montefalcone antonio
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domenica 17 luglio 2022
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il “più grande uomo di spettacolo del 20° secolo”
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La vita e la musica di Elvis Presley viste attraverso la relazione con l’enigmatico manager, il colonnello Tom Parker. La trama approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco di oltre venti anni, quando Presley raggiunse un livello di celebrità senza precedenti; mentre sullo sfondo un panorama culturale in evoluzione e la perdita dell’innocenza di una nazione segnata dalla segregazione razziale e dagli omicidi di Martin Luther King e Bob Kennedy.
Sotto questa lente, Elvis appare nella pellicola di Luhrmann come un’anima scissa e tormentata.
Gli sceneggiatori sottolineano molto la dimensione dell’impegno politico, verso cui il protagonista avrebbe tentato di avvicinarsi per tutta la carriera ma sempre bloccato dall’opportunismo del proprio manager che gli proibiva di toccare temi scottanti e controversi, come la religione e la politica.
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La vita e la musica di Elvis Presley viste attraverso la relazione con l’enigmatico manager, il colonnello Tom Parker. La trama approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco di oltre venti anni, quando Presley raggiunse un livello di celebrità senza precedenti; mentre sullo sfondo un panorama culturale in evoluzione e la perdita dell’innocenza di una nazione segnata dalla segregazione razziale e dagli omicidi di Martin Luther King e Bob Kennedy.
Sotto questa lente, Elvis appare nella pellicola di Luhrmann come un’anima scissa e tormentata.
Gli sceneggiatori sottolineano molto la dimensione dell’impegno politico, verso cui il protagonista avrebbe tentato di avvicinarsi per tutta la carriera ma sempre bloccato dall’opportunismo del proprio manager che gli proibiva di toccare temi scottanti e controversi, come la religione e la politica.
Il film è però anche un raffinato spaccato dell'industria musicale a cavallo tra gli anni '50 e '70, quando ancora si sperimentava un sistema ancora in costruzione ma già cinico, manipolante e intrappolante.
E così se col colonnello Parker (vero e proprio contraltare del genio di Presley), e il suo lato cinico, meschino e brutale, ci si sofferma sugli aspetti filmici legati all’invenzione del Re del Rock 'n Roll; con il personaggio di Elvis stesso, si cerca di cogliere il lato più umano, il privato dietro a quello pubblico, l'uomo dietro il mito.
L’Elvis interpretato da un sorprendente Austin Butler, nelle mani del regista, diventa un’icona colorata, energica e sfrenata ma assume anche un’aura malinconica, tragica e quasi mistica.
La pellicola ci mette di fronte al mito e alla grandezza autodistruttiva di Presley attraverso un flusso di esperienze musicali, generi, suggestioni, concerti e performance.
E gradualmente l’epopea si fa più cupa, più intimista, ci si concentra sui tormenti, sul tracollo.
L’aspetto visivo strabordante, barocco ed eccessivo del film, fatto di colori, movimenti vorticosi e musica (e come sempre fotografia, scenografia, montaggio e colonna sonora sono eccezionali), sposa appieno lo stile di Baz Luhrmann con quello dello stesso cantante, nei suoi modi di essere, di fare, di cantare, negli atteggiamenti, nell’abbigliamento, eccetera: un gioco di mimesi superlativa (soprattutto da parte dell’attore protagonista, un’autentica rivelazione) che stupisce per somiglianza e ricostruzione minuziosa, ma anche per il trasporto emozionale che riesce a creare nei riguardi dello spettatore, immediatamente immerso nelle vicende dell’opera e soprattutto nell’interiorità del cantante. Molte sono le sequenze in tal senso efficaci, tra tutte quella del finale, dove un Elvis sovrappeso e sofferente canta “Unchained Melody” al Market Square Arena di Indianapolis. Nel segno dello sfarzo e della ridondanza più spettacolari, il regista utilizza i ricordi del colonnello Parker (un bravissimo Tom Hanks, sommerso dal make-up) per ricostruire le tappe più interessanti della carriera di Elvis: il quartiere nero dove è cresciuto; l’influenza del Rhythm and Blues; la centralità musicale di Memphis; il fascino esercitato sulle donne; il rapporto con il padre e la madre; l’incontro con la futura moglie Priscilla; le implicazioni sociali delle sue performance; il sogno di una carriera a Hollywood; e il lungo periodo finale a Las Vegas. La musica si era impossessata del corpo di Elvis. Lì sul palco, con il suo inconfondibile modo di muoversi e di sprigionare erotismo.
