filippo catani
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mercoledì 15 maggio 2013
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due donne e la clandestinità
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Una donna di mezza età si ritrova improvvisamente sola con due figli a carico. Il tutto perchè il marito è un giocatore d'azzardo incallito che si è giocato tutti i risparmi della coppia. I tre vivono in una casa fatiscente di lamiera e sognano di potersi trasferire in un prefabbricato. Per racimolare i soldi necessari, la donna in collaborazione con un'indiana pure lei con diversi problemi inizierà a fare il corriere per trasportare clandestini cinesi e non dal confine del Canada in America. Il tutto facendo una breve ma pericolosissima traversata di un fiume ghiacciato.
Vincitore al Soundance 2009, questo film ci interroga su diverse problematiche.
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Una donna di mezza età si ritrova improvvisamente sola con due figli a carico. Il tutto perchè il marito è un giocatore d'azzardo incallito che si è giocato tutti i risparmi della coppia. I tre vivono in una casa fatiscente di lamiera e sognano di potersi trasferire in un prefabbricato. Per racimolare i soldi necessari, la donna in collaborazione con un'indiana pure lei con diversi problemi inizierà a fare il corriere per trasportare clandestini cinesi e non dal confine del Canada in America. Il tutto facendo una breve ma pericolosissima traversata di un fiume ghiacciato.
Vincitore al Soundance 2009, questo film ci interroga su diverse problematiche. Innanzitutto vediamo una donna che tra una sigaretta e l'altra deve cercare di tirare avanti la propria famiglia. I soldi sono sempre troppo pochi e quindi molto spesso colazione, pranzo e cena si risolvono con il solito menu: popcorn e aranciata. Purtroppo la famiglia vive il terribile dramma di avere in casa (si fa per dire visto che è sempre assente) un padre con il vizio del gioco; un problema che anche dalle cronache recenti abbiamo visto assumere un peso importante e drammatico anche nel nostro paese. Il lavoro che la donna deve fare e avvilente e poco remunerato e soprattutto l'aumento tanto promesso non le è stato mai accordato al contrario di quanto avvenuto per una commessa decisamente più avvenente e capace di mostrare al capo le sue "grazie". Allora non resta che la clandestinità ed ecco allora la conoscenza con una giovane e problematica ragazza indiana anche lei madre di un figlio che le è stato sottratto dalla suocera. E cos' due ragazze al confine della società cercheranno di aiutare dei clandestini a varcare quello stesso confine (non posso credere che delle persone paghino per venire quì afferma la bravissima e candidata all'Oscar Leo). Bisognerà fare i conti con la mafia cinese che gestisce il traffico di esseri umani ma anche di piccoli delinquenti che cercano di fare soldi con questo "commercio". Due traghettatrici disperate per persone altrettanto disperate che impiegheranno anni di lavoro per ripagare il passaggio ricevuto verso l'America. Un film tosto e duro che prende allo stomaco lo spettatore e lo scuote profondamente.
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jacopo b98
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mercoledì 1 maggio 2013
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frozen river di courtney hunt - da non perdere
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Nel Nord dello Stato di New York, Ray Eddy (Leo) vive in una roulotte e sogna una vita migliore. Quando il marito la lascia e si porta via i soldi con cui intendeva pagare la casa, la donna è costretta, per mantenere i due figli, a trovarsi un lavoro redditizio: il contrabbando di clandestini verso il Canada. Film d’esordio della regista-sceneggiatrice Hunt, premiato al Sundance e al San Sebastian e nominato a due Oscar (attrice e sceneggiatura originale). Girato a basso costo in quattro settimane, è un livido ritratto dell’America che non si conosce che Tarantino ha definito “il miglior thriller dell’anno…mozzafiato”. È infatti un bel thriller, con numerose sequenze di alto livello, che si avvalgono anche dell’interpretazione della Leo, che racconta una storia disperata per la sopravvivenza in un mondo dove nessuno aiuta gli altri.
