crabiele
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martedì 19 gennaio 2016
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il cielo in una stanza
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Che dire di questo film? Semplicemente meraviglioso e perfetto sotto tutti i punti di vista. Il regista sceglie di adottare il punto di vista di Jack, 5 anni, nato e cresciuto dentro la STANZA, quella del titolo, insieme alla mamma rapita e segregata lì 7 anni prima. Questa scelta registica balza subito agli occhi dello spettatore con tutta la sua potenza emotiva e riflessiva. Che dire poi della sceneggiatura (tratta da un libro ispirato a fatti veri - quello del tizio austriaco che aveva rinchiuso la figlia per anni), perfetta, precisa, senza una nota fuori posto, che ci porta dritti dritti in questo incubo e ce ne fa uscire fuori più liberi, ma sempre ancora un po' scossi. Che dire poi dei due attori protagonisti? Lei, Brie Larson, 27 anni, una vera sorpresa, con questa difficile prova superata a pieni voti punta, meritatamente, dritta dritta all'Oscar.
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Che dire di questo film? Semplicemente meraviglioso e perfetto sotto tutti i punti di vista. Il regista sceglie di adottare il punto di vista di Jack, 5 anni, nato e cresciuto dentro la STANZA, quella del titolo, insieme alla mamma rapita e segregata lì 7 anni prima. Questa scelta registica balza subito agli occhi dello spettatore con tutta la sua potenza emotiva e riflessiva. Che dire poi della sceneggiatura (tratta da un libro ispirato a fatti veri - quello del tizio austriaco che aveva rinchiuso la figlia per anni), perfetta, precisa, senza una nota fuori posto, che ci porta dritti dritti in questo incubo e ce ne fa uscire fuori più liberi, ma sempre ancora un po' scossi. Che dire poi dei due attori protagonisti? Lei, Brie Larson, 27 anni, una vera sorpresa, con questa difficile prova superata a pieni voti punta, meritatamente, dritta dritta all'Oscar. Lui, Jacob Tremblay, 9 anni, lascia totalmente scioccati da quanto si cala terribilmente bene in un ruolo difficilissimo, fresco fresco di premio come miglior giovane attore ai Critics’ Choice Awards (mica cazzi).
Film drammatico, toccante, dolce, non esageratamente commovente. Tutto dosato in maniera ottima. Un film che porta in sé il grido soffocato di libertà di un bambino, che ha vissuto l'infanzia dentro 4 strette mura, ma soprattutto nella sua testa, nella sua immaginazione, nell'immaginare un mondo che pensava fosse solo finto, un'illusione, e invece poi che cosa stupenda, ma difficile per lui, scoprire che tutto quello è reale, era là fuori ad aspettarlo.
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[+] un'opera forte e toccante
(di antonio montefalcone)
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irene
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domenica 6 marzo 2016
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piccolo grandissimo jack!
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Non c'è niente di sbagliato, in questo film, niente che non sia riuscito. Non è una novità per chi appena un po' conosce il regista Lenny Abrahamson, persona sensibile e gentile quanto modesta. Diretto in maniera perfetta, quasi tutto in interni, la prima parte in pochi metri quadrati, il film afferra le nostre menti e anche i nostri cuori dall'inizio. Il rapporto madre/figlio è fatto di grande tenerezza ma anche di risposte dure, di momenti difficili, sia dentro che fuori da Stanza. Perché se vivere dentro Stanza è difficile, Cosmo, cioè il mondo fuori, appare pericoloso, spaventoso, fatto di gente che parla forte, di cani che abbaiano, di macchine, persino di sole che può ferire.
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Non c'è niente di sbagliato, in questo film, niente che non sia riuscito. Non è una novità per chi appena un po' conosce il regista Lenny Abrahamson, persona sensibile e gentile quanto modesta. Diretto in maniera perfetta, quasi tutto in interni, la prima parte in pochi metri quadrati, il film afferra le nostre menti e anche i nostri cuori dall'inizio. Il rapporto madre/figlio è fatto di grande tenerezza ma anche di risposte dure, di momenti difficili, sia dentro che fuori da Stanza. Perché se vivere dentro Stanza è difficile, Cosmo, cioè il mondo fuori, appare pericoloso, spaventoso, fatto di gente che parla forte, di cani che abbaiano, di macchine, persino di sole che può ferire.
