giu1962
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lunedì 4 novembre 2013
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in vino veritas
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Sul cinema italiano un po' troppo "romanocentrico" finalmente soffia un po' di vento da nordest. Divertente, ironico, ad alto tasso alcolico, velato di sofferenza e di quella apparente tristezza della provincia (che forse non salverà il mondo, ma oggi è la vera zattera che ci tiene a galla nella crisi), ZORAN è un piccolo gioiello grezzo, quasi fatto "a mano", dove il bicchiere è sempre pieno anche quando è vuoto, dove l'alcolismo è solo la cornice di un mondo intriso di rapporti umani bugiardi ma veri, palesi e diretti. Dove il Merlot e il Cabernet non diventano Merlò e Cabernè, ma mantengono quella "T" che ci differenzia dagli antipatici e saccenti transalpini, dove un confine geografico difficile scompare e riappare, ma non ferisce, non divide.
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Sul cinema italiano un po' troppo "romanocentrico" finalmente soffia un po' di vento da nordest. Divertente, ironico, ad alto tasso alcolico, velato di sofferenza e di quella apparente tristezza della provincia (che forse non salverà il mondo, ma oggi è la vera zattera che ci tiene a galla nella crisi), ZORAN è un piccolo gioiello grezzo, quasi fatto "a mano", dove il bicchiere è sempre pieno anche quando è vuoto, dove l'alcolismo è solo la cornice di un mondo intriso di rapporti umani bugiardi ma veri, palesi e diretti. Dove il Merlot e il Cabernet non diventano Merlò e Cabernè, ma mantengono quella "T" che ci differenzia dagli antipatici e saccenti transalpini, dove un confine geografico difficile scompare e riappare, ma non ferisce, non divide. Un Battiston superbo anche se un po' gigione, un tenero Rok Presnikar e una piccola truppa di alcolizzati cronici ci regalano una fotografia, tra poesia e vitigni, di quell'angolo troppo spesso dimenticato che è il Friuli Venezia Giulia. La scena nella taverna slovena della gara di freccette merita l'alta analogia con il bowling del noto Big Lebowsky. L'acqua xè el funeral! Andate a vederlo: non riderete come nei film di Checco Zalone, ma penserete sorridendo e quel sorriso vi resterà stampato sul volto per qualche giorno.
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(di resca26)
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sergio dal maso
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giovedì 18 giugno 2015
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zoran, un piccolo grande film
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“El vin xè la salute, l'acqua xè el funeral.
Chi lassa chi lassa il vin furlan xè proprio un fiol de un can” (Vin e acqua)
Perbacco, chi l’avrebbe mai detto !
Si può far ridere in maniera spassosa e intelligente anche senza scomodare Checco Zalone e i comici televisivi affini. Senza investire budget milionari o utilizzando costose location poco verosimili. Senza attingere per la sceneggiatura dai vetusti e abusati cliché della commedia italiana.
Zoran, il mio nipote scemo, strepitoso esordio del goriziano Matteo Oleotto, riesce in questo autentico miracolo. Racconta con una grazia e una leggerezza poetica che non si vedevano da tempo una storia di provincia, quasi di confine.
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“El vin xè la salute, l'acqua xè el funeral.
Chi lassa chi lassa il vin furlan xè proprio un fiol de un can” (Vin e acqua)
Perbacco, chi l’avrebbe mai detto !
Si può far ridere in maniera spassosa e intelligente anche senza scomodare Checco Zalone e i comici televisivi affini. Senza investire budget milionari o utilizzando costose location poco verosimili. Senza attingere per la sceneggiatura dai vetusti e abusati cliché della commedia italiana.
Zoran, il mio nipote scemo, strepitoso esordio del goriziano Matteo Oleotto, riesce in questo autentico miracolo. Racconta con una grazia e una leggerezza poetica che non si vedevano da tempo una storia di provincia, quasi di confine. E’ ambientato infatti nella campagna goriziana tra le antiche “osmize” (osterie friulane) dove la cultura popolare resiste ancora, forte delle sue tradizioni e del “culto del vino”.
