versozero
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domenica 18 maggio 2008
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gomorra punto e basta...
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Un film che ho aspettato per dieci anni,potente corposo lancinante e con uno sguardo registico unico...difficile e secondo me sbagliato fare paragoni con i grandi film della nostra tradizione cinematografica ma credo che un posto spetti di diritto anche a GOMORRA!La macchina da presa è incollata alle persone, ne sottolinea tutta la fragilità, tutte le paure!La scena di Totò chetende l'agguato alla signora a cui porta la spesa ogni giorno vale di per se il prezzo del biglietto...Le sparatorie dipinte negli sguardi e nelle reazioni di Totò e Don Ciro confermamo una ricerca del realismo eccezionale:l'orrore e il terrore dipinto nei loro occhi!E poi le panoramiche dei palazzoni fatiscenti e brulicanti di vita di Scampia, l'episodio del manager che va al nord per chiudere i contratti di smaltimento dei rifiuti.
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Un film che ho aspettato per dieci anni,potente corposo lancinante e con uno sguardo registico unico...difficile e secondo me sbagliato fare paragoni con i grandi film della nostra tradizione cinematografica ma credo che un posto spetti di diritto anche a GOMORRA!La macchina da presa è incollata alle persone, ne sottolinea tutta la fragilità, tutte le paure!La scena di Totò chetende l'agguato alla signora a cui porta la spesa ogni giorno vale di per se il prezzo del biglietto...Le sparatorie dipinte negli sguardi e nelle reazioni di Totò e Don Ciro confermamo una ricerca del realismo eccezionale:l'orrore e il terrore dipinto nei loro occhi!E poi le panoramiche dei palazzoni fatiscenti e brulicanti di vita di Scampia, l'episodio del manager che va al nord per chiudere i contratti di smaltimento dei rifiuti..."E' così che vanno le cose, non credere di essere migliore di me" di ce Franco all'ingenuo Roberto...E mille altre cose ne fanno un film epocale e spero che Cannes gli tributi il giusto successo!
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[+] degradare province??no!!
(di isa)
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vincenzo di gennaro
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sabato 17 maggio 2008
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lo sgomento di un figlio di questa terra
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Ancora, quasi con una fanciullesca ingenuità, cerco di guardare alla mia terra come fosse ancora quella immortalata da Pitloo e da Gigante, la Campania fertile, la pausa dagli affanni dei romani, un luogo talmente sublime da convincere anche i più scettici di un disegno superiore. Non riesco a convincermi che la realtà in cui viviamo non sia una visione distorta, generata da un incubo o da una mostruosa allucinazione. Come abbiamo potuto? Come abbiamo osato tacere mentre la nostra terra veniva violentata, le nostre radici avvelenate, le nostre tradizioni calpestate dalla prepotenza di un mondo malato, che non sa più dove nascondere gli scarti del proprio benessere. Scarti di cui si vergogna a tal punto da rinnegarli, relegandoli in una periferia degradata di cui non vuole più sentir parlare.