Avevo letto il libro anni fa e già la storia mi aveva affascinata, lo stesso e anche di più succede con il film. Abrahamson è un regista semplice, che narra le storie come vanno narrate e forse proprio per questo arrivano diritte al punto. In Room c'è amore, paura, tenerezza, rabbia, disillusione, disperazione, ma niente è mai troppo forte, mai troppo carico. Ne esce un film perfetto, bilanciato, con slanci improvvisi e momenti che tolgono il fiato per l'emozione e interpretato benissimo sì da Brie Larson, ma anche se non soprattutto dal piccolo, soprendente, forte Jacob Tramblay. Era il film perfetto da premiare agli Oscar, ma i signori dell'Academy non hanno colto l'occasione di fare per una volta la cosa giusta. Peggio per loro.
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(di luigi chierico)
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eugenio
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sabato 16 gennaio 2016
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il mondo oltre la stanza
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C’è una premessa per il nuovo film dell’olandese Abrahamson e si chiama Frank.
Frank, film del 2014 con protagonista un capace Fassbender che indossava una gigante maschera di cartapesta come travestimento per riuscire ad affrontare la vita, nello specifico, le insidie musicali, tracciava la via a quello che sarebbe stato l’intento del regista nelle pellicole successive: utilizzare un paravento, un nascondiglio come rifugio in una gabbia della propria intimità , per scelta o per costrizione, per sopravvivere al mondo dannato che sta oltre quel paravento.
In Room, candidato ai prossimi oscar 2016, sin dall’inizio noi spettatori siamo posti dinanzi a una situazione scioccante, terribile: la costrizione sofferta di Frank è qui quella fisica di una giovane donna (Brie Larson) , rinchiusa da sette anni in una stanza chiusa che pare Fort Knox, la Room del titolo appunto, da un maniaco che l’ha segregata col figlio (Jacob Tremblay) avuto nella stanza e che ha ora cinque anni.
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C’è una premessa per il nuovo film dell’olandese Abrahamson e si chiama Frank.
Frank, film del 2014 con protagonista un capace Fassbender che indossava una gigante maschera di cartapesta come travestimento per riuscire ad affrontare la vita, nello specifico, le insidie musicali, tracciava la via a quello che sarebbe stato l’intento del regista nelle pellicole successive: utilizzare un paravento, un nascondiglio come rifugio in una gabbia della propria intimità , per scelta o per costrizione, per sopravvivere al mondo dannato che sta oltre quel paravento.
In Room, candidato ai prossimi oscar 2016, sin dall’inizio noi spettatori siamo posti dinanzi a una situazione scioccante, terribile: la costrizione sofferta di Frank è qui quella fisica di una giovane donna (Brie Larson) , rinchiusa da sette anni in una stanza chiusa che pare Fort Knox, la Room del titolo appunto, da un maniaco che l’ha segregata col figlio (Jacob Tremblay) avuto nella stanza e che ha ora cinque anni.
Madre è Ma’ nella concezione del piccolo Jack che crede che quella stanza rappresenti il mondo, un mondo che la madre gli ha fatto credere limitato a quattro pareti per nascondergli la terribile verità del rapimento e della segregazione.
Una protezione, una gabbia dorata direbbe un famoso regista spagnolo, erta proprio per evitare un trauma a un bambino che non ha mai visto la luce del sole, che saluta il lavandino, il letto, il pupazzo, come se fossero persone, che vive in un mondo immagginario con la scarsa luce filtrata dall’esterno cui giungono i rumori della natura, quella che Ma è convinta che col figlio avrebbe presto rivisto.