L’intuizione vincente di quest’opera è di puntare sulle grandi Hit: “Love Me Tender”, “Suspicious Minds”, “Hound Dog” e sulle memorabili esibizioni in palcoscenico, alternandola anche con la musica moderna.
E così il film diventa uno spettacolo godibile, piacevole e coinvolgente, una vera e propria ipnotica esperienza visiva e sonora capace di far emozionare e commuovere lo spettatore, perché sa trascendere i limiti del film biografico nel senso classico del genere, e cerca di avvicinarsi (secondo l’interpretazione degli autori) alla vera essenza di Elvis per farcela abitare.
Vita, morte, resurrezione di un cinema che si riflette dunque sull’immagine di Elvis Presley.
Il risultato finale, convincente e suggestivo, valorizza il genio di Presley e la sua importante influenza nella musica Rock, ma, attraverso la metamorfosi del suo destino in un incubo quasi gotico e surreale (Presley imprigionato dai ricatti economici, dall’abuso di droghe e dalla manipolazione psicologica di Parker), ne mette in evidenza anche le ansie, le paure, la gloria e l'autodistruzione.
La leggenda torna così carne e ossa, per poi rifarsi mito immortale. Farsi questo film esplosivo.
La realtà e lo spettacolo si fondono e confondono tra loro, e alla fine sembrano la stessa cosa, in tutta la loro potenza magica ma anche in tutta la loro carica distruttiva, bellezza ma anche orrore.Era stato così per Presley, e, in un certo senso e per altri versi, è così anche per ognuna delle nostre esistenze…
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paolorol
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lunedì 8 agosto 2022
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tanto rumore per nulla
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.....sicché secondo Zappoli questo filmaccione dovrebbe far pensare ? E a cosa, di grazia ? Forse a "quando finirá sto polpettone"? Sarebbe stato meglio trasformarlo, allungando ulteriormente il brodo, in una miniserie Netflix. Quella è la giusta collocazione di un bioptic/documentario che non ha nulla da offrire al di fuori di una sontuosa e ricca produzione. L'inizio del film è mirabolante e ti inganna, dandoti la falsa speranza di essere in procinto di assistere ad un capolavoro ineguagliabile Fotografia straordinaria, ambientazioni curatissime, montaggio serrato e catturante.. Ma poi la bolla di sapone scoppia e tutto il resto è noia.
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.....sicché secondo Zappoli questo filmaccione dovrebbe far pensare ? E a cosa, di grazia ? Forse a "quando finirá sto polpettone"? Sarebbe stato meglio trasformarlo, allungando ulteriormente il brodo, in una miniserie Netflix. Quella è la giusta collocazione di un bioptic/documentario che non ha nulla da offrire al di fuori di una sontuosa e ricca produzione. L'inizio del film è mirabolante e ti inganna, dandoti la falsa speranza di essere in procinto di assistere ad un capolavoro ineguagliabile Fotografia straordinaria, ambientazioni curatissime, montaggio serrato e catturante.. Ma poi la bolla di sapone scoppia e tutto il resto è noia. Il solito rischio legato alle agiografie contemporanee, un luogo pieno di insidie dal quale pare impossibile riuscire ad uscirne vivi..Elvis va a far buona compagnia a Freddie ed ad Elton. Tre fallimenti, tre operazioni inutili.
Che dire degli attori ? Tom Hanks, o quello che di lui si riesce ad intravedere sotto un trucco massiccio, è l'unico che si merita la sufficienza Butler non è nessuno. Un'interminabile esibizione in perfetto stile "Tale & Quale". Anche lui truccato di tutto punto da Elvis, con una voce intonata, sí, ma che non ha nulla a che vedere con quella di Elvis, con una discreta imitazione di passi e movenze ma lontanissimo da una qualsivoglia logica interpretativa. La sceneggiatura è inesistente, in sintonia con la struttura documentaristica del film. Ma perché allora non inserire piú sequenze originali, ricordarci chi era davvero Elvis e perché incantava le folle ? Assistere ad un'imitazione va bene per 5 minuti, facciamo anche 10, ma non per quasi tre ore! Sopraggiunge lo sbadiglio e ti viene voglia di uscire dal cinema. La cosiddetta "storia" poi proprio non sussiste Il fatto che sia raccontata dal punto di vista del sedicente Colonnello Parker aggiunge poco e niente. In sostanza una grande (e lunghissima...) delusione, sono all'ultimissimo minuto. Con un po' di campanilismo ci eravamo entusiasmati per il fatto che la colonna sonora includesse una traccia dei Maneskin.. Che in effetti esiste, tranne che é l'ultimissima, alla fine dei titoli di coda. In pochi arriveranno ad ascoltarla ed è un peccato perchè è una buona interpretazione di Damiano, che sotterra le imbarazzanti imitazioni del troppo osannato Butler, attorucolo di serie B.
