maurizio.meres
|
domenica 11 marzo 2018
|
realistico ma poco pungente
|
|
|
|
Buon film,realistico per tutto ciò che il mondo del lavoro offre,soprattutto per quelle donne meno fortunate che pur di mantenersi il lavoro subiscono soprusi di ogni genere.
La colpa di tutto ciò è l'arroganza che il potere che qualcuno usa per sottomettere le persone deboli ed indifese,la malattia che riscontrano queste persone è frutto di una consapevolezza nell'ambito familiare che copre tutto,aiutata da un potere istituzionale spesso ecclesiastico come nel film.
[+]
Buon film,realistico per tutto ciò che il mondo del lavoro offre,soprattutto per quelle donne meno fortunate che pur di mantenersi il lavoro subiscono soprusi di ogni genere.
La colpa di tutto ciò è l'arroganza che il potere che qualcuno usa per sottomettere le persone deboli ed indifese,la malattia che riscontrano queste persone è frutto di una consapevolezza nell'ambito familiare che copre tutto,aiutata da un potere istituzionale spesso ecclesiastico come nel film.
Parlando della struttura del film ritengo la sceneggiatura sia un po' troppo scontata,non ci sono colpi di scena ma soltanto la consapevolezza di una sentenza giusta alla fine ma sempre insufficiente per ridare dignità alle donne,diventa quasi chiedere al publico quale potrebbe essere la giusta sentenza,senza dimenticare che queste persone se così si possono chiamare sono prive di dignità e il più delle volte il potere economico nasconde tutto il marcio,peccato non toccare spunti di soprusi ecclesiastici e istituzionale,e nel film c'è ne sarebbero stati.
Bellissima ambientazione in una Brianza che nel film diventa complice un po' per bisogno,ma anche per egoismo.
Ottima la prova della Capotondi interpreta benissimo una ragazza sfortunata ma consapevole di ciò che vuole con coraggio e decisione,ce ne fossero nella realtà.
Ritengo due scene molto significative,quando Nina dialoga con la figlia dell'orco,riesce nel far esprimere tutta la tristezza e la vergogna della figlia e Nina in quel momento la consola in una sorta di perdono,e la scena finale quando la reporter viene toccata dal suo capo dicendogli di essere più carina con lui,una storia senza fine.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a maurizio.meres »
[ - ] lascia un commento a maurizio.meres »
|
|
d'accordo? |
|
loland10
|
venerdì 16 marzo 2018
|
minima e attenta nina
|
|
|
|
“Nome di donna” (2018) è il decimo lungometraggio del regista milanese Marco Tullio Giordana.
Sulla scia della sua filmografia il regista aggiunge una storia sull’emisfero femminile raccontando problemi inerenti le molestie sessuali, il ritegno del nascondimento e lo sfruttamento nel mondo del lavoro.
Ambientazione palladiana (set nella Villa Mazzucchelli in provincia di Brescia), verde rigoglioso, acque pure e in piccole cascate, luoghi quasi lucreziani in una natura di pieno tepore e leggera di posa si nasconde il dietro le mura di un luogo ospitanti anziani come effimero silenzio di vita mortuaria.
[+]
“Nome di donna” (2018) è il decimo lungometraggio del regista milanese Marco Tullio Giordana.
Sulla scia della sua filmografia il regista aggiunge una storia sull’emisfero femminile raccontando problemi inerenti le molestie sessuali, il ritegno del nascondimento e lo sfruttamento nel mondo del lavoro.
Ambientazione palladiana (set nella Villa Mazzucchelli in provincia di Brescia), verde rigoglioso, acque pure e in piccole cascate, luoghi quasi lucreziani in una natura di pieno tepore e leggera di posa si nasconde il dietro le mura di un luogo ospitanti anziani come effimero silenzio di vita mortuaria.
Il lusso, la maschera di una vita che fu agiata, l’assenza di parenti e amici, il cancello chiuso e le panchine come segno di colloquio invisibile: questo è il mondo silenzioso, sobrio, borghese e distaccato della Clinica per anziani dove il lavoro di servizio è ‘per conoscenza, di prova e di sottomissione’ per delle donne che vorrebbero essere autonome.
