jonnylogan
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giovedì 2 dicembre 2021
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triplo axel
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La vita della pattinatrice a stelle e strisce Tonya Harding narrata in prima persona da lei stessa e da chi l’ha conosciuta più da vicino. Fin da bambina vero prodigio del pattinaggio su ghiaccio e da sempre vittima di un carattere ancora più indurito dalla presenza di un madre ingombrante che per farla allenare spese ogni dollaro che guadagnava.
La figura di Margot Robbie pare ancora più inscalfibile di quella della vera Tonya Harding, lo scricciolo - pochi centimetri oltre i 150 – di Portland. Carattere ribelle e sguardo perennemente in camera per tentare di convincere il pubblico che la colpa della quale si macchiò – l’aggressione ai danni di Nancy Kerrigan – fosse frutto di una situazione personale difficile, per non dire impossibile, da sostenere, a causa dell’assenza di una famiglia d’origine sgretolatasi quando ancora era molto piccola e sostituita da una madre violenta e irascibile che la opprimeva con richieste di estenuanti allenamenti ai quali seguivano litigi interminabili.
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La vita della pattinatrice a stelle e strisce Tonya Harding narrata in prima persona da lei stessa e da chi l’ha conosciuta più da vicino. Fin da bambina vero prodigio del pattinaggio su ghiaccio e da sempre vittima di un carattere ancora più indurito dalla presenza di un madre ingombrante che per farla allenare spese ogni dollaro che guadagnava.
La figura di Margot Robbie pare ancora più inscalfibile di quella della vera Tonya Harding, lo scricciolo - pochi centimetri oltre i 150 – di Portland. Carattere ribelle e sguardo perennemente in camera per tentare di convincere il pubblico che la colpa della quale si macchiò – l’aggressione ai danni di Nancy Kerrigan – fosse frutto di una situazione personale difficile, per non dire impossibile, da sostenere, a causa dell’assenza di una famiglia d’origine sgretolatasi quando ancora era molto piccola e sostituita da una madre violenta e irascibile che la opprimeva con richieste di estenuanti allenamenti ai quali seguivano litigi interminabili. Una madre poi abbandonata per un marito altrettanto manesco e schizofrenico.
Proprio in questo si cela la vera essenza della pellicola del regista Craig Gillespie, il quale decide di narrare la vita della Harding senza soffermarsi eccessivamente sul caso Kerrigan, ma tramite le sue parole e con l’aiuto di alcune vecchie interviste e filmati di repertorio, rigirati per l’occasione con il cast al completo. Aggiungendo a questo finto documentario l’interruzione delle scene con il dialogo in camera fra attori e pubblico. Quella alla quale si assiste è alla fine una pellicola difficile da incasellare in un solo genere. Non si può infatti definire come semplice genere sportivo, perché prima di tutto siamo al cospetto di uno spaccato della sterminata provincia Americana. Da qui si passa velocemente a un tono più ironico fatto di sorrisi a denti strettissimi, a causa proprio di quel dramma nel quale lentamente scivola, sin dalla tenera età, la vita di una persona votata al sacrificio ma anche all’autodistruzione. Oscar meritato per l’interpretazione di Allison Janney nel ruolo di LaVona Harding, madre di Tonya. Splendida la colonna sonora in bilico fra successi degli ‘80ies e l’heavy metal tanto apprezzato dalla ‘piccola’ Harding. Da vedere come un piccolo gioiello di una storia che venti anni or sono fece molto scalpore.
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dandy
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giovedì 25 novembre 2021
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qualcuno da amare qualcuno da odiare...
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Ispirato a un grottesco caso di inizio anni'90(citato anche alla fine di "Assassini Nati"),il film di Gillespie adotta uno stile tra il mockumentary(con le interviste ai protagonisti che scandiscono la vicenda)e la narrazione alla Martin Scorsese(colonna sonora ininterrotta usata con ironia,voci over e personaggi che parlano in macchina),mescolando abilmente dramma e tocchi da commedia nera.Un ritratto impietoso di una persona irrimediabilmente rovinata da coloro che la circondano,da una madre che definire snaturata è un eufemismo(e lo resta fino alla fine)al compagno manesco e babbeo,e ad allo stesso tempo marchiata dalla periferia più squallida in cui è cresciuta,quindi destinata ad essere rifiutata dalla società "per bene"(i costumi poveri per cui viene derisa,il giudice che le dice che "non può rappresentare una nazione" in quanto non conforme agli standard in voga).