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athos
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sabato 25 giugno 2022
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simbiosi
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La storia del re del rock'nroll attraverso le parole suadenti del colonnello Parker. Un film che si beve tutto d'un fiato, colorato e musicale. Come tutti i biopic ha il limite della trasposizione. Avrei preferito fosse sviluppato meglio il carattere e la vita di Elvis, mi è sembrato mancasse qualcosa. Ultima canzone dei titoli di coda cantata dai Maneskin. Non è poco.
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no_data
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lunedì 4 luglio 2022
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elvis: rock o lento?
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La domanda da farsi è: può un film racchiudere un mito ? Secondo me è raro che succeda, ed in questo caso, dove si sta parlando della vita del King, del Re del Rock N' Roll, è difficile dare una risposta a questa domanda, nonostante l'entusiasmo unanime della critica.
Le premesse ci sono tutte: una storia di riscatto, un vero "American Dream", il protagonista più amato e conosciuto al mondo, la migliore musica rock, moltissime ombre dietro il personaggio folgorante sopra il palco.
Il regista australiano Baz Luhrmann ci presenta le origini di Elvis, dove il destino lo ha portato, come la famiglia lo ha educato ed influenzato, dove la sua indole "di fuga" lo ha indirizzato, come il suo talento è esploso.
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La domanda da farsi è: può un film racchiudere un mito ? Secondo me è raro che succeda, ed in questo caso, dove si sta parlando della vita del King, del Re del Rock N' Roll, è difficile dare una risposta a questa domanda, nonostante l'entusiasmo unanime della critica.
Le premesse ci sono tutte: una storia di riscatto, un vero "American Dream", il protagonista più amato e conosciuto al mondo, la migliore musica rock, moltissime ombre dietro il personaggio folgorante sopra il palco.
Il regista australiano Baz Luhrmann ci presenta le origini di Elvis, dove il destino lo ha portato, come la famiglia lo ha educato ed influenzato, dove la sua indole "di fuga" lo ha indirizzato, come il suo talento è esploso.
Parallelamente conosciamo Andreas Cornelis van Kuijk, che pretendeva di essere americano e si faceva chiamare Tom Parker, il suo manager di una vita, che lo ha creato e che lo ha distrutto, forse come un Dio o un Padre adottivo, purtroppo dovuto dagli eventi accaduti nella vera famiglia Presley.
Gli attori protagonisti sono strepitosi, perfetti nella parte e forse più veri dei personaggi storici, il ritmo della storia è perfetto, le musiche incendiano il pubblico come da sotto il palco ad un concerto, le immagini sanno far esplodere l'energia del rock e il lato umano di tutte le persone accanto ad Elvis, tutte tranne quelle del Colonnello, che rimane solo molto ambiguo, grigio, avido e vizioso (ha molti debiti di gioco). La descrizione di "grande imbonitore" che il Colonnello si autoattribuisce ed attribuisce anche ad Elvis per continuare a tenerlo a se, non svela o non vuole svelare i motivi di alcune scelte discutibili, complicate, difficili, mai risolutorie, portate avanti dalla star.
Spesso vengono presentati gli eventi storici e politici del tempo, come il popolo americano ha vissuto questi eventi e come la musica di Elvis abbia in qualche modo influito o semplicemente accompagnato la cultura di quegli anni. Senza andare forse giustamento o forse ingiustamente mai oltre.
Le molte zone "grigie" che hanno indirizzato e gestito la vita del rocker cominciano allora a prendere il sopravvento, a far "perdere colpi" alla storia, a rallentare il ritmo del film , come l'alcool e le droghe hanno mano a mano rallentato, fiaccato e stancato Elvis, che nonostante tutto ha sempre infiammato con il cuore il palco con tutto il suo amore per la musica e per i propri fan.
