ninoraffa
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mercoledì 13 dicembre 2017
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morte antica
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Cagliari 1943. La morte arriva dal cielo – strana, innaturale, fragorosa – piovendo dalle ali dei bombardieri alleati. Mentre quasi tutti si rifugiano in campagna, la quarantenne Annetta arriva controcorrente dal suo paese per cercare la nipote Tecla. Si aggira nel labirinto della città semideserta: le case sventrate, l’incubo degli allarmi antiaerei, le corse ai rifugi, i cadaveri per le strade, i feriti ricoverati alla meno peggio nelle chiese. La morte comunque non sembra spaventarla.
Annetta con la morte ha dimestichezza antica. Come sua madre, e una lunga teoria di ave precedenti, porta l’atavico fardello di essere un’accabadora: un’antimadre, una madre terminale, una levatrice della morte.
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Cagliari 1943. La morte arriva dal cielo – strana, innaturale, fragorosa – piovendo dalle ali dei bombardieri alleati. Mentre quasi tutti si rifugiano in campagna, la quarantenne Annetta arriva controcorrente dal suo paese per cercare la nipote Tecla. Si aggira nel labirinto della città semideserta: le case sventrate, l’incubo degli allarmi antiaerei, le corse ai rifugi, i cadaveri per le strade, i feriti ricoverati alla meno peggio nelle chiese. La morte comunque non sembra spaventarla.
Annetta con la morte ha dimestichezza antica. Come sua madre, e una lunga teoria di ave precedenti, porta l’atavico fardello di essere un’accabadora: un’antimadre, una madre terminale, una levatrice della morte. Al suo paese, viene chiamata al capezzale degl’inguaribili per liberarli secondo un rito millenario. Le vesti nere e il capo coperto attraversa la casa, chiude dietro di sé la porta della misera stanzetta, depone un ramo intagliato a forma di giogo sul letto, volge il crocifisso verso la parete perché ci sono cose che è meglio Lui non veda, quindi soffoca con un cuscino, oppure col suo stesso corpo, il sofferente. L’accabadora non deve essere pagata, anzi è lei a pagare assumendo su di sé la morte data; e Annetta lascia il paese per cercare Tecla, ma anche per fuggire le ombre che visitano le sue veglie e i sogni.
Ci sono cose che resistono e durano, e prosperano, anche nelle situazioni più estreme. Tecla a Cagliari fa la prostituta. Annetta la troverà, prima sul lavoro, e quindi, dopo la distruzione della sua casa, priva di coscienza e paralizzata in ospedale. Non ci sono speranze, e Annetta si chiede se – come già per sua sorella, la madre di Tecla – anche per la nipote dovrà arrivare l’accabadora.
Figura della tradizione popolare sarda, l’accabadora è nota per l’omonimo romanzo di Michela Murgia. Secondo testimonianze, negate però da alcuni antropologi, quest’attività è stata esercitata fino all’immediato dopoguerra. Senza trascurare la pietà, s’individua comunque la ragione della sua missione nell’estrema miseria dei luoghi e nell’impossibilità di mantenere i più deboli se non a rischio della sopravvivenza dell’intera comunità. L’ottimo film di Enrico Pau, riprendendo il personaggio della Murgia, propone una storia essenziale per introdurci in un mondo primigenio. Un mondo precedente le religioni e le filosofie, il peccato e la legge, governato dalla necessità, in cui tutto si dissolve nella natura, e vita e morte, e anime e corpi, sono fatti della medesima materia, e i morti continuano a camminare sulla terra perché, non essendoci altro, la morte non può essere né fine, né barriera.
Regia puntuale, ottima la fotografia di nitore ed essenzialità caravaggesca, notevole l’interpretazione di Donatella Finocchiaro (Annetta), appropriato anche Barry Ward nei panni del medico scettico – io ne ho visti tanti di uomini che morivano e non ho mai visto l’anima – col suo accento straniero a restituirci lo straniamento dell’uomo in mezzo alla distruzione. Significative le riprese degl’impressionanti modelli umani anatomici in cera risalenti ai primi dell’ottocento, tuttora conservati a Cagliari; come pure la riproduzione del filmato originale in bianco e nero con la spettrale processione di Sant’Efisio tra le macerie.
Attraverso una curiosa nemesi Annetta, e prima Tecla, fuggono l’oscurità del mondo rurale sardo, incontrando la città, il progresso e la tecnica giusto nella morte industriale prodotta dai modernissimi bombardieri. L’impossibile composizione tra le due civiltà è una faglia che attraversa la Storia, ampliatasi a dismisura nei decenni trascorsi dall’ambientazione del film. Oggi, in tempi di rimozione privata della morte e del dolore, e di corrispettivo infame teatro politico su fine vita ed eutanasia, il coraggioso Enrico Pau ripropone una figura distantissima. L’accabadora è memoria di una persa intimità con la sofferenza; reliquia di un mondo vero in cui dolore e morte sono stati mistero e compagnia per ogni vivente, e non problema estraneo che qualcun altro – il medico, il terapeuta, magari il legislatore – deve risolvere al posto nostro. Quel passato vecchissimo, anche se cronologicamente non troppo lontano, denuncia paradossi e ipocrisie del nostro infantile presente, smanioso di libertà e irresponsabilità e insieme ossessionato da diritti e risarcimenti.