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Ispirato a un grottesco caso di inizio anni'90(citato anche alla fine di "Assassini Nati"),il film di Gillespie adotta uno stile tra il mockumentary(con le interviste ai protagonisti che scandiscono la vicenda)e la narrazione alla Martin Scorsese(colonna sonora ininterrotta usata con ironia,voci over e personaggi che parlano in macchina),mescolando abilmente dramma e tocchi da commedia nera.Un ritratto impietoso di una persona irrimediabilmente rovinata da coloro che la circondano,da una madre che definire snaturata è un eufemismo(e lo resta fino alla fine)al compagno manesco e babbeo,e ad allo stesso tempo marchiata dalla periferia più squallida in cui è cresciuta,quindi destinata ad essere rifiutata dalla società "per bene"(i costumi poveri per cui viene derisa,il giudice che le dice che "non può rappresentare una nazione" in quanto non conforme agli standard in voga).Si cita "Rocky",ma non c'è speranza di "self made":il talento si rivela inutile mentre paradossalmente sarà solo attraverso la cronaca nera che Tonya troverà una ribalta che comunque non farà avverare il suo sogno,e che poterà poco anche per gli altri(Jeff vede i giornalisti andarsene da casa sua dopo qualche mese "come in un sogno che finisce" mentre in tv si parla del caso di OJ Simpson)...Ritmo scorrevole e bravissima Margot Robbie(anche co-produttrice),candidata all'Oscar(vinto da Allison Janney).Molto belle le sequenze di pattinaggio(ci si entusiasma per i successi della protagonista e si prova dispiacere per le sue cadute).Colonna sonora a base di ZZ Top,Fleetwod Mac,Supertramp,Heart.
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mr.rizzus
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venerdì 12 febbraio 2021
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capolavoro
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docnroll
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lunedì 18 gennaio 2021
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empatia dove?
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Come si fa a parlare di empatia in un film assolutamente grottesco, con continue voci fuori campo, dialoghi assurdi, dichiarazioni dirette alla telecamera completamente fuori luogo.
I personaggi sembrano usciti da un fumetto venuto male. Margot Robbie viene usata forzatamente per fare la parte della pazza sballata chiaramente sulla falsariga di harley quinn di Suicide Squad del 2016 (poi pure replicato disgraziatamente anche nel 2020).
Si vuole a tutti i costi far interpretare ad una bellissima attrice la parte della "brutta ribelle e antipatica" per farle vincere un oscar. Ma il risultato è di risultare "solo" insopportabile nel vero senso della parola.
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Come si fa a parlare di empatia in un film assolutamente grottesco, con continue voci fuori campo, dialoghi assurdi, dichiarazioni dirette alla telecamera completamente fuori luogo.
I personaggi sembrano usciti da un fumetto venuto male. Margot Robbie viene usata forzatamente per fare la parte della pazza sballata chiaramente sulla falsariga di harley quinn di Suicide Squad del 2016 (poi pure replicato disgraziatamente anche nel 2020).
Si vuole a tutti i costi far interpretare ad una bellissima attrice la parte della "brutta ribelle e antipatica" per farle vincere un oscar. Ma il risultato è di risultare "solo" insopportabile nel vero senso della parola. Mai veramente empatica col personaggio e coigli spettatori. Un tentativo del genere era riuscito con Charlize Theron in Monster del 2003 che vinse l'oscar
interpretando una pluriomicida condannata a morte. lì la theron riuscì a far partecipe lo spettatore del dramma personale della "vittima/assassina". Qui le vittime siamo noi.
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fabio
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mercoledì 25 novembre 2020
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biopic originale e innovativo
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Senza dubbio un film dai tanti pregi questo "I, Tonya".
Eccellente l'interpretazione di Margot Robbie che riesce pienamente a dare corpo e anima ad un personaggio complesso e sfuggente come quello della celebre pattinatrice americana. Anche Allison Janney nella parte della madre anaffettiva, offre una superba prova.
Il regista ha saputo innovare la tecnica di ripresa con soluzioni efficaci come il movimento della macchina da presa che si allontana dalla scena o le inquadrature dall'alto nelle sequenze di pattinaggio.
