vanessa zarastro
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domenica 26 giugno 2016
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un quasi remake
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“I miei giorni più belli” è un film per nostalgici di Truffaut che sentono ancora bisogno di “romanzi intimi” e di problemi degli amori adolescenziali in una piccola città della provincia francese. Le vicende sentimentali sono presentate in flash back - il titolo originale è “Trois Souvenirs de ma Jeunesse” – e narrate la dalla voce fuori campo del protagonista (non faceva così anche Truffaut?) Paul Dédalus che, da bambino ribelle, svogliato e ingestibile, diventerà da adulto un affermato antropologo richiesto al Ministero degli Affari Esteri per le sue competenze. Deplechin segue ancora il modello del regista della nouvelle-vague nel proseguire la storia del protagonista dei suoi film precedenti interpretato da Mathieu Almaric così come Antoin Duanel è stato interpretato da Jean Pierre Leaud.
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“I miei giorni più belli” è un film per nostalgici di Truffaut che sentono ancora bisogno di “romanzi intimi” e di problemi degli amori adolescenziali in una piccola città della provincia francese. Le vicende sentimentali sono presentate in flash back - il titolo originale è “Trois Souvenirs de ma Jeunesse” – e narrate la dalla voce fuori campo del protagonista (non faceva così anche Truffaut?) Paul Dédalus che, da bambino ribelle, svogliato e ingestibile, diventerà da adulto un affermato antropologo richiesto al Ministero degli Affari Esteri per le sue competenze. Deplechin segue ancora il modello del regista della nouvelle-vague nel proseguire la storia del protagonista dei suoi film precedenti interpretato da Mathieu Almaric così come Antoin Duanel è stato interpretato da Jean Pierre Leaud.
Le memorie adolescenziali di storie vissute si svolgono alla fine degli anni ’80 a Rubaix, una cittadina di circa 90.000 abitanti situata al confine con il Belgio a 200 km a nord di Parigi.
Paul da giovane (Quentin Dolmaire) va a studiare a Parigi ma si innamora di Esther (Lou Roy-Lecollinet), la ragazza sedicenne più desiderata e affascinante della comitiva di Rubaix con la quale si può incontrare nei week-end quando torna a casa, e avrò con lei avrà un rapporto intenso di 7 anni prevalentemente epistolare (ancora Truffaut).
Le storie narrate fanno riferimento a generi diversi, quello breve sull’infanzia - con la follia e suicidio della madre - trova le sue matrici in Rossellini, Buñuel e ancora Truffaut, mentre il viaggio in Russia al genere dello spionaggio; il ricordo decisamente più lungo è proprio quello del genere d’amore in cui vengono mostrate le paure, i desideri, i tradimenti e il carteggio quotidiano dei due ragazzi. Chiude il film con i protagonisti adulti, l’epilogo che è sostanzialmente un monologo di Paul arrabbiato che si rivolge all'amico che l’aveva tradito molti anni prima.
Il film - in originale con i sottotitoli – è decisamente intenso ma risulta anche piuttosto faticoso proprio nella parte di descrizione degli amori adolescenziali un po’ troppo lunga e lenta, mentre l’inizio e il viaggio in Russia promettevano di più con un ritmo decisamente più adatto al cinema.
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lbavassano
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martedì 10 gennaio 2017
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presuntuosamente disorientante
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Non si capisce bene dove voglia andare a parare il film di Desplechin, se l'intenzione del regista sia quella, piuttosto fine a se stessa, di disorientare lo spettatore mescolando i generi e, in parte, gli stili narrativi, o se invece sia stata la storia a sfuggirgli di mano prendendo il sopravvento. Fatto sta che dei tre ricordi che dovrebbero costituirne la trama, i primi due, l'infanzia traumatica e l'avventura "spionistica" adolescenziale, restano frammenti non sviluppati e, soprattutto, irrelati da quella storia d'amore giovanile che ne risulta la parte assolutamente preponderante. Una storia d'amore che progressivamente vira verso il sommo modello truffautiano dell'amore folle, tragico ed ossessivo, con una citazione piuttosto diretta da "La signora della porta accanto" ed una trasversale.
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Non si capisce bene dove voglia andare a parare il film di Desplechin, se l'intenzione del regista sia quella, piuttosto fine a se stessa, di disorientare lo spettatore mescolando i generi e, in parte, gli stili narrativi, o se invece sia stata la storia a sfuggirgli di mano prendendo il sopravvento. Fatto sta che dei tre ricordi che dovrebbero costituirne la trama, i primi due, l'infanzia traumatica e l'avventura "spionistica" adolescenziale, restano frammenti non sviluppati e, soprattutto, irrelati da quella storia d'amore giovanile che ne risulta la parte assolutamente preponderante. Una storia d'amore che progressivamente vira verso il sommo modello truffautiano dell'amore folle, tragico ed ossessivo, con una citazione piuttosto diretta da "La signora della porta accanto" ed una trasversale. Una storia d'amore che nello sviluppo epistolare costituisce l'aspetto migliore del film e che, appunto per tale motivo, rende ancor più fastidiosamente irrilevante la parte iniziale. Volontà di distinguersi da un modello troppo alto? Ansia dell'influenza? Ricerca dell'originalità a tutti i costi? La capacità del Maestro di rendere il punto di vista femminile resta comunque irraggiungibile, ed anche il protagonista maschile risulta piuttosto debole a fronte del sentimento mostruoso che dovrebbe incarnare.
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