elpanez
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venerdì 20 gennaio 2017
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una fantascienza paurosamente umana
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Arrival. Un film di fantascienza che va al di fuori degli standard tipici del genere. Una pellicola potente che fa riflettere sulle tematiche del tempo, e su quanto noi basiamo la nostra vita su di esso. Le nostre scelte vengono influenzate da quelle fatte in passato e vengono condizionate da quelle che faremo in futuro. La regia è gestita alla perfezione creando un film di fantascienza coinvolgente, che ti mette suspance per delle piccolissime cose, ma ciò che c'è dietro a quest'ultime è davvero qualcosa di potente e che ci tocca nell'animo umano.
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Arrival. Un film di fantascienza che va al di fuori degli standard tipici del genere. Una pellicola potente che fa riflettere sulle tematiche del tempo, e su quanto noi basiamo la nostra vita su di esso. Le nostre scelte vengono influenzate da quelle fatte in passato e vengono condizionate da quelle che faremo in futuro. La regia è gestita alla perfezione creando un film di fantascienza coinvolgente, che ti mette suspance per delle piccolissime cose, ma ciò che c'è dietro a quest'ultime è davvero qualcosa di potente e che ci tocca nell'animo umano. Le durate delle scene, la gestione della cinepresa è qualcosa di fenomenale. La sceneggiatura riesce a scavare nella profonda anima dei protagonisti creando fra di loro rapporti molto speciali e per nulla scontati. I dialoghi mettono in campo aforismi toccanti, riflessivi, geniali e molto d'impatto con delle scelte davvero azzeccate e coerenti a livello narrativo. La fotografia è un'opera d'arte, con delle luci in campo aperto mozzafiato per riprendere negli interni dei dettagli favolosi, ricreando il mondo degli extra-terrestri tetro, cupo e molto vago, esattamente come vorremmo vedere. La colonna sonora è perfetta, il primo e l'ultimo tema vi rimarranno impressi fin dopo i titoli di coda, ponendo in campo brani drammatici che fanno da contrasto e che anticipano che qualcosa di brutto sta per accadere, coinvolgente ai massimi livelli. L'interpretazione dei personaggi è ottima, nonostante non a tutti è stata data troppa importanza. La Adams spicca su tutto, portando sullo schermo un personaggio tridimensionale e dandogli una vita umana facendoci appassionare completamente a lei, a quello che prova, a quello che sente. Infine siamo davanti ad un Capolavoro, siamo davanti ad un film che vi intrappolerà nei pensieri per riuscire a venirne a capo, per riuscire a dare una soluzione ed una spiegazione alle ondate di emozioni che questa opera ci ha trasmesso. Uno dei film di fantascienza più belli di sempre che riesce a riprendere temi estremamente umani catapultandoci in un mondo fantastico.
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riccardo tavani
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mercoledì 1 febbraio 2017
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che lingua parla l'infinito
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Film vestito di fantascienza ma che più di noi umani “qui e ora” non potrebbe parlare. Ma che lingua parla una specie che viene dall’infinito? Ancora prima: siamo sicuri che essa si esprima attraverso qualcosa di simile a ciò che noi chiamiamo “linguaggio”? Queste sono le disperate, immani domande che una delle massime linguista Louise Banks della Terra si pone, pressata non solo dalle proibitive difficoltà dell’impresa assegnatale ma anche dal tempo vertiginosamente ristretto concessole. Tutto il mondo è già con il dito sul grilletto nucleare. Dei molti, vani tentativi di Louise, arrovellandosi con le sue alte conoscenze e teorie linguistiche, al governo americano interessa solo che lei arrivi immediatamente la alla domanda capitale: “Cosa siete venuti a fare qui?”.
