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martedì 27 febbraio 2018
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tonya: ascesa e caduta del sogno americano.
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Il regista australiano Gillespie riesce con questa pellicola candidata agli Oscar a uscire dai soliti schemi del biopic, costruendo in modo narrativamente e tecnicamente impeccabile una dramedy moderna, originale, sgargiante e animata da una viviva estetica pop anni '90 senza mai perdere di vista l'obiettivo principale: quello di raccontare la storia di Tonya Harding senza eccedere nel melodramma ma senza nemmeno sminuire o ridicolizzare la vicenda e la protagonista. Quella di Tonya, come ci viene descritta, è una storia controversa, segnata da un passato pieno di abusi, un presente scintillante e promettente ma anche un epilogo altrettanto brusco, punitivo e irreversibile.
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Il regista australiano Gillespie riesce con questa pellicola candidata agli Oscar a uscire dai soliti schemi del biopic, costruendo in modo narrativamente e tecnicamente impeccabile una dramedy moderna, originale, sgargiante e animata da una viviva estetica pop anni '90 senza mai perdere di vista l'obiettivo principale: quello di raccontare la storia di Tonya Harding senza eccedere nel melodramma ma senza nemmeno sminuire o ridicolizzare la vicenda e la protagonista. Quella di Tonya, come ci viene descritta, è una storia controversa, segnata da un passato pieno di abusi, un presente scintillante e promettente ma anche un epilogo altrettanto brusco, punitivo e irreversibile. Tonya, indiscutibilmente divenne l'incarnazione perfetta del sogno americano, repentinamente costruito e altrettanto drasticamente distrutto; dalla rapida ascesa a livello nazionale che la rende una delle campionesse più amate e ammirate dagli americani, essendo la prima pattinatrice artistica in USA ad eseguire correttamente un triplo axel (1991), all'altrettanto repentina caduta verso il baratro, divenendo il personaggio più odiato dal pubblico e dai mass media, con una carriera stroncata ad appena 23 anni per via di uno scandalo di cronaca nera che coinvolse lei e la collega Nancy Kerrigan all'alba delle Olimpiadi invernali del 1994.
La frase che pronuncia Tonya già nel trailer è dunque senza ombra di dubbio quella che meglio rappresenta il leit motif del film: "There's no such thing as truth. Everyone has their own truth". Infatti, la pellicola in questione racconta la vita della nota e controversa pattinatrice americana attraverso il suo punto di vista e quello delle persone che le sono state vicine, ovvero la madre, il marito Jeff e i loro amici in comune. Le opinioni e i punti di vista, naturalmente non potrebbero essere più distanti e contraddittori facendo emergere un'immagine tutt'altro che omogenea della pattinatrice. A questo punto è doveroso notare come il regista riesca nell'intento di mantenere acceso l'interesse degli spettatori, mediante l'utilizzo di diverse tecniche narrative che spezzano la linearità della trama, scongiurando la monotonia e mantenendo una verve di freschezza nella pellicola: dall'uso dello stile mockumentary, qui presente sotto forma di finte interviste dei protagonisti (in realtà fornite sempre dagli attori) alle sequenze nelle quali i protagonisti si rivolgono direttamente al pubblico, guardando dritti nella cinepresa.
Gillespie ricrea così un effervescente mix tra commedia nera, dramma e biopic ripercorrendo la vita di Tonya come lei l'ha raccontata agli altri. Dall'infanzia difficile, all'insegna di una madre severa, austera, inflessibile e fredda totalmente incapace di amare, che spinge la figlia ad abbracciare lo sport del pattinaggio artistico e farne l'unico scopo di vita, all'adolescenza sempre segnata dall'ossessione della madre e dai suoi scatti anche violenti che porteranno Tonya a cercare amore e affetto tra le braccia di Jeff, destinato a diventare suo marito. Le cose purtroppo per lei non miglioreranno e Tonya diventerà vittima di violenza domestica per mano del coniuge, che caparbiamente alterna momenti di dolcezza e complicità con scatti violenti che dirige contro la compagna. Vissuta in un contesto grezzo e di provincia, senza una vera e propria educazione scolastica, Tonya accetterà l'umiliazione e la violenza come parte integrale della sua vita e arriverà a convincersi di meritarsi la situazione vissuta.
Ma mentre la vita personale va a rotoli, quella professionale prosegue a gonfie vele e la vede partecipare e vincere molti campionati nazionali guadagnandosi le simpatie del pubblico e le antipatie dei giudici. Colpa del suo carattere anticonformista, spigoloso e arrogante. Ciò nonostante mostrerà il pregio di restare fedele a se stessa, senza mai provare ad allinearsi agli standard delle giurie, di chi la vorrebbe più fine, elegante ed educata. Tonya anche quando arriva in vetta resta la ragazza di provincia, di quell'America maleducata e gretta, ma attira comunque l'interesse mediatico per via delle sue indiscusse capacità agonistiche. Peccato che tutto è destinato a finire e far crollare il mito nascente di Tonya quando l'ormai ex marito, Jeff, organizza un piano per mettere fuori gioco la rivale numero uno della Harding, l'atleta Nancy Kerrigan, in vista delle Olimpiadi Invernali di Lillehammer in Norvegia. Col beneplacito di Tonya e con l'aiuto logistico e materiale del suo migliore amico, Jeff riuscirà a portare a termine il piano, aggredendo la Kerrigan e distruggendo definitivamente tutto quello che Tonya era riuscita a crearsi con anni di sacrifici e duro impegno.