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Ancora, quasi con una fanciullesca ingenuità, cerco di guardare alla mia terra come fosse ancora quella immortalata da Pitloo e da Gigante, la Campania fertile, la pausa dagli affanni dei romani, un luogo talmente sublime da convincere anche i più scettici di un disegno superiore. Non riesco a convincermi che la realtà in cui viviamo non sia una visione distorta, generata da un incubo o da una mostruosa allucinazione. Come abbiamo potuto? Come abbiamo osato tacere mentre la nostra terra veniva violentata, le nostre radici avvelenate, le nostre tradizioni calpestate dalla prepotenza di un mondo malato, che non sa più dove nascondere gli scarti del proprio benessere. Scarti di cui si vergogna a tal punto da rinnegarli, relegandoli in una periferia degradata di cui non vuole più sentir parlare. Ed eccoli i figli di quest' enorme discarica, vittime del peccato originale commesso dai propri genitori, incolpevoli burattini nelle mani di mercenari senza scrupoli, di vermi disposti ad avvelenare i propri fratelli per la brama di ricchezze vane e di potere evanescente. E' questa la terra che Garrone racconta, ritratta nella sua essenza degradata e immorale, attraverso occhi disillusi dei ragazzini di Scampia; profondamente consapevoli della tremenda verità: che un riscatto non ci sarà mai. Immagini crude che fedelmente riproducono il clima che le pagine del best seller di Saviano ci trasmettono con tanto realismo, un realismo quasi raccapricciante che ci fa provare un gran senso di compassione nei confronti dei protagonisti delle vicende raccontate. Storie di vinti, di uomini rassegnati a un destino ineluttabile, come quello emblematico del sarto Pasquale, dotato di grande talento e nonostante ciò destinato a non affermarsi mai, in quanto vittima del sistema che lo sfrutta svendendo la sua grande perizia in cambio di un pugno di mosche. Il sistema, quella che tanti ancora sono soliti chiamare camorra, non è altro che uno stato di natura anarchico in cui a prevalere è il più forte, che schiaccia i deboli e gli emaginati per alimentare la propria influenza e il proprio profitto. Lo sgomento nasce proprio dal fatto che questa organizzazione non ha regole, non ha una sua stabilità, lascia che al suo interno si creino scissioni e guerre fratricide che contribuiscono ancor di più a straziare e a logorare una realtà che vede come unica via d' uscita la droga.
Chi può dire se mai potrà essere perdonato l' orrore, lo scempio che è stato commesso nei confronti della nostra terra e degli uomini che da essa sono generati; se mai potrà riaccendersi in noi una speranza che ci dia la forza di ricominciare e rimeditare insieme il nostro futuro.
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joseph
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lunedì 19 maggio 2008
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straordinario
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Portare sullo schermo il docu-romanzo di Saviano era impresa quasi impossibile. Garrone prova ad estrapolarne cinque storie lasciando da parte casalesi, scissionisti e clan Di Lauro per concentrarsi sulle persone che del clan portano avanti la facciata legale, chi ne vive all'ombra o semplicemente scugnizzi che sognano di farne parte. Il risultato è eccezionale. Dimenticate i vari Il Camorrista o Il Padrino, Gomorra è un film diverso ed unico nel suo genere. Un gangster-movie senza i gangster. Difficile dire quale delle cinque storie sia la più riuscita perchè il film raggiunge vette altissime. Grazie ad un suono mai così reale, grazie ad una regia che ha il coraggio di prendersi i suoi tempi, di indugiare sui volti di un cast d'attori formidabile.
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Portare sullo schermo il docu-romanzo di Saviano era impresa quasi impossibile. Garrone prova ad estrapolarne cinque storie lasciando da parte casalesi, scissionisti e clan Di Lauro per concentrarsi sulle persone che del clan portano avanti la facciata legale, chi ne vive all'ombra o semplicemente scugnizzi che sognano di farne parte. Il risultato è eccezionale. Dimenticate i vari Il Camorrista o Il Padrino, Gomorra è un film diverso ed unico nel suo genere. Un gangster-movie senza i gangster. Difficile dire quale delle cinque storie sia la più riuscita perchè il film raggiunge vette altissime. Grazie ad un suono mai così reale, grazie ad una regia che ha il coraggio di prendersi i suoi tempi, di indugiare sui volti di un cast d'attori formidabile. Servillo, Cantalupo, un fenomenale Gianfelice Imparato più una schiera di ragazzini presi direttamente sul luogo, formano un cast tanto eterogeneo quanto straordinario nel rendere con spaventosa veridicità ognuno le sfaccettature del proprio personaggio. Dovendo scegliere dico che il segmento migliore è quello che vede protagonista il piccolo Totò, ragazzino che sogna di far parte del clan ed il cui sogno lo porterà verso un'inevitabile perdita dell'innocenza. Magistrale a tal proposito il dialogo tra i due ragazzi separati da ragioni di clan che si proclamano amici-nemici perchè, nonostante siamo cresciuti insieme, forse capiterà che io dovrò ucciderti o tu dovrai farlo con me. Film eccezionale, in corsa più che mai per una Palma d'oro che all'Italia manca dai tempi di Nanni Moretti. Da Moretti a Garrone, il meglio del cinema italiano.
