onufrio
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lunedì 24 febbraio 2020
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le fosse di katyn
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Un'altra triste pagina di storia della seconda guerra mondiale, ricostruita dal regista Wajda, il quale racconta lo sterminio di numerosi ufficiali e tenenti polacchi che vennero fatti prigionieri dai sovietici nel 1939, e molti di questi vennero poi deportati al confine russo ed uccisi con un colpo di pistola alla nuca. Alla fine della guerra, i sovietici cercarono di modificare la storia, addossando la colpa dello sterminio ai tedeschi, ma la verità emerse fuori, nonostante la paura della gente superstite.
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minnie
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sabato 28 marzo 2015
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il regista resistente
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27 marzo 2015, Bari - E' un film che fa male a vedersi, Katyn, con la sua atroce testimonianza dell'orrore del secolo scorso. Andrzej Wajda, a Bari per il Bifest, festival internazionale del cinema, ideato e diretto da Felice Laudadio alla sua sesta edizione, intervistato dalla giornalista Grazyna Torbika, alla fine della proiezione, spiega il motivo di quel lungo buio prima dei titoli di coda: "Volevo salutare in questo modo le vittime della strage, rendere un tributo di silenzio e di buio appunto a quelle povere persone". Fra cui suo padre, ufficiale dell'esercito polacco che la madre cercò per mesi, non immaginando, come nessuno poteva all'epoca, che fosse finito fucilato dai suoi stessi compatrioti, sia pure sotto comando russo.
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27 marzo 2015, Bari - E' un film che fa male a vedersi, Katyn, con la sua atroce testimonianza dell'orrore del secolo scorso. Andrzej Wajda, a Bari per il Bifest, festival internazionale del cinema, ideato e diretto da Felice Laudadio alla sua sesta edizione, intervistato dalla giornalista Grazyna Torbika, alla fine della proiezione, spiega il motivo di quel lungo buio prima dei titoli di coda: "Volevo salutare in questo modo le vittime della strage, rendere un tributo di silenzio e di buio appunto a quelle povere persone". Fra cui suo padre, ufficiale dell'esercito polacco che la madre cercò per mesi, non immaginando, come nessuno poteva all'epoca, che fosse finito fucilato dai suoi stessi compatrioti, sia pure sotto comando russo. Una strage che ha comparato gli assassini stalinisti a quelli nazisti, uno dei tanti orrori degli anni Trenta-Quaranta del secolo scorso. Che emozione vedere a Bari un grande maestro come Wajda: ha accettato volentieri l'invito, è venuto nella città di una regina polacca che per matrimonio venne proprio a Bari in secoli lontani, Bona Sforza, si chiamava, un personaggio molto amato da baresi e varsaviani.Non c'è più nessuno della vecchia scuola polacca del cinema, la scuola segnata dalla guerra: c'è lui, Wajda, ancora attivo, ancora pieno di ideee, anche se cammina con difficoltà e del resto ha 89 anni. Che forza il suo Walesa, "in cui l'attrice, Maria Rosaria Omaggio che interpreta Oriana Fallaci, mi sembrava proprio lei, la giornalista con cui Walesa, di cui sono rimasto amico, faceva il pavone, come gli capita sempre con le donne". Quasi coetaneo della Fipresci, l'associazione dei critici cinematografici che compie quest'anno 90 anni, presieduta dal critico tedesco Klaus Eder (che ha intervistato Edgar Reitz), Wajda ricorda l'apporto fondamentale dell'associazione nella diffusione delle sue opere, censurate all'epoca del regime comunista più oppressivo, "che si fondava sulla menzogna, su un presunto patto fra operai e contadini che in realtà non erano rappresentati dal governo". La menzogna si praticava soprattutto con la censura, con l'ignorare l'uscita dei film dei dissidenti. "Avevo un film, "Cenere di amanti"che sui giornali venne riportato senza titolo, così pochi andarono a vederlo; riuscii a far esportare una copia a Venezia e lì venne dato in un piccolo cinema. Allora abitava sulla laguna Rubinstein, il grande pianista polacco che conosceva tutti : andò a vedere il film, gli piacque, lo si vide anche alla Mostra del cinema e così raggiunsi il successo, ne parlarono tutti, fu davvero un evento". Che lanciò anche una moda, tutti volevano vestirsi in Polonia come l'attore protagonista, in quel caso "fu lui a imporsi e io fui bravo regista a lasciarlo esprimere anche con l'abbigliamento. Addirittura recentemente un giorno da casa mia, a Varsavia, ho visto un murale su un palazzo vicino con la figura di Zidurski, quindi ancor oggi quel giovane del film ha qualcosa da dire ai suoi coetanei, è molto significativo del potere del cinema" . Wajda, autore di grandi affreschi storici, si pensi solo a Danton con un formidabile Depardieu, si sofferma sull'epopea di Solidarnosc, quando lui nel 1980 andò a visitare i cantieri e un lavoratore gli disse, quasi come una sfida, di fare un film su di loro. "Era un film su commissione, "L'uomo di ferro" ma non me ne pento, anzi". Premiato con l'Oscar alla carriera, palma d'oro a Cannes, Orso a Berlino, i premi non si contano e giustamente perché Wajda è l'interprete non solo della Polonia ma dell'Europa tutta ed è fiero (e noi con lui, fortunati nell'averlo nella nostra epoca) del suo lavoro: "Non cambierei la mia vita con nulla. Durante la guerra ho fatto il fattorino, il fabbro, di tutto, ma ero scontento, ho studiato arte a Cracovia (il mio Oscar, così dorato come una statua mi è parso giusto darlo all'Università di Cracovia) e allora ho fatto un film su un artista ma ho deciso subito dopo di passare alla fiction, alla narrazione, abbiamo sempre camminato sulle nostre gambe. Walesa era l'unico in grado di dialogare con i generali alla Jaruzelski e ha fatto una rivoluzione senza spargimento di sangue. Di ciò non si può che essergliene grati: la Polonia è parte integrante dell'Europa. E' stato bello e ora tocca ai giovani ma se ne ho l'occasione, certo che lo giro un altro film!" Sorprendente, immenso Wajda!