La prigione che non è mentale ma fisica traduce nella prima ora l’andamento di un film claustrofobico che ricorda il vecchio Panic Room di una volta (con Jodie Foster) ove al termine vige sempre la minaccia dell’orco- Old Nick- questo il nome di colui che ha segregato madre e figlio. Nella seconda parte, la svolta consentirà di restituire al film un lato nuovo del dramma che inizierà appunto dove molte pellicole americane di simile fattura terminano, conferendo una luce nuova e sicuramente più intima alla convivenza del figlio e della madre.
Room si mantiene un film potenzialmente forte retto dall’interpretazione di Brie Larson e del talentuoso quanto ingenuo bambino Jacob Tremblay, che danno volto e sentimento a personaggi cui cui è negata la libertà così intensi da ricordare quasi delle figure medioevali. Nella prima parte soprattutto, l’atmosfera senza scampo, restituisce le tonalità grigie e fosche proprie dell’intensità di un amore, assoluto e totalizzante, di una madre per il proprio figlio, entrambi vittime dell’abiezione umana.
Da una vicenda sicuramente drammatica ma tutto sommato nota nelle pellicole di genere, Abrahamson affida la sceneggiatura a Emma Donoghue da cui è stato tratto il libro che ha ispirato il film : Stanza, letto, armadio specchioe non sbaglia un colpo nella seconda “tranche de vie” che pur mantenendosi in spazi aperti, non per questo risulta meno traumatica soprattutto per l’emotività di Ma (stante la nota crisi del piccolo Jack le cui reazioni tutto sommato sono meno evidenti).
C’è quindi un preciso cambio di scene, di prospettiva nato dal crollo della “stanza”, le ferite della propria anima si aprono in tutta la loro violenza nel desco domestico, nel mondo che non comprende o solo sfrutta per immagine, per populismo, per demagogia spicciola da quattro soldi, il dolore come mercificazione di un sentimentalismo interessato e falso come tante trasmissioni televisive oggi ci hanno mostrato.
Roomè tutto questo: dramma,trauma e sorpattutto convivenza con questi demoni. Anche quando tutto sembra risolto..
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rossi833
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mercoledì 13 aprile 2016
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non è un film ...è un'emozione
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Questo film potrebbe all'inizio sembrare lento o monotono, lo spettatore potrebbe pensare che in una stanza di tre metri ci sia in realtà ben poco da raccontare , invece la sapiente e magistrale regia di Lenny Abrahamson ci porta in un mondo dove questa piccola stanza è immensa fatta di personaggi, di fantasia, di illusioni., di televisione.. tutto dal lavabo al lucernario viene personificato, persino il luogo dove si trovano rinchiusi ha un'anima che si chiama Stanza.
Un film che tocca le note più interne dell'animo umano, un film vibrante nel suo modo unico di raccontare un dolore forte, una violenza,un atto di generosità che costa sette anni di vita .La libertà è dentro i protagonisti e la realtà esterna fa paura, rumore, stride con la bolla creata dalla madre.
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Questo film potrebbe all'inizio sembrare lento o monotono, lo spettatore potrebbe pensare che in una stanza di tre metri ci sia in realtà ben poco da raccontare , invece la sapiente e magistrale regia di Lenny Abrahamson ci porta in un mondo dove questa piccola stanza è immensa fatta di personaggi, di fantasia, di illusioni., di televisione.. tutto dal lavabo al lucernario viene personificato, persino il luogo dove si trovano rinchiusi ha un'anima che si chiama Stanza.
Un film che tocca le note più interne dell'animo umano, un film vibrante nel suo modo unico di raccontare un dolore forte, una violenza,un atto di generosità che costa sette anni di vita .La libertà è dentro i protagonisti e la realtà esterna fa paura, rumore, stride con la bolla creata dalla madre.Un film di introspezione fatto di semplicità e sentimenti forti che tolgono il fiato. Consigliato
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gaiart
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lunedì 19 ottobre 2015
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l´amor è l spazio e il temp resi sensibil al cuore
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ROOM
L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque.