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Film vestito di fantascienza ma che più di noi umani “qui e ora” non potrebbe parlare. Ma che lingua parla una specie che viene dall’infinito? Ancora prima: siamo sicuri che essa si esprima attraverso qualcosa di simile a ciò che noi chiamiamo “linguaggio”? Queste sono le disperate, immani domande che una delle massime linguista Louise Banks della Terra si pone, pressata non solo dalle proibitive difficoltà dell’impresa assegnatale ma anche dal tempo vertiginosamente ristretto concessole. Tutto il mondo è già con il dito sul grilletto nucleare. Dei molti, vani tentativi di Louise, arrovellandosi con le sue alte conoscenze e teorie linguistiche, al governo americano interessa solo che lei arrivi immediatamente la alla domanda capitale: “Cosa siete venuti a fare qui?”. È qui che il film diventa urgentemente umano e attuale. Louise, infatti, è soprattutto angosciata dalla possibilità di equivoco. La stessa parola “arma” potrebbe significare proprio “lingua” per questi extraterrestri Eptapodi. È esattamente quello che capita agli umani. Insistono sempre sul “dialogo”, ma il più delle volte sono destinati all’ambiguità, all’incomprensione, allo scontro linguistico e fisico. La base di questo equivoco ontologico, strutturale è nello stesso linguaggio umano. Le parole sono qualcosa di diverso dagli oggetti che indicano. La parola “pipa” – per citare un celebre quadro di Magritte – non è affatto la stessa cosa materiale che indica (e neanche l’immagine dipinta della pipa è la pipa stessa). L’indicare nominalmente un oggetto non significa per niente comprendere o comunicare l’essenza di quell’oggetto, che resta inesorabilmente e in gran parte inespressa. A uno stesso oggetto o stato di cose, sotto un diverso parallelo storico, geografico, emozionale gli uomini possono assegnare significati diversi. Il film prede a riferimento la teoria neurolinguistica di Sapir-Whorf. La estremizza, si è obiettato. Sì, ma qui si tratta di un film, non di un saggio accademico, e quante volte opere narrative hanno saputo intuire prima della scienza? Questa teoria dice che parlare, pensare, scrivere un’altra lingua cambia il modo di percepire il mondo. Mettiamo ora un sistema di segni – grafici, geometrici, matematici, acustici, mentali, epidermici (quello che volete) – che affondi le proprie radici nell’infinito spazio-temporale. Per la stessa teoria della relatività di Einstein in una tale dimensione tutto “avviene” simultaneamente. Anche le regioni più remote giacciono su uno stesso piano fisico universale, connesse in un presente storico permanente, senza tempo. Una lingua che “parlasse” tale dimensione non potrebbe che esprimersi attraverso un’indistinzione tra passato e futuro. Vedere l’uno insieme all’altro. Non solo, ma esprimere anche una compenetrazione tra stati percettivi, logici e corporei-emozionali. Forse allora sarà davvero possibile immediatamente sentire lo stesso significato nell’espressione, anche se appena bisbigliata: “In guerra non ci sono vincitori, ma solo vedove”. Il regista Denis Villeneuve, dopo “La donna che canta”, che sale su dalle viscere infuocate, mediorientali della terra in guerra, ci immerge in questa atmosfera cinematografica fredda, biancastra, opaco-sporca da “movie-scienze” abissalmente contemporaneo, offrendo anche alla protagonista una possibilità davvero stellare di prova d’attrice. Possibilità che Amy Adams – dopo la sua recente grande interpretazione di “Animali Notturni” – riesce a mettere a segno in pieno.
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franco fruciano
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venerdì 5 febbraio 2021
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e così hannah,è qui che è iniziata la tua storia..
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“Un tempo pensavo che questo fosse l’inizio della tua storia. La memoria è una cosa strana, non funziona come credevo. Siamo così limitati dal tempo, dal suo ordine.”
Dodici maestose astronavi extraterrestri, soprannominate "gusci" da parte dei militari degli Stati Uniti, appaiono in tutta la Terra. Nere, misteriose, immense. Un richiamo ai monoliti di 2001 Odissea nello spazio. Non è chiaro il motivo per cui sono arrivate e i luoghi degli attracchi sparsi sul Globo sembrano casuali.
La linguista Louise Banks (Amy Adams) è stata selezionata per far parte di una squadra di approccio creata per analizzare e comunicare con gli alieni nel sito degli Stati Uniti in Montana, a causa della sua abilità nella traduzione e una passata collaborazione coi Servizi Segreti U.
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“Un tempo pensavo che questo fosse l’inizio della tua storia. La memoria è una cosa strana, non funziona come credevo. Siamo così limitati dal tempo, dal suo ordine.”
Dodici maestose astronavi extraterrestri, soprannominate "gusci" da parte dei militari degli Stati Uniti, appaiono in tutta la Terra. Nere, misteriose, immense. Un richiamo ai monoliti di 2001 Odissea nello spazio. Non è chiaro il motivo per cui sono arrivate e i luoghi degli attracchi sparsi sul Globo sembrano casuali.
La linguista Louise Banks (Amy Adams) è stata selezionata per far parte di una squadra di approccio creata per analizzare e comunicare con gli alieni nel sito degli Stati Uniti in Montana, a causa della sua abilità nella traduzione e una passata collaborazione coi Servizi Segreti U.S.A.
