gbelletti
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giovedì 31 dicembre 2009
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il nuovo verdone
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Carlo Verdone decide di dare una svolta alla sua carriera e di abbandonare i classici borghesi che soprattutto negli ultimi film erano i protagonisti delle sue pellicole.
Stavolta veste i panni di un sacerdote missionario che torna in famiglia per cercare conforto e sentire vicini i suoi cari al fine di superare una crisi spirituale che l'ha colpito ma troverà al suo ritorno non pochi problemi all'interno della sua famiglia più l'entrata in scena di una misteriosa ragazza.
A differenza del passato questa commedia è molto più riflessiva ma riesce comunque a strappare diverse risate grazie alla sempre fresca e lucida comicità di Verdone e ai bravissimi Marco Giallini e Angela Finocchiaro.
Un ottimo film per Verdone che non delude mai !!!
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tommy
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mercoledì 6 gennaio 2010
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verdone al meglio
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Eccomi dopo quasi due anni da "Grande, grosso e Verdone" torno a recensire il nuovo film di Verdone. Innanzitutto va detta una cosa fondamentale: non è un film comico. Leggendo altre recensioni ho come intuito una certa delusione da chi si aspettava un film ricco di gag e battute a raffica...il film è una commedia, tendente al maliconico. Questa sua caratteristica implica in sé due fattori fondamentali (ecco perché ho dato 4 stelline): nei momenti seri o tristi non è noioso né banale, e nei momenti divertenti - e non sono pochi - è sempre intelligente e non cerca mai la risata facile o la gag preconfezionata (unica eccezione, una scena nel supermarket tra la Chiatti e una vecchietta). A questo punto il film diventa di livello ottimo, perché innanzitutto ogni personaggio è ben definito.
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Eccomi dopo quasi due anni da "Grande, grosso e Verdone" torno a recensire il nuovo film di Verdone. Innanzitutto va detta una cosa fondamentale: non è un film comico. Leggendo altre recensioni ho come intuito una certa delusione da chi si aspettava un film ricco di gag e battute a raffica...il film è una commedia, tendente al maliconico. Questa sua caratteristica implica in sé due fattori fondamentali (ecco perché ho dato 4 stelline): nei momenti seri o tristi non è noioso né banale, e nei momenti divertenti - e non sono pochi - è sempre intelligente e non cerca mai la risata facile o la gag preconfezionata (unica eccezione, una scena nel supermarket tra la Chiatti e una vecchietta). A questo punto il film diventa di livello ottimo, perché innanzitutto ogni personaggio è ben definito. Padre Carlo è il protagonista, sempre educato e rispettoso ma al tempo stesso pratico e per niente manierato come ci si aspetta da un missionario italiano; da Verdone una prova d'attore, l'ennesima, di grosso spessore, sorprendente come in "L'amore è eterno finché dura" in quanto non orna il personaggio di tic o gesti caratteristici ma lo lascia limpido e naturale. I fratelli sono perfetti e precisi nei loro gesti, compresi i vezzi e i tic (il fratello Luigi ogni tanto tira coca, con conseguente tic col naso, la sorella è una psicologa piena di stress e rancore), e sono indubbiamente divertenti anche quando gettano veleno sulla donna sposata dal padre. Il padre stesso è perfetto e sempre misurato, deve fare la parte del vecchio un po' andato con la testa, che si innamora della badante moldava ovviamente odiata dai due figli, ma lo fa sempre con classe e dignità. Ecco poi Lara, interpretata ottimamente dalla brava (bella non c'è bisogno di rimarcarlo, è ovvio!) Laura Chiatti misteriosa e semplice in egual misura, provocante nelle scene di chat erotica (lavoretto trovato per arrotondare, ha alle costole un'assistente sociale che non vuole affidarle suo figlio, reputandola inadatta e poco incline a gestire una casa) e semplice e divertente nei duetti con Verdone. Ultimo personaggio, Angela Finocchiaro che si ritaglia uno spazio nel ruolo dell'assistente sociale, che si innamora di Padre Carlo (ovviamente non ricambiata) nel cui volto riconosce suo marito morto da poco...personaggio un po' in ombra ma comunque memorabile nella sua aria disincantata. Insomma, un bel film ben girato e ben recitato e soprattutto diretto, senza pause e senza momenti noiosi o ripetitivi, cosa rara nei film italiani moderni. Andate a vederlo, non ve ne pentirete. Tom
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spike
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mercoledì 6 gennaio 2010
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verdone al top
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Finalmente la commedia italiana batte un colpo, dopo i deludenti cinepanettoni natalizi arriva il cinema dell'Epifania a farci sorridere senza volgarità e gag telefonate. Il merito è l'intelligenza della sceneggiatura e un cast di attori in stato di grazia. Verdone batte De Sica 3-0.