Il film è strutturato come una sequenza di interviste ai vari personaggi che danno origine ad altrettanti flashback.
Raccontare senza indulgere, cercando di ricostruire il percorso di vita che ha portato una bambina, come tante cresciuta nella desolata provincia americana, ad essere la migliore pattinatrice al mondo.
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Senza dubbio un film dai tanti pregi questo "I, Tonya".
Eccellente l'interpretazione di Margot Robbie che riesce pienamente a dare corpo e anima ad un personaggio complesso e sfuggente come quello della celebre pattinatrice americana. Anche Allison Janney nella parte della madre anaffettiva, offre una superba prova.
Il regista ha saputo innovare la tecnica di ripresa con soluzioni efficaci come il movimento della macchina da presa che si allontana dalla scena o le inquadrature dall'alto nelle sequenze di pattinaggio.
Il film è strutturato come una sequenza di interviste ai vari personaggi che danno origine ad altrettanti flashback.
Raccontare senza indulgere, cercando di ricostruire il percorso di vita che ha portato una bambina, come tante cresciuta nella desolata provincia americana, ad essere la migliore pattinatrice al mondo. E poi raccontare la distruzione del sogno americano: il talento non è vissuto come dono, ma come destino inesorabile; alla maledizione di dover competere allo spasimo, per emergere, per essere il numero uno, fa da contraltare la fragilità dell'essere umano, bisognoso d'affetto fino al punto di scambiare le botte per gesti d'amore.
Non si può provare nessuna empatia per i protagonisti di questa triste storia dove non si salva nessuno.
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ennio
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venerdì 23 ottobre 2020
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film diseducativo oltre che mistificatore
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La prima mistificazione di "Tonya" sta proprio nella scelta dell'attrice protagonista, la bella Margot Robbie. Tonya Harding invece era bruttina, e questa è la prima e più importante menzogna, vecchia come il mondo del cinema e adattata ad arte per un "operazione simpatia" nei confronti della figura di Tonya Harding.
Tutto il resto del film è improntato a questa "operazione simpatia", condita di luoghi comuni sulla povera ragazza vittima della famiglia, della società, nonchè dei giudici e del governo, che grida "Mondo infame!" per cercare di raccattare l'empatia dei più disgraziati della terra.
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La prima mistificazione di "Tonya" sta proprio nella scelta dell'attrice protagonista, la bella Margot Robbie. Tonya Harding invece era bruttina, e questa è la prima e più importante menzogna, vecchia come il mondo del cinema e adattata ad arte per un "operazione simpatia" nei confronti della figura di Tonya Harding.
Tutto il resto del film è improntato a questa "operazione simpatia", condita di luoghi comuni sulla povera ragazza vittima della famiglia, della società, nonchè dei giudici e del governo, che grida "Mondo infame!" per cercare di raccattare l'empatia dei più disgraziati della terra. Quando invece la cronaca giudiziaria ci dice che Tonya Harding agì in modo viscido e meschino, sotto la spinta dell'invidia, per danneggiare la più bella e più brava rivale sportiva Nancy Kerrigan.
Anche la scelta dei ritmi e delle scene è pilotata su un binario già visto e già alla moda, tra reality e teatro, condita da un diluvio esasperante di attacchi musicali banali e ripetuti, per tentare di donare ritmo e sentimento alla vicenda. Il tutto rende l'insieme della visione piuttosto volgare, in linea del resto con la vita della protagonista.
Ma la volontà più gretta e meschina da parte della regia la vediamo nei titoli di coda, quando vengono narrate le successive vicende dei protagonisti della storia, evitando con cura finanche di citare l'unica vera vittima di tutta questa storia, Nancy Kerrigan.
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trinkone
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giovedì 28 marzo 2019
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oscar 2018
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Film originale molto bello storia avvincente molto ironica, film da vedere
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steffa
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lunedì 4 marzo 2019
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margot robbie
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il film è molto ben curato, unica pecca Margot Robbie dimostra 40 anni anche nella parte del film dove invece dovrebbe avere 15 anni, e anche nella parte in cui ha 20 anni non è credibile, il che manda tutto il realismo del film in frantumi, secondo me ... detto questo senza Margot Robbie probabilmente il film avrebbe raggiunto neppure il 1% del pubblico cha lo ha visto, perchè la storia di per se attira soltanto veri appassionati del caso ...