La paura è il primo sentimento che prevale sulla popolazione mondiale.
Gli umani sono prevenuti perché nella loro millenaria storia hanno sempre privilegiato le invasioni, le conquiste, la forza, alla collaborazione e al sostegno reciproco, con la presunzione di essere sempre più "civilizzati" degli oppressi
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Difficilmente prendono in considerazione che l'unione possa fare la forza, condizione, invece, che gli alieni vorrebbero che si verificasse sul nostro pianeta.
"Se questo è una specie di primo contatto pacifico, perché mandarne 12? Perché non solo uno?"
La paura che gli alieni non vengano in pace è sovrana alla possibilità che non tutti gli esseri viventi abbiano cattive intenzioni.
"La lingua è il fondamento della civiltà, è il collante che tiene insieme un popolo, è la prima arma che si sfodera in un conflitto". Grazie a questa sua convinzione, Luise riesce ad avere un approccio diverso rispetto agli altri siti che si occupano di capire che intenzioni hanno questi esseri venuti dallo Spazio.
La sua dedizione alla comunicazione la porta ad essere coinvolta nell'ipotesi Sapir–Whorf, conosciuta anche come "ipotesi della relatività linguistica", che afferma che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema, questa ipotesi assume che il modo di esprimersi determini il modo di pensare. Louise, inizia a pensare in modo diverso. Gli extraterrestri, soprannominati ectapodi,non hanno correlazione tra ciò che scrivono e cio' che dicono perché utilizzano una scrittura che è simasiografica, non lineare, cioè veicola un significato e non rappresenta un suono. Ma nonostante i suoi progressi, i potenti restano scettici e rammentano gli orrori commessi nella storia degli uomini:
"Ricordi come è andata con gli aborigeni? Una razza più avanzata li ha quasi sterminati".
Difficile credere che si possa collaborare per migliorare la propria esistenza come: "quando due fanno un patto ed entrambi ne traggono un vantaggio:
Questo nuovo modo di interpretare, di vedere le cose, di pensare alimenta la speranza di poter colmare le lacune scientifiche e filosofiche cambiando il modo di guardare gli eventi, osservare da un punto di vista diverso nei modi a noi usuali, nel caso di questa storia, una nuova interpretazione dello scorrere del Tempo.
Di temi analizzati in questo capolavoro, in realtà ve ne sono molti.
Difficile per me scegliere tra i due numeri uno degli ultimi decenni, Arrival ed Interstellar.
Oltre all'importanza della comunicazione, alla collaborazione tra popoli e razze, alla visione più ampia della realtà che ci circonda (e sî, le tematiche trattate sono diverse e affrontate tutte in contemporanea)c'è anche il bisogno di amore di una madre a tutti i costi, nonostante ciò porterà sofferenza. Sentimento , questo, che viene adoperato dal regista per mostrare la nuova comprensione del tempo. L'amore per la figlia Hannah, nome palindromo, lo stesso modo in cui gli eptapodi considerano il tempo.
"E così Hannah, è qui che è iniziata la tua storia: il giorno in cui loro se ne vanno"
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cristian
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giovedì 26 gennaio 2017
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la rinascita della fantascienza.
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Il regista canadese Denis Villeneuve (Prisoners; Enemy; Sicario; il prossimo Blade Runner 2049) soffia finalmente aria fresca sul panorama fantascientifico, recentemente un po’ fiacco, con il film Arrival che getta nuove e stimolanti basi da cui ripartire appassionatamente. Eric Heisserer (Final Destination 5; La cosa [2011]; Lights Out - Terrore nel buio) realizza una sceneggiatura che dosa perfettamente parlato e suspence. Fotografia affidata a Bradford Young (Selma - La strada per la libertà). Musiche di Jóhann Jóhannson (Prisoners; La teoria del tutto; Sicario; il prossimo Blade Runner 2049). Amy Adams interpreta perfettamente il personaggio (come si sospettava), mentre Jeremy Renner si conferma un buon comprimario.
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Il regista canadese Denis Villeneuve (Prisoners; Enemy; Sicario; il prossimo Blade Runner 2049) soffia finalmente aria fresca sul panorama fantascientifico, recentemente un po’ fiacco, con il film Arrival che getta nuove e stimolanti basi da cui ripartire appassionatamente. Eric Heisserer (Final Destination 5; La cosa [2011]; Lights Out - Terrore nel buio) realizza una sceneggiatura che dosa perfettamente parlato e suspence. Fotografia affidata a Bradford Young (Selma - La strada per la libertà). Musiche di Jóhann Jóhannson (Prisoners; La teoria del tutto; Sicario; il prossimo Blade Runner 2049). Amy Adams interpreta perfettamente il personaggio (come si sospettava), mentre Jeremy Renner si conferma un buon comprimario. Solo una parte secondaria, ma importante e recitata con la giusta severità, per Forest Whitaker.