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Nel Nord dello Stato di New York, Ray Eddy (Leo) vive in una roulotte e sogna una vita migliore. Quando il marito la lascia e si porta via i soldi con cui intendeva pagare la casa, la donna è costretta, per mantenere i due figli, a trovarsi un lavoro redditizio: il contrabbando di clandestini verso il Canada. Film d’esordio della regista-sceneggiatrice Hunt, premiato al Sundance e al San Sebastian e nominato a due Oscar (attrice e sceneggiatura originale). Girato a basso costo in quattro settimane, è un livido ritratto dell’America che non si conosce che Tarantino ha definito “il miglior thriller dell’anno…mozzafiato”. È infatti un bel thriller, con numerose sequenze di alto livello, che si avvalgono anche dell’interpretazione della Leo, che racconta una storia disperata per la sopravvivenza in un mondo dove nessuno aiuta gli altri. Finale un po’ scontato con Ray che si sacrifica per l’amica Lila (Upham) accettando di finire in prigione al posto suo. Bei paesaggi, che in certe parti contano quasi più che non l’azione in sé. Comunque lascia aperta una porta per un eventuale lieto fine.
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ultimoboyscout
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domenica 11 dicembre 2011
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un grido forte di denuncia.
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Due donne, dopo aver vinto una naturale diffidenza iniziale, si troveranno ad unire i loro destini, aumentando una tacita intesa. Infatti si alleeranno per aiutare lavoratori clandestini stranieri a passare il confine tra Canada e Stati Uniti attraverso un fiume, il San Lorenzo, che nella stagione fredda congela. Prodotto fin troppo reclamizzato, si è anche gridato al capolavoro da più parti ma con troppa fretta, perchè se melissa Leo è brava e la Hunt pure (con riserva, è all'esordio) e il film comunque gira bene, sa fin troppo di rivisto, di convenzionale e soprattutto appare superato. La retorica prende il largo, il film appare minimalista mantenendo un profilo bassissimo, è scarsamente parlato e si aggrappa solo a volti ed eventi e simboli, come il fiume stesso, che da il titolo alla pellicola.
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Due donne, dopo aver vinto una naturale diffidenza iniziale, si troveranno ad unire i loro destini, aumentando una tacita intesa. Infatti si alleeranno per aiutare lavoratori clandestini stranieri a passare il confine tra Canada e Stati Uniti attraverso un fiume, il San Lorenzo, che nella stagione fredda congela. Prodotto fin troppo reclamizzato, si è anche gridato al capolavoro da più parti ma con troppa fretta, perchè se melissa Leo è brava e la Hunt pure (con riserva, è all'esordio) e il film comunque gira bene, sa fin troppo di rivisto, di convenzionale e soprattutto appare superato. La retorica prende il largo, il film appare minimalista mantenendo un profilo bassissimo, è scarsamente parlato e si aggrappa solo a volti ed eventi e simboli, come il fiume stesso, che da il titolo alla pellicola. La maternità è il tema centrale e la regista la racconta mescolando generi che sembrano non azzeccarci troppo come action e thriller all'immancabile dramma, con uno script essenziale e scolastico ma coraggioso che non vuole impietosire lo spettaore e nemmeno avvicinarlo alle disgraziate protagoniste, indurite da povertà, mediocrità e squallore quotidiano. Più delle parole contano i silenzi e le espressioni e proprio dall'espressività della Leo il film trae forza e giovamento. E' un ritratto di amicizia e solidarietà che sa tanto di difficoltà e disperazione, teso, intenso, che ha scelto la natura, il freddo e il ghiaccio (non il deseto, l'afa e la polvere del confine messicano) come co-protagonisti delle due donne sole che combattono contro qualcosa di puù grosso di loro, delle autorità e dei trafficanti di uomini: la voglia di fuga e di normalità.
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nalipa
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martedì 16 novembre 2010
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un thelma e louise glaciale...
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e disperato.