Anche Nina (Cristiana Capotondi) si sposta dai suoi luoghi di origine per avere un lavoro dignitoso e onesto ma di dignità e di onestà vi è solo il ricordo e le storie di qualche anziana che ha voglio di colloquiare e di una certa compagnia.
Non senza gusto, non senza parsimonia, non senza impegno ma certo il film tende, o meglio implica quasi a non volerlo, l’acclarare del piccolo schermo. Con disegni e leggere carrellate di bella fattura che riempiono uno stile classicheggiante per il luogo di ritrovo di persone anziane abbandonate a se stesse. La postura dei posti come postura falsa dei ‘direttori’ (finti) per far ciò che si desidera (e il silenzio di molte).
Non mostrare ciò che si vorrebbe, una ripresa video per avere prove, tutto in tono minore e con una leggerezza quasi prova di non coraggio. Nominare un nomignolo, quasi un piccolo e inutile diminutivo, tra Nina e Ines, poiché ciascuna si ritrova o crede di farlo. Le cornici del passato senza un quadro da appendere. Donna vissuta e una donna che cerca speranza.
‘Nome di donna’ è un film onesto e rituale con pochi piagnistei ma ha un limite di porsi solo come problema senza scavarne l’entità vera e di disegnare i personaggi a tutto tondo. Forse si pretendeva troppo. Compito fatto bene che rischia di essere una fiction di scrittura ‘popolare’ con pochi elementi di approfondimento.
Dimessamente Nina non reagisce (prima) ai soprusi ma la forza viene dall’istinto e (dopo) trova il coraggio di andare contro con pochissima solidarietà e solo inciampi. Il ragazzo che gli è accanto non si allontana quando si arriva al processo. Donna che lavora e uomini che usano (e sfruttano) il potere. Marco Maria Torri (Valerio Binasco), semplice ragioniere, ma che ha l’aria ‘suprema’ di un (farsi chiamare) dottore di facciata e di una faccia ‘da disgusto’. Anche Don Roberto Ferrari (Bebo Storti) ha il ‘cliché’ che ti aspetti: nessuna sorpresa già dall’incipit come negli sguardi processuali. Un senso unico e diretto.
Film di denuncia, di giustizia, di silenzi, di omertà e di coraggio. Un cinema che oramai è di pochi. Più volte ha fatto Marco Rissi. Lo stesso Giordana ha il merito di non lasciare la strada.
Una pellicola che vale per quello che dice ma per il resto tutto appare lisciato, lieve, mai veramente forte e dove ogni sequenza pare già da archiviare. Uscito l'otto di marzo, non a caso, il giorno della festa, della ricorrenza e del ricordo dei diritti e delle (vere) pari opportunità. Poi si legge che Franca Valeri dice 'non ho lottato una vita per un giorno ma per ogni giorno': queste più o meno le sue parole sui giornali.
Tutto senza sussulti e con modi lineari, non si arriva a vere e proprie scene madri, denunce e accuse rimangono nel limbo dello strettamente ordinario in un itinerario privo di scossoni. La regia tende a primi piani strutturali e riprese dall'alto quasi di riempimento tra un interno e una visuale di carrellata mentre gli incontri devono avvenire o quando il vestibolo delle lavoratrici sono un sintomo di chiacchiera libera senza corda e nesso vero per un processo che si vorrebbe. Leggermente fiacco nella costruzione ma certamente onesto e vivo nelle intenzioni con alcuni volti liberi di esprimersi ma non un contorno efficace e preciso.
Il volto imbalsamato e con i capelli da opera di Adriana Asti nei panni della grande attrice oramai dimenticata. Ines è quella che ha in camera, sul suo mobile in esposizione: San Luchino (Visconti) e altri ....ricordando la carriera sul palcoscenico con i grandi e adesso lei è sola, è solo grande o anziana per dare consigli di vita a Nina che accudisce, spolvera e fai letti agli ospiti e alle ospiti della casa di riposo...