Secondo me continua ad essere il migliore film sulla vita del THE KING, a tratti è perfetto, ma forse la durata eccessiva ed il triste ritmo del finale non lo rendono un capolavoro.
Forse è bene così, visto che aumenta in noi, come nei fan il sentimento di grande rimpianto e di affetto verso questo bambino del Tennessee che ha realizzato il suo sogno di diventare un supereore immortale, che ha rivoluzionato il mondo della musica pop rock e la vita di miliardi di persone.
Celentano, in tv, chiedeva:" se sei rock o lento?". Elvis, il re, THE KINK OF ROCK, non poteva non essere sia rock che lento.
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enzo70
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sabato 1 ottobre 2022
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giusto tributo al re del rock & roll
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Dopo i successi di Bohemian Rhapsody e di Rocketman era giusto che il grande cinema dedicasse un film di cassetta all’uomo a partire dal quale tutto ha avuto inizio. E Baz Luhrmann seguendo le regole di Hollywood con un bel film, attraverso la voce fuori campo del Colonello Tom Parker, interpretato dal solito ottimo Tom Hanks, propone la storia del mito di Memphis. E la vita di Elvis e quella del suo manager si sovrappongono, da un lato un artista dotato di un incredibile talento e, dall’altro, un abile manager che non si fa scrupolo di strumentalizzare la vita di un ragazzo alle sue esigenze. Ottima l’interpretazione di Austin Butler che riesce perfettamente a rendere allo spettatore le diverse stagioni della breve vita di Elvis.
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Dopo i successi di Bohemian Rhapsody e di Rocketman era giusto che il grande cinema dedicasse un film di cassetta all’uomo a partire dal quale tutto ha avuto inizio. E Baz Luhrmann seguendo le regole di Hollywood con un bel film, attraverso la voce fuori campo del Colonello Tom Parker, interpretato dal solito ottimo Tom Hanks, propone la storia del mito di Memphis. E la vita di Elvis e quella del suo manager si sovrappongono, da un lato un artista dotato di un incredibile talento e, dall’altro, un abile manager che non si fa scrupolo di strumentalizzare la vita di un ragazzo alle sue esigenze. Ottima l’interpretazione di Austin Butler che riesce perfettamente a rendere allo spettatore le diverse stagioni della breve vita di Elvis. Al centro, chiaramente, la splendida e, ai tempi, rivoluzionario musica di Elvis Presley.
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francesca meneghetti
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mercoledì 22 giugno 2022
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le fragilità dietro al successo: storia del re del rock'n roll
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Un film candidato all’Oscar. Il film del regista australiano Baz Luhrann non è ancora uscito negli USA, ma si può scommettere che sarà un grande successo: per il suo stile glitter e rutilante, per il suo montaggio estremamente dinamico, caleidoscopico, accompagnato da una colonna sonora tendenzialmente sopra le righe, di grande effetto spettacolare (quando non stordisce), e per il messaggio politically correct che tanto piace alla giuria degli Oscar. Il protagonista è il re del rok’n roll, Elvis the Pelvis, che ha ispirato tanti cantanti nel mondo (inclusi gli italiani Adriano Celentano e Bobby Solo, che ne ha imitato l’acconciatura Pompadour). Però la storia della sua vita (che, come spesso accade nei film, si discosta in parte dalla verità storica) è vista, in buona parte, attraverso l’ottica – poco oggettiva - del suo manager, il sedicente colonnello Parker (in realtà un olandese, imbonitore, cinico e opportunista, interpretato, alla grande, da un Tom Hanks molto ingrassato).