Il film ruota attorno all’imprevisto incontro tra il gigantesco Paolo Bressan, un quarantenne ubriacone e cialtrone, e l’esile nipote Zoran, timido e impacciato adolescente sloveno rimasto orfano, che il maldestro zio dovrà ospitare in attesa dell’affidamento a una casa-famiglia. Due personaggi tanto bizzarri quanto schietti e genuini. Le battute fulminanti e le situazioni tragicomiche, con le risate scoppiettanti che ne scaturiscono, non tolgono credibilità ai due protagonisti, l’ironia non scade mai nel macchiettismo. L’impressione caricaturale delle prime scene lascia spazio pian piano a due personalità più complesse e articolate. L’alcolismo e l’arroganza di zio Paolo nascono dall’amarezza e dalla frustrazione per l’abbandono dell’ancora amata moglie e dal disagio di non riuscire a dare un senso alla propria vita. Lo stravagante italiano aulico imparato da vecchi romanzi e la timidezza silenziosa di Zoran nascondono invece un carattere fermo e deciso, che riuscirà ad affermarsi grazie all’incredibile abilità nel gioco delle freccette e all’innamoramento per una ragazzina del coro.
Quello di Zoran e del burbero zio Paolo è innanzitutto l’incontro tra due solitudini, due vite tristi e malinconiche capaci di riscattarsi e di rimettersi in gioco, inizialmente aiutandosi l’un l’altro solo per necessità, per scoprire pian piano una amicizia franca e leale. Molto importante è anche la genuinità della socialità paesana in cui rapporti umani sono ancora sinceri e autentici. L’orgogliosa esibizione del bere, tutta friulana, deve essere contestualizzata all’interno della vita dell’osteria, spazio sociale vitale nella cultura contadina e in quel sistema ancestrale di valori tramandato da secoli. Il difficile equilibrio agrodolce tra risate e drammaticità, ebrezza e solitudine, è reso possibile dalla straordinaria interpretazione dei due attori protagonisti. Giuseppe Battiston giganteggia, in tutti i sensi, dando a tratti l’impressione di poter reggere da solo tutto il film. Il personaggio di Paolo è perfetto per esaltarne la versatilità comica e malinconica, a mio avviso si tratta della sua migliore interpretazione. Una piacevole sorpresa, invece, è la scoperta del giovane sloveno Rok Prasnikar, ovvero Zoran, che al suo primo film ha convinto tutti rivelando doti recitative notevoli, tra l’altro senza conoscere la lingua italiana.
La prova superlativa dei due personaggi principali, però, non deve mettere in secondo piano una sceneggiatura solida e brillante e una regia ben diretta ed equilibrata, senza sbavature né eccessi. Presentato alla 70 Mostra del Cinema di Venezia, Zoran, il mio nipote scemo, ha vinto inaspettatamente il premio del pubblico della Settimana Internazionale della Critica e ha ricevuto una ovazione con dieci interminabili minuti di applausi. L’esordio del regista friulano, pur con una distribuzione nelle sale ai limiti del ridicolo (dieci copie la prima settimana), ha sorpreso tutti anche al botteghino ottenendo una media spettatori per sala davvero altissima.
Un brindisi per Matteo Oleotto, dunque, per una volta però senza Tocai friulano ma con un ottimo Vespaiolo frizzante breganzese. Non ce ne voglia il regista goriziano, come dicono in Friuli, l’importante è bere, ma mi raccomando, in compagnia e con più moderazione di Paolo Bressan!
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flyanto
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lunedì 11 novembre 2013
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come l'insolito può cambiare un'esistenza
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Film in cui si racconta di un uomo di nome Paolo (interpretato da Giuseppe Battiston) alquanto cinico, misogino e fortemente dedito al bere a cui un giorno una vecchia zia slovena morta lascia in affidamento un giovane ragazzo di nome Zoran. Questi ad un primo impatto sembra ritardato o, comunque, vivere in un suo mondo tutto particolare e, venendo a contatto con Paolo gli sconvolge alquanto l'esistenza. Dopo i primi e difficili momenti di convivenza in cui Paolo vuole chiaramente disfarsi del nipote, affidandolo ad una casa famiglia, i due personaggi così profondamente diversi tra loro, riusciranno alla fine ad instaurare un legame affettivo profondo e sincero, unendoli nella loro solitudine ed in un certo qual modo emarginazione dal resto del mondo.