La scrittura risente di una certo taglio poco intenso; anche il processo (con una ripresa dall’alto del Palazzo di Giustizia quasi all’americana) appare rituale e leggero.
Cristiana Capotondi (Nina) riesce a ritagliarsi una prova positiva ma non riesce a tenere la scena per un intero film. E qui il discorso va oltre la sua interpretazione e riguarda il panorama delle attrici che si rivolgono al grande schermo. O che provano a farlo.
La regia di Marco Tullio Giordana è sinceramente corretta ma appare come un vestito giusto sapendo già misure e finalità.
Voto: 6-/10 (**½)
[-]
|
|
[+] lascia un commento a loland10 »
[ - ] lascia un commento a loland10 »
|
|
d'accordo? |
|
udiego
|
martedì 20 marzo 2018
|
nome di donna
|
|
|
|
Marco Tullio Giordana, regista de “I Cento Passi” e “La Meglio Gioventù”, con “Nome di Donna”, porta sul grande schermo un film che cerca di mettere a nudo uno dei temi che più di tanti altri ha sconvolto il mondo del cinema, soprattutto quello a stelle e strisce: le molestie sul posto di lavoro. E lo fa attraverso un personaggio femminile pacato, dai modi semplici e gentili, il cui unico obiettivo è avere una vita serena per se stessa e per la figlia. Un personaggio che avrà la forza di non mollare soprattutto nei momenti più difficili, che saprà affrontare le difficoltà e l’isolamento a cui andrà incontro per via delle propri scelte.
[+]
Marco Tullio Giordana, regista de “I Cento Passi” e “La Meglio Gioventù”, con “Nome di Donna”, porta sul grande schermo un film che cerca di mettere a nudo uno dei temi che più di tanti altri ha sconvolto il mondo del cinema, soprattutto quello a stelle e strisce: le molestie sul posto di lavoro. E lo fa attraverso un personaggio femminile pacato, dai modi semplici e gentili, il cui unico obiettivo è avere una vita serena per se stessa e per la figlia. Un personaggio che avrà la forza di non mollare soprattutto nei momenti più difficili, che saprà affrontare le difficoltà e l’isolamento a cui andrà incontro per via delle propri scelte. Scelte che non rinnegherà mai, nonostante qualche esitazione, e che porterà avanti fino in fondo con il suo orgoglio di donna.
Il film, come già detto, tocca tematiche delicate e di grande attualità. Lo fa in modo semplice, senza troppi giri di parole, cercando di andare subito al cuore del problema, al succo della questione. L’opera presenta alcuni difetti, soprattutto dal punto di vista della sceneggiatura, che si concentra quasi esclusivamente sul personaggio di Nina, senza però sviscerarlo fino in fondo. La struttura narrativa ha sicuramente il merito di mantenersi su livelli abbastanza leggeri, senza appesantire troppo la visione, ma fatica un po’ a regalare uno sviluppo della vicenda profondo e di vera riflessione. I fatti si susseguono uno dietro l’altro senza mai soffermarsi per il tempo dovuto ad analizzare le diverse sfumature che compongono gli avvenimenti e di conseguenza faticano ad entrare nella pancia dello spettatore.
Nonostante ciò “Nome di Donna” risulta essere un film che suscita interesse e che regala qualcosa alla fine della sua visione. Saranno gli argomenti, sarà Nina, personaggio al quale comunque non ci si può non affezionare e ben caratterizzata da una positiva Cristiana Capotondi, sarà che nella seconda parte il lavoro presenta più tratti giudiziali che sociali, me è fuori discussione che, nonostante i difetti precedentemente elencati, lo spettatore uscirà dalla sala con la sensazione di aver visto un buon film e che c’è ancora molto da imparare per raggiungere un livello di civiltà adeguato ai tempi che corrono.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a udiego »
[ - ] lascia un commento a udiego »
|
|
d'accordo? |
|
doctorcinema
|
martedì 26 giugno 2018
|
un film senza grandi picchi, ma ben realizzato.
|
|
|
|
I recenti scandali riguardanti le molestie sessuali sulle donne nel mondo del cinema (e non solo) hanno portato molti registi a intraprendere la strada verso la realizzazione di pellicole che parlassero di questo tema, più che in passato.
