erone
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giovedì 26 febbraio 2015
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l'aspirapolvere è sceso dall'albero.
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Ho letto molti commenti negativi che indicano nella lentezza del film uno dei suoi maggiori difetti. Che sia lento sono d'accordo, e non solo: è triste, desolato, fatalista, come può esserle un racconto che parte dall'antefatto che la vita sulla terra stia arrivando alla fine; inoltre, il protagonista, che è il personaggio di Banderas, è un personaggio comune, quasi banale, che si trova al centro di eventi troppo grandi per lui. Da queste premesse capisco che molti abbiano trovato noiosa la trama ma bisogna saper cogliere la sua filosofia.
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Ho letto molti commenti negativi che indicano nella lentezza del film uno dei suoi maggiori difetti. Che sia lento sono d'accordo, e non solo: è triste, desolato, fatalista, come può esserle un racconto che parte dall'antefatto che la vita sulla terra stia arrivando alla fine; inoltre, il protagonista, che è il personaggio di Banderas, è un personaggio comune, quasi banale, che si trova al centro di eventi troppo grandi per lui. Da queste premesse capisco che molti abbiano trovato noiosa la trama ma bisogna saper cogliere la sua filosofia. Probabilmente per chi come me è stato un lettore dei libri di Asimov (Anch'essi lenti da morire), che è sempre rimasto intrigato dai racconti e film basati sull'intelligenza artificiale, che sia la sua nascita o le sue implicazioni filosofiche, si troverà ad apprezzare questo prodotto. Ha una trama sufficientemente coerente, location azzeccate, regia e attori che danno una buona prova di se. Certo guardandolo non si può far a meno di pensare alle analogie con Blade Runner, ma non per questo sfigura, anzi, mi sembra che conservi una sua originalità, portando un nuovo punto di vista, anticipando il discorso che il film di Scott aveva affrontato (Sembra una contraddizione ma, fidatevi, non lo è). E non è una questione da poco, come ha sottolineato di recente Stephen Hawking. Ecco... alla fine se questo tema non vi interessa, lasciate perdere, ma chi come me ha avuto un brivido nel sentire la battuta della Griffit "L'aspirapolvere è sceso dall'albero!" Non potete perdervelo. Ciao a tutti!
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no_data
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lunedì 2 marzo 2015
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l'evoluzione della specie non comprende l'uomo
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Forse filmisticamente parlando non è uno dei migliori film di fantascienza che abbiamo visto ma, rispetto a questi (su tutti Blade Runner), incuriosisce ed è da apprezzare l'idea e l'audacia di voler "saltare il fosso".
Dove finisce Blade Runner (l'umanizzazione dell'androide) inizia Automata che riserva ai robot il compito di sostituire l'uomo nell'evoluzione della specie.
In una terra regredita tecnologicamente e resa inabitabile da eccezionali tempeste solari, la disperata fragilità dell'uomo e la sua conseguentemente ridotta capacità di procreazione vengono intuite dai robot che si rendono conto dell'inadeguatezza alla sopravvivenza dei loro "padroni".
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Forse filmisticamente parlando non è uno dei migliori film di fantascienza che abbiamo visto ma, rispetto a questi (su tutti Blade Runner), incuriosisce ed è da apprezzare l'idea e l'audacia di voler "saltare il fosso".
Dove finisce Blade Runner (l'umanizzazione dell'androide) inizia Automata che riserva ai robot il compito di sostituire l'uomo nell'evoluzione della specie.
In una terra regredita tecnologicamente e resa inabitabile da eccezionali tempeste solari, la disperata fragilità dell'uomo e la sua conseguentemente ridotta capacità di procreazione vengono intuite dai robot che si rendono conto dell'inadeguatezza alla sopravvivenza dei loro "padroni".
