Bardo - La cronaca falsa di alcune verità

Alberto Crespi

Alejandro Iñárritu è nato a Città del Messico il 15 agosto 1963: a 59 anni e 4 Oscar vinti ha realizzato, come capita a molti di noi, di avere più tempo dietro di sé che davanti a sé. Con l'aiuto decisivo di Netflix, che sta monopolizzando Venezia 79, ha "sintetizzato" la scoperta in un film di tre ore, Bardo (o falsa crónica de unas cuantas verdades). Il sottotitolo segna una tendenza di molto cinema attuale: si possono raccontare verità profonde facendo una "falsa cronaca", inventandosi un'autobiografia che non è esistita ma avrebbe potuto esistere. Se fossimo banali, paragoneremmo Bardo a Otto e mezzo di Fellini. Poiché spesso banalità fa rima con verità, diciamolo: Bardo è l'Ocho y medio di lñárritu, con echi felliniani che coinvolgono anche La dolce vita e una citazione, chissà quanto voluta, da I cannibali di Liliana Cavani (le vie di Città del Messico si riempiono di cadaveri e il protagonista, nella mitica piazza delle Tre Culture, scala una piramide di corpi in cima alla quale incontra Hernan Cortés, il più grande assassino della storia -almeno da quelle parti). Il film scava nell'anima di Silverio Gama (l'attore Daniel Giménez Cacho), un famoso giornalista che torna in patria dopo anni negli Usa, e nella storia del suo Paese. Il tono è Surreale sin dall'inizio, quando un tg ci informa che Amazon ha comprato dal Messico la Baja California (frecciata di Netflix ai rivali?). Momenti di simbolismo da quattro soldi si alternano a sequenze di poderosa visionarietà. Nel complesso Bardo è un filmone, e Iñárritu si conferma un funambolo della regia. Da vedere, possibilmente in sala (uscirà per Lucky Red).
Da La Repubblica, 2 settembre 2022


di Alberto Crespi, 2 settembre 2022