Qui però non ci sono nemmeno i sogni, solo la necessità di sopravvivere.
Ray viene abbandonata dal marito senza soldi e con due figli.
Disperata, incontra Lila, che la fa entrare nel giro del contrabbando.
Percorreranno insieme un tratto della loro vita con guai a non finire.
Ottime le interpreti!!
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francesco2
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mercoledì 7 aprile 2010
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il(vero)confine della solitudine
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Dunque,ci sono registe che prendono spunto dal ghiaccio per costruire film che, man mano che procedono, sprigionano calore e mi(Ci?)coinvolgono sempre di più.
Specificare che il ghiaccio è FISICO(Tra due stati AL CONFINE tra di loro, proprio come le esistenze delle due protagoniste: in sospeso quella della bianca, con una storia finita e due figli,e una promozionE(Sic!) che non arriva per motivi non meglio precisati, ma anche quella dell'indiana)sia quello materiale della vita delle due donne, che ricorda la Marsiglia che guédiguan descrive(Anche) con "La ville est tranquille", è addirittura superfluo.Solo che la Hunt non è Arriaga, che nel suo "Burning Plain"(Anche lì certi personaggi abitano in una roulotte) costruisce stori(ell)e di abbandoni, coppie e infelicità soapoperesche, né Sarah Polley, attrice del "Dolce domani",che nel suo "Away for her" prende spunto dal ghiaccio ma rischia di annoiarci con la (solita) coppia americana insieme da quarant'anni.
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Dunque,ci sono registe che prendono spunto dal ghiaccio per costruire film che, man mano che procedono, sprigionano calore e mi(Ci?)coinvolgono sempre di più.
Specificare che il ghiaccio è FISICO(Tra due stati AL CONFINE tra di loro, proprio come le esistenze delle due protagoniste: in sospeso quella della bianca, con una storia finita e due figli,e una promozionE(Sic!) che non arriva per motivi non meglio precisati, ma anche quella dell'indiana)sia quello materiale della vita delle due donne, che ricorda la Marsiglia che guédiguan descrive(Anche) con "La ville est tranquille", è addirittura superfluo.Solo che la Hunt non è Arriaga, che nel suo "Burning Plain"(Anche lì certi personaggi abitano in una roulotte) costruisce stori(ell)e di abbandoni, coppie e infelicità soapoperesche, né Sarah Polley, attrice del "Dolce domani",che nel suo "Away for her" prende spunto dal ghiaccio ma rischia di annoiarci con la (solita) coppia americana insieme da quarant'anni.No, il suo nonostante certe semplificazioni è veramente cinema abrasivo,soprattutto nella seconda parte.Vediamo perché.
Intanto il rapporto tra le due donne ha spesso(O sempre?) connotati ambigui:sin dall'inizio,quando si minacciano anche usando armi da fuoco, non si instaura una più o meno dolcistra solidarietà femminile, ma solo l'esigenza di collaborare che (contrad)distingue i reietti della società.Il rapporto coi figli,narrato avvalendosi di alcune semplificazioni didascaliche, non è privo di tenerezza ma neanche di tensione(Meglio, in ogni caso, delle "Stanze del figlio" nostrane).rapporto tra le due donne.Ma quello che imprime la vera svolta al film è la seconda parte:nei loro traffici, che non sono quelli alla portata del grande pubblico del pur bravo Sodersbergh, si accorgono che rischia di andarci di mezzo una vita umana.Ecco che si accorgono che un altro CONFINE è stato superato:quello che distingue(Almeno) gli esseri umani.Riporteranno a destinazione il bambino, forse morto forse no, dopo avere corso il rischio di essere identificate.Se ho definito il film abrasivo,è perché partendo da qui la Hunt approfitta per introdurci in un mondo di aguzini e vittime in fuga(bellissima la scena di quelle ragazze che fuggono), introducendoci allo stesso tempo ad una rilettura del rapporto tra le due donne.Complice anche la tensione che si respira tra madre e figlio(Mai giudicati, sono entrambi vittima e colpevole l'uno dell'altro), persino il "Lieto fine", dove la bianca si sacrifica momentaneamente per l'altra, finisce per non apparirmi dolciastro o ipocrita.