L´amore è lo spazio e il tempo resi sensibili al cuore.
Marcel Proust
Nella seconda giornata del festival molto intenso e atteso l’acclamato Room di Lenny Abrahamson, già vincitore della 40esima edizione del Toronto Film Festival.
Il thriller, dell’autrice irlandese canadese Emma Donogue tratto dal romanzo vincitore di molti premi nel 2010 è la storia, narrata dalla prospettiva di un bambino di 5 anni, tenuto prigioniero fin dalla nascita con la madre, in soli 10 metri quadrati.
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ROOM
L'esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque.
L´amore è lo spazio e il tempo resi sensibili al cuore.
Marcel Proust
Nella seconda giornata del festival molto intenso e atteso l’acclamato Room di Lenny Abrahamson, già vincitore della 40esima edizione del Toronto Film Festival.
Il thriller, dell’autrice irlandese canadese Emma Donogue tratto dal romanzo vincitore di molti premi nel 2010 è la storia, narrata dalla prospettiva di un bambino di 5 anni, tenuto prigioniero fin dalla nascita con la madre, in soli 10 metri quadrati.
Ispirato allo scioccante The Fritzl Casedel 2008, in cui una donna in Austria è stata tenuta prigioniera per 24 anni dal padre, stuprata e divenuta madre di 7 figli, oltre ad aver subito un aborto, il film narra una vicenda inquietantemente simile resa verosimile dall’interpretazione straordinaria sia di Brie Larson che del piccolo Jacob Tremblay.
Roomclaustrofobicamente si ambienta in una stanzetta squallida e rimane misterioso per tutto il primo tempo. Vi si racconta l’amore sconfinato tra una madre e il suo bambino, un legame profondissimo reso ancor più tale dalla circostanza.
Oltre ad una storia interessante, alla suspence che non molla lo spettatore un attimo, oltre ai numerosi momenti di commozione profonda, la pellicola esplora un tema ahimè attuale, frequente e spesso dimenticato dai media, quando non sfruttato da questi ultimi.
La seconda parte cade un po’ di tono, quando la protagonista con le sue paure, nevrosi e ferite che non lo consentono, si trova a fronteggiare la vita reale a cui non era abituata.
Ciononostante il film colpisce e fa riflettere sulla bruttezza dell’uomo e le sue follie.
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mario nitti
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venerdì 11 marzo 2016
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raccontare i sentimenti senza esibirli
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Il film inizia il giorno del quinto compleanno di Jack. Il bambino vive dalla nascita con sua mamma rapita da un uomo all’età di 17 anni e tenuta segregata in una stanza. Questo è il punto di partenza. Chi va a vedere il film e ha visto i trailer sa già che ad un certo punto ci sarà la fuga, ma il racconto davvero non è concluso con la fuga perché la storia ci mette di fronte alle prigioni che abbiamo dentro, quelle in cui restiamo rinchiusi anche quando è alla nostre spalle la causa che le ha edificate.
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Il film inizia il giorno del quinto compleanno di Jack. Il bambino vive dalla nascita con sua mamma rapita da un uomo all’età di 17 anni e tenuta segregata in una stanza. Questo è il punto di partenza. Chi va a vedere il film e ha visto i trailer sa già che ad un certo punto ci sarà la fuga, ma il racconto davvero non è concluso con la fuga perché la storia ci mette di fronte alle prigioni che abbiamo dentro, quelle in cui restiamo rinchiusi anche quando è alla nostre spalle la causa che le ha edificate. Un ottimo film, che riesce a trasmettere con grande potenza le emozioni dei protagonisti senza mai esibirle; bravissimi i due protagonisti e senz’altro meritato l’Oscar come miglior attrice protagonista a Brie Larson.