Con "Nome di donna", Marco Tullio Giordana riprende in mano il modo di fare cinema che lo contraddistingue da molti anni e che gli ha permesso di raggiungere vette altissime come con "I cento passi".
[+]
I recenti scandali riguardanti le molestie sessuali sulle donne nel mondo del cinema (e non solo) hanno portato molti registi a intraprendere la strada verso la realizzazione di pellicole che parlassero di questo tema, più che in passato.
Con "Nome di donna", Marco Tullio Giordana riprende in mano il modo di fare cinema che lo contraddistingue da molti anni e che gli ha permesso di raggiungere vette altissime come con "I cento passi".
La protagonista, Nina, è una donna alla quale la vita ha già presentato tanti ostacoli: dal dover crescere una figlia (non voluta dal padre) da sola, fino alla difficoltà nel trovare un lavoro e una propria autonomia. Le cose sembrano migliorare nel momento in cui le viene offerto il lavoro di inserviene in un istituto di accoglienza e supporto di anziani. Nonostante la lontananza dal proprio compagno, Nina riesce a conciliare la propria vita personale con il proprio impiego. Sino a quando, però, una sera riceve la convocazione del direttore dell'istituto, il dottor Torri, che approfitta del privato del proprio ufficio per molestarla. Da quel momento la vita di Nina sprofonda verso un nuovo baratro, dal quale tenterà con tutte le forze di risalire con l'aiuto del compagno, di sua figlia e di un team di avvocati che la sosterrà nell'azione legale contro Torri.
Recenti, recentissime sono le notizie del caso Weinstein che hanno scoperchiato un vaso di Pandora troppo a lungo rimasto sigillato. Il mondo del cinema e dello spettacolo sembrano essersi svegliati e abbiano voluto dare segno di cambiamenti.
Ma in realtà esistono storie di molestie e violenze che fanno parte del quotidiano, lontane dai riflettori, vicende che accadono ogni giorno senza che purtroppo si riesca a dar loro la giusta risonanza.
Marco Tullio Giordana ha voluto mettere in scena una di queste storie, che è di finzione per i protagonisti narrati, ma che potrebbe essere tranquillamente una di quelle notizie di cui si viene a conoscenza dopo molto tempo grazie ad un servizio al tg o sui giornali. Una storia di molestie fisiche e psicologiche, senza che si riesca più a discernere quale tra le due sia la peggiore (sempre ammesso che ve ne sia una alla quale assegnare l'etichetta di meno peggio).
Il cast del film è di buon livello. Cristiana Capotondi, nei panni di Nina, svolge il suo compito senza sbavature, ma senza neanche grandi picchi. Ottimo (e viscido) Valerio Binasco nei panni del direttore dell'istituto, Torri. Il migliore, a mio parere, è però Bebo Storti: il suo don Roberto Ferrari è a tratti raggelante, fin dall'inizio del film; una figura ecclesiastica che nessuno vorrebbe mai incontrare, neanche per sbaglio. Bravissimo.
Da segnalare una gradevole colonna sonora.
Anche la regia di Giordana si fa apprezzare parecchio (ma del resto stiamo parlando di uno dei migliori registi italiani degli ultimi 20 anni). In alcuni momenti ci sono dei movimenti di macchina davvero notevoli e la storia (di cui lo stesso Giordana è co-sceneggiatore) non si lascia andare a piagnistei, nè tantomeno ad eccessi di isteria o dialoghi poco verosimili che avrebbero potuto minarne la qualità.
Bello e crudele il messaggio finale, del quale non rivelo nulla. Bisogna guardare il film fino alla conclusione.
