Tre manifesti a Ebbing, Missouri |
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Un film di Martin McDonagh.
Con Frances McDormand, Woody Harrelson, Sam Rockwell, Abbie Cornish.
continua»
Titolo originale Three Billboards Outside Ebbing, Missouri.
Thriller,
Ratings: Kids+13,
durata 115 min.
- USA, Gran Bretagna 2017.
- 20th Century Fox Italia
uscita giovedì 11 gennaio 2018.
MYMONETRO
Tre manifesti a Ebbing, Missouri
valutazione media:
3,88
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Tra Teatro e Film Westerndi MicheleCameroFeedback: 5559 | altri commenti e recensioni di MicheleCamero |
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martedì 23 gennaio 2018 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Film tosto, duro, difficile da commentare, con una impostazione in fondo teatrale anche se non riconoscibile immediatamente. E’ ambientato nell’America non newyorkese che per molti è l’America più vera, più autentica quella dove forse non è mai finita l’era del West, dove si respirano ancora atmosfere da film western, dove sembrerebbe che l’eguaglianza dei neri sia ancora da venire considerato che la stessa Polizia continua a vessarli, dove il confine tra ciò che è esercizio della legge ed abuso si connota di interpretazioni ancora troppo personali dettate dalla propria cultura o dalla propria incultura. Luoghi ancora marcati da bellissimi paesaggi naturali e selvaggi dove i centri abitati non appaiono città ma continuano ad essere più simili ai villaggi che nascevano alla buona sulla strada della conquista del West e dove spesso si vive in campagna in case grandi a ridosso delle foreste e delle montagne. Una civiltà rurale e primitiva negli aspetti e nella sociologia. In questi ambienti si svolge la storia di una madre che dopo sette mesi dallo stupro e dall’omicidio della figlia, si inventa un bizzarro quanto originale ed efficace (almeno per le conseguenze che produrrà) modo per richiamare l’attenzione degli investigatori locali che a suo giudizio non si starebbero occupando del caso. E qui, in questo film che in fondo è una tragedia che spesso si serve dei linguaggi della commedia riuscendovi molto bene, si scatenano tante di quelle situazioni che scuotono l’apparente tranquillità sonnolenta della vita. Così sullo schermo appare di tutto dalle minacce alle incomprensibili violenze gratuite, alle violenze psicologiche (il suicidio dello sceriffo) alla grossolanità di alcuni personaggi, al senso di colpa di una madre che sembrerebbe voler dire alla figlia, da morta, quanto l’amasse da viva nonostante nei loro rabbiosi scambi verbali si dessero reciprocamente della “Troia”. La storia scorre quasi senza speranza e lo spettatore capisce subito che non è trovare lo stupratore assassino l’obiettivo vero del regista quanto portare sulla scena un variegato zoo umano che si avviluppa intorno alla storia la quale pare procedere senza spiragli, a meno che finalmente non ci si fermi a riflettere ed a cambiare registro. Lo si potrà fare se qualcuno ci richiamerà ad un messaggio umano, oserei dire umanista che può manifestarsi in una lettera postuma, un contro scherzo beffardo, un’aranciata donata al posto della restituzione della cattiveria ricevuta, l’offerta di una collaborazione impensabile solo poche ore prime. Di più non mi va di dire. Spero solo di aver fatto venir voglia a chi vorrà leggere queste riga di andare a vedere questo film perché lo merita.
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