Disobbedendo alle leggi fondamentali che ne regolano l'attività (riferimento ad Asimov), i robot iniziano ad automodificarsi per poter sopravvivere indipendentemente dall'uomo e da questo punto il fiume dell'evoluzione si divide in due: un primo ramo di incerto futuro che riguarda l'uomo e un secondo ramo, quello dei robot, che sembra destinato a proseguire l' "umanità" della specie indipendentemente dal genere umano.
Che dire, più che intrigante. Un film che gli appassionati del genere non possono perdere.
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gianleo67
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domenica 21 dicembre 2014
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più potente del continuo...più umano dell'umano
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Agente assicurativo al soldo di una compagnia produttrice di robot al servizio di un'umanità rintanata nei malsani agglomerati urbani dopo una catastrofe post-apocalittica causata da violente esplosioni solari che hanno reso inabitabile il pianeta e decimato la popolazione mondiale, deve indagare sullo strano caso di un automa che,contravvenendo al rigido di protocollo di sicurezza integrato nella propria intelligenza positronica, sembra autoripararsi e mostrare segni di un insolito istinto di sopravvivenza. Combattuto tra le responsabilità per la moglie incinta ed il desiderio di fuga verso l'Eden incerto di un Oceano sconosciuto e lontano, dovrà risolvere il suo caso in una lotta per la sopravvivenza contro gli spietati emissari della sua stessa compagnia decisi a celare le sconvolgenti ricadute di una verità scomoda e inquietante.
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Agente assicurativo al soldo di una compagnia produttrice di robot al servizio di un'umanità rintanata nei malsani agglomerati urbani dopo una catastrofe post-apocalittica causata da violente esplosioni solari che hanno reso inabitabile il pianeta e decimato la popolazione mondiale, deve indagare sullo strano caso di un automa che,contravvenendo al rigido di protocollo di sicurezza integrato nella propria intelligenza positronica, sembra autoripararsi e mostrare segni di un insolito istinto di sopravvivenza. Combattuto tra le responsabilità per la moglie incinta ed il desiderio di fuga verso l'Eden incerto di un Oceano sconosciuto e lontano, dovrà risolvere il suo caso in una lotta per la sopravvivenza contro gli spietati emissari della sua stessa compagnia decisi a celare le sconvolgenti ricadute di una verità scomoda e inquietante.
Se il naturale pregiudizio verso la serialità prenatalizia di produzioni fantasy ad alto tasso di sentimentalismo e di buoni propositi formato famiglia (la narrazione di una Natività futuribile ben si attaglia al plot ben congegnato di questo film) farebbe storcere il naso a più di qualcuno tra gli 'addetti ai lavori' e non, la visione di questo thriller-fantascientifico post-apocalittico ispano-americano di Gabe Ibáñez ('Hierro' 2009) ne riforma parzialmente le mancate spettative con i sorprendenti risultati di un'adesione neanche tanto originale ai modelli di riferimento ('Blade Runner' ed 'Io Robot' su tutti) che sa tuttavia ritagliarsi l'onesto perimetro di una certa autonomia creativa ed un comparto tecnico all'altezza dei 15 milioni del budget (eccellente la fotografia di Alejandro Martínez). Incrociando l'immaginario dickiano di una promiscua realtà succedanea dove la macchina non solo vive a stretto contatto con l'uomo ma ne rappresenta una sorta di prodotto macro-evolutivo che ambisce alla propria indipendenza con la trasgressione alla rigida logica di un compendio delle Leggi di Asimov (2 è meglio che 3 e non crea grossi problemi di complessità semantica), il film di Ibanez si muove lungo questa transumanza desertica di una fuga erodica del secondo millennio alternando i generi (trhiller sci-fi distopico) con la favoletta morale e mostrandoci come l'immortale spirito di scoperta e di sopravvivenza dell'uomo (ormai confinato in maleodoranti e fatiscenti gabbie metropolitane) si perpetui attraverso la presa di coscienza di una macchina in grado di trascenderne i limiti biologici le meschinità etiche, per riuscire a colonizzare nuovamente quella parte di pianeta resa inospitale dagli stravolgimenti climatici. Tutto già visto e risaputo si dirà, ma per chi è abituato a sparare a zero sulla Croce Rossa forse sarebbe ora di riflettere sulle virtù artigianali e ricombinatorie