Hugo Cabret |
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Un film di Martin Scorsese.
Con Ben Kingsley, Sacha Baron Cohen, Asa Butterfield, Chloë Grace Moretz, Ray Winstone.
continua»
Avventura,
Ratings: Kids,
durata 125 min.
- USA 2011.
- 01 Distribution
uscita venerdì 3 febbraio 2012.
MYMONETRO
Hugo Cabret
valutazione media:
3,97
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Magico omaggio a un pioniere del cinemadi osteriacinematografoFeedback: |
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mercoledì 8 febbraio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Martin Scorsese omaggia la storia del cinema con un’opera fantastica come il personaggio cui è dedicata. Parigi, anni 30. Hugo Cabret è un orfano che vive nella stazione di Montparnasse. Si occupa segretamente del funzionamento degli orologi, conosce ogni minimo recesso del luogo e scruta – imboscato dietro le quinte- i comportamenti e la routine delle persone nel modo che solo i bambini sanno . Hugo vive per uno scopo preciso: aggiustare un automa su cui suo padre lavorava prima di morire, nella ferma convinzione che questo contenga un messaggio per lui. Nel perseguire tale fine, l’audace bambino deve confrontarsi con un misterioso e cupo giocattolaio (un sublime Ben Kingsley) che gli sottrae il taccuino paterno, con la figlia adottiva di lui, Isabelle, che diverrà sua complice, con l’Ispettore Gustav, che sarà sempre sulle sue tracce, in modo goffo ma ostinato. Il film di Scorsese è un immane ingranaggio tecnologico le cui componenti oniriche collimano e funzionano insieme. La stazione di Montparnasse è una babilonia di personaggi eccentrici e simbolici e di percorsi che s’intersecano in un sistema concatenato; le atmosfere magiche e surreali delle architetture a vapore che si snodano fra vorticose scalinate, l’immensa biblioteca, i sotterranei e le serpeggianti rotaie rappresentano l’insieme di spiragli attraverso cui i bambini intravedono i sogni che il cinema incarna. “Mi pace immaginare che il mondo sia un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più. Hanno esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Così io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo. E anche tu.” – dice Hugo ad Isabelle dietro le lancette di un orologio gigante. Quel motivo è il motore del film, perché rappresenta una delle ruote dentate necessarie al meccanismo narrativo, che servirà poi ad azionare in successione altri ingranaggi, a rimettere in funzione una macchina da presa dimenticata, a riscoprire un geniale maestro del cinema dietro il triste giocattolaio, ad “aggiustare” il passato di Georges Meliès, un vero pioniere del cinematografo. Hugo ed Isabelle scopriranno così lo stupore e la meraviglia delle origini cinematografiche, e in quel mondo d’immaginazione tradurranno il loro scopo. Un amante del cinema come Martin Scorsese può permettersi un’opera simile: egli sperimenta il 3D e le virtuosità tecniche che lo stesso consente per riportare in auge colui che inventò gli effetti speciali, il capostipite del cinema fantastico – e non credo sia un caso. La curiosità e l’ingegno di un ragazzino, e un robot, che rappresenta l’oggetto di quella curiosità, sono gli strumenti attraverso cui il regista newyorkese recupera il passato d’artista di George Meliès, parafrasando con il giusto tributo di fantasia gli avvenimenti reali: effettivamente, a cavallo degli anni 30, un giornalista di nome Leòn Druhot, direttore del Cine-Journàl, scovò George Meliès in un chiosco di dolci e giocattoli della stazione di Paris-Montparnasse, rivalutandone la figura e valorizzando il suo talento, conferendogli il ruolo di progenitore –assieme ai Lumière- di quella che rimane ancora oggi una macchina di sogni.
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