Quando alla fine del lavoro la regista ci mostra le scuse del ragazzo ad una vecchietta che aveva infastidito, e poco dopo la scena di un bambino su una giostra, costruisce in pochi
secondi due ritratti duri e teneri; ciò illumina sulla cifra stilistica dell'intero film, di fronte al quale sfigurano i simpatici lavori citati di Arriaga e della Polley, e che fa apparire anche "Thelma e Louise" una(parziale)ruffianata fatta per il grande pubblico,Peccato per due cose:la scarsa distribuione italiana(Sto a palermo, e qui il film non è neanche uscito, e il rapporto madre/figlio, non sempre purtroppo lontano da stereotipi del genere.
Molto brava l'interprete "bianca".
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robin
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lunedì 5 aprile 2010
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uno sguardo diverso sulle donne
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Bello. Bello vedere finalmente le donne rappresentate così come sono nella realtà, con le loro debolezze, coi loro sbagli, ma soprattutto con la loro tenace fermezza nel perseguire il consolidamento degli obiettivi importanti delle loro vite. Che sì, molto spesso ruotano attorno alla famiglia, ma questo non deve essere visto come un'autolimitazione alla propria libertà di essere umano, ma bensì come il saper portare avanti imprese spesso (e sempre PIU' spesso purtroppo, ultimamente) addirittura eroiche. La donna madre, la donna che resta senza l'uomo, senza il padre dei suoi figli; che perciò deve darsi da fare immediatamente perché la vita dei propri figli continui a scorrere nella ormalità, perlomeno apparentemente: ad analizzare le sfumature "psicologico-affettive" ci potrà pensare poi.
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Bello. Bello vedere finalmente le donne rappresentate così come sono nella realtà, con le loro debolezze, coi loro sbagli, ma soprattutto con la loro tenace fermezza nel perseguire il consolidamento degli obiettivi importanti delle loro vite. Che sì, molto spesso ruotano attorno alla famiglia, ma questo non deve essere visto come un'autolimitazione alla propria libertà di essere umano, ma bensì come il saper portare avanti imprese spesso (e sempre PIU' spesso purtroppo, ultimamente) addirittura eroiche. La donna madre, la donna che resta senza l'uomo, senza il padre dei suoi figli; che perciò deve darsi da fare immediatamente perché la vita dei propri figli continui a scorrere nella ormalità, perlomeno apparentemente: ad analizzare le sfumature "psicologico-affettive" ci potrà pensare poi. Interessante anche il rapporto tra le due protagoniste, la donna bianca (a cui dovrebbe riuscire più facile aggirare lo sguardo delle forze dell'ordine in quanto la si presuppone rispettosa delle leggi), abbandonata senza un dollaro, a pochi giorni da natale, da un marito dedito al gioco, che non vediamo mai ma che non possiamo che disprezzare da subito; e la donna indiana, che vive come una disgraziata in una roulotte barcollante, il cui marito è morto e il cui bambino le è stato sottratto dalla nonna, con il consenso più o meno scontato e tacito del Consiglio. Le due donne parlano pochissimo, si dicono solo lo stretto indispensabile proprio perché non hanno tempo da perdere: il loro solo fine è e resta quello di salvaguardare la prole a qualunque costo. Azzeccato poi ho trovato anche l'inserto della madre pakistana e del suo neonato, gettato come un rifiuto fuori dalla macchina perché nascosto dentro una borsa che poteva contenere qualunque cosa...La madre "paki" pare quasi voglia nascondergli il degrado e lo squallore in cui lei stessa, col marito, lo stava trascinando, probabilmente ben sapendo che questo avrebbe potuto anche costargli la vita. Ma proteggerlo comunque, nascondendolo, innanzitutto. E alla fine tutte e tre queste madri riusciranno nell'intento, anche se con sofferenza e comunque sempre scontando a caro prezzo ogni scelta. Piuttosto realistico, direi. Bravissima Courtney Hunt per la regia essenziale, le immagini sempre ben pesate e il ritmo perfetto.