di un cinema globalizzato che (come gli automi senzienti del film) è in grado di autoreplicare all'infinito se stesso, alternando tematiche e registri diversi e facendo coesistere credibilmente l'epica western di un finale all'Ok Corral con gli stuggimenti sentimentali dell'apprendistato amoroso di una graziosa meretrice meccanica sulle note immortali di un Charles Trenet riesumato dalle 'Memories' cinefile della Nouvelle Vogue. Nessun capolavoro per carità, ma nonostante gli scimmiottamenti di una visionarietà d'accatto, le compressioni di un plot che sa benissimo dove andare a parare e qualche incongruenza narrativa di troppo, riesce comunque a giustificare con onestà le quasi due ore di pellicola senza dover ricorrere a mirabolanti effetti speciali od a complicate speculazione filosofiche (vade retro Wachowski!). Begli scenari e ottima fotografica, anche se l'apetto trasandato di un improbabile Deckard in versione latina farà rimpiangere il broncio guascone del grande Ford (nome ricorrentemente legato alle 'macchine') aspettate di vedere la faccia stiracchiata di una Melanie Griffith che, a differenza degli automi nel finale del fim, non sembra mai volersi togliere la maschera. Quando si dice più umani degli (almeno di alcuni) umani!
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alexander 1986
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lunedì 24 agosto 2015
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un deckard latino
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2044. Una progressiva impennata delle radiazioni solari ha desertificato la Terra e sterminato la specie umana, rimasta superstite in 21 milioni di anime arroccate in degradate megalopoli. Ad alleviare la condizione della nostra specie sono dei robottoni programmati come manodopera a costo zero, in mancanza di operai cinesi. Proprio come gli odierni schiavi del lavoro, questi poveracci sono tenuti a rispettare due condizioni: non nuocere mai e anzi salvaguardare a tutti i costi la vita dei loro padroni, e non apportare riparazioni o modifiche né a se stessi né ai loro simili.
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2044. Una progressiva impennata delle radiazioni solari ha desertificato la Terra e sterminato la specie umana, rimasta superstite in 21 milioni di anime arroccate in degradate megalopoli. Ad alleviare la condizione della nostra specie sono dei robottoni programmati come manodopera a costo zero, in mancanza di operai cinesi. Proprio come gli odierni schiavi del lavoro, questi poveracci sono tenuti a rispettare due condizioni: non nuocere mai e anzi salvaguardare a tutti i costi la vita dei loro padroni, e non apportare riparazioni o modifiche né a se stessi né ai loro simili. Ovviamente qualcuno trasgredirà al protocollo, con un redivivo Antonio Banderas a doversene occupare nelle vesti di un Deckard latino.
Omaggi a 'Blade Runner' quasi sfacciati, tradotti però in una fantascienza tradizionale alla Asimov: azione al minimo, robot buoni e filosofia ottimistica. Loro (i sintetici) sono migliori di noi (scimmie bipedi): un'idea sempre più ricorrente nell'ultima sci-fi. La pellicola paga purtroppo qualche forzatura a livello di messa in scena e forse una certa povertà scenografica, nonostante il buon budget messo insieme dalla produzione internazionale. Vedere Banderas fuori dal Mulino fa bene, una volta tanto.
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elamilmago
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martedì 25 agosto 2015
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da vedere anche se non imperdibile
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Ambientato in un futuro in cui la razza umana si è quasi estinta, Automata per certe inquadrature iniziali strizza troppo l'occhio ad un bladerunner low cost, anche se quasi subito se ne discosta. Automata è un film di fantascienza sull'intelligenza artificiale applicata agli androidi che possiede delle idee, alcune già sfruttate, altre no. La prima è stata la riscrittura delle tre leggi della robotica di Isaac Asimov in due. La seconda è il lavoro/ruolo del protagonista (banderas) così lontano dai soliti agenti/investigatori/poliziotti che popolano questo genere di film. L'ultima(minore), ma forse la ritengo "idea" in quanto la mia cultura è scarsa, una storia in cui l'evoluzione dell'intelliganza artificiale non mina a minacciare l'uomo, ma nonostante ciò, è vista come minaccia.