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Film in cui si racconta di un uomo di nome Paolo (interpretato da Giuseppe Battiston) alquanto cinico, misogino e fortemente dedito al bere a cui un giorno una vecchia zia slovena morta lascia in affidamento un giovane ragazzo di nome Zoran. Questi ad un primo impatto sembra ritardato o, comunque, vivere in un suo mondo tutto particolare e, venendo a contatto con Paolo gli sconvolge alquanto l'esistenza. Dopo i primi e difficili momenti di convivenza in cui Paolo vuole chiaramente disfarsi del nipote, affidandolo ad una casa famiglia, i due personaggi così profondamente diversi tra loro, riusciranno alla fine ad instaurare un legame affettivo profondo e sincero, unendoli nella loro solitudine ed in un certo qual modo emarginazione dal resto del mondo. Il regista Matteo Oleotto, qui alla sua prima opera come regista, filma una pellicola all'insegna della dolcezza e della delicatezza, dove i buoni sentimenti ed una positiva speranza trionfano nonostante lo scoraggiamento, il cinismo e l'egoismo sembrino prendere il sopravvento su tutto. Il personaggio di Paolo, infatti, incarna tutto ciò e dunque una visione alquanto negativa di un certo tipo di umanità che sembrerebbe, ormai insensibile e poco predisposta ad un riscatto morale e personale. Eppure il "miracolo", sembra voler sostenere Oleotto, può avvenire grazie, appunto, a ciò che è insolito, a ciò che in apparenza sembra essere in un modo ed in realtà lo è in un altro (impersonato dal personaggio poco comune di Zoran) e tutto ritrova finalmente il proprio equilibrio e la propria giusta collocazione. Questa pellicola, oltre che per la dolce tematica va elogiata in quanto soprattutto risulta molto ben diretta, equilibrata in tutte le sue parti narrative come anche nel tratteggio di tutti i personaggi, anche quelli minori, quali l'amico di Paolo, ormai marito dell'ex compagna di Paolo, o dall'anziano oste dove Paolo va a rifugiarsi a bere, ed altri ancora. Spicca su tutte, ovviamente, l'interpretazione magistrale di Giuseppe Battiston che ancora una volta si dimostra un attore fuori classe nella sua performance quanto mai credibile nonchè divertente ma mai eccessiva. Pure da elogiare è il giovane Rok Presnikar che interpreta in maniera efficace lo "stralunato" nipote Zoran. Insomma tutto è all'unisono in una commedia dolce-amara di non comune sensibilità e delicatezza. Da non perdere assolutamente in attesa di un'eventuale seconda opera di questo talentuoso regista al suo esordio.
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fabiofeli
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martedì 19 novembre 2013
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el vin fa alegria
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Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto
Paolo Bressan (il bravo Giuseppe Battiston), un omone friulano prepotente e con una incredibile faccia tosta, lavora come cuoco in una cooperativa che si occupa di assistenza sociale, grazie ad Alfio (Roberto Citran), compagno della sua ex moglie, Stefania (Marjuta Slamic). Tra un dispetto e l’altro, giocati a Ernesto (Riccardo Maranzana), un compagno di lavoro della cooperativa, che dirige un coro nonostante la sua balbuzie, viene avvertito che la zia Anja, slovena, è morta lasciandolo come unico erede. Paolo spera che l’avvenimento produca una svolta nella sua vita sconclusionata e si reca al compianto funebre, fingendo acuto dolore. Ma non c’è molto, in verità, al di là del confine: la casa della zia è ipotecata.