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tina galante
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sabato 7 giugno 2008
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gomorra, un pugno nello stomaco
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Senza filtro, così la macchina da presa ha seguito le varie trame del film Gomorra, rendendone quasi insostenibile la visione. Senza filtro, per rendere al meglio una realtà altrimenti non rappresentabile.
Sempre più mi convingo che la realtà superi comunque ogni fantasia o incubo.
Leit motiv di tutto il lungometraggio è il denaro. Tanto denaro. L'atmosfera in cui esso compare costantemente, come avido ladro di anime, è di uno squallore, di una miseria che il regista Garrone ha saputo rendere magistralmente. La visione di Gomorra può essere paragonata ad un forte, violento e possente pugno allo stomaco, soprattutto per me che non ho mai saputo immaginare una realtà simile, rinchiusa, come sono, nell'oasi dell'Irpinia, a pochi passi dall'inferno.
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Senza filtro, così la macchina da presa ha seguito le varie trame del film Gomorra, rendendone quasi insostenibile la visione. Senza filtro, per rendere al meglio una realtà altrimenti non rappresentabile.
Sempre più mi convingo che la realtà superi comunque ogni fantasia o incubo.
Leit motiv di tutto il lungometraggio è il denaro. Tanto denaro. L'atmosfera in cui esso compare costantemente, come avido ladro di anime, è di uno squallore, di una miseria che il regista Garrone ha saputo rendere magistralmente. La visione di Gomorra può essere paragonata ad un forte, violento e possente pugno allo stomaco, soprattutto per me che non ho mai saputo immaginare una realtà simile, rinchiusa, come sono, nell'oasi dell'Irpinia, a pochi passi dall'inferno. Come si può vivere così. Come è possibile che si possa vivere così. Cosa ha permesso una degenerazione tale. Persino la Nco di cutoloniana memoria mantiene una sorta di fascino romantico, inesistente in Gomorra. E' il degrado totale dell'ambiente, delle abitazioni, delle vite umane. Una sorta di contagio malefico che inquina persino gli strati profondi della terra.
Non posso pensare alla napoletanità in questo modo. Preferisco ricordarla come compare in "Così parlò Bellavista", con le parole di De Crescenzo nei confronti di un camorrista: ma non è una vita di merda la vostra? Ma vi siete fatti bene i conti? Vi conviene?
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mikelangelo
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giovedì 21 agosto 2008
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la gomorra dei nostri giorni
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Il film si apre in maniera geniale: dei boss che si abbronzano facendo lampade e ascoltando musica napoletana. Poi gli spari rapidi, violenti, precisi, assoluti. Il sangue che schizza sulle lampade a raggi ultravioletti, ed è strage. Dopo il rumore assordante degli spari, il volume della canzone neomelodica aumenta, e subito leggiamo sullo schermo il titolo del film: GOMORRA. Dal bestseller di Saviano sono state tratte 5 storie di ordinaria vita all’interno del Sistema: dallo stakeholder che ricicla i rifiuti in maniera illecita, ai due ragazzini che sognano di diventare come Scarface nel film di Brian de Palma. Il regista Matteo Garrone (tra gli altri suoi titoli ricordiamo l’Imbalsamatore), capta al meglio le torbide e cupe atmosfere del libro, traducendole in eccellente linguaggio cinematografico.