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Ambientato in un futuro in cui la razza umana si è quasi estinta, Automata per certe inquadrature iniziali strizza troppo l'occhio ad un bladerunner low cost, anche se quasi subito se ne discosta. Automata è un film di fantascienza sull'intelligenza artificiale applicata agli androidi che possiede delle idee, alcune già sfruttate, altre no. La prima è stata la riscrittura delle tre leggi della robotica di Isaac Asimov in due. La seconda è il lavoro/ruolo del protagonista (banderas) così lontano dai soliti agenti/investigatori/poliziotti che popolano questo genere di film. L'ultima(minore), ma forse la ritengo "idea" in quanto la mia cultura è scarsa, una storia in cui l'evoluzione dell'intelliganza artificiale non mina a minacciare l'uomo, ma nonostante ciò, è vista come minaccia. La trama è stata già abbozzata nella recensione e non aggiungerò nulla a riguardo. Invece faccio un appunto sulla figura di Banderas, che almeno nei primi minuti di visione non riuscivo a sganciare dalla recente pubblicità italiana o da altri suoi film famosi. Banderas si dimostra da metà film in poi abbastanza convincente. Un uomo pieno di dubbi, che finisce in mezzo ai guai senza volerlo, che controvoglia finisce per appoggiare un'idea che non gli appartiene, forse solo per bilanciare la controparte umana e malvagia interpretata dagli altri esseri umani presenti nella pellicola. Il film non è propriamente d'azione anche se vi sono delle sparatorie e non gode di grandi scenari o panorami, ma da un certo punto in poi diventa un grande e indefinito deserto, forse per concentrare l'attenzione sul tormento interiore del protagonista. La parte del deserto, cruciale per la storia, ma più introspettiva e lenta nella narrazione, può essere quella che forse fa storcere di più il naso agli amanti degli action movie. Peccato poiché essendo la parte cruciale e conclusiva poteva essere curata meglio. Ritengo che Automata sia un film assolutamente da vedere se siete appassionati di fantascienza, anche se non lascerà molti ricordi, in quanto rappresenta un piccolo tassello di una tematica (l'IA) che vedremo sempre più spesso raccontata e rappresentata in futuro. Inoltre potete sempre fregare la vostra consorte proponendole la visione di un "film con Banderas" :-D
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elgatoloco
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giovedì 16 aprile 2020
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decisamente valido, interessante
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"Autòmata"(Gabe Ibanez, anche sceneggiatore con due collaboratori, 2014), film spagnolo ma realizzato in lingue inglese, è senz'altro esempio e quasi emblema del miglior cinema"visionario"-"distopico"(eviterei l'aggettivo"apocalittico", in quanto nella sequenza finale qualche speranza riaffiora)internazionale, singifitcativamente in Europa e precisamente in Spagna, il cui cinema è attualmente probabilmente tra i migliori del mondo, e non negli USA e neppure in Australia, che pure con"Mad Max"e la relativa serie negli anni 1980 aveva realizzato opere significative(non parliamo della letteratura, dove la tradizione angloamericana, da Orwell a Dick ad altri aveva dato senz'altro il meglio: qui, sulla terra ormai soggetta a radiazioni solari che l'hanno praticamente disertificata, è diventato essenziale l'apporto, lavorativo e non solo, dei robot di nuova generazione: esistono però precisi protocolli volti a limitare l'influenza degli stessi robot, in modo che non invadano competenze e"spazio vitale"(ma anche sicurezza)degli umani .