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Zoran, il mio nipote scemo di Matteo Oleotto
Paolo Bressan (il bravo Giuseppe Battiston), un omone friulano prepotente e con una incredibile faccia tosta, lavora come cuoco in una cooperativa che si occupa di assistenza sociale, grazie ad Alfio (Roberto Citran), compagno della sua ex moglie, Stefania (Marjuta Slamic). Tra un dispetto e l’altro, giocati a Ernesto (Riccardo Maranzana), un compagno di lavoro della cooperativa, che dirige un coro nonostante la sua balbuzie, viene avvertito che la zia Anja, slovena, è morta lasciandolo come unico erede. Paolo spera che l’avvenimento produca una svolta nella sua vita sconclusionata e si reca al compianto funebre, fingendo acuto dolore. Ma non c’è molto, in verità, al di là del confine: la casa della zia è ipotecata. C’è invece da prendersi cura di un ragazzo, Zoran (Rok Prasnikar), che Paolo si ostina a chiamare Zagor, come un celebre personaggio dei fumetti. Il notaio lo convince a occuparsi di lui, almeno temporaneamente. Il primo impatto di Paolo con il ragazzo, che sembra un po’ tardo e che parla un italiano aulico appreso su due libri di scrittori italiani, è conflittuale. Paolo è irritato e zittisce Zoran con un perentorio: “Muto!”. Ma forse quella che sembrava una noiosa incombenza è un jolly pescato nel mazzo delle occasioni della vita: Zoran ha un talento incredibile nel gioco del tiro al bersaglio con i dardi (darts); non fallisce un centro. La prova in un bar sloveno va a gonfie vele: Zoran sbaraglia il campione del posto. E quando Paolo viene a sapere che c’è un campionato mondiale di darts nel Regno Unito con un premio di 50.000 sterline, comincia a sognare la grande occasione per liberarsi da una vita grama. Decide di tenere con sé Zoran; la ex moglie pensa che con questa decisione Paolo stia maturando un senso di responsabilità che non ha mai dimostrato e si riavvicina a lui. Il ragazzo si lega di amicizia ad una ragazza che frequenta il coro e dimostra anche di saper cantare. Però sorge una difficoltà: per le regole del gioco delle freccette i punti raddoppiano e triplicano in determinati settori del bersaglio, diversi dal centro che Zoran si ostina a colpire con millimetrica precisione …
Della trama si è detto anche troppo.
Battiston è bravissimo nel prestare il massiccio fisico a un personaggio cinico e smaliziato, un lupo ormai privo di pelo, ma con gli stessi vizi. Però quando cambiano le carte in tavola, sarà qualcun altro a intimargli: “Muto!”. Contrasta, vicino a lui, la figura minuta del timido ragazzo in un ruolo non semplice, una parte simile a quella affrontata con perizia dal grande Dustin Hoffman nel film Rain man. Una coppia ben assortita, non c’è che dire, foriera di situazioni divertenti. La regia è attenta e la recitazione non scade mai nella macchietta. C’è infine una parola da spendere sui luoghi dell’azione: il paesaggio è dolcissimo e chi ha vissuto nel magico Friuli non può non essere travolto dalla nostalgia del verde di quei boschi solcati da quieti corsi d’acqua. Nostalgia, anche, di una vita placida con tempi lenti ormai dimenticati: l’osteria è il luogo dove bivaccano persone sonnacchiose di una certa età, dedite a bere “tai de vin”, perché – così canta il coro del paese – ‘ el vin fa alegria, l’acqua xé il funeral ‘. Cercando di evitare il rischio di eccedere …
Un film da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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ruger357mgm
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venerdì 29 novembre 2013
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paolo bressan,lo zio indegno,ha visto la luce!
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Ma dove lo avevano nascosto? Finalmente é riapparso,lo credevamo estinto.Una specie nobile,che vanta innumerevoli tentativi di imitazione: il cialtrone cinico della commedia all'italiana,grottesco e cattivo quanto basta,perfido e vendicativo,senza alcuna remora morale, ma alla fine con un cuore d'oro,pardòn di ceramica.Illustri ed estinti predecessori il Manfredi di Brutti,sporchi e cattivi ma soprattutto l'immenso Vittorio Gassman di un piccolo dimenticato,feroce,film di Franco Brusati: lo zio indegno, ovvero il parente che nessuno vorrebbe avere.Qui é diverso,l'ambiente e il tono, ma il personaggio é animato dalla stessa ineffabile perfidia, con una faccia di bronzo a 36 carati.