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joker79
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mercoledì 6 gennaio 2010
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fermate il mondo voglio scendere...si ma dove?
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Un sacerdote in crisi spirituale si confronta con l'odierno crepuscolo dei valori. Un missionario rientra in Italia dopo un periodo trascorso in Africa,dove ha assaggiato la propria "piccolezza" a confronto con le necessità di un Terzo/Quarto Mondo in lotta per un'identità nazionale. Convinto di essere accolto da una Famiglia con la Maiuscola è invece gettato in un turbine di disastri umani, grandi e piccoli, gravi ed inutili, veri o illusori. Carlo Verdone affronta in questo film la profonda crisi dei valori, vissuta dalla società, attraverso gli occhi dell'"uomo di Dio". Tuttavia il suo protagonista veste i panni dell'uomo in crisi con se stesso e con il proprio ruolo di guida.E'un battello senza bussola alla deriva e cerca solo di essere ad ascoltato,ma la mancanza di comunicazione del nostro secolo, in cui si è più propensi a vomitare i propri problemi in ogni circostanza come una mitragliatrice che spara ad alzo zero, lo imbavaglia e lo costringe ad ascoltare senza sosta come in un'eterna confessione.
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Un sacerdote in crisi spirituale si confronta con l'odierno crepuscolo dei valori. Un missionario rientra in Italia dopo un periodo trascorso in Africa,dove ha assaggiato la propria "piccolezza" a confronto con le necessità di un Terzo/Quarto Mondo in lotta per un'identità nazionale. Convinto di essere accolto da una Famiglia con la Maiuscola è invece gettato in un turbine di disastri umani, grandi e piccoli, gravi ed inutili, veri o illusori. Carlo Verdone affronta in questo film la profonda crisi dei valori, vissuta dalla società, attraverso gli occhi dell'"uomo di Dio". Tuttavia il suo protagonista veste i panni dell'uomo in crisi con se stesso e con il proprio ruolo di guida.E'un battello senza bussola alla deriva e cerca solo di essere ad ascoltato,ma la mancanza di comunicazione del nostro secolo, in cui si è più propensi a vomitare i propri problemi in ogni circostanza come una mitragliatrice che spara ad alzo zero, lo imbavaglia e lo costringe ad ascoltare senza sosta come in un'eterna confessione.Gli stessi amici sacerdoti sono sordi, perchè anch'essi colpiti da questo positivismo profondamente radicato nel comportamento e nel modo di relazionarsi con precetti accettati quasi passivamente e non più con fede. La crisi della famiglia, la diffusa xenofobia e la diffidenza del prossimo visto come ladro della felicità/stabilità, il Dio Denaro sono tutti temi affrontati nel film. Ad complicare la storia ecco una ragazza straniera alle prese con un sistema complicato, fatto di scadenze, di colloqui,di "inquisitori" del bene comune o di condotta(non sempre esenti da errore),che nuota nella corrente delle scelte solo per ricongiungersi al figlio.La tela del regista riflette un po' quell'urlo che Munch visse all'inizio di un secolo che di lì a poco sarebbe stato travolto!
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domenico a
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martedì 19 gennaio 2010
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il prete senza messa
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Verdone realizza un film fiacco, prevedibile in tutti i passaggi e cosa più grave non sceglie che tipo di commedia vuole raccontare, se farci ridere ( e non si ride quasi, si sorride a volte ) o vuole farci pensare ( ma quello che si vede è già stato visto più volte ), quindi resta un film in mezzo al guado, senza profondità o ilarità. Giacchè gli vogliamo bene, speriamo che trovi presto il vaso di Pandora.
