migliore. Ogni giorno vengono raccontate storie di discriminazione da cui deriva inevitabilmente tutto il resto: violenze, soprusi, aggressioni, paure che innescano silenzi. I registi Valerie Faris e Jonathan Dayton hanno voluto raccontare una storia accaduta realmente per parlare di gravi problemi di attualità. Il match disputato nel 1973 da Billie Jean King e BobbyRigs segnó una piccola e importante svolta nella lotta contro la disparità dei sessi, un match nato come una scommessa e conclusosi con una grande dimostrazione di eguaglianza. Perchè le vere femministe – termine che non mi è mai stato particolarmente simpatico – sono quelle donne che lottano per dimostrare di essere come gli uomini, non superiori. Allenamento, costanza, temperamento, una gran dose di buon senso fa di una persona un campione, non il suo sesso. Emma Stone è una delle donne più convinte di questo, tanto che si impegna costantemente nella battaglia per la parità. I suoi colleghi maschi hanno abbassato la loro paga per avere lo stesso stipendio della Stone, segno che anche nell’universo maschile si avverte il giusto in questa causa. Le donne e gli uomini sono uguali, nascono più o meno predisposti verso qualcosa, ma con l’impegno giusto ogni situazione può cambiare radicalmente. Così come fece Billie Jean nei suoi anni di duro allenamento impiegati per diventare non una grande, ma una campionessa, ha voluto dimostrare a sé stessa e poi agli altri che “è possibile”. Perché solo chi eccelle ha davvero voce in capitolo e dunque, è in grado di cambiare il mondo. Il film è cosparso di attori bravissimi, primi tra tutti Emma Stone e Steve Carrell. La storia tratta fatti realmente accaduti e passati alla storia proprio per questo scontro sportivo la cui attenzione fu portata sul piano di parità dei sessi. Non è un film con grandi particolaritá, se non appunto quelle di avere ottimi attori e un grande messaggio che non si ferma a raccontare l’aspetto femminista o maschilista, bensì lancia qualcosa di più profondo: ci sarà sempre una lotta da combattere, ma passo dopo passo è possibile cambiare le cose. Billie Jean l? infatti, si trova ad affrontare una situazione sentimentale particolare proprio durante il periodo della sfida lanciata da Rigs: la nascita di un sentimento verso una donna, Marilyn (AndreaRiseborough), che porterá la campionessa di tennis – sposata – ad affrontare se stessa. Non si finisce mai di conoscersi, forse, e decisamente non si smette mai di lottare per ciò che è giusto. Il mondo non tace ed è sempre pronto a giudicare e spesso a non perdonare, e il non perdono può diventare letale molte volte. Billie Jean è una campionessa, un esempio di femminista corretta e intelligente. Vince la sua battaglia sul campo, ma una nuova incombe immediatamente su di lei: l’amare liberamente e mostrarsi per ciò che si è realmente. Che sia la parità dei sessi o l’amore libero e senza pregiudizi poco importa, ci sarà sempre qualcosa da difendere, nonostante non ci dovrebbe essere bisogno nè di giustificazioni nè di difese per qualcosa che ci spetta per natura, come libertá e uguaglianza. Finita una battaglia, se ne inizia un’altra. L’importante è fare il primo passo.
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danmars
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giovedì 26 ottobre 2017
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il tennis come simbolo della rivoluzione sessuale
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La tenacia e il coraggio di una donna che lotta è quasi sempre -cinematograficamente parlando- incorniciata in un'atmosfera drammatica, dai contorni netti e a volte strazianti. Non è il caso di questo film, in cui una bravissima Emma Stone riesce a combattere, per le altre, per se stessa, in una forma che il regista ci propone tra la commedia e il drammatico. Questo aspetto fa apprezzare l'intera pellicola, con la suspense che tiene incollati fino alla fine per sapere chi vincerà davvero la battaglia dei sessi.
Una battaglia (vera, disputata il 20 settembre 1973) tra il concetto della superiorità del maschio e la relegazione femminile a meri compiti di metaforiche raccatta-palle.
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La tenacia e il coraggio di una donna che lotta è quasi sempre -cinematograficamente parlando- incorniciata in un'atmosfera drammatica, dai contorni netti e a volte strazianti. Non è il caso di questo film, in cui una bravissima Emma Stone riesce a combattere, per le altre, per se stessa, in una forma che il regista ci propone tra la commedia e il drammatico. Questo aspetto fa apprezzare l'intera pellicola, con la suspense che tiene incollati fino alla fine per sapere chi vincerà davvero la battaglia dei sessi.
Una battaglia (vera, disputata il 20 settembre 1973) tra il concetto della superiorità del maschio e la relegazione femminile a meri compiti di metaforiche raccatta-palle.