L'incidente al ginocchio della collega e rivale agonistica riceverà un'ampia copertura mediatica, divenendo un caso di cronaca nera vero e proprio, nonchè uno degli scandali sportivi più noti di sempre coinvolgendo anche l'azione dell'FBI. Il nome di Tonya Harding figura ovunque e la sua partecipazione alle Olimpiadi con un'indagine in corso è avvolta dalla controversia. Rientrata in America ammetterà di essere stata al corrente del piano ma negerà di essere lei l'organizzatrice. Infine il bilancio per l'atleta sarà pesante: non solo si guadagnerà una squalifica ma verrà bandita a vita dalla federazione sportiva cosa di fatto le impedisce di praticare lo sport a qualsiasi livello.
Vittima delle dure e difficili circostanze nelle quali è vissuta o artefice della sua stessa rovina, in preda a tendenze autodistruttive e ad un carattere difficile e competitivo oltre ogni limite consentito? Forse Tonya era un po' tutto questo. Un po' l'arroganza della ragazzotta provinciale che raggiunge la vetta e non vuole cederla; e un po' la fragilità di una ragazza abituata ai soprusi e alle privazioni sin da piccola che si è lasciata abbagliare troppo in fretta dal successo. Quello che è certo, che il film mette in evidenza, è che è stata indubbiamente vittima di un sistema (quello mediatico) e di una mentalità (quella americana) che ti inghiottisce troppo in fretta, rendendoti dapprima una star amata da tutti e ricoperta di elogi, ma l'attimo dopo ti getta in rovina, ti distrugge e ti annienta. Il sogno americano è sempre vivo ma anche pronto a sgretolarsi dentro le proprie mani quando le cose vanno storte.
Tonya verrà ricordata sempre come una sabotatrice ma il film riesce indubbiamente a farti entrare in empatia col suo personaggio dalle mille sfaccettature; da vittima a carnefice, da fragile ed insicura ragazza di periferia ad arrogante e avida arrivista senza scrupoli. Merito anche della straordinaria interpretazione di Margot Robbie che dona spessore al personaggio facendo emergere tutto il ventaglio di emozioni e stati d'animo della protagonista. La Robbie è veramente in stato di grazia e regala una delle sue migliori e memorabili performance sino ad ora. Bravissima come già confermato da tutti la perfida e glaciale Allison Jenney nei panni di Lavona ma i complimenti vanno estesi anche all'afascinante Sebastian Stan che mostra quanto capace e versatile sia come attore nel ruolo dello scaltro manipolatore Jeff Gooley.
Incorniciato da una sgargiante soundtrack pop anni '80/'90 e da un'estetica nineties pop molto nostalgica e retrò I, Tonya è sicuramente uno dei biopic più interessanti che spicca per la sua originalità, per le ottime interpretazioni e per la buona stesura dello script e per l'abbondanza di umorismo nero; elementi che riescono sempre a mantenere vivo l'interesse dello spettatore.
Una parabola di ascesa e caduta di un talento bruciato troppo in fretta e caduto in quella voragine mediatica senza scrupoli nè pietà. Tonya è la rappresentazione perfetta della mediocrità umana che prova a tutti i costi a crearsi un futuro migliore e sfondare nel mondo dello sport, oltremodo competitivo e corrosivo, fallendo miseramente con tutti riflettori puntati addosso. Un film pungente, amaro, ironico e dissacrante, indubbiamente a tratti divertente ed esplosivo che merita assolutamente di essere visionato: 3,5/5.
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venerdì 30 marzo 2018
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grintoso biopic fuori dagli schemi
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Notevole esempio di grintoso biopic che evita tutte le trappole della biografia filmata in modo classico ovvero l'agiografia, l'illustrazione e l'ansia cronachistica che finiscono di solito per uccidere il film.
Craig Gillespie non è in soggezione di fronte al personaggio e ci consegna non solo una storia individuale ma anche e soprattutto un affresco dell'America profonda, a mio parere molto più sentito di quello proposto dal recente "The Florida Project": una storia vera di volontà di riscatto, di ascesa e caduta, di successo e rovina. La controversa vicenda di Tonya Harding corre lungo la pellicola con la stessa energia con cui la giovane pattinatrice cerca di uscire dal pantano socio-familiare da cui proviene e la stessa forza e volontà di affermazione si specchiano in ogni aspetto più strettamente filmico del lavoro di Gillespie: ritmo serrato, ironia che sostiene adeguatamente la marcatura dei personaggi, ricostruzione dei punti di vista dei diversi protagonisti comprese contraddizioni e assurdità, uso molto brillante della musica, insomma un lavoro articolato e ben scritto che domina perfettamente anche la svolta thriller legata all'episodio dell'aggresssione, insomma una volata disperata di due ore contro tutto e contro tutti.