Dopo dieci anni come missionario in Africa ( banali e imbarazzanti le inquadrature dell’Africa: elefanti in gruppo e zebre che corrono ) don Carlo torna a Roma per parlare con la Chiesa e chiarire i suoi dubbi esistenziali. Va a casa e il padre ( lo accoglie come se lo avesse visto il mese scorso e non dopo dieci lunghi anni ), gli comunica che è sposato con Olga, la moldava-badante.
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Verdone realizza un film fiacco, prevedibile in tutti i passaggi e cosa più grave non sceglie che tipo di commedia vuole raccontare, se farci ridere ( e non si ride quasi, si sorride a volte ) o vuole farci pensare ( ma quello che si vede è già stato visto più volte ), quindi resta un film in mezzo al guado, senza profondità o ilarità. Giacchè gli vogliamo bene, speriamo che trovi presto il vaso di Pandora.
Dopo dieci anni come missionario in Africa ( banali e imbarazzanti le inquadrature dell’Africa: elefanti in gruppo e zebre che corrono ) don Carlo torna a Roma per parlare con la Chiesa e chiarire i suoi dubbi esistenziali. Va a casa e il padre ( lo accoglie come se lo avesse visto il mese scorso e non dopo dieci lunghi anni ), gli comunica che è sposato con Olga, la moldava-badante. I suoi fratelli sono allo sbando (un fratello cocainomane che si è dato alla finanza e una sorella psicologa madre di una ragazza emo: entrambi fanno parte di quella schiatta di italiani cinici, arruffoni, egocentrici, ipocriti e un po’ razzisti ). I familiari, che si detestano per convenzione, devono confrontarsi con la seconda vita del padre il quale vizia la sposa e spende fino a sedicimila euro al mese. La morte della donna, forse per troppo sesso, costringe don Carlo a entrare in contatto con Lara, figlia di Olga, diventata in segreto proprietaria della casa che apparteneva alla famiglia. La convivenza di Carlo con la giovane, tutta sesso, droga e rock and roll e il desiderio dei due fratelli di riavere l’appartamento sono le due direttrici del film che termina con un lieto fine sinceramente poco plausibile.
E’ un film che non si decide quale direzione prendere e le tematiche varie e potenzialmente interessanti sono sbriciolate in molti rivoli senza che possano essere chiariti e la soluzione finale e una fuga di Don Carlo, in una troppo civile missione che sembra più un villaggio vacanze colorato che non un luogo sperduto e di sofferenza.
Come altre volte il cast tecnico e artistico è al di sopra della media. Ottimi comprimari, ma relegati a figure un po’ macchiettistiche, ed è un vero peccato. Marco Giallini ( un attore sottovalutato e poco sfruttato dal cinema italiano: se avesse la possibilità potrebbe diventare il Vincent Lindon italiano ), Anna Bonaiuti ( affermata attrice di cinema e teatro che trova poco spazio nell’asfittico panorama italiano ), Sergio Fiorentini ( in un ruolo che sarebbe dovuto essere centrale ed invece è stato costretto ad una macchietta con poche sfumature ), la impeccabile e surreale Angela Finocchiaro e la giovane Laura Chiatti che se conserva i piedi per terra potrà diventare una diva alla Francesca Neri ed anche di più.
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dandy
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mercoledì 30 marzo 2011
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i cambiamenti vanno fatti con attenzione.
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Il 60enne Verdone(anche sceneggiatore),decide di abbandonare le macchiette comiche dei suoi ultimi film per orientarsi verso nuovi orizzonti.Si parla di sfaldamento della famiglia,attraverso la quale la moralità italiana finisce in pezzi,e persino i gesti caritatevoli finiscono per ritorcersi contro chi li compie(vedi l'episodio delle tre prostitute ospitate a casa).E paradossalmente l'unica a preservare un briciolo di dignità finisce con l'essere l'equivoca Lara,figlia di un'immigrata.Una storia non conta,ma è come la si racconta e soprattutto chi la racconta,che è importante.E Verdone qui sembra avere le idee assai confuse,indeciso tra la sua solita comicità e il racconto serio.