La linguista Louise Banks (Amy Adams) viene scelta per entrare a far parte di un team speciale, formato da esercito e scienziati, il cui compito è quello di riuscire a scoprire le intenzioni di una specie aliena arrivata sulla Terra a bordo di 12 navi soprannominate “gusci”. Louise ha già avuto a che fare con questioni di sicurezza di alto livello grazie alla sua eccezionale conoscenza delle lingue e per questo viene scelta quale possibile veicolo comunicativo tra umani e alieni al fine di scoprire il perché del loro arrivo. Il compito di Louise è di fondamentale importanza visto che le navi, sparse per il globo, potrebbero causare l’intervento militare delle Nazioni “occupate”. Ad aiutare la linguista ci sarà, tra gli altri, il fisico teorico Ian Donnelly (Jeremy Renner) mentre il braccio armato è rappresentato dal colonnello Weber (Forest Whitaker).
Fresco di 8 nominations all’ormai imminente edizione degli Oscar, lo sci-fi di Denis Villeneuve, Arrival, riesce a mettere in mostra la migliore qualità che in questi anni il genere aveva smarrito: l’originalità. Il regista si serve del reiterato e maltrattato tema dell’ “invasione aliena” per raccontare tutt’altro. Le 12 astronavi che arrivano sulla Terra si comportano in modo totalmente opposto rispetto a quanto visto sullo schermo nell’ultimo lungo periodo. Gli alieni non vogliono seminare morte e distruzione per chissà quale motivo. Vogliono dialogare! E scordatevi di usare il termine ‘semplicemente’ tra le parole ‘vogliono’ e ‘dialogare’ perché, in realtà, quello che ad esseri primitivi come noi riesce più semplice è sicuramente fare ricorso alle armi senza pensare nemmeno per un secondo alle disastrose conseguenze. Finalmente viene presentata sullo schermo una vera intelligenza superiore, in tutti i sensi. Ma, che cosa vogliono i visitatori? Tra la tensione che vige in 12 Paesi occupati da altrettante navi spaziali, in quella che sembra essere la classica calma prima della tempesta (sono il primo nella storia a usare questo modo di dire!), agisce dunque la figura di Louise Banks, la linguista che cercherà di usare con i visitatori l’arma più potente (ma l’uomo mica lo sa) a nostra disposizione: il dialogo. L’apprezzabile personaggio interpretato da Amy Adams è assillato, durante tutto l’arco del film, da vecchi, dolci e orribili ricordi riguardanti la figlia, morta in giovane età a causa di un male. Come ci si può attendere, la reiterazione di tali ricordi risulterà in qualche modo determinante. Determinante e spiazzante. Villeneuve ti da il tempo di un film per cercare di carpire elementi significanti da questi ricordi ma tutto quello che riesce a fare è stupirti. In uno sci-fi che si rispetti il pensiero logico va a farsi benedire ed è proprio quando scopri di aver torto che puoi godere del risultato della pellicola. Villeneuve, che ho già apprezzato enormemente in Prisoners, è abile nel creare la giusta atmosfera, la giusta musica, le giuste ambientazioni, la perfetta misurazione dei momenti lenti e tesi che ben si accordano ad un prodotto del genere. La bellezza del film sta nell’intreccio, nel venirsi incontro, soltanto alla fine, di elementi che all’inizio partono distanti e come posti su linee parallele che non si incontreranno mai. L’altra tematica è il tempo. La pellicola gioca, con mestiere, con questo fattore intangibile provando a liberarlo dalla prigione della nostra limitata e lineare concezione di esso. E’ una delle cose che più ammiro nei registi che, come Villeneuve, ci riescono (vedi, sul tema, Interstellar; non meno sensazionale al riguardo Predestination). In definitiva, l’invito ad una necessaria quanto immediata rivalutazione del dialogo tra gli esseri umani viene urlato a gran voce in Arrival. C’è bisogno di risvegliare l’umanità che dorme nelle nostre menti labili, diffidenti, in continua competizione l’una con l’altra per raggiungere un bene personale fregandosene dell’altro. L’incomprensione, generata dalla volontà di non voler capire, ci porta a reazioni immediate e insensate soltanto per paura che il nostro vicino faccia la prima mossa che ci porti alla sconfitta. Questo è un mondo che, oggi più che mai, deve pretendere che la fiducia reciproca e la collaborazione per un bene comune e più grande della soggettività diventino i valori portanti dell’essere umano. Tutto questo in Arrival c’è. Una lodevole pellicola di fantascienza che non rinuncia al messaggio profondamente attuale e reale, e destinata a diventare, negli anni, un cult. Ne avevamo bisogno.