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Il film si apre in maniera geniale: dei boss che si abbronzano facendo lampade e ascoltando musica napoletana. Poi gli spari rapidi, violenti, precisi, assoluti. Il sangue che schizza sulle lampade a raggi ultravioletti, ed è strage. Dopo il rumore assordante degli spari, il volume della canzone neomelodica aumenta, e subito leggiamo sullo schermo il titolo del film: GOMORRA. Dal bestseller di Saviano sono state tratte 5 storie di ordinaria vita all’interno del Sistema: dallo stakeholder che ricicla i rifiuti in maniera illecita, ai due ragazzini che sognano di diventare come Scarface nel film di Brian de Palma. Il regista Matteo Garrone (tra gli altri suoi titoli ricordiamo l’Imbalsamatore), capta al meglio le torbide e cupe atmosfere del libro, traducendole in eccellente linguaggio cinematografico. L’uso della camera a spalla è esasperato, infatti oltre il 70 percento della pellicola è girata in questo modo, quasi come fosse un documentario. Gli attori sono quasi tutti dei non professionisti, e gran parte del film è parlato in napoletano stretto con sottotitoli. La scelta dei sottotitoli e degli attori non professionisti potrebbe far tornare alla mente Pasolini, tuttavia è proprio l’originalità la chiave di volta di questa pellicola. Infatti questo è un film in catalogabile: non può essere un gangstar movie alla Martin Scorsese o alla Brian de Palma, né può essere un documentario sulla malavita organizzata. E’ un ibrido, una summa di generi che creano un altro genere, esattamente come il libro di Saviano; a metà tra romanzo e saggio. Un’altra cosa degna di nota è la violenza. Nel libro ci sono alcune scene di violenza davvero raccapriccianti, splatter, degne di Gordon Lewis. Nel film Garrone omette questa violenza assurda, e anche se la violenza c’è (ed è tanta), rimane asciutta e a volte fuoricampo. I primissimi piani sulle facce sporche e a volte cattive degli attori (alcuni in carcere ci sono stati davvero), rendono lo spettatore partecipe di quello che sta vedendo, tirandolo in ballo, facendolo vivere (anche solo per due ore) nelle viscere del Sistema.
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robmamba
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sabato 17 maggio 2008
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neorealismo nel 2000
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Questo film è la prova che il cinema italiano ancora esiste!ho letto il libro di Saviano e posso dire con certezza che Garrone ne ha tratto spunto per tirar fuori un'opera Neorealistica dei nostri giorni.Non ci sono le musiche drammatiche,il patos della recitazione,i pianti le urla c'è vermante la realtà.Da come è girato ,un mix di macchina a mano e lunghi piani sequenza con moviemnti che fanno venire i brividi, al fatto che è sottotitolato, Garrone ci porta in un mondo che non sembra la nostra cara Italia.Cosa sconvolgente che questa realtà si trova a 300km da casa mia.Questa è uno spicchi D'Italia e uno spicchi di Napoli.Appunto al città che è violentata dalla Camorra, una terra bella per la sua autenticità, e dove oggi si parla solo di rifiuti e di camorra.
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Questo film è la prova che il cinema italiano ancora esiste!ho letto il libro di Saviano e posso dire con certezza che Garrone ne ha tratto spunto per tirar fuori un'opera Neorealistica dei nostri giorni.Non ci sono le musiche drammatiche,il patos della recitazione,i pianti le urla c'è vermante la realtà.Da come è girato ,un mix di macchina a mano e lunghi piani sequenza con moviemnti che fanno venire i brividi, al fatto che è sottotitolato, Garrone ci porta in un mondo che non sembra la nostra cara Italia.Cosa sconvolgente che questa realtà si trova a 300km da casa mia.Questa è uno spicchi D'Italia e uno spicchi di Napoli.Appunto al città che è violentata dalla Camorra, una terra bella per la sua autenticità, e dove oggi si parla solo di rifiuti e di camorra. Il film tiene incollato lo spettatore dandogli continui cazzotti allo stomaco,con delle storie che sembrano quasi surreali, con aneddoti(vedi quello di Padre Pio) che sembrano usciti quasi da un libro di Stefano Benni.Attori fenomenali,Servillo ovviamente su tutti,capace di mascherarsi quando parla con gli imprenditori del nord, e di casa quando collabora con i suoi amici.Colonna sonora quasi inesistente, i neomelodici e la tecno scadente che esce dalle macchine modificate di Napoli. Questo film è perfetto in tutto, i Boss, le loro ville nn si vedono,Garrone prende il lato malandato della Camorra,facendoci interrogare a noi cittadini Italiani.Sono fiero che questo film sia Cannes insieme a ''Il divo'',l'unico rammarico è che per portare prodotti validi anzi validissimi come appunto Gomorra,dobbiamo parlare sempre dei nostri lati peggiori.