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Il 60enne Verdone(anche sceneggiatore),decide di abbandonare le macchiette comiche dei suoi ultimi film per orientarsi verso nuovi orizzonti.Si parla di sfaldamento della famiglia,attraverso la quale la moralità italiana finisce in pezzi,e persino i gesti caritatevoli finiscono per ritorcersi contro chi li compie(vedi l'episodio delle tre prostitute ospitate a casa).E paradossalmente l'unica a preservare un briciolo di dignità finisce con l'essere l'equivoca Lara,figlia di un'immigrata.Una storia non conta,ma è come la si racconta e soprattutto chi la racconta,che è importante.E Verdone qui sembra avere le idee assai confuse,indeciso tra la sua solita comicità e il racconto serio.Così il racconto zoppica,si ride poco e decisamente si riflette anche meno.La crudeltà con cui viene descritta la famiglia di Carlo(la sorella psicologa,il fratello broker cocainomane)è meccanica e il finale davvero moscio.E se la Finocchiaro,qui nel ruolo dell'assistente sociale che vede in Carlo la "reincarnazione"del marito defunto è sempre grande,la Chiatti è la solita di sempre:bellissima certo,ma di talento io ancora non ne ho visto.E quel suo tono di voce tra l'arrogante e l'altezzoso è insopportabile.Forse,proprio come dice Giallini ,"se la tira troppo".Ma torniamo a Verdone.Aveva affermato che con questo film intendeva incominciare tutt'altro genere.Io spero vivamente che si ricreda e torni sui suoi passi.Abbiamo bisogno della sua commedia.Perlomeno,si schiarisca bene le idee.
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anghelus00
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mercoledì 10 febbraio 2010
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io, loro, lara e carlo
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Eccomi, in ritardo, a dire la mia sul nuovo Film di un ormai conosciutissimo Carlo Verdone.
Io, loro e Lara, pellicola "innovativa" (direi è la definizione che più, secondo me, calza il nuovo lavoro di Verdone) del genere "Verdoniano". Perchè? Perchè questo nuovo lavoro cinematografico del regista/attore romano interrompe (e direi positivamente) il filone classico: mille personaggi, simpatici e scanzonati, che identificano le varie sfaccettature di questa nazione.
Senza dimenticare le performance esilaranti dei film del passato, dove potevamo incontrare Verdone in colori diversi, in soggetti alternativi, depressi, acculturati, pesanti ecc.
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Eccomi, in ritardo, a dire la mia sul nuovo Film di un ormai conosciutissimo Carlo Verdone.
Io, loro e Lara, pellicola "innovativa" (direi è la definizione che più, secondo me, calza il nuovo lavoro di Verdone) del genere "Verdoniano". Perchè? Perchè questo nuovo lavoro cinematografico del regista/attore romano interrompe (e direi positivamente) il filone classico: mille personaggi, simpatici e scanzonati, che identificano le varie sfaccettature di questa nazione.
Senza dimenticare le performance esilaranti dei film del passato, dove potevamo incontrare Verdone in colori diversi, in soggetti alternativi, depressi, acculturati, pesanti ecc. adesso, invece, lo ritroviamo in una veste (da lui non indossata ma sicuramente già provata) nuova... l'abbiamo già visto personaggio di chiesa in qualche altra pellicola, o perla in tv, ma cosi, moderno e "innovativo, mai. E' vero, si è già potuto conoscere un Verdone non classicamente dinamico, relegato nella singola parte del personaggio della pellicola (come ad esempio in L'amore è eterno finché dura, tra l'altro a mio avviso bel prodotto italiano) ma mai in un ruolo oltre la realtà. Oltre la realtà? Si, non nel senso di futuristico, ma di così dinamico da superare la realtà, ovvero di arrivare a creare un personaggio, o meglio una famiglia (che poi è il vero personaggio del film, la famiglia intera e non solo un elemento) che supera l'incredibile: affari finanziari e cocaina, binomio scontato quasi; psicologo e figlio incompreso, elemento spesso esistente; anziano e badante in storie d'amore, comune negli ultimi tempi; prete e missionario di buon cuore, credo ce ne siano molti; ragazza madre che cerca di costruire un futuro per se e per il pargolo nel difficile mondo odierno, altro elemento di questa società moderna.