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Notevole esempio di grintoso biopic che evita tutte le trappole della biografia filmata in modo classico ovvero l'agiografia, l'illustrazione e l'ansia cronachistica che finiscono di solito per uccidere il film.
Craig Gillespie non è in soggezione di fronte al personaggio e ci consegna non solo una storia individuale ma anche e soprattutto un affresco dell'America profonda, a mio parere molto più sentito di quello proposto dal recente "The Florida Project": una storia vera di volontà di riscatto, di ascesa e caduta, di successo e rovina. La controversa vicenda di Tonya Harding corre lungo la pellicola con la stessa energia con cui la giovane pattinatrice cerca di uscire dal pantano socio-familiare da cui proviene e la stessa forza e volontà di affermazione si specchiano in ogni aspetto più strettamente filmico del lavoro di Gillespie: ritmo serrato, ironia che sostiene adeguatamente la marcatura dei personaggi, ricostruzione dei punti di vista dei diversi protagonisti comprese contraddizioni e assurdità, uso molto brillante della musica, insomma un lavoro articolato e ben scritto che domina perfettamente anche la svolta thriller legata all'episodio dell'aggresssione, insomma una volata disperata di due ore contro tutto e contro tutti.
Notevoli dal punto di vista non solo registico ma anche drammatico le immancabili riprese delle esibizioni di pattinaggio, che anzichè conformarsi ad un certo stile enfatico tipico dei biopic sugli artisti riescono invece a trasmettere un'autentica tensione emotiva che emana direttamente dal personaggio prima che dall'esibizione in se', tanto che quando sui titoli di coda vediamo scorrere le immagini di repertorio delle vere gare di Tonya Harding ci ritroviamo ad assistere a quei volteggi con occhi diversi e notevolmente sensibilizzati.
Un plauso è dovuto a Margot Robbie che ha messo da parte la sua avvenenza per interpretare un ruolo privo di fascino ma forte di una volontà di competizione e rivincita che ne infuoca la tempra, il regista e il personaggio le hanno chiesto davvero tanto in termini di immedesimazione e la sua prestazione, rispettosa oltre che incisiva, avrebbe meritato un riconoscimento. Recenetemente solo "Steve Jobs" di Danny Boyle mi aveva convinto come prova del fatto che le biografie al cinema possono svincolarsi dai dettami del genere e affermarsi come opere autonome e interessanti e, seppur molto diverso da quel precedente, "I, Tonya" è un altro ottimo risultato fuori dai dettami.
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tmpsvita
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venerdì 30 marzo 2018
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brillante ritratto di una figura controversa
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Pubblicizzato in maniera esemplare da un trailer straordinario, "I, Tonya" ha fin da subito suscitato in me altissime aspettative e tante speranze.
Per quanto straordinario possa essere, il trailer però fa sembrare il film quello che poi si rivela non essere, naturalmente per chi come me non era a conoscenza della storia vera da cui è tratto.
Perciò le mie aspettative sono state soddisfatte ma solo in parte, proprio perché mi aspettavo un film diverso, non migliore e neanche peggiore, semplicemente diverso.
Onestamente si tratta di un grande film, ma un leggero amaro in bocca mi è rimasto comunque.
Sicuramente è un film davvero notevole, soprattutto grazie alla sua sceneggiatura che tra sfrenata ironia, un po' di black humor e tanta freschezza si dimostra tagliente e geniale, proprio come una storia di questo tipo si merita di essere raccontata.
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Pubblicizzato in maniera esemplare da un trailer straordinario, "I, Tonya" ha fin da subito suscitato in me altissime aspettative e tante speranze.
Per quanto straordinario possa essere, il trailer però fa sembrare il film quello che poi si rivela non essere, naturalmente per chi come me non era a conoscenza della storia vera da cui è tratto.
Perciò le mie aspettative sono state soddisfatte ma solo in parte, proprio perché mi aspettavo un film diverso, non migliore e neanche peggiore, semplicemente diverso.
Onestamente si tratta di un grande film, ma un leggero amaro in bocca mi è rimasto comunque.
Sicuramente è un film davvero notevole, soprattutto grazie alla sua sceneggiatura che tra sfrenata ironia, un po' di black humor e tanta freschezza si dimostra tagliente e geniale, proprio come una storia di questo tipo si merita di essere raccontata.
Molto buona anche la regia molto chiara e fluida (splendide le sequenze sul ghiaccio), una regia schietta e cinica che tra una rottura della quarta parete e l'altra mi ha letteralmente conquistato.