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no_data
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lunedì 11 luglio 2016
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room
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Bello e intenso questo film! Niente scene strazianti tranne la paura nei confronti del rapitore quando il bimbo scende dal camion...Mi ricorda tanto il rapporto mamma figlio nella realtà; nel primo periodo,fino ai 10 anni è un rapporto esclusivo, mamma e figlio stanno bene assieme, non hanno bisogno di niente altro. Così la vita all'interno della stanza è felice per il bambino e anche per la mamma, che trovato il modo di proteggere il figlio dall'aggressore, trascorre ore serene raccontando al bimbo favole e facendogli credere che la vita reale sia quella.....Ma il bimbo cresce la favola finisce , il figlio ha bisogno del mondo vero degli amici, e la mamma consapevole di questo riesce a farlo fuggire.
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Bello e intenso questo film! Niente scene strazianti tranne la paura nei confronti del rapitore quando il bimbo scende dal camion...Mi ricorda tanto il rapporto mamma figlio nella realtà; nel primo periodo,fino ai 10 anni è un rapporto esclusivo, mamma e figlio stanno bene assieme, non hanno bisogno di niente altro. Così la vita all'interno della stanza è felice per il bambino e anche per la mamma, che trovato il modo di proteggere il figlio dall'aggressore, trascorre ore serene raccontando al bimbo favole e facendogli credere che la vita reale sia quella.....Ma il bimbo cresce la favola finisce , il figlio ha bisogno del mondo vero degli amici, e la mamma consapevole di questo riesce a farlo fuggire...E cominciano i guai seri. Soprattutto per la mamma: il mondo, le persone care, gli affetti sono cambiati lei ha perso una fetta di vita, le compagne hanno fatto un percorso normale! Lei no. E il rapporto con il figlio non è più lo stesso, come non è più l'ossessione il rapporto madre figlio (maschio) nella realtà quando il bambino diventa adolescente e si stacca dalla famiglia per trovare la sua identità. IL bambino sta bene e sarà ancora una volta Lui a salvare la madre, a farle sentire il suo amore tagliandosi i capelli. ....Insieme vanno ancora nella stanza, un mondo finito per sempre e si avviano serenità verso il futuro Uniti dall'amore che non finirà mai, ma ognuno per la propria strada.
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donato prencipe
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mercoledì 23 marzo 2016
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una vita rubata e rinchiusa in una stanza
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Il regista irlandese Lenny Abrahamson (Frank) porta al cinema una storia drammatica che suscita nello spettatore che la guarda un senso di angoscia, di rabbia e impotenza verso un qualcosa che sembra così lontano anni luce dalla realtà ma che purtroppo rappresenta uno dei tanti capitoli di cronaca nera dei giorni nostri. "Room", così il titolo del film, è l'adattamento cinematografico del romanzo "Stanza, letto, armadio, specchio (room) scritto da Emma Donoghue nel 2010, ispirato a sua volta al caso di Elizabeth Fritzl, una ragazza austriaca imprigionata per ventiquattro anni in un bunker sotterraneo costruito dal padre, dallo stesso abusata e costretta a dare alla luce sette bambini.