E' così, questa famiglia, a rivoluzionare il mondo Verdoniano. Non più il regista/attore al centro, ma le dinamiche familiari. Una commedia che di fatti rende proprio nell'unitarietà delle vicissitudini. Elementi comuni della società d'oggi, non più scissi nella pellicola ma collegati. Ecco, secondo me, il successo: non più storie diverse, con Verdone al centro, che vagano, durante l'ora e mezza della pellicola, separate; ma una trama semplice e dinamica: i drammi d'oggi in una famiglia che (almeno nella teoria: padre militante in passato nell'arma, un prete, una psicologa, un economo del ramo finanza (?), una famiglia "modello") si concentrano per assurdo tutti intorno allo stesso fulcro.
Una commedia esilarante e intelligente, da vedere sicuramente, anche perché, se vi fossero più film italiani di questo genere, forse, troveremmo un'Italia-cinematografica di qualità migliore! E' arduo e complicato, ma la speranza è l'ultima a morire...
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carmine antonello villani
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giovedì 11 febbraio 2010
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attori a briglia sciolta, verdone non convince
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Commedia amara con happy end che riunisce gli affetti davanti l’albero di Natale, “Io, loro e Lara” coniuga messaggio sociale e crisi d’identità di un padre missionario che torna a casa dopo un lungo soggiorno in Africa. Tema ricorrente quello della famiglia disgregata da incomprensioni e mode giovanili, l’ex parroco di “Un sacco bello” abbandona il folclore del personaggio tutto tic e consigli a buon mercato eppure nel suo ultimo film Carlo Verdone si ritrova nel bel mezzo di un paradosso: attore maturo e mai sopra le righe, regista poco attento nella guida di co-protagonisti vittime di una recitazione macchiettistica che irrita persino lo spettatore più indulgente.
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Commedia amara con happy end che riunisce gli affetti davanti l’albero di Natale, “Io, loro e Lara” coniuga messaggio sociale e crisi d’identità di un padre missionario che torna a casa dopo un lungo soggiorno in Africa. Tema ricorrente quello della famiglia disgregata da incomprensioni e mode giovanili, l’ex parroco di “Un sacco bello” abbandona il folclore del personaggio tutto tic e consigli a buon mercato eppure nel suo ultimo film Carlo Verdone si ritrova nel bel mezzo di un paradosso: attore maturo e mai sopra le righe, regista poco attento nella guida di co-protagonisti vittime di una recitazione macchiettistica che irrita persino lo spettatore più indulgente. Così la storia di Carlo, sacerdote in piena crisi spirituale, svanisce tra situazioni improbabili ed i tanti buchi della sceneggiatura che sembra scritta per una compagnia di avanspettacolo. Nel fracasso generale l’immigrazione e la prostituzione diventano sketch poco efficaci, Angela Finocchiaro un’invasata psicologa ossessionata dal marito scomparso, Marco Giallini un broker cocainomane col naso sempre incipriato e Laura Chiatti una mamma costretta a spogliarelli davanti una webcam. La struttura narrativa di “La messa è finita” –Nanni Moretti in abito talare vinse nel 1985 l’Orso d’Argento per il Gran Premio della Giuria- è solo un miraggio, resta il Verdone nei panni dell’attore perché il regista si è proprio perso per strada.
Carmine Antonello Villani
(Salerno)
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nino pell.
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giovedì 7 gennaio 2010
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il sempre attuale sarcasmo di verdone
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Col precedente "Grande grosso e.." avevo notato una certa fase di stanca o, se vogliamo, di modica stazionarietà nella comicità Verdoniana, anche se naturalmente caratterizzata da sprazzi di efficace originalità. Con questa sua nuova pellicola, Carlo Verdone sembra ancora una volta non aggiungere nulla di particolarmente nuovo rispetto a ciò che già conosciamo della sua produzione cinematografica di regista ed attore. Ma nonostante questa mia affermazione (forse per qualcuno leggermente denigratoria) il regista romano riesce, con questa sua ultima pellicola, a suscitare su di se uno squisito livello di gradimento e di genuino senso dell'humour. Questa volta Verdone interpreta il ruolo di un prete che ritornato dall'Africa con vari dubbi ed incertezze sulla sua professione e vocazione, trascorre diversi giorni in compagnia della sua famiglia originaria.