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Ma dove lo avevano nascosto? Finalmente é riapparso,lo credevamo estinto.Una specie nobile,che vanta innumerevoli tentativi di imitazione: il cialtrone cinico della commedia all'italiana,grottesco e cattivo quanto basta,perfido e vendicativo,senza alcuna remora morale, ma alla fine con un cuore d'oro,pardòn di ceramica.Illustri ed estinti predecessori il Manfredi di Brutti,sporchi e cattivi ma soprattutto l'immenso Vittorio Gassman di un piccolo dimenticato,feroce,film di Franco Brusati: lo zio indegno, ovvero il parente che nessuno vorrebbe avere.Qui é diverso,l'ambiente e il tono, ma il personaggio é animato dalla stessa ineffabile perfidia, con una faccia di bronzo a 36 carati.Lo scenario é quello del Carso, una campagna friulana che solo chi ha vissuto nel nord est o nella padania piú profonda può apprezzare.Vecchi che vivono in isolate case di campagna,osterie dove si "tira" il vino direttamente dalla damigiana,paesi dove non é rimasta che una scuola abbandonata dove ha sede ,di solito,il coro,l'associazione Alpini,la croce rossa.In questi luoghi si muove zio Paolo Bressan,che fino alla morte della sconosciuta zia Anja,che lui vigliaccamente chiama Anna,non sapeva di avere un giovane nipote di lingua slovena.Il suo nome ,per esteso,é Zoran Spazzapan, o piú sbrigativamente Zágor,come lo chiama zio Paolo Bressan che lo riceve in affidamento per qualche giorno.Tanto per cominciare Zagor deve stare muto e salutare la zia Anna poco dopo aver varcato il confine,visto che zio Paolo Bressan butta per strada l'urna che ne contiene le ceneri.Poi dovendo andare al lavoro,dove si diverte a tormentare il suo aiuto cuoco balbuziente e alcolizzato, non etilista,lo lascia all'osteria e qui ,al suo ritorno zio Paolo Bressan vede la luce:Zagor é un infallibile lanciatore di freccette e questo potrá servirgli a rimpinguare le sue estinte finanze,lasciare il paese,riconquistare la sua ex moglie.Le cose purtroppo non andranno come lui prevede ma l'happy ending arriverá salvifico e con soddisfazione del pubblico e di Elvis.Che dire di Battiston,enorme e olezzante di vinacce? Abbiamo un John Belushi e non sapevamo di averlo.Increduli plaudiamo a questo piccolo film,certo poca cosa rispetto agli strombazzati oscar di Benigni o alle palme dorate aggiudicate gratuitamente ad esteti del cinema antropofago coreano.A noi piace cosí e a chi non piace ,stare muti!
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pepito1948
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martedì 19 novembre 2013
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il cialtrone e l'imbranato
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Il tema dello sfruttamento, per fini più o meno opportunistici, del talento di chi è in condizione di minorità (anagrafica o mentale), non è nuovo nel cinema; basti pensare a due esempi, pur lontani nel tempo e nello sviluppo narrativo, come Bravissimo di D’Amico con Sordi e Rainman di Levinson con Crouise. In entrambi i casi l’occasione imprevista di occuparsi di qualcuno incapace di utlilizzare autonomamente ed al meglio le proprie straordinarie potenzialità incide sulla vita di entrambi, cambiandola in profondità.
Paolo, alcolista, cinico, bugiardo e cialtrone, è indotto da circostanze accidentali a prendersi cura di un ragazzo sloveno (lo Zoran del titolo), occhialuto, linguaggio forbito, restio ad ogni relazione sociale, chiuso e ingobbito nella sua solitudine.
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Il tema dello sfruttamento, per fini più o meno opportunistici, del talento di chi è in condizione di minorità (anagrafica o mentale), non è nuovo nel cinema; basti pensare a due esempi, pur lontani nel tempo e nello sviluppo narrativo, come Bravissimo di D’Amico con Sordi e Rainman di Levinson con Crouise. In entrambi i casi l’occasione imprevista di occuparsi di qualcuno incapace di utlilizzare autonomamente ed al meglio le proprie straordinarie potenzialità incide sulla vita di entrambi, cambiandola in profondità.
Paolo, alcolista, cinico, bugiardo e cialtrone, è indotto da circostanze accidentali a prendersi cura di un ragazzo sloveno (lo Zoran del titolo), occhialuto, linguaggio forbito, restio ad ogni relazione sociale, chiuso e ingobbito nella sua solitudine. Scoperta la sua mira infallibile nel gioco delle freccette, Paolo intravede in lui una possibile occasione di “fare centro”, uscendo dal suo guscio friulano per partecipare ad una competizione internazionale che mette in palio un appetibile gruzzolo. Durante i preparativi Paolo, affidatario non disinteressato del giovane, svela, tra i fumi del vino e qualche sfuriata delle sue, timidi barlumi di rintanati sentimenti, che, nonostante il viaggio non sortisca gli effetti sperati, incide come un tarlo su un rapporto nato tra padre padrone e figlio imbranato e succube. Il successo di Paolo non avrà il suono di monete tintinnanti ma il sapore dolce-amaro della scoperta di una dimensione nuova, che non dà fallace ebbrezza ma acquisita consapevolezza di una preziosità che viene dal profondo "dentro". Nell'incontro le due solitudini si nobilitano e si liberano dalle rispettive gabbie, alimentandosi a vicenda.