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storyteller
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sabato 28 gennaio 2017
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l'umanesimo della fantascienza classica
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Girato in stato di grazia, un po' pretenzioso nel rappresentare le battute finali ma indubbiamente ricco di spunti sviluppati con competenza e intelligenza, il film di Villeneuve porta avanti una riflessione umanista sulla forza delle parole (da sole, capaci di determinare il futuro ancor più di certe armi) e riprende temi e tropi cari della fantascienza classica ricodificandoli a modo proprio.
Ciò che colpisce maggiormente, però, è la funzionalità con cui il montaggio e il sonoro supportano le complesse circonvoluzioni emotive, percettive e sensorie della protagonista, riuscendo a rendere coerente e credibile una soluzione di sceneggiatura che in film analoghi (vedi Interstellar) cedeva un po' troppo al melodramma di carattere figurativo.
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Girato in stato di grazia, un po' pretenzioso nel rappresentare le battute finali ma indubbiamente ricco di spunti sviluppati con competenza e intelligenza, il film di Villeneuve porta avanti una riflessione umanista sulla forza delle parole (da sole, capaci di determinare il futuro ancor più di certe armi) e riprende temi e tropi cari della fantascienza classica ricodificandoli a modo proprio.
Ciò che colpisce maggiormente, però, è la funzionalità con cui il montaggio e il sonoro supportano le complesse circonvoluzioni emotive, percettive e sensorie della protagonista, riuscendo a rendere coerente e credibile una soluzione di sceneggiatura che in film analoghi (vedi Interstellar) cedeva un po' troppo al melodramma di carattere figurativo.
Un'opera che verrà ricordata, oltre che per il suo valore filmico, anche per i Valori che intende trasmettere - e senza darci l'impressione di voler "insegnare" cosa sia la tolleranza, ma semplicemente mostrandoci uno o più futuri possibili, e invitandoci a scegliere.
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debrab
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domenica 29 gennaio 2017
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noi siamo human, voi?
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Villeneuve cavalca l'onda del facile successo con il neonato genere fantascientifico emozionale di cui Interstellar è il principale manifesto. Quindi c'è tutto. Ci sono gli alieni, c'è la distorsione del tempo e poi c'è il triste caso umano e familiare che fa da collante per tutto il film e che, ancora una volta, cavalca i buoni sentimenti e i rapporti tra madre e figlio. Veniamo al primo aspetto: gli alieni. Un merito per la fotografia di sicuro lo si può riconoscere. Ancora una volta gli alieni sono poliponi che, se tratti dall'atmosfera nebbiosa e ovattata in cui sono calati, potrebbero parere alquanto bizzarri e ridicoli. Ma noi ascoltiamo le musiche e ci lasciamo travolgere quindi alla fine tutto bene.