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Il regista irlandese Lenny Abrahamson (Frank) porta al cinema una storia drammatica che suscita nello spettatore che la guarda un senso di angoscia, di rabbia e impotenza verso un qualcosa che sembra così lontano anni luce dalla realtà ma che purtroppo rappresenta uno dei tanti capitoli di cronaca nera dei giorni nostri. "Room", così il titolo del film, è l'adattamento cinematografico del romanzo "Stanza, letto, armadio, specchio (room) scritto da Emma Donoghue nel 2010, ispirato a sua volta al caso di Elizabeth Fritzl, una ragazza austriaca imprigionata per ventiquattro anni in un bunker sotterraneo costruito dal padre, dallo stesso abusata e costretta a dare alla luce sette bambini. Il film, invece, racconta la storia di Joy (Brie Larson), una ragazza adescata da un uomo, rinchiusa e segregata per sette anni in un capanno fortificato e costretta a rapporti sessuali ogni notte. Da questa relazione coercitiva nasce Jack (Jacob Tremblay) che nel film lo troviamo sin dall'inizio, già al quarto anno d'età. Nello scorrere del tempo vissuto all'interno di quel claustrofobico buco Joy cerca in tutti i modi di proteggere il figlio dalle grinfie dell'uomo rinchiudendolo in un armadio tutte le sere, alla stessa ora, quando vecchio Nick (chiamato così da Jack) torna a "farle visita". Il bambino cresce in un mondo rinchiuso in una stanza, relazionandosi con i suoi unici amici inanimati come l'armadio, due sedie, uno specchio e una tv, con un unico squarcio che affaccia sotto il cielo, la sola cosa visibile al di fuori di quella stanza. Attraverso uno stratagemma, rischioso quanto disperato, Joy avvolge Jack in un tappeto facendo credere al loro rapitore che sia morto dopo una febbre altissima non curata, solo in questo modo il bambino riesce a fuggire e a chiedere aiuto, portando a termine questa lunga agonia. La vista di quel nuovo mondo per Jack rappresenta una situazione difficile da concepire, la sua visione della vita che fino a quel momento si limitava ad una verità inesistente, viene capovolta interamente. Allo stesso modo il ritorno di Joy a casa, dopo anni di prigionia, non è certo facile e l'esperienza orrenda, l'incubo vissuto la portano ad essere in continuo malessere e confusione mentale, pervasa da un senso di collera e profonda tristezza, malinconia per una vita passata e rubata che nessuno potrà più restituirle. Il film, uscito in Italia il 3 marzo 2016, si è aggiudicato il premio oscar nella categoria miglior attrice protagonista per l'interpretazione toccante di Brie Larson, ed è stato vietato ai minori di diciassette anni per la presenza di violenza, profanità e uso di droghe.
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filippo catani
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martedì 15 marzo 2016
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un groppo alla gola
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Una giovane donna rapita da anni vive in una stanzetta angusta insieme al figlio avuto dal suo carceriere. Un giorno finalmente i due riescono a liberarsi ma tornare alla normalità non sarà affatto facile.
Per gran parte di questo film (tratto dall'omonimo romanzo) è il piccolo bambino che narra le vicende e ha ormai fatto l'abitudine a Stanza e a dormire in Armadio e a dare il buongiorno a tutti gli oggetti di casa. Basterebbe solo questo per struggere lo spettatore che allo stesso tempo partecipa alla disperazione della giovane madre che cerca ogni modo possibile per sfuggire al suo terribile rapitore che le usa violenze fisiche e psicologiche. Dopo la liberazione però non ci può essere il classico happy ending perchè gli incubi e le scorie sono tanti.
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Una giovane donna rapita da anni vive in una stanzetta angusta insieme al figlio avuto dal suo carceriere. Un giorno finalmente i due riescono a liberarsi ma tornare alla normalità non sarà affatto facile.
Per gran parte di questo film (tratto dall'omonimo romanzo) è il piccolo bambino che narra le vicende e ha ormai fatto l'abitudine a Stanza e a dormire in Armadio e a dare il buongiorno a tutti gli oggetti di casa. Basterebbe solo questo per struggere lo spettatore che allo stesso tempo partecipa alla disperazione della giovane madre che cerca ogni modo possibile per sfuggire al suo terribile rapitore che le usa violenze fisiche e psicologiche. Dopo la liberazione però non ci può essere il classico happy ending perchè gli incubi e le scorie sono tanti. Il bimbo deve fare esperienza del mondo vero e non di quello finto narrato dalla televisione scassata di Stanza. La madre invece deve superare l'incubo di anni di privazioni e violenze cercando di recuperare il rapporto con la propria famiglia che nel frattempo è uscita in pezzi dalla vicenda. Insomma veniamo assaliti da un groppo in gola dopo che ci siamo sentiti praticamente soffocare nella prima parte del film praticamente come se fossimo anche noi lì. Brie Larson è molto brava e si merita l'Oscar in pieno ma bravissimo è anche il piccolo Jack che regala una parte strepitosa.