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marcloud
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lunedì 4 marzo 2019
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su tonya harding
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Una pellicola biografica sulla pattinatrice Tonya Harding, tra eccessi e lo scandalo di cui fu accusata nel 1994. Nessun romanzo ma piuttosto un tentativo di restituire un racconto realistico della vita di una grande sportiva americana. Un film coinvolgente che vale la pena di essere visto.
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greatsteven
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mercoledì 24 ottobre 2018
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triplo axel e centuplo applauso per un capolavoro!
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TONYA (USA, 2017) diretto da CRAIG GILLESPIE. Interpretato da MARGOT ROBBIE, ALLISON JANNEY, SEBASTIAN STAN, JULIANNE NICHOLSON, PAUL WALTER HAUSER, BOBBY CANNAVALE, CAITLIN CARVER, MCKENNA GRACE
Nata a Portland (Oregon) nel 1971, Tonya Harding, a soli tre anni, viene instradata da sua madre LaVona nello sport del pattinaggio. La donna, cameriera presso una tavola calda, sebbene faccia un’innumerevole quantità di straordinari per permettersi di pagare le lezioni alla figlia, non le dimostra il minimo affetto né nessun apprezzamento per il suo considerevole talento, e d’altro canto, pur essendo un’eccellente pattinatrice, priva di grazia comportamentale e sempre sulla pista con discutibili costumi cuciti in casa, Tonya non riesce a sfondare.
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TONYA (USA, 2017) diretto da CRAIG GILLESPIE. Interpretato da MARGOT ROBBIE, ALLISON JANNEY, SEBASTIAN STAN, JULIANNE NICHOLSON, PAUL WALTER HAUSER, BOBBY CANNAVALE, CAITLIN CARVER, MCKENNA GRACE
Nata a Portland (Oregon) nel 1971, Tonya Harding, a soli tre anni, viene instradata da sua madre LaVona nello sport del pattinaggio. La donna, cameriera presso una tavola calda, sebbene faccia un’innumerevole quantità di straordinari per permettersi di pagare le lezioni alla figlia, non le dimostra il minimo affetto né nessun apprezzamento per il suo considerevole talento, e d’altro canto, pur essendo un’eccellente pattinatrice, priva di grazia comportamentale e sempre sulla pista con discutibili costumi cuciti in casa, Tonya non riesce a sfondare. A quindici anni conosce Jeff Gillooly, e poco dopo lo sposa, soprattutto per sfuggire ai continui e atroci abusi di LaVona. Ma anche il matrimonio si rivela turbolento, e in breve Jeff inizia a picchiarla. Dopo l’ennesimo negativo piazzamento in una gara, la pattinatrice licenzia la sua storica coach Diane Rowlinson e assume al suo posto Dody Teachman. Durante i campionati mondiali del 1991, Tonya riesce ad eseguire un triplo axel, diventando la prima donna statunitense e la seconda in assoluto al mondo a riuscirci. Ma l’anno successivo, alle Olimpiadi Invernali, a causa delle violenze subite dal partner, si piazza soltanto quarta, dietro alla sua eterna rivale Nancy Kerrigan. Lasciato Jeff, Tonya abbandona il pattinaggio e torna a Portland a lavorare come cameriera, e tenta vanamente di riagganciare i contatti con la madre, ma LaVona le rinfaccia che è stato proprio grazie al suo temperamento volitivo se lei è diventata una campionessa. Intanto Diane la rintraccia e le propone di rindossare i pattini. Tempo dopo Jeff e Tonya si riuniscono. Durante un allenamento l’atleta riceve una lettera minatoria: Jeff, vedendo come la consorte ne rimanga sconvolta, pensa di spaventare allo stesso modo Nancy Kerrigan, ricorrendo all’amico che lavora come guardia del corpo della moglie, Shawn Eckhardt. Questi, alla ricerca di prestigio, ingaggia due sicari per spezzare un ginocchio alla Kerrigan. Il misfatto avviene, ma i due maldestri delinquenti si fanno immediatamente arrestare dall’FBI. Subito indagato come mandante del reato, Shawn indica Jeff come tale, e quest’ultimo, ormai coinvolto senza volerlo in un’inchiesta che richiama l’attenzione dei mass media nazionali, rimprovera a Tonya di aver saputo fin dal principio che si era parlato di un attentato alla sua storica avversaria, e di non aver fatto