Bravissime le interpreti femminili, Margot Robbie e Allison Janney e se la prima ha finalmente ricevuto un ruolo che le potesse permettere di dimostrare il suo grande talento, fino ad ora tenuto un po' in ombra, la seconda ha finalmente ricevuto, dopo una lunga carriera tra tv e cinema, il suo primo Oscar grazie ad un ruolo nel quale si è perfettamente immedesimata.
Il film viene sorretto inoltre da un'incalzante ed atmosferica colonna sonora che spazia tra grandi classici degli anni '90, decennio nel quale il film si svolge, come è evidenziato dai costumi in perfetta sintonia con lo spirito del film.
Purtroppo nella parte centrale subisce qualche frenata per quanto riguarda il ritmo che rallentandosi appesantisce un pochino il resto, vista anche la durata di due ore.
Voto: 8-/10
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vanessa zarastro
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lunedì 2 aprile 2018
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american nightmare
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Una vita tormentata quella di Tonya Maxine Harding!
Tirata su da LaVona Golden (la strepitosa Allison Janney) una madre arcigna, cattivissima e con il vizio del bere, già all’età di quattro anni Tanya (interpretato dalla bravissima Margot Robbie) sapeva pattinare. Genitori separati la madre fa la cameriera in un ristorante e la spinge ad avere successo come la cosa più importante al mondo, tanto che una volta cresciuta, non le permetterà neanche finire la scuola per avere più tempo a disposizione per allenarsi. L’obiettivo è vincere a tutti i costi!
Con il padre la bimba avrebbe anche un buon rapporto, lui la porta a caccia e le insegna a sparare, ma poi si rivela un debole quando si tratta di affrontare la ex moglie e di sfuggire con la scusa del lavoro di notte quando la piccola in lacrime gli chiede di andare a vivere con lui e di non lasciarla con la mamma.
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Una vita tormentata quella di Tonya Maxine Harding!
Tirata su da LaVona Golden (la strepitosa Allison Janney) una madre arcigna, cattivissima e con il vizio del bere, già all’età di quattro anni Tanya (interpretato dalla bravissima Margot Robbie) sapeva pattinare. Genitori separati la madre fa la cameriera in un ristorante e la spinge ad avere successo come la cosa più importante al mondo, tanto che una volta cresciuta, non le permetterà neanche finire la scuola per avere più tempo a disposizione per allenarsi. L’obiettivo è vincere a tutti i costi!
Con il padre la bimba avrebbe anche un buon rapporto, lui la porta a caccia e le insegna a sparare, ma poi si rivela un debole quando si tratta di affrontare la ex moglie e di sfuggire con la scusa del lavoro di notte quando la piccola in lacrime gli chiede di andare a vivere con lui e di non lasciarla con la mamma.
Tonya possiede un talento incredibile nell’ambito del pattinaggio su ghiaccio, ma anche un carattere irruente e indomabile che finirà per essere invisa dall’establishment sportivo. Jeff è apparentemente un bravo ragazzo; è il primo che la corteggia e diventerà suo marito alternando momenti di affettuosità a violenze fisiche.
Nel film sono rappresentate tutte donne forti, quasi delle virago, mentre gli uomini deboli o almeno frustrati.
Tonya Harding, nata a Portland nel 1970, è stata la prima pattinatrice americana a eseguire un triplo Axel nel 1991 – un salto che prevede tre rotazioni e mezzo e che si esegue partendo “in avanti sul filo esterno sinistro della lama del pattino” - salto che alle donne sembrava proibito e che era stato eseguito solo dalla giapponese Midoro Ito. Ha partecipato alle Olimpiadi sia nel 1992 arrivando quarta sia, di nuovo nel 1994, dopo aver vinto il titolo nazionale di pattinaggio artistico, anche dopo un sospetto incidente occorso alla sua amica e rivale Nancy Kerrigan. Infatti, poco prima delle Olimpiadi di Lillehammer, la pattinatrice Kerrigan subì un aggressione da uno sconosciuto che le ruppe il ginocchio destro con una spranga di ferro e dovette ritirarsi nella gara nazionale.
Le indagini incriminarono Jeff Gillooy, l’ex marito di Tonya con il quale aveva ricominciato a convivivere, come mandante dell’agguato. Tonya negò di avere a che fare con l’incidente ma il marito in un momento di rabbia accusò lei di esserne l’ideatrice.
Il risultato fu che Tonya pagò una mega multa di 160.000 dollari, la Federazione Americana le revocò il titolo nazionale la bandì a vita, e l’International Skating Union la etichettò come “persona non gradita” spezzandole la vita.
Qualche anno dopo Tonya, forte fisicamente e atletica, intraprende la carriera di pugile senza troppa convinzione né particolare successo.
Il film, presentato alla festa del Cinema di Roma del 2017, termina con la voce di Doris Day che canta Dream a Little Dream, montaggio incrociato tra (dalle stelle alle stalle) i volteggi sui pattini e il crollo sul ring, con la voce fuori campo che dice “Questa è la storia della mia vita” e “Questa è la fottuta verità” mentre The Passenger di Iggy Pop prende il posto della mielosa Doris Day.