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kronos
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giovedì 10 aprile 2014
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fiction tv
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Atmosfera da fiction TV Rai-Set, sceneggiatura didascalica, personaggi appena tratteggiati, qualche rosario ... tutto qui il "filmone" di Wajda boicottato dagli sporchi distributori (comunisti) italiani?
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dario
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mercoledì 28 aprile 2010
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agghiacciante
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Il film è buono anche artisticamente. Grandiosa l'atmosfera, la ricostruzione storica. Non si capisce perchè avvenga il massacro. Il clima criminale dell'epoca non c'è. Così sorge un'indignazione generica che fa meno bene alla causa di quanto dovrebbe. E' una cosa che capita anche con i film nazisti, di cui questo del grande Wajda ricalca infatti gli stilemi più vieti.
Bravissime le donne.
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spike
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martedì 20 aprile 2010
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la storia che non si studia
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Film sulle manipolazioni della storia. La storia la fa e la "costruisce" chi vince. RIFLETTIAMO!!!!! Una pellicola che oltre alla vicenda raccontata ci deve far aprire gli occhi sulla realtà: NON TUTTO E' COME VOGLIONO FARCI CREDERE... Da vedere e rivedere.
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scott77
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lunedì 8 febbraio 2010
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poche parole ma decisive
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a metà strada tra la rievocazione di un episodio storico di portata drammatica e la narrazione di una struggente vicenda famigliare: proprio queste le parole giuste per esprimere le idee davvero poco chiare di un regista che non sa esattamente dove vuole arrivare. Dove voleva arrivare con questo film? Chi sono i personaggi? perché nessuno di loro recita come un essere umano ma come una capra? perché ci sono episodi disconnessi tra loro e su spazi temporali asetticamente lontani? qual'è il plot? ho la netta sensazione che il tutto sia un'accozzaglia di una ventina di puntate di una fiction (peraltro di basso livello) prodotta dalla televisione polacca e sintetizzata in un solo polpettone di due ore.
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a metà strada tra la rievocazione di un episodio storico di portata drammatica e la narrazione di una struggente vicenda famigliare: proprio queste le parole giuste per esprimere le idee davvero poco chiare di un regista che non sa esattamente dove vuole arrivare. Dove voleva arrivare con questo film? Chi sono i personaggi? perché nessuno di loro recita come un essere umano ma come una capra? perché ci sono episodi disconnessi tra loro e su spazi temporali asetticamente lontani? qual'è il plot? ho la netta sensazione che il tutto sia un'accozzaglia di una ventina di puntate di una fiction (peraltro di basso livello) prodotta dalla televisione polacca e sintetizzata in un solo polpettone di due ore. Ma avete presente il fatto che ci sono personaggi nel film che pretendono di avere il ruolo di 'principali' e che spuntano fuori come cavoli a merenda? pensate al giovane ex rivoluzionario che viene assassinato, alla sorella dell'aviatore che taglia i capelli e che viene arrestata per aver messo una lapide al posto sbaliato nel momento sbagliato.. chi sono e soprattutto chi erano? FILM DAVVERO INCONCLUDENTE. SCONSIGLIATO SE NON VOLETE BUTTARE DUE ORE PREZIOSE DELLA VOSTRA VITA. FATE ALTRO. La vita è bella e va vissuta.. e non certo vedendo questo orripilante film! ;) DELUDENTE!
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paola di giuseppe
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lunedì 28 dicembre 2009
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storie sepolte del secolo breve
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Katyn, di Andrzej Wajda, appartiene a quella categoria di film che danno un prezioso contributo alla conoscenza della storia, anche se, certo, come ogni forma d’arte, non possono assumersi il compito di deviarne la strada o determinare inversioni di rotta.