Nel complesso ci troviamo davanti ad una pellicola riuscita, che non ambisce da avere i toni epici de "La meglio gioventù" nè il coinvolgimento straziante de "I cento passi".
Sembra avere più i toni da fiction che da film per il cinema (al box office la pellicola è passata quasi inosservata), ma in questo caso non l'ho trovato come un difetto. Il film è diretto ed efficace, come la storia raccontata impone.
Consigliato.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a doctorcinema »
[ - ] lascia un commento a doctorcinema »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
martedì 13 marzo 2018
|
una donna determinata nella sua azione di denuncia
|
|
|
|
In seguito al contemporaneo caso del produttore cinematografico statunitense Wenstein e dei suoi abusi sessuali, esce nelle sale cinematografiche italiane il film "Nome di Donna" del regista Marco Tullio Giordana. E proprio di molestie sessuali si parla in questa inserviente presso una prestigiosa casa di cura per anziani, si vede essere oggetto dell' attenzione del tanto stimato direttore dell'istituto. Non sottostando alle avances sessuali di quest'ultimo, come invece precedentemente hanno fatto altre sue colleghe di lavoro, ella decide di denunciarlo e, sola e criticata in questa sua delicata ed ardua battaglia, porterà avanti la propria accusa, non senza problemi ed ostacoli vari, riuscendo alla fine a far valere le proprie ragioni e finalmente a vincere la causa in tribunale in nome del rispetto verso se stessa e verso tutto il genere femminile.
[+]
In seguito al contemporaneo caso del produttore cinematografico statunitense Wenstein e dei suoi abusi sessuali, esce nelle sale cinematografiche italiane il film "Nome di Donna" del regista Marco Tullio Giordana. E proprio di molestie sessuali si parla in questa inserviente presso una prestigiosa casa di cura per anziani, si vede essere oggetto dell' attenzione del tanto stimato direttore dell'istituto. Non sottostando alle avances sessuali di quest'ultimo, come invece precedentemente hanno fatto altre sue colleghe di lavoro, ella decide di denunciarlo e, sola e criticata in questa sua delicata ed ardua battaglia, porterà avanti la propria accusa, non senza problemi ed ostacoli vari, riuscendo alla fine a far valere le proprie ragioni e finalmente a vincere la causa in tribunale in nome del rispetto verso se stessa e verso tutto il genere femminile.
Marco Tullio Giordana, regista che nelle proprie opere affronta sempre temi di grande attualità e, il più volte, anche parecchio 'sconvenienti', questa volta con "Nome di Donna" riconferma il suo modo di fare cinema di denuncia. La questione degli abusi sessuali da parte o di datori di lavoro o, comunque, di individui che si fanno forza della propria posizione sociale e di potere al fine di ottenere dei favori sessuali dalle donne, solitamente loro sottoposte, è una realtà, purtroppo, sempre presente e sempre, ahimè, esistita (sebbene in questo periodo se ne parli più frequentemente dopo le denunce aperte di alcune attrici nei confronti del produttore cinematografico Weinsten), ma in ogni caso "Nome di Donna" acquista un particolare valore al fine di incitare le donne, qualora molestate, di non provare alcuna vergogna e denunciare immediatamente gli artefici di tali deplorevoli azioni. Sicuramente in questo film la questione della violenza sulle donne è rappresentata in una maniera molto semplificata e con un lieto fine (sebbene sino ad un certo punto....), ma al di là di ciò è importante, appunto, il messaggio di sprono che esso invia agli spettatori o, meglio, alle spettatrici. Inoltre, la regia rigorosa, lucida e precisa di Giordana conferma la sua maestria nel delineare e presentare le situazioni e Cristiana Capotondi nel ruolo della protagonista molestata e quanto mai determinata a non subire alcuna prevaricazione o minaccia alla sua azione di denuncia, si rivela molto convincente.
Insomma, una pellicola interessante, fatta uscire "ad hoc" nelle sale dei cinema italiani inoccasione della Festa della Donna.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
|