Biografico? film sportivo? Dark comedy? Qualcuno faceva notare che l’agguato eseguito da due balordi aveva la comicità dei film dei Coen. La sceneggiatura di Steven Rogers spazia tra i generi rendendo piuttosto sgradevole la sboccata protagonista all’inizio – urla e botte – rendendola, invece, più umana verso la fine, nella sofferenza e nella perdita. Margot Robbie è stata candidata all’Oscar 20128 come migliore protagonista mentre, per il ruolo della madre di Tonya, Allison Janney ha vinto quello come Miglior attrice non protagonista.
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michelecamero
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giovedì 12 aprile 2018
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bello, accattivante, disperato.
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Film biografico sulle vicende emblematiche di Tonya Harding (interpretata molto bene da Margot Robbie) pattinatrice statunitense di successo negli anni ’90, condotto benissimo con la tecnica documentaristica, ricostruendo interviste ai protagonisti, la stessa Tonya, la madre Lavona (il premio Oscar per la miglior attrice non protagonista Allison Janney), l’ex marito manesco, il sedicente body guard. Nella pellicola c’è di tutto: la provenienza della protagonista dagli ultimi della società, figlia della provincia americana periferica che spinta dalla madre tremenda punta tutte le sue scommesse di successo nella vita, con l’intento di fare quei soldi che in famiglia sono sempre stati pochi, sul pattinaggio scelto dunque non tanto come fine, ma come mezzo.
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Film biografico sulle vicende emblematiche di Tonya Harding (interpretata molto bene da Margot Robbie) pattinatrice statunitense di successo negli anni ’90, condotto benissimo con la tecnica documentaristica, ricostruendo interviste ai protagonisti, la stessa Tonya, la madre Lavona (il premio Oscar per la miglior attrice non protagonista Allison Janney), l’ex marito manesco, il sedicente body guard. Nella pellicola c’è di tutto: la provenienza della protagonista dagli ultimi della società, figlia della provincia americana periferica che spinta dalla madre tremenda punta tutte le sue scommesse di successo nella vita, con l’intento di fare quei soldi che in famiglia sono sempre stati pochi, sul pattinaggio scelto dunque non tanto come fine, ma come mezzo. C’è un marito stupido e manesco incapace di un rapporto leale con la moglie, un amico di questi, un autentico mitomane che millanta di essere un esperto dello spionaggio, due malfattori che verranno incaricati del “fattaccio” (quale?, andate a vedere il film) veramente scadenti anche come delinquenti. C’è soprattutto il rapporto difficile con la madre che insulta continuamente la figlia convinta che per farla vincere deve essere offesa e sminuita, c’è il suo disadattamento relazionale con un mondo di bellezze artefatte e gentilezze forzate impossibili per lei così trasch ma anche autentica nella sua povertà non solo di mezzi economici ma anche culturali. C’è però anche la fatica degli allenamenti cui la protagonista non si sottrae, la sua voglia – necessità di vincere, c’è il suo fallimento, il suo essere indifesa in una società mediatica che la fagociterà facendone una vittima, c’è la retorica e nel contempo la metafora dello sport che oltre Atlantico crea personaggi per gli americani che hanno sempre bisogno di “qualcuno da amare, ma anche di qualcuno da odiare”. Ed alla fine c’è la simpatia dello spettatore verso questa pattinatrice un po’ sgraziata ma non brutta da vedersi che ne tenta tante pur di emergere da una situazione di degrado nella quale, senza chiederle se lei lo avesse voluto, qualcuno l’aveva messa al mondo, affidandole poi la consegna di tiravi fuori tutti con i soldi che lo sport poteva portare. Poi c’è la soddisfazione dello spettatore per aver visto uno dei film più belli e particolari della stagione cinematografica che resta tra le migliori degli ultimi anni.
michelecamero
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udiego
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mercoledì 11 aprile 2018
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tonya
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Craig Gillespie, già regista dell’apprezzato “Lars e una ragazza tutta sua”, porta al cinema la vera storia di Tonya Harding, una delle pattinatrici sul ghiaccio ed una delle sportive in genere più talentuose e controverse della storia a stelle e strisce. Lo fa costruendo l’opera attorno al personaggio Tonya, magistralmente interpretato da una Margot Robbie in grandissima forma, plasmando tutto quello che ruota attorno a lei a sua immagine e somiglianza.
Analizzando come prima cosa l’aspetto cinematografico, la regia ed il ritmo narrativo regalano guizzi veramente ben costruiti.
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Craig Gillespie, già regista dell’apprezzato “Lars e una ragazza tutta sua”, porta al cinema la vera storia di Tonya Harding, una delle pattinatrici sul ghiaccio ed una delle sportive in genere più talentuose e controverse della storia a stelle e strisce. Lo fa costruendo l’opera attorno al personaggio Tonya, magistralmente interpretato da una Margot Robbie in grandissima forma, plasmando tutto quello che ruota attorno a lei a sua immagine e somiglianza.