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"Autòmata"(Gabe Ibanez, anche sceneggiatore con due collaboratori, 2014), film spagnolo ma realizzato in lingue inglese, è senz'altro esempio e quasi emblema del miglior cinema"visionario"-"distopico"(eviterei l'aggettivo"apocalittico", in quanto nella sequenza finale qualche speranza riaffiora)internazionale, singifitcativamente in Europa e precisamente in Spagna, il cui cinema è attualmente probabilmente tra i migliori del mondo, e non negli USA e neppure in Australia, che pure con"Mad Max"e la relativa serie negli anni 1980 aveva realizzato opere significative(non parliamo della letteratura, dove la tradizione angloamericana, da Orwell a Dick ad altri aveva dato senz'altro il meglio: qui, sulla terra ormai soggetta a radiazioni solari che l'hanno praticamente disertificata, è diventato essenziale l'apporto, lavorativo e non solo, dei robot di nuova generazione: esistono però precisi protocolli volti a limitare l'influenza degli stessi robot, in modo che non invadano competenze e"spazio vitale"(ma anche sicurezza)degli umani . Tuttavia a un certo punto i robot si sviluppano in modo tale da essere capaci di autoregolarsi, di autodirigersi, di pensare autonomamente e di agire di conseguenza(cfr.per ex,la capacità di rimettersi a posto braccia, gambe, testa, ma non solo); a questo punto alcuni umani reagiscono in modo sconsiderato, distruggendoli sparando. C'è solo un agente assicurativo, che mettendosi anche poi in rotta con la dirigenza della sua impresa, sfida queste convenzioni(e convinzionI)solo umane, cercando un rapporto, certo sempre difficile e problematico, con questi robot autoregolantisi, dunque divenuti più forti dell'uomo stesso(lo fa a suo rischio e pericolo totali, anche considerando che sua moglie è dapprima in dolce attesa, poi partorisce una bimba); le conseguenze del suo gesto sono varie e drammatiche, ma... Sequenze che rendono perfettamente un"universo esploso"(o almeno, apppunto, la terra in tali condizioni), la frenesia degli umani di recuperare spazio, il come anche tra gli autòmata-significativo la scelta di questo titolo, che letteralmente(dal greco)vuol dire"automi"al neutro plurale, dove il concetto di autoregolazione è assolutamente insito nella parola-vi siano differenze non da poco:; così una robot femmina(per così dire)riesce ad aiutarlo quando è ferito, mentre lui è riuscito persino ad insegnarle il ballo, insomma come si danza. Muishce suggestive, con scelte sempre intelligenti e Antonio Banderas, quale protagonista, rende una delle sue migliori interpretazione, veramente da"Oscar", anche se in quest'occasione non gli è stato assegnato. Tra gli altri anche Brigitte Hjort Sorensen, Melanie Griffith, Robert Foster e Dylan McDermott sono interpreti di notevole levatura. El Gato
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eleonora panzeri
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sabato 23 aprile 2016
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pellegrinaggio radioattivo
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Realizzare un bel film di fantascienza non è semplice, serve fantasia, creatività e l’incredibile capacità di inventarsi qualcosa di unico ed originale. Gabe Ibáñez non riesce assolutamente a fare nulla di quanto servirebbe per rendere questo film memorabile, particolare o addirittura passabile. L’idea che l’umanità si impegni per auto-distruggersi è tristemente plausibile. Non stupiscono le didascalie iniziali che ci presentano una terra del futuro, ormai scarsamente popolata e per buona parte radioattiva.