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Villeneuve cavalca l'onda del facile successo con il neonato genere fantascientifico emozionale di cui Interstellar è il principale manifesto. Quindi c'è tutto. Ci sono gli alieni, c'è la distorsione del tempo e poi c'è il triste caso umano e familiare che fa da collante per tutto il film e che, ancora una volta, cavalca i buoni sentimenti e i rapporti tra madre e figlio. Veniamo al primo aspetto: gli alieni. Un merito per la fotografia di sicuro lo si può riconoscere. Ancora una volta gli alieni sono poliponi che, se tratti dall'atmosfera nebbiosa e ovattata in cui sono calati, potrebbero parere alquanto bizzarri e ridicoli. Ma noi ascoltiamo le musiche e ci lasciamo travolgere quindi alla fine tutto bene. Un po' meno bene (ed è la parte che più fa innervosire lo spettatore un pochino più pignolo) è tutta la questione scientifica. Non è credibile che la nostra eroina si piazzi con una lavagnetta con scritto HUMAN per tentare di stabile un contatto. Chomsky, emerito padre della linguistica, si sarà rivoltato nella sua aula del MIT. E non serve essere un luminare, basta aver anche solo fatto un corso base di tale disciplina per comprendere che la comunicazione primitiva è basata sul disegno. Quindi bella mia, non serve che ci metti due settimane per comprendere che il loro sistema di scrittura non si basa su morfemi e fonemi come il nostro. Ma qua andrebbe visto cosa ha scritto quel tale che ha inventato la storia. E forse Heisserer potrebbe essere scusato nell'aver commesso tutta una serie di ingenuità che fa parere gli americani privi di ogni intelligenza. L'ossatura e gli eventi che si affastellano sono purtroppo trattati con faciloneria. Come ad esempio la bomba nel guscio, buttata lì da dei ribelli che hanno visto un video su youtube (nessuno spessore psicologico a questa gente) o ancora le procedure militare con cui vengono stabiliti i contatti. Ma che stiamo giocando a Risiko? Insomma sotto questi due aspetti c'è parecchio da criticare. Ma l'amalgama che si va a formare con l'aggiunta di due ingredienti fondamentali come il tempo e l'amore madre-figlia, va a compensare diverse mancanze. In primis l'inserimento dei flashfoward che stordiscono lo spettatore. A metà film forse si è già capito tutto, ma resta comunque una buona dose di dubbi da risolvere. Era da evitare qualche indizio probabilmente, in modo da poter godere del colpo di scena finale. Ma si deve ammettere che per il resto fila tutto. E infine i sentimenti. Non si può non riconoscere la delicatezza delle inquadrature e il sentimento che infonde tutta la vicenda. Detto ciò Amy Adams non è forse in una delle sue interpretazioni migliori, ma il cast nonostante tutto funziona. Insomma un film da vedere, per il quale forse si spendono un po’ troppe energie per affibbiare oscar (ben 8 in nominations) complice, forse, un'annata di magra per il cinema statunitense.
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deborahm
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domenica 29 gennaio 2017
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la parola è ciò che conta
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“Arrival” nuovo film di Denis Villeneuve, basato sul racconto “Storia della tua vita”, ci trasporta in una coinvolgente esperienza fantascientifica che non riecheggia all’orecchio e all’occhio come qualcosa di già sentito o visto. È un insieme di emozioni e sentimenti che noi viviamo assieme alla protagonista Louise Banks (Amy Adams), linguista di fama e Ian Donnely (Jeremy Renner), abile scienziato. In dodici zone del mondo atterrano dei monoliti alieni che lasciano trasparire ben poco il perché del loro arrivo. Louise è chiamata dal governo per cercare di capirne lo scopo sulla terra, assieme a Ian. Dall’inizio notiamo subito la rottura con l’ambiente terreno nel passaggio dalla verticalità all’orizzontalità per poter entrare nella strana presenza nel tentativo di interagire con l’ “altro”.
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“Arrival” nuovo film di Denis Villeneuve, basato sul racconto “Storia della tua vita”, ci trasporta in una coinvolgente esperienza fantascientifica che non riecheggia all’orecchio e all’occhio come qualcosa di già sentito o visto. È un insieme di emozioni e sentimenti che noi viviamo assieme alla protagonista Louise Banks (Amy Adams), linguista di fama e Ian Donnely (Jeremy Renner), abile scienziato. In dodici zone del mondo atterrano dei monoliti alieni che lasciano trasparire ben poco il perché del loro arrivo. Louise è chiamata dal governo per cercare di capirne lo scopo sulla terra, assieme a Ian. Dall’inizio notiamo subito la rottura con l’ambiente terreno nel passaggio dalla verticalità all’orizzontalità per poter entrare nella strana presenza nel tentativo di interagire con l’ “altro”. Louise fin da subito tenta di instaurare un rapporto con gli eptapodi, così chiamati gli “alieni” nel corso del film, capendo che si avvalgono di un loro linguaggio scritto. Nelle poche ore che Louise è sulla Terra, è posta di fronte a delle scelte, che la porteranno a dare un senso a quei simboli circolari che le vengono mostrati nel monolite dai due alieni. La parola è ciò che aiuta Louise e Ian a mettersi in contatto con l’altro ed è quindi il linguaggio che creerà un legame tra l’umano e l’alieno, tra noi e loro. Ciò che prevale è la rottura con il tempo umano, e la prevalenza di una nuova percezione del tempo: “Cosa faresti se potessi vedere tutta la tua vita e il suo svolgersi?”.