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Un film candidato all’Oscar. Il film del regista australiano Baz Luhrann non è ancora uscito negli USA, ma si può scommettere che sarà un grande successo: per il suo stile glitter e rutilante, per il suo montaggio estremamente dinamico, caleidoscopico, accompagnato da una colonna sonora tendenzialmente sopra le righe, di grande effetto spettacolare (quando non stordisce), e per il messaggio politically correct che tanto piace alla giuria degli Oscar. Il protagonista è il re del rok’n roll, Elvis the Pelvis, che ha ispirato tanti cantanti nel mondo (inclusi gli italiani Adriano Celentano e Bobby Solo, che ne ha imitato l’acconciatura Pompadour). Però la storia della sua vita (che, come spesso accade nei film, si discosta in parte dalla verità storica) è vista, in buona parte, attraverso l’ottica – poco oggettiva - del suo manager, il sedicente colonnello Parker (in realtà un olandese, imbonitore, cinico e opportunista, interpretato, alla grande, da un Tom Hanks molto ingrassato). La storia del mitico cantante si delinea ugualmente: cresciuto dalla madre in una periferia di neri, il piccolo Elvis è affascinato tanto dalle danze sensuali degli afroamericani, tanto dai cori gospel delle chiese. E quando arriva il suo momento di debuttare, circa a metà degli anni ’50, riversa nel pubblico, con vulcanica energia, quanto ha assimilato dai neri: sia nel canto, sia nelle movenze del bacino e delle gambe, mandando in delirio il pubblico femminile e attizzando i censori, che si aggrappano sia a una morale puritana, sia ai pregiudizi razziali: è un bianco che muove i fianchi come un nero. Elvis persegue in effetti un nuovo modello musicale che si basa sulla contaminazione di esperienze culturali diverse etnicamente (come farà un suo grande ammiratore, Springsteen, attento sempre a bilanciare nella presenza delle sue band elementi bianchi e neri). Ma si rivela anche sensibile alle cause democratiche (almeno nel film): soffre per l’assassinio di Martin Luther King e poi di Bob Kennedy. Dovrà infatti, a un certo punto, lasciare il palcoscenico per due anni di servizio militare per far placare le acque e lasciar decantare l’odio nei suoi confronti. Elvis rivela anche una certa fragilità emotiva (quando muore sua madre, quando poi la moglie lo abbandona) e molta ingenuità, lasciandosi ingabbiare nelle trame di un manager approfittatore, che arriva a pretendere il 50 per cento dei compensi. Gli anni ’60 e ’70 non sono facili, tra avventure cinematografiche, cambiamenti nella cultura musicale, pressioni fortissime verso performance sempre ad altissimo livello, con ricadute sulla salute e con dipendenza da farmaci, una gestione poco oculata del denaro, fino alla tragica morte del 16 agosto 1977. L’ultimo spettacolo di Elvis, nel film, è quello autentico (https://www.youtube.com/watch?v=4svkR46CesI): qui il personaggio appare appesantito e affiatato. In tutte le altre scene imperversa, con perfetta immedesimazione nel suolo, il giovane attore Austin Butler, più bello, a essere onesti, di Elvis. Un film da vedere.
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giomo891
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giovedì 8 settembre 2022
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elvis o il colonnello parker? giomo891
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Elvis- Baz Luhrmann 2022- Giomo891
Elvis Presley è l’iconica leggenda che ha contribuito a definire una nuova era della musica, diventando noto come “il Re del Rock and Roll”. Il cantante contribuì a rendere popolare il sound rockabilly, che combinava il country con l’R&B e il blues della cultura nera per creare una musica che cambiò il panorama dell’industria musicale. Questa è "sinteticamente" la storia musicale del Re.
Ma il film di Luhrmann pare solo accennare a questa "indiscutibile" verità.
Il regista ha mostrato ed anche qui lo mostra di saper fare un biopic, anche di personaggi mitici e complessi come Presley, (rappresentato da Austin Butler, giovane cantante/attore, che "fa quel che può".
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Elvis- Baz Luhrmann 2022- Giomo891
Elvis Presley è l’iconica leggenda che ha contribuito a definire una nuova era della musica, diventando noto come “il Re del Rock and Roll”. Il cantante contribuì a rendere popolare il sound rockabilly, che combinava il country con l’R&B e il blues della cultura nera per creare una musica che cambiò il panorama dell’industria musicale. Questa è "sinteticamente" la storia musicale del Re.
Ma il film di Luhrmann pare solo accennare a questa "indiscutibile" verità.
Il regista ha mostrato ed anche qui lo mostra di saper fare un biopic, anche di personaggi mitici e complessi come Presley, (rappresentato da Austin Butler, giovane cantante/attore, che "fa quel che può"...), invece per 2/3 della lunga pellicola, sembra raccontare una storiella rosa e quasi/comica di come il Colonnello Parker, un discusso e strano (molto più di quello che era nella realtà)-un grande Tom Hanks- "imbonitore", scoperto il talento del giovane Elvis, lo fece diventare famoso ed unico su qualsiasi palcoscenico.