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Realizzare un bel film di fantascienza non è semplice, serve fantasia, creatività e l’incredibile capacità di inventarsi qualcosa di unico ed originale. Gabe Ibáñez non riesce assolutamente a fare nulla di quanto servirebbe per rendere questo film memorabile, particolare o addirittura passabile. L’idea che l’umanità si impegni per auto-distruggersi è tristemente plausibile. Non stupiscono le didascalie iniziali che ci presentano una terra del futuro, ormai scarsamente popolata e per buona parte radioattiva. Nelle rare zone ancora abitate, gli uomini decidono di creare dei robot al fine di demandare loro la costruzione di un muro volto a proteggere le città (da chi e da cosa non è dato saperlo con chiarezza, sembra da altri umani ma non viene spiegato assolutamente nulla del contesto sociale). Più o meno come in Io Robot vengono impostati sugli androidi due protocolli, al fine di renderli sicuri e al servizio della razza umana. Il protagonista di questa storia è Jacq Vaucan, un assicuratore della società creatrice dei robot, che si imbatte in alcuni droidi manomessi, costretto a vivere in una città fantasma in cui per motivi non chiari compaiono a caso enormi ed inquietanti ologrammi a sfondo pornografico. Anguste e deprimenti anche le case abbienti che tuttavia non sono prive di gioiellini tecnologici come aveva invece preannunciato il prologo del film. Come in Io Robot, di cui questo film è una copia sbiadita, si apre in maniera scoordinata e incoerente la caccia ai robot difettosi, in un lungo pellegrinaggio nel deserto radioattivo, da cui Vaucan esce miracolosamente indenne. I personaggi restano tutti superficiali, dei perfetti sconosciuti e le macchine stesse, che in questo tipo di film cercano sempre di attrarre l’empatia e la simpatia del pubblico, appaiono come dei traballanti e confusi ferri vecchi che non suscitano né sentimenti né emozioni. Si salvano solo gli attori, in particolare Banderas, capace di interpretare il suo ruolo al meglio in un film senza trama e di dare una parvenza di sentimento. La colonna sonora infine supporta decentemente i momenti salienti del film.
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mabster
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lunedì 9 marzo 2015
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un buon film di fantascienza ...sottovalutato
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Premessa:
forse ci si è abituati troppo ad una certa "velocità" nei film,
forse descrivere l'istante in cui avviene la scoperta e il confronto tra una forma di vita intelligente consapevole della sua estinzione e una nuova forma di vita non biologica è considerato, in ogni caso, progetto troppo ambizioso indipedentemente dal risultato,
forse la coproduzione canadese/bulgaro/ispanica non è efficace nel mercato cinematografico,
forse il vedere nei titoli di coda tanti cognomi bulgari ( molto simili, per "l'utenza" occidentale, a quelli russi) può suscutare qualche perplessità.
Tuttavia un film come questo che ha:
una buona regia, una buona interpretazione degli attori (non tutti; in ogni caso Banderas và benissimo contrariamento a quanto scrivono in molti), una buona fotografia, buone scenografie, buoni effetti speciali, un ottima sceneggiatura non può essere considerato un film mediocre da 6 su IMDB e da 2.
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Premessa:
forse ci si è abituati troppo ad una certa "velocità" nei film,
forse descrivere l'istante in cui avviene la scoperta e il confronto tra una forma di vita intelligente consapevole della sua estinzione e una nuova forma di vita non biologica è considerato, in ogni caso, progetto troppo ambizioso indipedentemente dal risultato,
forse la coproduzione canadese/bulgaro/ispanica non è efficace nel mercato cinematografico,
forse il vedere nei titoli di coda tanti cognomi bulgari ( molto simili, per "l'utenza" occidentale, a quelli russi) può suscutare qualche perplessità.
Tuttavia un film come questo che ha:
una buona regia, una buona interpretazione degli attori (non tutti; in ogni caso Banderas và benissimo contrariamento a quanto scrivono in molti), una buona fotografia, buone scenografie, buoni effetti speciali, un ottima sceneggiatura non può essere considerato un film mediocre da 6 su IMDB e da 2.75 su mymovies è troppo strano.
Mi limito solo ad evidenziare la seguente valutazione:
Io, Robot myMovies 3.56, IMDB 7.1
...credo sia sufficiente.
Mabster
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sev7en
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venerdì 20 marzo 2015
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scriptato...