nulla per impedirlo. Dopo un ulteriore litigio, i due si mollano per sempre. Tonya diventa il bersaglio di un autentico circolo vizioso mediatico, tanto che i giornalisti la seguono ovunque: una mattina riceve una visita da parte di LaVona, che per la prima volta la abbraccia e le dice quanto sia orgogliosa di lei, ma Tonya non tarda ad accorgersi che la madre ha un registratore in tasca che è stata costretta ad infilarvi dall’FBI. La vicenda finisce in tribunale: Shawn e Jeff vengono condannati al carcere, mentre per il processo contro Tonya si decide di attendere il termine delle Olimpiadi. Emotivamente sconvolta, la ragazza sbaglia tutte le giravolte, e si classifica ottava, mentre ancora una volta Kerrigan la supera, ottenendo il secondo posto. Benché non venga a sua volta incarcerata, Tonya riceve una pena molto severa che prevede, fra l’altro, l’interdizione a vita dal pattinaggio. In lacrime, Tonya implora il magistrato di non farle questo perché impedirle di pattinare, per lei, equivarrebbe ad un ergastolo. Tonya non si rincontrerà più con Jeff e LaVona. Lui si rifarà una nuova famiglia, ma ammetterà di aver rovinato la carriera dell’ex moglie. Tonya, dopo una breve carriera nel mondo della boxe, diventerà una buona madre tenendoci che il mondo intero lo sappia. L’ottimo film dell’australiano Gillespie affronta l’ascesa e la caduta di una donna vittima del sistema, oppressa da una genitrice bigotta e cattiva e da un marito indisponente e violento, la cui enorme capacità nello sport che ha sempre amato le ha sì regalato un successo notevolissimo («Ero la seconda persona più famosa negli Stati Uniti dopo Bill Clinton»), eppure è stata anche la croce che la donna ha dovuto portare in un universo di irriconoscenza dilagante. M. Robbie, che è pure andata dalla vera Tonya Harding per ricevere consigli preziosi su come interpretare il personaggio, recita con un piglio talmente energico da non risultare mai volgare nemmeno nelle scurrilità verbali più evidenti e mettendo in campo una perizia recitativa ormai affinata in maniera agevole che, d’ora in avanti, vista la sua giovane età, le consentirà di immedesimarsi in qualunque ruolo, e qui, nelle vesti della pattinatrice coinvolta in uno dei più sorprendenti scandali sportivi di tutti i tempi, brilla di luce propria diffondendo intorno a sé carica e vitalità. Al suo fianco, A. Janney (premiata sia con l’Oscar che col Golden Globe 2018 come miglior attrice non protagonista) lascia il segno come madre impietosa che, nonostante gli effettivi sacrifici svolti per valorizzare le potenzialità della figlia, se la vedrà sfuggire affettivamente a causa delle sue ripetute prepotenze. Quanto al reparto maschile, Stan e Hauser (rispettivamente nei panni di Jeff e Shawn) rappresentano gli uomini che sembrano usciti da un saggio sulla stupidità umana: individui che provocano danni ai loro simili senza ricavarne alcun vantaggio, anzi, uscendone addirittura danneggiati, e in tal frangente la robusta sceneggiatura di Steve Rogers è al servizio di Gillespie per dargli l’aire con cui il cineasta restituisce sullo schermo l’assurdità e la pericolosità di questi due mostruosi quanto impacciati beccaccioni autolesionisti. E Gillespie s’avvale anche di un materiale di partenza fortemente realistico che balla in autonomia fra farsa e dramma. Inutile negare, e questo è forse il difetto più lampante di un’opera che per il resto ha tutte le carte in regola per ingranare a diciotto carati, che Tonya puntava a conquistare quanti più Oscar possibili: ciononostante, lo show business che lo sorregge è ben allentato dalla performance della protagonista che, per merito pure di un discorso femminista di fondo che non lascia adito a macchinazioni discriminatorie, s’imbruttisce a livello di trucco per rendere al meglio il carattere focoso e psicolabile di un’atleta che nella vita privata non era all’altezza di quando era in pista a pattinare. Un ritratto autobiografico inquieto e sofferto che comunque restituisce dignità ad una figura ancora vivente che non potrà che compiacersene. Vale oltretutto come sineddoche dell’America, del suo bisogno di eroi e colpevoli, di successo e omologazione.
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