In una provincia friulana chiusa ed emarginata, il vino sembra essere l'unico elisir di salvezza verso una realtà onirica che fuoriesca da un mondo vuoto e immobile e come recintato, senza il calore umano di relazioni sociali emotivamente gratificanti. L'imprevisto spinge a superare lo steccato e riapre un percorso di vita rianimato da pulsioni tonificanti come amore (anche se deluso), solidarietà, senso di protezione.
La montagna Battiston troneggia dall'inizio alla fine in questo film dai toni da commedia con qualche tinta drammatica che si risolve in un finale forse un po' scontato, ma ben costruito. Gradevole, divertente, e ben diretto da Matteo Oleotto, cineasta, curatore di vigne e goriziano. Notazioni non superflue.
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eugenio
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martedì 25 febbraio 2014
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lungo le strade del vino
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Fare un film sul vino battendo le strade della veritas contestualizzando l’azione in un paesino della provincia di Gorizia al confine con la Slovenia. Sembra un assunto strano eppure la frontiera della nuova commedia italiana è in questo piccolo ma deciso film uscito in sordina a Venezia durante la passata settantesima mostra del cinema. Matteo Oleotto è un regista fruliano trapiantato a Roma che decide di realizzare un film sociale, un apologo divertente e a tratti “ubriaco” lungo i vigneti della sua terra goriziana.
Sceglie come protagonista l’efficace Battiston, corpulento attore teatrale- rivelazione delle commedie italiane degli ultimi tempi- qui in perfetta sintonia tra cinismo e cialtroneria, tra ubriachezza e risentimento nei panni di Paolo Bressan un alcolista solitario dell’ancor più solitario borgo di provincia incapace di instaurare rapporti o relazioni sociali con chicchessia.
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Fare un film sul vino battendo le strade della veritas contestualizzando l’azione in un paesino della provincia di Gorizia al confine con la Slovenia. Sembra un assunto strano eppure la frontiera della nuova commedia italiana è in questo piccolo ma deciso film uscito in sordina a Venezia durante la passata settantesima mostra del cinema. Matteo Oleotto è un regista fruliano trapiantato a Roma che decide di realizzare un film sociale, un apologo divertente e a tratti “ubriaco” lungo i vigneti della sua terra goriziana.
Sceglie come protagonista l’efficace Battiston, corpulento attore teatrale- rivelazione delle commedie italiane degli ultimi tempi- qui in perfetta sintonia tra cinismo e cialtroneria, tra ubriachezza e risentimento nei panni di Paolo Bressan un alcolista solitario dell’ancor più solitario borgo di provincia incapace di instaurare rapporti o relazioni sociali con chicchessia.
A causa di circostanze fortuite quanto tragiche (la morte della sconosciuta zia), la sua esistenza subisce la (per lui) malaugurata avventatezza di dover badare al nipote sloveno (lo Zoran del titolo), adolescente sensibile, rimasto solo dopo la scomparsa della madre, restio ad ogni relazione sociale, un novello Leopardi ingobbito tuttavia non dall’estro creativo poetico quanto da una più prosaica abilità nel gioco delle freccette.