Una presa di posizione responsabile di Garrona a cui faccio i miei elogi, e amolti registi Italiani che cercano di prendersi sul serio tipo (moccia-Muccino)dico:
SE FOSSI NEI VOSTRI PANNI MI SENTIREI A DISAGIO DIFRONTE A FILM COME GOMORRA!
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ciro monacella
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mercoledì 21 maggio 2008
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film corale, si direbbe. un “magnolia” secco.
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L’assonanza del titolo fra Gomorra e camorra ha il compito di specificare il peccato rovesciando il mito sicché con la polvere dei millenni ne cadano anche i vermi. Così Garrone è l’unico che potesse affrontare il progetto-Gomorra non solo perché capace di rendere nel documento (come in Terra Di Mezzo e Ospiti) ma anche perché il suo filmare estrae dalle vite un pretesto di crescita civile. Il suo non è un cinema farmacologico ma lacerante: apre tagli sul corpo e ci scava a mani nude.
L’incipit è la sezione più espressiva del film. La realtà si trasfigura alla luce della lampada alogena, mentre il suono delle ventole annuncia un decollo. La funzione dell’incipit è qui metateatrale, serve a tradire i personaggi in scena per comunicare in segreto con lo spettatore, per dirgli della dimensione reale ma alterata alla quale si accede.
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L’assonanza del titolo fra Gomorra e camorra ha il compito di specificare il peccato rovesciando il mito sicché con la polvere dei millenni ne cadano anche i vermi. Così Garrone è l’unico che potesse affrontare il progetto-Gomorra non solo perché capace di rendere nel documento (come in Terra Di Mezzo e Ospiti) ma anche perché il suo filmare estrae dalle vite un pretesto di crescita civile. Il suo non è un cinema farmacologico ma lacerante: apre tagli sul corpo e ci scava a mani nude.
L’incipit è la sezione più espressiva del film. La realtà si trasfigura alla luce della lampada alogena, mentre il suono delle ventole annuncia un decollo. La funzione dell’incipit è qui metateatrale, serve a tradire i personaggi in scena per comunicare in segreto con lo spettatore, per dirgli della dimensione reale ma alterata alla quale si accede. Da lì in poi il regista si muove con neutralità. La sua presenza è discreta quanto un occhio staccato dal corpo e, in virtù di questa posizione simmetrica rispetto alla scena, gli agguati, tutti gli agguati meno l’ultimo, sono vissuti dall’interno, dall’ottica di chi l’agguato lo subisce.
Il realismo della narrazione è nella presenza costante del denaro a ribadire che la camorra non è principi ma economia. Ma la volontarietà dell’associazione è la questione sociale principale. I ragazzi subiscono il fascino di quanti nel loro microcosmo hanno ciò che vogliono: ogni piaga umana nasce dai limiti mentali, che qui coincidono tragicamente con limiti geografici. Per cui basterebbe aprire il microcosmo per destabilizzare quel fascino. Perché di deterrente al suo interno ce n’è, come in ogni viscera. Su tutto la guerra, ove il nemico ha il tuo stesso volto. Ma anche l’avvelenamento dell’uomo, sintetizzato nell’avvelenamento della terra con i rifiuti tossici del nord-est. E c’è poi il tumore del male, la storia di due ragazzi che prendono ad emulare il Toni Montana di Scarface. Sono il tumore del male appunto, il bene paradossalmente, e per l’ordine e la salute del male vanno estirpati.