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rongiu
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mercoledì 16 marzo 2016
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‘ma’, uno scudo emotivo contro il buio
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A sette anni dal momento del rapimento, una giovane donna è detenuta con suo figlio, in un giardino di periferia ed in una stanza carente, povera, angusta, scarsamente arredata. Unica eccezione un vecchio e malfunzionante televisore. Impossibile per loro, vedere cosa succede al di là della stanza. Ad aumentare l’umiliazione della donna sono le continue violenze che deve subire dal sequestratore. Un’esperienza cinematografica intensa e che ti prende dentro.
Quello che andrete a vedere non è un semplice racconto di terrore, ispirato ad eventi criminali odierni con contorno di suspense e lotta per la sopravvivenza anche se è questo lo scenario.
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A sette anni dal momento del rapimento, una giovane donna è detenuta con suo figlio, in un giardino di periferia ed in una stanza carente, povera, angusta, scarsamente arredata. Unica eccezione un vecchio e malfunzionante televisore. Impossibile per loro, vedere cosa succede al di là della stanza. Ad aumentare l’umiliazione della donna sono le continue violenze che deve subire dal sequestratore. Un’esperienza cinematografica intensa e che ti prende dentro.
Quello che andrete a vedere non è un semplice racconto di terrore, ispirato ad eventi criminali odierni con contorno di suspense e lotta per la sopravvivenza anche se è questo lo scenario. E’ l’esaltazione di un legame tra madre e figlio. Legame fervido, impenetrabile, inespugnabile che impedisce alle condizioni più insopportabili ed estreme di creare rotture irreparabili. Brie Larson \ Joy “Ma” Newsome e Jacob Tremblay \ Jack Newsome / hanno avuto la capacità di impadronirsi della sceneggiatura \ Emma Donoghue /di farla propria in modo incredibile e di creare un clima di forte connessione “ombelicale” con il pubblico e quindi tra azione/ricezione.
L’obiettivo di ‘Ma’ è il benessere di Jack e non il proprio, nemmeno quando il decadimento ed il dolore fisico si fa sempre più prorompente. Una mamma d’infinite risorse, trasforma tutte ciò che è possibile trasformare in giocattoli e compagnia bella. Per lei, Jack è la Stella Polare, il suo “nocchiere” e la ragione di andare avanti. Come altro avrebbe potuto resistere alle visite regolari del suo sequestratore? Old Nick \ Sean Bridgers /. ‘Ma’ si rende conto che suo figlio, di cinque anni, sta diventando sempre più curioso. Old Nick sta diventando sempre più pericoloso, e la cosa migliore per tutti potrebbe essere un piano di fuga per uscire dalla stanza prima che sia troppo tardi.
“Essere liberi” è una cosa e “sentirsi liberi” e tutt’altro. ‘Ma’ ha problemi di riadattamento; Jack invece si appropria e di corsa di questo nuovo universo in continua espansione. Cresce e con lui le esperienze. Jack cresce e fioriscesoprattutto in compagnia della nonna \ Joan Allen / presenza che dà al film un’ulteriore impulso. Lei ha divorziato dopo la scomparsa di sua figlia ed ha un nuovo uomo nella sua vita, l’affabile Leo \ Tom McCamus / che guida Jack con pazienza, incoraggiandolo sempre. Room è un film che stuzzica, solletica, stimola, risveglia con la sua profonda interiorità anche chi è abituato a pensar meno. Su cosa? Beh, su argomenti che toccano tutta la sfera dell’umano e dell’umanità. Cos’è essere persona? Di cosa abbiamo veramente bisogno per vivere? Perché i bambini rispondono in modo sorprendentemente resiliente quando sono sotto costrizione? Perché quando i problemi scompaiono tuto ti sembra solo un’illusione? I genitori sono sempre in grado di soddisfare le richieste di crescita dei bambini? Ad ogni modo, ognuno ha la propria montagna da scalare. Per il momento mettiamo da parte queste domande e godiamoci lo spettacolo al di là di una porta; una porta aperta su di un futuro appena agli inizi.
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