Intravedendo nelle notevoli capacità del silente nipote, una possibilità di “emancipazione” dalla maschera dell’ubriacone e dal fervente disprezzo nei confronti di tutta la comunità di provincia da cui è bollato come “eversivo”, il novello Ebezener Scoorge di dickensiana memoria, allena il nipote al torneo internazionale di freccette a Glasgow allo scopo di incassare il gruzzolo con cui ricominciare. Iniziano così gli “allenamenti” e noi spettatori ridiamo (sotto i baffi,chi li ha) dietro le peripezie dell’ondivago moto della freccetta che fende l’aria ma non colpisce il bersaglio come stabilito. “Un po’ più a sinistra, ricorda che nel tiro c’è anche l’anima di tua madre, di tuo padre e che altrimenti finisci stampato a una casa famiglia, caro Zagor”
Paolo Bressan è cupido, agisce con interesse, vede nei soldi l’unico mezzo di affermazione per sé ma soprattutto per gli altri, è privo di un calore umano che possa fargli comprendere l’esistenza di un “bicchiere mezzo pieno” fatto di analcolica fiducia verso il prossimo; Zoran, al contrario è il classico timido di provincia, sommesso, dal linguaggio forbito, debole e privo di una personalità tale anche da impedirgli di iniziare una storia d’amore con la figlia del direttore del coro di provincia. Paolo e Zoran sono due specchi dello stesso piano, due anime destinate a incontrarsi e a trovare il calore necessario nel gelo dei rapporti umani della comunità attraverso il vino,la fallace ebbrezza che consentirà a entrambi di mostrare il loro vero io.
Tra chiacchierate e allenamenti, tra la visione di film di “vincitori” e la partecipazione forzata ai canti gregoriani, i due antitetici personaggi impareranno a conoscersi meglio colmando il vuoto delle loro esistenze e iniziando un nuovo percorso di vita rianimato da pulsioni tonificanti come amore (anche se deluso), solidarietà e sanando infine alcune ferite rimaste aperte da troppo tempo.
Non solo: sotto la scorza del buddy movie, Oleotto confeziona una pellicola con punte di rara intensità in una commedia (gli accordi cantati da Zoran durante un’esecuzione di canto, sono struggenti così come gli incontri tra Anita e Zoran) senza scadere nell’eccesso del sentimentalismo lungo l’asse dolciastro del pathos narrativo.
Zoran il mio nipote scemo(che poi scemo non è.. o se lo è è al pari livello dello zio nell’inettitudine dei rapporti umani) descrive il microcosmo dei rapporti intimi, volubili e assai lunatici dell’universo umano preda di una sbronza perenne,caracollante di veracità incompresa (è il caso di Paolo sconfitto nell’amore per un uomo assai più stabile) o di incerta conoscenza di sé (Zoran).
Come un vino, anche la pellicola di Oleotto è inizialmente pacata, soft per poi scoprire- quando assaporata sino in fondo- le amarezze e i dissapori figli della frustrazione e dell’accidia sociale destinati a cambiare per sempre le esistenze dei protagonisti.
Il tutto con spirito oggettivo, mai ingenuo anche se un po’ superficiale nella seconda parte, scarno nell’interpretazione con punte di sano grottesco negli umori accesi obnubilati dal liquido rosso.
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albymarat
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lunedì 12 maggio 2014
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ritrovarsi
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"Zoran il mio nipote scemo" non è nè un documentario, nè una commedia, nè un film che fa riflettere. E' tutte e tre le cose. Vita friulana nel fondo dell'ennesimo bicchiere di vino,personaggi rustici ma veri "bloccati" in una realtà che la loro quotidianità non osa contraddire. Individui mossi, inconsciamente o meno, da turbamenti,storie non dimenticate. Il contorno delle vigne friulane racchiude e presenta l'insensibilità grottesca e riottosa di un ubriacone di paese,incosciamente esausto della direzione intrapresa dal suo egoismo. Un nipote inaspettato rappresenta l'occasione per comprendere gli errori della sua vita e,perchè no, imparare a crescere. L'ironia rimane malinconica, come è giusto che sia, indirizzandoci più verso la riflessione che la risata fine a sè stessa.
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"Zoran il mio nipote scemo" non è nè un documentario, nè una commedia, nè un film che fa riflettere. E' tutte e tre le cose. Vita friulana nel fondo dell'ennesimo bicchiere di vino,personaggi rustici ma veri "bloccati" in una realtà che la loro quotidianità non osa contraddire. Individui mossi, inconsciamente o meno, da turbamenti,storie non dimenticate. Il contorno delle vigne friulane racchiude e presenta l'insensibilità grottesca e riottosa di un ubriacone di paese,incosciamente esausto della direzione intrapresa dal suo egoismo. Un nipote inaspettato rappresenta l'occasione per comprendere gli errori della sua vita e,perchè no, imparare a crescere. L'ironia rimane malinconica, come è giusto che sia, indirizzandoci più verso la riflessione che la risata fine a sè stessa. Oleotto promosso a pieni voti.