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In un futuro apocalittico, in cui sono i robot a svolgere gran parte delle mansioni prima delegate all’uomo, l’agente assicurativo Jacq Vaucan si trova ad indagare su alcuni robot “difettosi” scoprendo che l’anomalia e’ ben piu’ di un bug di programmazione...
Ci sono nella storia del cinema film definiti “mostri sacri”, opere che nell’immaginifico colletivo rappresentano lo stato dell’arte, la filosofia, la summa di ogni singola componente caratterizzante un lungometraggio: musica, scenografia, copione, regia, attori… con il risultato di creare nello spettatore un rapporto che infrange lo schermo di proiezione e crea quell’empatia tipica di un’opera teatrale, una vera e propria esperienza.
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In un futuro apocalittico, in cui sono i robot a svolgere gran parte delle mansioni prima delegate all’uomo, l’agente assicurativo Jacq Vaucan si trova ad indagare su alcuni robot “difettosi” scoprendo che l’anomalia e’ ben piu’ di un bug di programmazione...
Ci sono nella storia del cinema film definiti “mostri sacri”, opere che nell’immaginifico colletivo rappresentano lo stato dell’arte, la filosofia, la summa di ogni singola componente caratterizzante un lungometraggio: musica, scenografia, copione, regia, attori… con il risultato di creare nello spettatore un rapporto che infrange lo schermo di proiezione e crea quell’empatia tipica di un’opera teatrale, una vera e propria esperienza.
Nell’Olimpo delle produzioni cinematografiche c’e’ indubbiamente Blade Runner, un titolo che solo ad evocarlo e’ in grado di scaldare anche le piu’ gelide delle critiche, un’opera a cui ha voluto ispirarsi il regista Gabe Ibáñez, come risposta del Vecchio Continente alle opere prime “made in USA”.
Ibáñez e’ difatti di origine spagnola ed il film e’ stato girato oltre l’Oceano di Scott benche’ il cast, variegato, attinga a piene mani dalle star hollywoodiane. Automata vuole raccontarci un futuro distopico nel quale le macchine potrebbero avere pari diritti degli essere esseri umani, perche’ se i robot sono “semplicemente delle macchine”, noi essere umani saremmo, e siamo, “semplicemente delle scimmie” il che dovrebbe alimentare nello spettatore quei dubbi “esistenziali” sul perche’ delle cose, sull’origine del mondo, sulla figura dell’uomo stesso. Di per se’ la specie umana e’ deprecabile per le scelte che compie in quanto la grande bellezza del libero arbitrio concessaci, per vocazione o meno religiosa a seconda della professione di fede seguita, e’ proprio quella di farci seguire l’istito sovra ogni legge o superiore ragione… mentre nelle macchine quelle che sono le “leggi di Asic Asimov” rappresentano un limite invalicabile, delle tavole scritte nel loro DNA/microkernel, incancellabili e non, o almeno in teoria…, modificabili.
Volendo guardare altrove su questo aspetto ci sono molte analogia anche con il Robocop di Paul Verhoeven, ma cio’ che manca in Automata e’ proprio la profondita’ necessaria a porre in discussione tali argomentazioni perche’ la regia e probabilmente la sceneggiatura, temporeggiano troppo sui periodi morti, su quelle pause nelle quali il dubbio del tarlo dovrebbe insinuarsi, ma anche invece, lascio lo spettatore soffermarsi sulla fotografia e gli insulsi effetti speciali, davvero di qualita’ neanche minimamente paragabile alle altre produzioni moderne. Se prendessimo invece ad esempio Blade Runner a confronto, dove gli effetti speciali hanno ben 33 anni in meno…, il confronto tra digitale e reale e’ ancora piu’ impietoso, perche’ e’ avvertibile e fastidioso quel senso di finto che si percepisce con 15 milioni di budget a disposizione.