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f.puddu
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martedì 2 maggio 2017
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una ricostruzione scadente
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Un film che si trascina per un tempo breve che sembra però interminabile, attori con accenti e lingue diverse in una sotria che si svolge in una terra in cui al tempo la maggior parte degli abitanti erano analfabeti o parlavano soltanto il dialetto. Visivamente gradevole, ma al giorno d'oggi quale film non lo è? Una ricostruzione scadente di una leggenda affascinante
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manuela
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giovedì 4 maggio 2017
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delusione
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Premesso che ho amato moltissimo il libro di Michela Murgia sull'argomento, intrigante e affascinante, nè per niente leggenda, come scrivono alla fine, sono rimasta delusa dal cast troppo variegato, dalla mancanza di accento sardo, dalle musiche fastidiose, dai troppi non detti. Ho invece apprezzato la fotografia e la recitazione di Donatella Finocchiaro che trovo fantastica. Capisco che ci sia mancanza di fondi, ma la Sardegna e l'Irlanda sono due isole molto lontane e troppo diverse. Mi è sembrato un film incompleto, invece secondo me l'argomento si prestava ad essere approfondito meglio.
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juri moretti
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domenica 24 settembre 2017
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l'accabadora, colei che porta buona morte
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Siamo a Cagliari negli anni 40, durante il periodo del bombardamento nella seconda guerra mondiale.
Annetta, una donna sulla quarantina d'anni, sempre vestita di nero, arriva in questa grande città, nessuno sa nulla di lei, che ha alle spalle un passato trribile e per tutti è l'accabadora, cioè colei che porta buona morte ai moribondi che la richiedono, un ruolo che le è stato tramndato dalla madre, ma ha Cagliari lei riscprerà se stessa o ritornerà a vstire i panni dell'accabadora?
Quando vedrete questo film dimenticate il romanzo di Michela Murgia e guardate un po come Enrico Pau ha portato la sua versione sullo schermo.
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Siamo a Cagliari negli anni 40, durante il periodo del bombardamento nella seconda guerra mondiale.
Annetta, una donna sulla quarantina d'anni, sempre vestita di nero, arriva in questa grande città, nessuno sa nulla di lei, che ha alle spalle un passato trribile e per tutti è l'accabadora, cioè colei che porta buona morte ai moribondi che la richiedono, un ruolo che le è stato tramndato dalla madre, ma ha Cagliari lei riscprerà se stessa o ritornerà a vstire i panni dell'accabadora?
Quando vedrete questo film dimenticate il romanzo di Michela Murgia e guardate un po come Enrico Pau ha portato la sua versione sullo schermo.
Il film dal punto di vista tecnico è perfetto ed ha una fotografia spettacolare, ma anche la regia non è niente male, invece dl punto di vista del cast ci si aspettava un cast di attori sardi, ma si può dire che nel contesto ci poteva stare, sopratutto per la bravura degli attori nell'interpretarte certi ruoli, le uniche pecche invece sono il commento musicale, che non c'entrava nulla, perchè hanno inserito una musica napoletana e neanche un'accenno di quella sarda e poi la sceneggiatura, che in certi momenti non si riusciva a distinguere i personaggi, però s i può dire che tutto sommatoè un buonissimo film, non è un capolavoro, ma è un film che va visto e bisognerebbe recuprare anche il romanzo di Michela Murgia per confrontare le due versioni...
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flyanto
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giovedì 27 aprile 2017
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una figura femminile quasi spettrale
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"L'Accabadora" , con cui si intitola il film in questione, è o, meglio, era una figura femminile che in passato e, precisamente, sino agli anni '50, nei paesi, per lo più del Sud Italia, dava la buona morte ai malati terminali tramite il soffocamento o l'uso di un bastone. L'attrice Angela Finocchiaro interpreta magistralmente questo personaggio ancestrale, generalmente mal visto e dunque tenuto a distanza dalla Comunità, portatrice di morte e costretta a tale azione perchè tramandatale dalla madre, come si usava in quell'epoca. Nella pellicola viene rappresentato ed evidenziato anche il rapporto difficile e problematico che tale donna ha con una giovane nipote, figlia dell'ormai defunta sorella, nonchè, ripeto, la sua condizione di isolamento, dietro cui peraltro ella stessa si arrocca, che l'intera comunità le riserva.
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"L'Accabadora" , con cui si intitola il film in questione, è o, meglio, era una figura femminile che in passato e, precisamente, sino agli anni '50, nei paesi, per lo più del Sud Italia, dava la buona morte ai malati terminali tramite il soffocamento o l'uso di un bastone. L'attrice Angela Finocchiaro interpreta magistralmente questo personaggio ancestrale, generalmente mal visto e dunque tenuto a distanza dalla Comunità, portatrice di morte e costretta a tale azione perchè tramandatale dalla madre, come si usava in quell'epoca. Nella pellicola viene rappresentato ed evidenziato anche il rapporto difficile e problematico che tale donna ha con una giovane nipote, figlia dell'ormai defunta sorella, nonchè, ripeto, la sua condizione di isolamento, dietro cui peraltro ella stessa si arrocca, che l'intera comunità le riserva. Un perfetto quadro e ritratto d'epoca che il regista Enrico Pau molto efficacemente presenta sullo schermo, consegnando un'opera cinematografica quasi documentaristica, suggestiva nelle immagini e per ciò che concerne la stupenda fotografia, e molto ben interpretata da tutte le figure per lo più femminili presenti nella vicenda e, cioè, Angela Finocchiaro prima di tutte, la giovane Sara Serraiocco nella parte della nipote, Carolina Crescentini e l'irlandese Barry Ward in quella del medico di origini straniere. Va specificato che la pellicola è stata liberamente tratta dall'omonimo romanzo di Michela Murgia da cui Pau prende spunto solo per le suddette figure femminili e per l'ambientazione nella città di Cagliari, ma da cui si discosta nella trama in generale.
Consigliabile ma per pochi.
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