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[+] patrizia, e non robin.
(di robin)
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don64
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domenica 24 gennaio 2010
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film.....freddo
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Film drammatico che tratta il tema immigrazione clandestina.La trama e' spenta e lenta nel complesso un film totalmente discreto che non colpisce il pubblico.Voto 6
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(di nicola1)
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lucepuc
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mercoledì 15 luglio 2009
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un film che ti prende
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uno di quei film che ti raccontano con poco tanto
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v. dornetti
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giovedì 2 luglio 2009
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ghiaccio nei cuori
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Ho trovato questo film molto interessante, e cinematograficamente affascinante almeno per la capacità di costruire un film forte e teso. Anche se una delle maggiori ragioni di fascino sta nell'ambientazione abbastanza inedita (non si pensa mai che un flusso di migranti clandestini possa arrivare dal o per il Canada ), ritengo che il dato più interessante non sia l'elemento di denuncia sociale, ma lo scavo psicologico e il problema morale che viene evocato ( ma rimane sullo sfondo; da qui il fraintendimento ). La protagonista ( la sua faccia carina ma devastata vale tutto il film )è un'ottima persona travolta da un destino che assolutamente non si merita; ed è una madre eccezionale ( il discorso della necessità di regalare doni a Natale non riguarda tanto il tema del consumismo - che pure c'è col televisore che campeggia ossessivo - ma un bisogno di mostrare la propria adeguatezza e la propria dignità di persona in un mondo che à straordinariamente ostile : notare il leit motiv del contare ossessivamente i soldi ).
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Ho trovato questo film molto interessante, e cinematograficamente affascinante almeno per la capacità di costruire un film forte e teso. Anche se una delle maggiori ragioni di fascino sta nell'ambientazione abbastanza inedita (non si pensa mai che un flusso di migranti clandestini possa arrivare dal o per il Canada ), ritengo che il dato più interessante non sia l'elemento di denuncia sociale, ma lo scavo psicologico e il problema morale che viene evocato ( ma rimane sullo sfondo; da qui il fraintendimento ). La protagonista ( la sua faccia carina ma devastata vale tutto il film )è un'ottima persona travolta da un destino che assolutamente non si merita; ed è una madre eccezionale ( il discorso della necessità di regalare doni a Natale non riguarda tanto il tema del consumismo - che pure c'è col televisore che campeggia ossessivo - ma un bisogno di mostrare la propria adeguatezza e la propria dignità di persona in un mondo che à straordinariamente ostile : notare il leit motiv del contare ossessivamente i soldi ).E' vero che verso la fine c'è quasi un allentamento della tensione; non so se possa essere un difetto della sceneggiatura, di certo l'allentarsi dell'emozione legata alla trama permette di far emergere meglio il problema morale che emerge sullo sfondo ( come nelle black comedies di Shakespeare ): il camion che porta la casa prefabbricato finalmente acquistata è però la conseguenza della sofferenza e del sangue di tante persone. E' lecita questa felicità; era possibile un'altra scelta ? Certo tutto finisce bene; ma ad un prezzo molto alto: quello di aver sorpassato il limite ( all'inizio la protagonista dubitava persino che agenti di polizia facessero il contrabbando ) e di sapere ( immagino con sofferenza ) che si ò stato capaci di superarlo
VITTORIO DORNETTI
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paride86
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martedì 30 giugno 2009
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buono
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"Frozen River" è la dimostrazione che anche un film indipendente dalle grandi produzioni può dire molto.
La storia affronta il tema dell'immigrazione e della povertà in una zona remota dell'America al confine con il Canada.
Pesa l'assenza di una fotografia ben curata, ma resta comunque un buon film.
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