La fotografia del film è di una purezza sofisticata nei giochi di luce e oscurità, tra bianco e nero; l’occhio dello spettatore è addolcito dalla scelta dei colori e dalla chiarezza delle immagini. Ci troviamo dinanzi a un film che ha ben poco dei comuni cliché fantascientifici, qui ciò che rende possibile il gioco a somma zero è il linguaggio ed è quindi fondamentale la figura di una linguista più della figura di uno scienziato. Mette in scena una storia nuova che si posiziona bene tra i vari film del suo genere. Ciò che rende godibile e accattivante la visione del film sono le musiche di Jóhann Jóhannsson, con suoni vibranti e decisi.
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enricodanelli
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domenica 12 febbraio 2017
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no border
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"Nessuna divisione, nessuna separazione" recitava una canzone del 2016. Il senso del film è questo. Gli espedienti della tecnica cinematografica (alcuni riusciti, altri molto meno) e la fantasiosa sceneggiatura (infarcita di scienza e tecnica, che, se fini a se stesse, nel film vengono ampiamente sbeffeggiate) servono per far passare il messaggio principale: la condivisione dei problemi porta ad una soluzione e ad un arricchimento della razza umana. La divisione porta all'auto-distruzione. In tempi di muri ai confini, Brexit (non a caso la nave aliena in Europa atterra in Gran Bretagna), respingimenti, xenofobia dilagante il messaggio è ovviamente politico e rivolto ai grandi della terra così come a tutti noi.
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"Nessuna divisione, nessuna separazione" recitava una canzone del 2016. Il senso del film è questo. Gli espedienti della tecnica cinematografica (alcuni riusciti, altri molto meno) e la fantasiosa sceneggiatura (infarcita di scienza e tecnica, che, se fini a se stesse, nel film vengono ampiamente sbeffeggiate) servono per far passare il messaggio principale: la condivisione dei problemi porta ad una soluzione e ad un arricchimento della razza umana. La divisione porta all'auto-distruzione. In tempi di muri ai confini, Brexit (non a caso la nave aliena in Europa atterra in Gran Bretagna), respingimenti, xenofobia dilagante il messaggio è ovviamente politico e rivolto ai grandi della terra così come a tutti noi. Le specificità scientifiche del film sono ben svolte e perfino comprensibili ad uno non addetto ai lavori, ma rimangono confinate nella fantasia se non per l'importanza dell'interazione linguaggio-modo di pensare-azioni conseguenti, tema nel film ben svolto. La circolarità del tempo (cui l'uomo arriverebbe dopo la modifica del linguaggio, così come ha fatto Luise nel film) dà un ulteriore senso al film, ma più che un dono appare una dannazione per l'uomo costretto a conoscere il suo futuro. Il film è pure anch'esso circolare: la prima scena è quella finale (l'interno della casa di Luise con due bicchieri di vino sul tavolo davanti alla finestra sul lago), ma per ricordarci che la morale non è sulla circolarità del tempo o del linguaggio, ma sull'arrivo del diverso e i problemi che esso pone e l'arricchimento che può dare, il titolo del film (arrivo) è alla fine del film stesso (fabula docet). Peccato che nel film ci siano alcuni elementi grossolani (la arcaica rappresentazione degli alieni come eptapodi e i suoni lugubri e angoscianti già sentiti e risentiti nella "Guerra dei mondi") e richiami artificiosi ad atmosfere malikiane, elementi per cui non si può definirlo un capolavoro. Film politicamente corretto nel 2016 quando è stato girato, giustamente scorretto e controcorrente oggi, nel 2017.
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robertalamonica
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lunedì 23 gennaio 2017
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gli alieni, i cerchi, il linguaggio, la vita.
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'Arrival'. Inserire e incasellare questo film in un filone di fantascienza esistenzialista che vede Denis Villeneuve in buona compagnia con Terrence Malick e Christopher Nolan non rende giustizia alla specificità di questa bell'opera cinematografica e all'infinita delicatezza e profondità con cui il regista canadese tratta i suoi temi e motivi: l'amore e l'importanza della comprensione reciproca come base imprescindibile di qualsiasi scambio comunicativo. Louise Banks, eminente linguista scelta per decriptare le intenzioni e le modalità espressive dei 'visitatori', non 'si perde nella traduzione' ma decide di dare un'opportunità al dono che i visitatori, gli 'eptapodi', stanno facendo alla Terra, affidandosi e donandosi, appunto, all'humanitas e a una filantropia che trascende i confini di razza, genere, provenienza.