Poi il dissenso per motivi commerciali e la soluzione di compromesso del servizio militare in Germania, per aver scandalizzato con le sue mosse pelviche, uniche per la loro carica di sensualità, che accompagnavano la sua musica, la parte bigotta e razzista di un America non ancora pronta alla rivoluzione dei suoi ritmi, ammesse solo, per il loro pubblico di colore, ai neri ed inconcepibili per un cantante bianco.
Peccato che, nella narrazione di questo conflitto con i "costumi" e questa forma di "razzismo alla rovescia", il regista abbia tralasciato l'evento reale che pacifico' Elvis the pelvis con la censura, cioè quel film e quella stupenda canzone omonima, "Love me tender", che, come, per miracolo, con la sua dolcezza, si accattivo' per sempre l'apprezzamento delle tante madri in pena per le figlie, a causa delle scandalose mosse sensuali che accompagnavano la musica del cantante.
Invece, dopo una pausa del successo del cantante, che coincide con una noiosa pausa della pellicola, con filmati della tragica uccisione di Bob Kennedy ecc., il film riprende fiato: Elvis is Back, con gli spettacoli all'International Hotel.
Le ultime scene drammatiche del suo ultimo concerto nel 77 e l'ultima originale (che, tuttavia, pare mixata con l'attore protagonista del film) esibizione di Unchained Melody concludono una pellicola, come detto, ben riuscita solo in parte. Una frase resta però impressa, la dice-fuori campo- il Colonnello Parker: " Elvis dicono che è morto per i farmaci, per un infarto o forse per colpa mia...no, Elvis è morto perché vi amava troppo..."
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[+] le madri bigotte e love me tender lia lenzetti
(di lia lenzetti)
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maramaldo
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domenica 17 luglio 2022
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l''innocenza perduta di un''america.
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Quel ragazzo, Austin Butler, realizza un prodigio che riesce a pochi. Penso alle creature della Portman, di Kristen Stewart: ci s'impadronisce di un personaggio che "conosciamo", lo si rimonta, lo si plasma, gli si dà un soffio di vita propria ed ecco, confezionato, il fantasma che crediamo essere quello che da sempre si agita nella nostra povera testa.
Baz Luhrmann, scrittura elegante e svelta, tavolozza varia. Inventore di atmosfere. Non solo. Imbonimenti e mistificazioni. Un'autorità nel settore, Tom Hanks (il Colonnello). Invadente, disturba continuamente quelle parentesi di suggestione ottenute con la replica di quella voce che un giorno vi toccò dentro.
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Quel ragazzo, Austin Butler, realizza un prodigio che riesce a pochi. Penso alle creature della Portman, di Kristen Stewart: ci s'impadronisce di un personaggio che "conosciamo", lo si rimonta, lo si plasma, gli si dà un soffio di vita propria ed ecco, confezionato, il fantasma che crediamo essere quello che da sempre si agita nella nostra povera testa.
Baz Luhrmann, scrittura elegante e svelta, tavolozza varia. Inventore di atmosfere. Non solo. Imbonimenti e mistificazioni. Un'autorità nel settore, Tom Hanks (il Colonnello). Invadente, disturba continuamente quelle parentesi di suggestione ottenute con la replica di quella voce che un giorno vi toccò dentro. Lo squallido maneggione, invece, irrita, per odiarlo non arrivate alla fine.. Ma, poi, per dire cosa? "Pelvis" venne alla luce grazie ai biscazzieri di Las Vegas.
A questo punto, bisogna chiederselo. Cosa preme a Baz: celebrare (o quanto meno raccontare) oppure veicolare la visione di una certa America. Una sua visione? L'Australiano è relativamente "giovane" per cui si suppone che alla sue spalle ci siano stati maestri di pensiero. Buoni o cattivi? Stabilirlo non è un problema per chi si attiene al criterio evangelico: "dai loro frutti li riconoscerete".