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filippo catani
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mercoledì 29 ottobre 2014
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freccette e vino
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Friuli. Paolo Bressan è un disastrato uomo di mezza età bugiardo e senza scrupoli che però non ha rinunciato alla speranza di riconquistare l'ex moglie. Un giorno però riceve una comunicazione dalla Slovenia che gli reca la notizia della morte della zia. La donna accudiva da tempo il giovane nipote rimasto orfano che per alcuni giorni dovrà trasferirsi da Bressan in attesa di essere affidato a una casa protetta.
Il film potremmo definirlo come un ritratto dolce e amaro di un personaggio letteralmente alla deriva che decide però di sfruttare le doti del giovane ragazzo nel giocare a freccette per cercare di vincere il Jackpot messo a disposizione ai mondiali di Glasgow.
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Friuli. Paolo Bressan è un disastrato uomo di mezza età bugiardo e senza scrupoli che però non ha rinunciato alla speranza di riconquistare l'ex moglie. Un giorno però riceve una comunicazione dalla Slovenia che gli reca la notizia della morte della zia. La donna accudiva da tempo il giovane nipote rimasto orfano che per alcuni giorni dovrà trasferirsi da Bressan in attesa di essere affidato a una casa protetta.
Il film potremmo definirlo come un ritratto dolce e amaro di un personaggio letteralmente alla deriva che decide però di sfruttare le doti del giovane ragazzo nel giocare a freccette per cercare di vincere il Jackpot messo a disposizione ai mondiali di Glasgow. Bressan è un uomo trasandato che beve e non si è fatto mancare le donne. Fa un lavoro che disprezza e non esita a mettere alla berlina il collega balbuziente. In fondo in fondo però ci potrebbe essere una piccola speranza di "redenzione" rappresentata dalla ex moglie. Davvero carino anche il personaggio del ragazzino che parla un italiano da Ottocento e fatica ad andare d'accordo con lo zio a cui dà sempre del lei. Davvero spassose però sono le sequenze in cui lo zio cerca di spiegare al nipote il funzionamento dei punteggi delle freccette e quando lo chiama ostinatamente Zagor. Complimenti quindi al giovane Prasnikar e tanti complimenti vanno al sempre ottimo Battiston che si dimostra attore versatile ma che viene ricordato e premiato troppo poco rispetto alla sua bravura. Bene anche il regista esordiente Oleotto soprattutto per l'atmosfera tipicamente friulana perfettamente ricreata specialmente per quanto concerne l'osteria.
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stefano capasso
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mercoledì 7 settembre 2016
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essere scelti ed accettati cambia la vita
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In un paese friulano ai confini con la Slovenia vive una comunità che ha nel consumo di vino il maggior punto di aggregazione. Molti ne abusano e tra questi c’è Paolo Bressan, uomo solo e cinico, che tira avanti tra bugie ed espedienti. La sua vita cambia quando in occasione della morte di una zia alla lontana slovena riceve in “eredità” l’affido di suo nipote Zoran, un ragazzo adolescente timido e apparentemente ritardato. La scocciatura di questo impegno si trasforma in un’opportunità quando Paolo scopre l’incredibile talento di Zoran per il lancio delle freccette: comincia a pensare di sfruttarlo per ricavarne del denaro. Le cose prenderanno una piega inaspettata.
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In un paese friulano ai confini con la Slovenia vive una comunità che ha nel consumo di vino il maggior punto di aggregazione. Molti ne abusano e tra questi c’è Paolo Bressan, uomo solo e cinico, che tira avanti tra bugie ed espedienti. La sua vita cambia quando in occasione della morte di una zia alla lontana slovena riceve in “eredità” l’affido di suo nipote Zoran, un ragazzo adolescente timido e apparentemente ritardato. La scocciatura di questo impegno si trasforma in un’opportunità quando Paolo scopre l’incredibile talento di Zoran per il lancio delle freccette: comincia a pensare di sfruttarlo per ricavarne del denaro. Le cose prenderanno una piega inaspettata.
Un film gradevole e di buoni sentimenti questo di Matteo Oleotto che racconta di persone sole, senza amore e che trovano rifugio a questa sofferenza nell’alcool o in altre attività. Ed è proprio quando arriva l’amore, la possibilità di essere scelti ed accettati per ciò che si è che diviene possibile cambiare il corso degli eventi
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