Ma c'è di più: il sentiment dei personaggi, ad esempio un Bill Pullman in secondo piano che perfettamente comunica lo sprezzo maschilista o la donna manager Sarah Silverman che ben appoggia il ruolo della femminista con le palle, riesce a toccare lo spettatore (sia esso maschio o femmina) in profondità.
Steve Carell, l'uomo protagonista, nel ruolo del tennista datato ed esuberante non supera mai la regina Emma Stone: fin dall'inizio del film è lei la vincitrice sul set (cinematografico, non tennistico). I registi Dayton e Faris mettono in scena una moltitudine di emozioni e colori che la fotografia di Sandgren e i costumi di Zophres (siamo negli anni '70) enfatizzano in modo sublime. La sceneggiatura di Beaufoy (premio Oscar per The Millionaire) è quasi perfetta. Quasi.
C'è poi il risvolto privato, il matrimonio in crisi e l'amore diverso nel quale Andrea Riseborough fa bene la sua dis-parte: se ne sta intimamente a lato, caratterizzando la pellicola di quel dolce-amaro di cui aveva bisogno per completezza, lasciando allo spettatore la voglia di abbracciarla.
Al termine della battaglia Billie Jean (che non è quella della canzone di Michael Jackson, ndr) scoppia a piangere. E' il simbolo di questa partita, la liberazione delle palle, o la loro acquisizione. Ma è anche il simbolo della fatica, della lotta dell'amore e di chi le dice che le battaglie non sono finite, perchè un'altra è già lì, pronta sul campo. Qualche lacrima di commozione subentra: la rivoluzione sessuale è cominciata.
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fabio
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giovedì 19 luglio 2018
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la vita come scommessa
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Un buon film, con bravi attori al servizio di una sceneggiatura efficace.
La rievocazione di una storica partita a tennis è il pretesto per raccontare la battaglia politica per la pari dignità, economica e non solo, tra uomini e donne.
Lo sfondo è l'America dei primi anni settanta: con le contraddizioni, la contestazione e la ventata di libertà che soffia sui protagonisti di quell'epoca.
Si percepisce l'incombente destino: i protagonisti sembrano destinati a incrociarsi; e proprio nel momento in cui ciascuno di loro ha più bisogno trova nell'altro l'aiuto, la sponda.
Il tono da commedia prevale ed attutisce la sostanza che invece è fortemente drammatica.
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Un buon film, con bravi attori al servizio di una sceneggiatura efficace.
La rievocazione di una storica partita a tennis è il pretesto per raccontare la battaglia politica per la pari dignità, economica e non solo, tra uomini e donne.
Lo sfondo è l'America dei primi anni settanta: con le contraddizioni, la contestazione e la ventata di libertà che soffia sui protagonisti di quell'epoca.
Si percepisce l'incombente destino: i protagonisti sembrano destinati a incrociarsi; e proprio nel momento in cui ciascuno di loro ha più bisogno trova nell'altro l'aiuto, la sponda.
Il tono da commedia prevale ed attutisce la sostanza che invece è fortemente drammatica. Tuttavia il film resta in equilibrio quanto basta.
Per chi è in cerca di storie vere, spunto per guardare dentro uno spaccato sociale e storico.
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marionitti
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sabato 21 ottobre 2017
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quanti primi piani
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La storia, oltretutto assolutamente autentica, offriva uno spunto fantastico, epico, ma questo film non lo sfrutta al meglio e resta un prodotto discreto. Ambientato in un tempo che oggi sembra lontanissimo, ma che è solo l'altro ieri, ci racconta la difficile sfida delle donne che vogliono la parità nello sport e di un'altra lotta per la parità, quella di gay e lesbiche, che era ancora impossibile da nominare. Temi importanti, raccontati con eccessi di lentezza e senza trovare un ritmo davvero coinvolgente. L'abuso del primissimo piano è sempre un segno di debolezza perchè, come la musica sempre a tutto volume, finisce per togliere intensità emotiva ai passaggi; se sottolineo tutto un testo ottengo lo stesso risultato che se non avessi sottolineato nulla.
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La storia, oltretutto assolutamente autentica, offriva uno spunto fantastico, epico, ma questo film non lo sfrutta al meglio e resta un prodotto discreto. Ambientato in un tempo che oggi sembra lontanissimo, ma che è solo l'altro ieri, ci racconta la difficile sfida delle donne che vogliono la parità nello sport e di un'altra lotta per la parità, quella di gay e lesbiche, che era ancora impossibile da nominare. Temi importanti, raccontati con eccessi di lentezza e senza trovare un ritmo davvero coinvolgente. L'abuso del primissimo piano è sempre un segno di debolezza perchè, come la musica sempre a tutto volume, finisce per togliere intensità emotiva ai passaggi; se sottolineo tutto un testo ottengo lo stesso risultato che se non avessi sottolineato nulla.
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