Si tratta di un film in cui ogni voce canta la stessa farsa. Corale, si direbbe. Un Magnolia secco. Con le espressioni gergali, con i volti dei non professionisti a loro agio nel posto e nelle voci. Ed è questa la forza realistica dell’opera, questo neo-pasolinismo che ha concorso a dare la forma guappo a coloro che in questi luoghi hanno riconoscibilmente quella forma.
In difetto di tutti quegli elementi che di norma gettano le basi per l’epilgo, c’è da ammettere quanto fosse difficile da chiudere il film. Ma Garrone ci riesce con una non-chiusura: gli ultimi cadaveri spariscono pur ancora sulla scena. L’ultimo macabro dettaglio non lo vedremo, ma l’essere qui è nascosto, solo la morte è manifesta – come la camorra, come un agguato. E alla bulimia di questo organismo sotterraneo non c’è salvezza. Solo la fuga.
Un’ultima considerazione. Spesso accade che negli ambienti socialmente a rischio alcuni film eccitino l’emulazione. In Campania questo è accaduto al film Il Camorrista di Tornatore. Non a caso si cita Scarface, ma anche Mario Puzo andrebbe bene. Ecco, Garrone riesce a scongiurare il rischio scarnificando gli elementi patetici e romantici che fanno la fortuna commerciale dei film sulla mala. Questo film non vuole piacere affatto, perché non rassicura sulla presenza di forme di coscienza nei malavitosi: qui i cattivi sono solo cattivi, e quasi tutti i buoni diventano cattivi. È una rasoiata.
www.munaciell.blogspot.com
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[+] no magnolia no
(di niky88)
[ - ] no magnolia no
[+] non voglio un film che assomigli a magnolia
(di c.m.)
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gabri78
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sabato 6 settembre 2008
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né carne né pesce
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Uscendo dal cinema, si ha la sensazione di non sapere bene cosa si è visto, se un film di denuncia, un documentario, una fiction. La pellicola ha un'impostazione diversa dal libro, nel quale Saviano racconta la camorra e i suoi protagonisti con i suoi miti e le loro leggende ma anche con la loro brutalità e perversione, seguendo il ciclo degli affari del "sistema" e delle merci, a partire dal porto di Napoli, seguendone la trasformazione, gli scambi, sino allo smaltimento - illecito - dei rifiuti. Il film preferisce estrapolare dal meccanismo del libro cinque storie e narrare le vicende dei personaggi, e questo è forse un limite, perché la prospettiva risulta falsata e non è possibile capire chiaramente la potenza e l'estensione dell'organizzazione camorristica, le migliaia di collusioni e ramificazioni, le entrature nel mondo politico, la capacità di fare affari e costruire impresa, a Napoli e Caserta così come nel nord Italia o all'estero, ridimensionandola quasi a problema locale.
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Uscendo dal cinema, si ha la sensazione di non sapere bene cosa si è visto, se un film di denuncia, un documentario, una fiction. La pellicola ha un'impostazione diversa dal libro, nel quale Saviano racconta la camorra e i suoi protagonisti con i suoi miti e le loro leggende ma anche con la loro brutalità e perversione, seguendo il ciclo degli affari del "sistema" e delle merci, a partire dal porto di Napoli, seguendone la trasformazione, gli scambi, sino allo smaltimento - illecito - dei rifiuti. Il film preferisce estrapolare dal meccanismo del libro cinque storie e narrare le vicende dei personaggi, e questo è forse un limite, perché la prospettiva risulta falsata e non è possibile capire chiaramente la potenza e l'estensione dell'organizzazione camorristica, le migliaia di collusioni e ramificazioni, le entrature nel mondo politico, la capacità di fare affari e costruire impresa, a Napoli e Caserta così come nel nord Italia o all'estero, ridimensionandola quasi a problema locale. A tratti si ha l'impressione di parlare di quattro sanguinari cialtroni di quartiere piuttosto che di una delle mafie più potenti e radicate al mondo. Alla luce di questo non credo che il film si possa ritenere un documentario. L'ambientazione prevalentemente nel territorio di Scampia, all'ombra delle orribili vele, elegge poi questo luogo a capitale della criminalità organizzata, oscurando e spostando l'attenzione da altre zone che si trovano più o meno nelle stesse condizioni, per cui la definizione di film di denuncia appare un po' stiracchiata. E neanche la definizione di fiction è appropriata, essenzialmente perché è evidente la volontà di attenersi alla realtà cercando di romanzarla il meno possibile ma di renderla più comprensibile a coloro che, vivendo realtà diverse, faticano a calarsi nei panni e capire le logiche sulle quali ruota l'universo della camorra e delle persone che ne fanno parte o vorrebbero entrare a farne parte.