I protagonisti del film sono Banderas, l’agente assicurativo stile monaco tibetano, che raggiunge dei picchi di ilarita’ non aggetivabili in alcune scene (ai limiti dell’assurdo il walzer con Cleo…) che scopre di essere immune anche alle radiazioni oltre che al junk food desertico, Cleo, il robot femmine platinato, in grado di simulare atti sessuali (stomachevole…) semplicemente “on demand”, Melanie Griffith, la moglie del nostro, irriconoscibile (fisicamente e attorialmente) e i cattivi di turno tanto stucchevoli quanto patetici.
Purtroppo non si salva nulla e lo spettatore che dovrebbe uscire dalla sala con piu’ dubbi di quanto trailer e indiscrezioni avessero potuto suscitare, si trova con il sorriso sulle labbra per i siparietti “comici” nelle lande desertiche, la plasticita’ e costruzione delle scene topiche (l’imprevedibilita’ non e’ di casa Ibáñez), la prova attoriale di Banderas che ha mostrato come sia meglio tornare a Zorro o nei panni di attori mascherati anziche’ della sua, di faccia, con espressioni forzate e lacrime di coccodrillo finte eoni.
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barracuda argento
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domenica 1 marzo 2015
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2 stelle, e oggi sono generoso...
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Quel momento in cui vedi la recensione di no_data e pensi che si tratti del solito guastafeste...
Poi vai al cinema, vedi che sono disponibili solo più 12 posti e allora ti convinci che si tratterà davvero di un buon film, magari non si rivelerà un capolavoro, ma sicuramente un'opera degna di questo nome.
Il film inizia abbastanza bene, con 10 minuti di buon intrattenimento.
Dopodichè il film inizia a diventare monotono, poi noioso; dopo 30-35 minuti ti ritrovi a pensare ai fatti tuoi mentre la pellicola continua imperterrita a scorrere mantenendo quel ritmo macchinoso.
Durante le saltuarie e brevi scene di azione che scuotono un po' il tutto pensi che il film si possa ancora salvare, che quella sequenza di immagini possa essere la svolta tanto attesa, ma senza risultato.
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Quel momento in cui vedi la recensione di no_data e pensi che si tratti del solito guastafeste...
Poi vai al cinema, vedi che sono disponibili solo più 12 posti e allora ti convinci che si tratterà davvero di un buon film, magari non si rivelerà un capolavoro, ma sicuramente un'opera degna di questo nome.
Il film inizia abbastanza bene, con 10 minuti di buon intrattenimento.
Dopodichè il film inizia a diventare monotono, poi noioso; dopo 30-35 minuti ti ritrovi a pensare ai fatti tuoi mentre la pellicola continua imperterrita a scorrere mantenendo quel ritmo macchinoso.
Durante le saltuarie e brevi scene di azione che scuotono un po' il tutto pensi che il film si possa ancora salvare, che quella sequenza di immagini possa essere la svolta tanto attesa, ma senza risultato.
Verso i 45 minuti dell'opera ti accorgi pure di quanto la trama sia scontata e soprattutto incoerente.
A questo punto il film viene condito con frasi pronte surgelate con lo scopo di dare una cornice dorata ad un quadro senza figure. Purtroppo c'è bisogno anche del contenuto.
Ma il pezzo forte deve ancora venire: il finale, dove il signor "fetta biscottata più spessa" romba il motore dell'automobile e travolge la solita figura stereotipata del ciccione cattivo.
Dopodichè in una delle ultime scene, in cui non vedi l'ora dell'apparizione dei titoli di coda, avviene la cosa che non doveva avvenire: si offende il secondo capolavoro di James Cameron, "Avatar", copiando e incollando la scena finale con la medesima battuta:"Che effetto fa tradire la propria specie?".
Una nota positiva? Gli ottimi effetti VFX e la recitazione degli attori, che disperatamente hanno provato ad esonerare dai Razzie Award il primo ed ultimo film di Gabe Ibanez che i miei occhi vedranno.
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[+] alcune considerazioni
(di 3,14159265359_)
[ - ] alcune considerazioni
[+] basta questa frase..
(di mabster)
[ - ] basta questa frase..
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