Si adombra nell'indimenticato rockettaro qualcosa di retrò, con qualche fondamento. Si sa, "non" amò i beatles nè i rolling stones. Fin da piccolo, lo segnala il film, volle "fare l'eroe". Cresciuto ma rimasto sempliciotto, pensò che per "combattere il male" occorresse possedere quel prestigioso distintivo dell'FBI. Lo chiese "all'uomo orribile" che allora bivaccava alla Casa Bianca. Tutto documentato. Foto storica. Sembra essere solo io a ricordarmene, "Elvis & Nixon", del 2016, con Kevin Spacey (ma vi è anche il figlio di Tom, Colin Hanks). Molto più severo ed acre ma di gran lunga più serio e corretto del lavoro di Luhrmann.
Perchè si vuole che l'America di Elvis sia vista attravero la lente di una cultura che si sostenta di reticenze, amnesie e censure? Solo un es., l'episodio Germania. Nonostante l'epitaffio di John Lennon, il soldato di leva Presley (congedato sergente) non andò "costretto" ma contento e orgoglioso. Vi fece tanti di quegli "atlantici"che se li sogna lo svampito depresso che di recente è stato inviato alla bisogna da quelle parti.
Tutto ciò sembra critica ma si avverte un'avversione, un accanimento verso quel Paese. I "Baz" dimenticano quel che ha rappresentato per tante generazioni l'America: l'unica attrattiva che si poteva ricavare da una riflessione sulla Storia, punto reale di ottimismo nelle concezioni sociali più concrete, un modello, una speranza. La fecero uomini, donne, fanciulli savi che vi s'inoltrarono con coraggio e determinazione. Avveduti, non avrebbero mai cambiato i cavalli nel mezzo di un guado. Anime rette, li faceva "tremare" Dio, non l'apache. Certo, sbiadita la coscienza che si nutriva di Bibbia, arrivarono i pistoleros. Ce ne sono ancora, in giro per il mondo a raddrizzar torti. Invincibili, favolosi, affollano lo schermo. Non ci resta che cantare, ogni tanto anche Elvis l'accennava, God Bless America...
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vittorio
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sabato 25 giugno 2022
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elvis: l’umano prezzo da pagare alla leggenda
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Baz Luhrmann fa ancora centro. Una storia intessuta di umana debolezza di un mito che fa i conti con le difficoltà del tempo, con la famiglia antica e nuova, con il suo plasmatore artistico commerciale Parker. La vita pennellata di un mito della musica narrata attraverso il suo despota opportunista pigmalione che sembra ricalcare l'orma di Salieri/Mozart in Amadeus.
Tuttavia,tutto è diverso nel dipanarsi di una vicenda di rara bellezza musicale, di piena coinvolgente immersione in ambientazioni e costumi d'epoca, di trascinante partecipazione del declino fisico e psichico di un uomo,prima del Mito.
Gli interpreti tutti magnifici,su tutti ,un iconografico,incommensurabile Tom Hanks ad un Austin Butler che definire, " davvero" Elvis non è errato .
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Baz Luhrmann fa ancora centro. Una storia intessuta di umana debolezza di un mito che fa i conti con le difficoltà del tempo, con la famiglia antica e nuova, con il suo plasmatore artistico commerciale Parker. La vita pennellata di un mito della musica narrata attraverso il suo despota opportunista pigmalione che sembra ricalcare l'orma di Salieri/Mozart in Amadeus.
Tuttavia,tutto è diverso nel dipanarsi di una vicenda di rara bellezza musicale, di piena coinvolgente immersione in ambientazioni e costumi d'epoca, di trascinante partecipazione del declino fisico e psichico di un uomo,prima del Mito.
Gli interpreti tutti magnifici,su tutti ,un iconografico,incommensurabile Tom Hanks ad un Austin Butler che definire, " davvero" Elvis non è errato .
Film capolavoro
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67user
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domenica 24 luglio 2022
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bello, veramente bello
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Un film che racconta la vita e la carriera, dai primi passi fino al tramonto, di una delle più grandi star della musica di tutti i tempi; ottima trama, magistralmente diretto e interpretato (non è certo facile reinterpretare il carisma di un personaggio di questo calibro), ti prende e ti tiene incollato alla poltrona fino alla fine, emozionando e senza mai cadere nel banale, raccontando, anzi, a tinte forti, anche il rovescio della medaglia nella vita di queste star.
SIcuramente da non perdere per gli appassionati e anche per chi si avvicina per la prima volta a uno dei più carismatici personaggi dello spettacolo a stelle e strisce.
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