Da elogiare sono sicuramente le scene girate all'interno delle vele, dove gli abitanti impersonano se stessi, riuscendo a trasmettere allo spettatore la voglia di emergere e di distinguersi che li pervade, di diventare qualcuno in una terra dimenticata da Dio e dagli uomini, soprattutto quelli dello Stato, latitante al punto da essere sostituito dalla camorra anche nell'erogazione delle pensioni e degli stipendi. Particolarmente azzeccata la figura di don Ciro, il cassiere del clan, che si aggira tra le passerelle e i cortili delle vele anonimo nel suo impermeabile grigio, senza prendere mai una posizione davanti alle proteste degli stipendiati dall'organizzazione, cavandosela con un impersonale e burocratico "riferirò", almeno fino al mese successivo. Ma camorrista è chi spara e fa i morti, chi ruba, chi spaccia, ma pure chi distribuisce stipendi e pensioni agli affiliati e la guerra tra i clan non può non essere cosa a lui estranea.
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[+] ne carne ne pesce...si è caviale!!!
(di zorro77)
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vagabonda
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sabato 17 maggio 2008
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gomorra: il neoralismo approda a napoli
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Il Neoralismo approda sulle strada rumorose di Scampia, film forte nella sua autenticità, eccellenti i particolari, una fotografia che imprime vigore sulle scene fisse come dei quadri dipinti da Garrone. Neoralista perchè, a parte Servillo, gli attori non hanno volti conosciuti ed è proprio questo, a mio avviso, a dare volto all'essenza realista e cruda della difficoltà di chi nasce in un determinato luogo; dove l'unica alternativa è andarsene. Un ritratto del malavitoso contemporaneo, dove il culto del corpo si registra in simbiosi con gli spari di ragazzini troppo adulti. Molto bello l'uso del dialetto: la realtà è servita a colpi di armi sparate in costume da bagno. Una regia favolosa con ritagli di ombre sui volti del dolore per completare il tutto con una sceneggiatura reale e adatta.
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Il Neoralismo approda sulle strada rumorose di Scampia, film forte nella sua autenticità, eccellenti i particolari, una fotografia che imprime vigore sulle scene fisse come dei quadri dipinti da Garrone. Neoralista perchè, a parte Servillo, gli attori non hanno volti conosciuti ed è proprio questo, a mio avviso, a dare volto all'essenza realista e cruda della difficoltà di chi nasce in un determinato luogo; dove l'unica alternativa è andarsene. Un ritratto del malavitoso contemporaneo, dove il culto del corpo si registra in simbiosi con gli spari di ragazzini troppo adulti. Molto bello l'uso del dialetto: la realtà è servita a colpi di armi sparate in costume da bagno. Una regia favolosa con ritagli di ombre sui volti del dolore per completare il tutto con una sceneggiatura reale e adatta. Non so se è un caso, ma Roberto è l'unico nome che afferma la sua diversità!