Analizzando come prima cosa l’aspetto cinematografico, la regia ed il ritmo narrativo regalano guizzi veramente ben costruiti. Le scene sul ghiaccio sono ben riprodotte e costruite in modo da amalgamare molto bene il fascino e la suggestione del gesto sportivo al lato umano della protagonista con una Margot Robbie che, come già detto, risulta brava e capace di calarsi nella parte che deve interpretare.
La sceneggiatura è ben strutturata ed è focalizzata sul contrasto tra un personaggio così controverso e quello che vuole vedere la classe media americana. Da una parte abbiamo Tonya, piena di difetti, dal carattere scorbutico ed ingestibile, con la sua testardaggine, la sua capacità di circondarsi di persone quanto meno discutibili e la sua incapacità di assumersi le proprie responsabilità. Dall’altra abbiamo i giudici, che in questo caso rappresentano la classe sociale media americana, che si definisce tanto libera e predica la libertà di espressione, ma è in realtà spaventata da chi si mostra veramente così come è, uscendo dagli schemi convenzionali.
Tonya ci racconta la storia di questa donna: l’ascesa e la discesa di una sportiva pronta a tutto pur di raggiungere sempre qualcosa in più rispetto agli altri. Un personaggio che sa fare solo una cosa nella vita, e lo sa fare molto bene, ma che non riuscirà mai a capire di quali persone avrebbe dovuto circondarsi e a quali valori avrebbe dovuto aggrapparsi.
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paulnacci
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venerdì 13 aprile 2018
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cosa c'è dietro
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Un film ispirato ad un caso reale (del quale mi ricordavo ababstanza bene) accaduto poco prima delle olimpiadi invernali del 1994 di Lillehammer .
La storia viene ricostruita sulla base delle interviste rilasciate dai protagonisti della vicenda ,che potrebbe sembrare una sceneggiatura dei fratelli Cohen , non chiarisce tutti i dubbi su tutto ma fa capire i retroscena soprattutto la psicologia della protagonista che ha a che fare con una madre molto dura ed un marito violento.Apre anche qualche questione riguardo a come funzionano certi sport dove il parere dei giudici e determinate e non sempre si basano solo sulla bravura degli atleti ma tenfgono conto ache di fattori riguardanti l'immagine e la vita privata.
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Un film ispirato ad un caso reale (del quale mi ricordavo ababstanza bene) accaduto poco prima delle olimpiadi invernali del 1994 di Lillehammer .
La storia viene ricostruita sulla base delle interviste rilasciate dai protagonisti della vicenda ,che potrebbe sembrare una sceneggiatura dei fratelli Cohen , non chiarisce tutti i dubbi su tutto ma fa capire i retroscena soprattutto la psicologia della protagonista che ha a che fare con una madre molto dura ed un marito violento.Apre anche qualche questione riguardo a come funzionano certi sport dove il parere dei giudici e determinate e non sempre si basano solo sulla bravura degli atleti ma tenfgono conto ache di fattori riguardanti l'immagine e la vita privata.
Un bel film a volte anche al limite del grottesco che strappa anche molti sorrisi , e che mette a nudo anche la stupidità di alcune persone vedi l'amico del marito.
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diabolik
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sabato 28 luglio 2018
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prigioniera
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la povera tonya mi ha proprio fatto incazzare
impotente nella sua fisicita e maestria talentuosa su quei pattini, infaticabile e disposta a ricominciare con tutte le sue energie, riuscendo peraltro nell'obiettivo
eppure ingabbiata nel rapporto con questo uomo meschino e squallido (quasi tutti nel film lo sono)
sarà la sua rovina, consapevomente ma inevitabilmente
il suo bisogno d'amore attenzione fiducia negli altri, riconscimento e serenità la porta a guardare con occhi da miope la sua vita coniugale
la negazione totale da parte deella madre ha ovviamente la ragione principale di questo comportamento arrendevole e autopuminitivo
piace perche nella sua ingiusta crudezza non fa sconti e non regala finali scontati da
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la povera tonya mi ha proprio fatto incazzare
impotente nella sua fisicita e maestria talentuosa su quei pattini, infaticabile e disposta a ricominciare con tutte le sue energie, riuscendo peraltro nell'obiettivo
eppure ingabbiata nel rapporto con questo uomo meschino e squallido (quasi tutti nel film lo sono)
sarà la sua rovina, consapevomente ma inevitabilmente
il suo bisogno d'amore attenzione fiducia negli altri, riconscimento e serenità la porta a guardare con occhi da miope la sua vita coniugale
la negazione totale da parte deella madre ha ovviamente la ragione principale di questo comportamento arrendevole e autopuminitivo
piace perche nella sua ingiusta crudezza non fa sconti e non regala finali scontati da favola
il destino presenta il conto, il piu salato ed ingiusto, più duro con lei rispetto al marito colpevole e patetico, senza appelli
un bel film insmma
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greatsteven
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mercoledì 24 ottobre 2018
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triplo axel e centuplo applauso per un capolavoro!