Ben altre forze concorrono a questo e l’arte è testimonianza, spesso tragica, necessariamente neutrale, di miseria e nobiltà dell’uomo.
Dunque Wajda realizza con un ritardo di venti anni un film sulle fosse di Katyn, già nel 1974 Dusan Makavejev aveva girato in Canada "Sweet Movie" sulla stessa vicenda.
Una testimonianza troppo tardiva, dunque? Ma l’arte non rispetta i tempi né li condiziona, e allora Wajda, giunto alla stanca e depurata saggezza della vecchiaia, parte dalla sua vicenda privata, a lungo meditata e finalmente elaborata, e decide di raccontarci qualcosa di sé e di noi, come il poeta di ogni tempo.
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Katyn, di Andrzej Wajda, appartiene a quella categoria di film che danno un prezioso contributo alla conoscenza della storia, anche se, certo, come ogni forma d’arte, non possono assumersi il compito di deviarne la strada o determinare inversioni di rotta.
Ben altre forze concorrono a questo e l’arte è testimonianza, spesso tragica, necessariamente neutrale, di miseria e nobiltà dell’uomo.
Dunque Wajda realizza con un ritardo di venti anni un film sulle fosse di Katyn, già nel 1974 Dusan Makavejev aveva girato in Canada "Sweet Movie" sulla stessa vicenda.
Una testimonianza troppo tardiva, dunque? Ma l’arte non rispetta i tempi né li condiziona, e allora Wajda, giunto alla stanca e depurata saggezza della vecchiaia, parte dalla sua vicenda privata, a lungo meditata e finalmente elaborata, e decide di raccontarci qualcosa di sé e di noi, come il poeta di ogni tempo.
Il padre, capitano di fanteria, finì in quelle fosse e la madre ne aspettò il ritorno per tutta la vita.
Ci sono stati archivi segreti nella storia del '900 che si è tardato molto ad aprire, la lista è lunga e ogni più piccola parte del mondo ha i suoi conti da fare con le proprie terribili memorie, spesso rimosse o occultate dalla ragion di Stato.
Il merito indiscutibile del cinema è stato aver prestato all'indagine storiografica uno strumento formidabile di ricerca, analisi e diffusione, e Katyn entra ora a far parte di quel percorso dell'orrore, disseminato in vario modo per tutto il secolo scorso, di cui rischieremmo di sapere altrimenti ben poco.
Fosse comuni in cui nel '40 furono buttati i corpi di 22.000 tra ufficiali dell'esercito polacco e civili, rastrellati soprattutto fra gli intellettuali e le classi dirigenti, divennero il macabro gioco a rimpiattino delle varie propagande di regime: i nazisti accusarono i comunisti del massacro, e non certo per amore di verità o del popolo polacco, successivamente toccò ai sovietici sbandierarlo come misfatto nazista per alimentare l'odio e tenere a bada la Polonia, una nazione cancellata dalla carta geografica all'indomani del patto Molotov-Ribbentropp del '39.
Il contrappunto tra la vicenda privata e il dramma collettivo si snoda nel film in ampie volute, focalizza volti e vicende che s'intrecciano e si separano tragicamente, culmina nel realismo descrittivo di fortissimo impatto delle scene finali, a cui si pone come sigillo un lungo minuto con lo schermo vuoto, mentre si alza il canto del coro.
Curata nel contenuto dosaggio delle emozioni, la presenza femminile è predominante nei momenti chiave del film, ed è portatrice di quella pietas che non trema nè arretra davanti alle prove più estreme (la morte e la mancata sepoltura, la scelta di non farsi complice della menzogna, la forza di guardare, moderne Antigoni, per l’ultima volta la luce, prima di essere sepolte nella cella sotterranea).
Sovrasta ogni cosa l’orrore che coglie di fronte allo spettacolo della béte humaine, il richiamo forte a quelle leggi non scritte che dal teatro di Sofocle arriva fino ad oggi, attraverso i codici linguistici del cinema, agli uomini che non rinunciano a credere che esista una legge morale sopra di loro, “dal dì che nozze e tribunali ed are diero alle belve umane d’esser pietose di sé stesse e d’altrui”.
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paride86
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domenica 20 dicembre 2009
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i crimini sovietici
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Un film amaro per una storia vera e nascosta tra le pagnine della storia.
Da vedere.
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alessandralo
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martedì 24 novembre 2009
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avrei voluto vederlo qualche anno fa.
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non ho mai scritto una recensione o una critica
ma ho sentito il bisogno di comunicare... di dirlo a qualcuno... mi ha talmente soddisfatta. Mi è piaciuto tutto, il non colore,il freddo,l'austerità dello stile la struttura essenziale mi è piaciuto .
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