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'Arrival'. Inserire e incasellare questo film in un filone di fantascienza esistenzialista che vede Denis Villeneuve in buona compagnia con Terrence Malick e Christopher Nolan non rende giustizia alla specificità di questa bell'opera cinematografica e all'infinita delicatezza e profondità con cui il regista canadese tratta i suoi temi e motivi: l'amore e l'importanza della comprensione reciproca come base imprescindibile di qualsiasi scambio comunicativo. Louise Banks, eminente linguista scelta per decriptare le intenzioni e le modalità espressive dei 'visitatori', non 'si perde nella traduzione' ma decide di dare un'opportunità al dono che i visitatori, gli 'eptapodi', stanno facendo alla Terra, affidandosi e donandosi, appunto, all'humanitas e a una filantropia che trascende i confini di razza, genere, provenienza. E sceglie di accogliere l'amore nel momento stesso in cui scopre quanto e quale dolore 'il dono' porterà nella sua vita. Il dono degli eptapodi è il dono dell'accettazione della circolarità della vita, della morte come momento di passaggio in cui ogni fine corrisponde a un inizio, in una dimensione temporale che non è lineare ma circolare, ciclica. L'amore, la scrittura, la comunicazione, la cultura, l'empatia, l'accoglienza e non la mera tecnologia saranno la chiave per la risoluzione di una crisi che è sì quella esistenziale della protagonista ma che simboleggia la crisi drammatica della cultura nel mondo contemporaneo (rappresentata dalla scarsa affluenza alle lezioni di Louise all'università), della condivisione stoica del destino dell'uomo, dell'importanza della ricerca di un significato profondo che leghi la parola all'azione. Bello, davvero.
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sabato 28 gennaio 2017
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arrival
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L' origine e il progressivo svilupparsi del linguaggio ha rappresentato una vera e propria pietra miliare per l'evoluzione della specie umana, mentre la nascita della scrittura ha dato luogo attraverso i millenni alla diffusione della Conoscenza e del Sapere. Fonemi e grafemi che hanno creato le fondamenta per lo sviluppo della civilta' terrestre. La professoressa Louise Banks e' una grande studiosa delle lingue parlate e scritte, delle loro affascinanti e misteriose origini, di come una lingua abbia potuto plasmare il carattere di un popolo e la personalita' di un singolo. Louise ha alle spalle un difficile e doloroso passato a causa della morte precoce per cancro della figlia adorata.
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L' origine e il progressivo svilupparsi del linguaggio ha rappresentato una vera e propria pietra miliare per l'evoluzione della specie umana, mentre la nascita della scrittura ha dato luogo attraverso i millenni alla diffusione della Conoscenza e del Sapere. Fonemi e grafemi che hanno creato le fondamenta per lo sviluppo della civilta' terrestre. La professoressa Louise Banks e' una grande studiosa delle lingue parlate e scritte, delle loro affascinanti e misteriose origini, di come una lingua abbia potuto plasmare il carattere di un popolo e la personalita' di un singolo. Louise ha alle spalle un difficile e doloroso passato a causa della morte precoce per cancro della figlia adorata. Ma la sua competenza nel campo linguistico sara' chiamata in causa quando dodici enormi astronavi aliene con extraterrestri a bordo si mostreranno sospese a pochi metri dal suolo in dodici diversi luoghi del pianeta. La professoressa Banks verra' convocata dall'esercito americano per trovare un modo di relazionarsi con queste forme di vita, per cercare di comprendere la lingua scritta e parlata di alieni dalla forma di giganteschi polpi con sette tentacoli e che comunicano attraverso schizzi di inchiostro che si coagulano su una parete trasparente a formare cerchi con misteriosi ideogrammi ai loro bordi. A poco a poco Louise riuscira' a interpretare i loro segni, a capire il motivo della loro missione sulla terra, a evitare una devastante guerra dei mondi. Inoltre i loro messaggi di pace riusciranno a dare un senso al dolore sofferto per la perdita della figlia e la renderanno catalizzatrice di pace tra i popoli e profeta del proprio futuro. L'opera di Denis VIlleneuve e' sicuramente uno dei film di fantascienza piu' riusciti degli ultimi anni, affascinante e coinvolgente come pochi. Il messaggio principale di Arrival e' quello dell'importanza della Conoscenza per la vita di tutti gli esseri umani e di quanto siano fondamentali le relazioni e il dialogo tra tutte le genti del pianeta. La prima parte del film e' sicuramente la piu' riuscita per la tensione e l'attesa che il regista riesce a produrre nello spettatore, mentre il finale si aggroviglia un po' troppo sui turbamenti esistenziali di Louise. Comunque la bellezza quasi metafisica delle strutture aliene e la loro forma di scrittura resteranno a lungo nella memoria
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