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TONYA (USA, 2017) diretto da CRAIG GILLESPIE. Interpretato da MARGOT ROBBIE, ALLISON JANNEY, SEBASTIAN STAN, JULIANNE NICHOLSON, PAUL WALTER HAUSER, BOBBY CANNAVALE, CAITLIN CARVER, MCKENNA GRACE
Nata a Portland (Oregon) nel 1971, Tonya Harding, a soli tre anni, viene instradata da sua madre LaVona nello sport del pattinaggio. La donna, cameriera presso una tavola calda, sebbene faccia un’innumerevole quantità di straordinari per permettersi di pagare le lezioni alla figlia, non le dimostra il minimo affetto né nessun apprezzamento per il suo considerevole talento, e d’altro canto, pur essendo un’eccellente pattinatrice, priva di grazia comportamentale e sempre sulla pista con discutibili costumi cuciti in casa, Tonya non riesce a sfondare.
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TONYA (USA, 2017) diretto da CRAIG GILLESPIE. Interpretato da MARGOT ROBBIE, ALLISON JANNEY, SEBASTIAN STAN, JULIANNE NICHOLSON, PAUL WALTER HAUSER, BOBBY CANNAVALE, CAITLIN CARVER, MCKENNA GRACE
Nata a Portland (Oregon) nel 1971, Tonya Harding, a soli tre anni, viene instradata da sua madre LaVona nello sport del pattinaggio. La donna, cameriera presso una tavola calda, sebbene faccia un’innumerevole quantità di straordinari per permettersi di pagare le lezioni alla figlia, non le dimostra il minimo affetto né nessun apprezzamento per il suo considerevole talento, e d’altro canto, pur essendo un’eccellente pattinatrice, priva di grazia comportamentale e sempre sulla pista con discutibili costumi cuciti in casa, Tonya non riesce a sfondare. A quindici anni conosce Jeff Gillooly, e poco dopo lo sposa, soprattutto per sfuggire ai continui e atroci abusi di LaVona. Ma anche il matrimonio si rivela turbolento, e in breve Jeff inizia a picchiarla. Dopo l’ennesimo negativo piazzamento in una gara, la pattinatrice licenzia la sua storica coach Diane Rowlinson e assume al suo posto Dody Teachman. Durante i campionati mondiali del 1991, Tonya riesce ad eseguire un triplo axel, diventando la prima donna statunitense e la seconda in assoluto al mondo a riuscirci. Ma l’anno successivo, alle Olimpiadi Invernali, a causa delle violenze subite dal partner, si piazza soltanto quarta, dietro alla sua eterna rivale Nancy Kerrigan. Lasciato Jeff, Tonya abbandona il pattinaggio e torna a Portland a lavorare come cameriera, e tenta vanamente di riagganciare i contatti con la madre, ma LaVona le rinfaccia che è stato proprio grazie al suo temperamento volitivo se lei è diventata una campionessa. Intanto Diane la rintraccia e le propone di rindossare i pattini. Tempo dopo Jeff e Tonya si riuniscono. Durante un allenamento l’atleta riceve una lettera minatoria: Jeff, vedendo come la consorte ne rimanga sconvolta, pensa di spaventare allo stesso modo Nancy Kerrigan, ricorrendo all’amico che lavora come guardia del corpo della moglie, Shawn Eckhardt. Questi, alla ricerca di prestigio, ingaggia due sicari per spezzare un ginocchio alla Kerrigan. Il misfatto avviene, ma i due maldestri delinquenti si fanno immediatamente arrestare dall’FBI. Subito indagato come mandante del reato, Shawn indica Jeff come tale, e quest’ultimo, ormai coinvolto senza volerlo in un’inchiesta che richiama l’attenzione dei mass media nazionali, rimprovera a Tonya di aver saputo fin dal principio che si era parlato di un attentato alla sua storica avversaria, e di non aver fatto nulla per impedirlo. Dopo un ulteriore litigio, i due si mollano per sempre. Tonya diventa il bersaglio di un autentico circolo vizioso mediatico, tanto che i giornalisti la seguono ovunque: una mattina riceve una visita da parte di LaVona, che per la prima volta la abbraccia e le dice quanto sia orgogliosa di lei, ma Tonya non tarda ad accorgersi che la madre ha un registratore in tasca che è stata costretta ad infilarvi dall’FBI. La vicenda finisce in tribunale: Shawn e Jeff vengono condannati al carcere, mentre per il processo contro Tonya si decide di attendere il termine delle Olimpiadi. Emotivamente sconvolta, la ragazza sbaglia tutte le giravolte, e si classifica ottava, mentre ancora una volta Kerrigan la supera, ottenendo il secondo posto. Benché non venga a sua volta incarcerata, Tonya riceve una pena molto severa che prevede, fra l’altro, l’interdizione a vita dal pattinaggio. In lacrime, Tonya implora il magistrato di non farle questo perché impedirle di pattinare, per lei, equivarrebbe ad un ergastolo. Tonya non si rincontrerà più con Jeff e LaVona. Lui si rifarà una nuova famiglia, ma ammetterà di aver rovinato la carriera dell’ex moglie. Tonya, dopo una breve carriera nel mondo della boxe, diventerà una buona madre tenendoci che il mondo intero lo