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Col precedente "Grande grosso e.." avevo notato una certa fase di stanca o, se vogliamo, di modica stazionarietà nella comicità Verdoniana, anche se naturalmente caratterizzata da sprazzi di efficace originalità. Con questa sua nuova pellicola, Carlo Verdone sembra ancora una volta non aggiungere nulla di particolarmente nuovo rispetto a ciò che già conosciamo della sua produzione cinematografica di regista ed attore. Ma nonostante questa mia affermazione (forse per qualcuno leggermente denigratoria) il regista romano riesce, con questa sua ultima pellicola, a suscitare su di se uno squisito livello di gradimento e di genuino senso dell'humour. Questa volta Verdone interpreta il ruolo di un prete che ritornato dall'Africa con vari dubbi ed incertezze sulla sua professione e vocazione, trascorre diversi giorni in compagnia della sua famiglia originaria. Ma il contatto coi suoi parenti non gli gioverà affatto a tal punto da avvertire la sensazione che la sua presenza sia inutile. Le persone che lo circondano, difatti, sono troppo chiuse nel loro mondo fatto di interessi materiali e spesso superficiali per concentrarsi nel sentire la saggia parola di un uomo di fede. Come sempre il buon Verdone si dimostra ancora una volta regista acuto e riflessivo e attraverso la sua consueta comicità fatta di situazioni sarcastiche e caricaturali, egli ci descrive, nelle grandi linee ovviamente, alcuni mali che si sono insediati già da tempo nella nostra società moderna: l'incomprensione dell'uomo contemporaneo e quindi l'incapacità spesso frequente di riuscire a capire gli altri, per non parlare dell'egoistica tendenza nell'anteporre spesso gli interessi personali a quelli degli altri (è il caso del padre del protagonista che essendosi invaghito di una nuova compagna, deciderà di devolvere il patrimonio della propria casa alla figlia di costei, senza minimamente preoccuparsi dei suoi tre figli avuti con la prima moglie. Così come questi ultimi ci appaiono in un primo momento troppo presi dal rancore per capire che magari i nuovi intrusi non andrebbero considerati dei meschini profittatori, ma piuttosto persone che hanno i loro problemi e, perché no, anche una morale) Ed inoltre il regista conferisce al suo sarcasmo un delizioso tocco di attualità quando, ad esempio, accenna nel corso di questa commedia, a vari aspetti della mentalità moderna nell'ambito della vita sociale, quali ad esempio la tendenza spesso frequente di certe persone quasi sessantenni di cercare, in una compagna più giovane, una sorta di seconda giovinezza, oppure la dissoluta mancanza di valori morali ad opera di certe chat e poi naturalmente problemi come il grave persistere di fenomeni come lo sfruttamento della prostituzione (in questo caso di alcune povere immigrate dall'Africa) e la distribuzione di droga in certe discoteche malsane. Alla fine il messaggio che ci lascia il buon Carlo è sottile ed ottimista: basterebbe la presenza di una persona buona che, anche se non è in grado di risolvere i tanti problemi che assillano la nostra vita civile, ma perlomeno contribuire ad alleggerirli e portare un pò più di armonia ed amore tra le persone. Proprio come il protagonista riesce a fare durante il finale di questa storia. E questo credetemi, è già qualcosa.
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dario
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lunedì 10 gennaio 2011
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pochadistico
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Solito carosello di personaggi-macchiette e solite situazioni esasperate. Meno male manca la volgarità. C'è però tanto buonismo fasullo intervallato da una finta spregiudicatezza. L'insieme non sta in piedi, Verdone è sempre lo stesso, ma la regia non è male. Non è male neppure la Chiatti che per lo meno ci mette buona volontà e tanta freschezza. Claudicante, alquanto, la parte finale.
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