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[+] non è un caso
(di anonimo232649)
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massimo medina
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mercoledì 4 giugno 2008
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gomorra è cinema che diventa realtà o viceversa
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Non c'è pregiudizio che tenga, non c'è cliché che possa reggere. Quello che mette in scena Garrone è di una verità a tal punto disarmante che a un certo punto ci si chiede se ciò che si sta guardando sia cinema o realtà nuda e cruda rinchiusa nei quattro angoli di uno schermo. E c'è la scelta precisa di escludere dal racconto tutto ciò che può rappresentare forma di riscatto o di redenzione per il popolo napoletano, fatta eccezione per l'unico personaggio (Roberto) che ha un conato di vomito nei confronti di ciò che vede e non riesce a farlo collimare con la sua vita onesta e piuttosto semplice. Tolto ciò, il resto è tutto ombra proprio come le ombre che Garrone infila in molte scene. C'è un popolo, quello napoletano, che sembra non avere più scampo perché ormai inghiottito dalla violenza della più terrificante e sanguinaria organizzazione criminale che l'uomo abbia conosciuto.
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Non c'è pregiudizio che tenga, non c'è cliché che possa reggere. Quello che mette in scena Garrone è di una verità a tal punto disarmante che a un certo punto ci si chiede se ciò che si sta guardando sia cinema o realtà nuda e cruda rinchiusa nei quattro angoli di uno schermo. E c'è la scelta precisa di escludere dal racconto tutto ciò che può rappresentare forma di riscatto o di redenzione per il popolo napoletano, fatta eccezione per l'unico personaggio (Roberto) che ha un conato di vomito nei confronti di ciò che vede e non riesce a farlo collimare con la sua vita onesta e piuttosto semplice. Tolto ciò, il resto è tutto ombra proprio come le ombre che Garrone infila in molte scene. C'è un popolo, quello napoletano, che sembra non avere più scampo perché ormai inghiottito dalla violenza della più terrificante e sanguinaria organizzazione criminale che l'uomo abbia conosciuto. Scegliere di narrare ciò significa compiere un atto di estremo coraggio e dolorosa sincerità. Le terre campane sono solo l'atto iniziale, il cancro principale dal quale poi le metastasi si allargano al resto del paese prima e del mondo a seguire. Ignorare le diramazioni della camorra significa fare un torto a Napoli e dintorni, significa imputare alle miserie di una certa fetta di popolazione tutta la colpa; ma non si può dimenticare di chi se ne è approfittato, di chi sullo squallore e la difficoltà di vivere ci ha marciato per edificare un potere enorme e sanguinario, a scapito di ogni disperato che pur di sfamare la famiglia scende a patti con il diavolo. L'ultima scena del film rappresenta insieme tutta l'idea e la irragionevole realtà del narrato: questi uomini che si proclamano dei, questi carnivori che si arrogano il diritto di scegliere della vita e della morte altrui, sono esseri normalissimi e privi di dignità; hanno pance enormi, calpestano i morti indossando squallidi sandali da mare, commettono crimini in canottiera e pantaloncino e maneggiano le armi come prolungamenti del proprio organo genitale.
Fanno schifo perché sono veri. E non sembra di star guardando un film ma di star spiando le loro schifosissime vite. In questo Garrone ha stravinto e ha inglobato tutta la tradizione classica del cinema italiano per sancirne finalmente il superamento. Senza volontà di far omaggio a Napoli perché ciò che c'è di buono nella città partenopea lo sappiamo e solo gli stupidi e gli arrivisti lo ignorano; senza necessità di una complessa struttura narrativa ma solo con il dialetto e il sapore di marcio che ti rimane in bocca; senza voglia di proporre risposte ma solo di raccontare ciò che per troppo tempo è stato colpevolmente ignorato.
Io, che in quelle terre ci sono nato e cresciuto ma ben lontano dalle vele di Scampia, sono spaventato da tutto questo. E sono spaventato dalla mancanza di alternative.
Solo due categorie non possono non avere a cuore la sorte di Napoli: i coglioni e i camorristi. A volte coincidono.
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