sappia. L’ottimo film dell’australiano Gillespie affronta l’ascesa e la caduta di una donna vittima del sistema, oppressa da una genitrice bigotta e cattiva e da un marito indisponente e violento, la cui enorme capacità nello sport che ha sempre amato le ha sì regalato un successo notevolissimo («Ero la seconda persona più famosa negli Stati Uniti dopo Bill Clinton»), eppure è stata anche la croce che la donna ha dovuto portare in un universo di irriconoscenza dilagante. M. Robbie, che è pure andata dalla vera Tonya Harding per ricevere consigli preziosi su come interpretare il personaggio, recita con un piglio talmente energico da non risultare mai volgare nemmeno nelle scurrilità verbali più evidenti e mettendo in campo una perizia recitativa ormai affinata in maniera agevole che, d’ora in avanti, vista la sua giovane età, le consentirà di immedesimarsi in qualunque ruolo, e qui, nelle vesti della pattinatrice coinvolta in uno dei più sorprendenti scandali sportivi di tutti i tempi, brilla di luce propria diffondendo intorno a sé carica e vitalità. Al suo fianco, A. Janney (premiata sia con l’Oscar che col Golden Globe 2018 come miglior attrice non protagonista) lascia il segno come madre impietosa che, nonostante gli effettivi sacrifici svolti per valorizzare le potenzialità della figlia, se la vedrà sfuggire affettivamente a causa delle sue ripetute prepotenze. Quanto al reparto maschile, Stan e Hauser (rispettivamente nei panni di Jeff e Shawn) rappresentano gli uomini che sembrano usciti da un saggio sulla stupidità umana: individui che provocano danni ai loro simili senza ricavarne alcun vantaggio, anzi, uscendone addirittura danneggiati, e in tal frangente la robusta sceneggiatura di Steve Rogers è al servizio di Gillespie per dargli l’aire con cui il cineasta restituisce sullo schermo l’assurdità e la pericolosità di questi due mostruosi quanto impacciati beccaccioni autolesionisti. E Gillespie s’avvale anche di un materiale di partenza fortemente realistico che balla in autonomia fra farsa e dramma. Inutile negare, e questo è forse il difetto più lampante di un’opera che per il resto ha tutte le carte in regola per ingranare a diciotto carati, che Tonya puntava a conquistare quanti più Oscar possibili: ciononostante, lo show business che lo sorregge è ben allentato dalla performance della protagonista che, per merito pure di un discorso femminista di fondo che non lascia adito a macchinazioni discriminatorie, s’imbruttisce a livello di trucco per rendere al meglio il carattere focoso e psicolabile di un’atleta che nella vita privata non era all’altezza di quando era in pista a pattinare. Un ritratto autobiografico inquieto e sofferto che comunque restituisce dignità ad una figura ancora vivente che non potrà che compiacersene. Vale oltretutto come sineddoche dell’America, del suo bisogno di eroi e colpevoli, di successo e omologazione.
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jonathanimperiale
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lunedì 16 aprile 2018
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i, tonya. monster di bravura
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I, Tonya.
Il cinema americano torna a guardare alle periferie geografiche ed emozionali offrendo personaggi borderline che colpiscono per la machiavellica costruzione di quel nulla in grado di annichilire il talento cristallino.
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I, Tonya.
Il cinema americano torna a guardare alle periferie geografiche ed emozionali offrendo personaggi borderline che colpiscono per la machiavellica costruzione di quel nulla in grado di annichilire il talento cristallino. La trasformazione di Margot Robbie è impeccabile, mai sopra le righe e a suo agio tra le rughe e l'imperfezione. Una storia assurda quanto vera, narrata con sobrietà e piglio documentaristico, come a volerci ricordare che questi eventi, per quanto incredibili, sono accaduti veramente. Risulta difficile a dire il vero non pensare a Fargo, indiscusso capolavoro del Cohen (e perchè no? alla memorabile serie televisiva.. prima serie), sebbene qui le differenze si colgono nell'indiscusso talento della pattinatrice. Ottima la regia, sobria eppure efficace. Restano nella memoria visiva le riprese delle acrobazie sul ghiaccio di Tonya Harding ed un lungo piano sequenza dalla casa alla strada che simboleggia il distacco. Meno crudo de "tre manifesti a ebbing missouri" ma parimenti incisivo grazie ad una giusta dose di ironia. Donne forti, determinate, imbruttite dalla vita..sembra che Margot Robbie stia percorrendo le tracce di Charlize Theron: MONSTER di bravura.
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