GIORNI E NUVOLE (IT, 2007) diretto da SILVIO SOLDINI. Interpretato da ANTONIO ALBANESE, MARGHERITA BUY, ALBA ROHRWACHER, GIUSEPPE BATTISTON, PAOLO SASSANELLI, CARLA SIGNORIS, TECO CELIO, ANTONIO FRANCINI, ARNALDO NINCHI, FABIO TROIANO
Elsa e Michele hanno alle spalle vent’anni di felice matrimonio e vivono nella Genova benestante dei quartieri borghesi. Possono contare su una solida sicurezza affettiva, appena turbata dai rapporti un po’ tesi con la figlia Alice, co-proprietaria e cameriera di un ristorante. La serenità economica ha anche consentito ad Elsa di dimettersi dall’aeroporto presso cui lavorava per conseguire una laurea in storia dell’arte e dedicarsi al restauro di un capannone. Ma un brutto giorno questo meraviglioso equilibrio salta: Michele, imprenditore di indole scontrosa, viene silurato dai due soci in affari e decide di aspettare per dopo il termine dei festeggiamenti per la laurea della moglie per comunicarne la triste notizia che dovranno vendere la casa e instaurare un regime generale di ristrettezze economiche. L’acredine con Alice si fa allora più intensa, i litigi di coppia aumentano, i colloqui di lavoro che fa lui si riducono col passare del tempo e son sempre meno promettenti e lei prova a ritagliarsi un piccolo guadagno facendosi assumere da un call center. Il periodo che va dall’esultanza del principio fino al finale aperto è occupato dal logorio della relazione sentimentale, messa a dura prova dai casi della vita, oltre che dalle numerose variabili in gioco che costituiscono immancabilmente pericoli potenziali ad alta tensione. L’ottavo lungometraggio di Soldini si impernia su due temi fondamentali: l’amore coniugale (visto con un particolare occhio disincantato che abbraccia la realtà fino ad avvicinarsi ad essa con efficace veridicità) e la perdita del lavoro in un contesto socioeconomico che si regge sul precariato. Il regista predilige una costruzione della storia basata che metta al primo posto la disillusione emotiva, affinché dimostri che la permanenza del dubbio e della domanda assillante, al giorno d’oggi più che mai, hanno spodestato pressoché definitivamente le certezze che nei tempi passati assicuravano sensazioni più piacevoli e meno guardinghe. L’argomento è sempre stato arduo da raccontare anche in letteratura, per via dell’onnipresenza sibilante di rabbie, rinunce, angosce e mortificazioni. Il distacco dai suoi precedenti film è rivelato dalla cinepresa innanzitutto, che sta addosso ai due protagonisti inseguendoli con piani-sequenza (e qui la fotografia di Ramiro Civita fa il suo lavoro egregiamente), e non in minor misura dalla musica di Giovanni Venosta, che accompagna con carezze ammirevoli la discrezione con cui la vicenda si dipana scena dopo scena. Soldini evita di ripetersi con la leggerezza delle esplosioni umoristiche, le uscite a piedi o in motorino per il fotogenico capoluogo ligure e le aperture panoramiche sul golfo. Molta malinconia e tristezza nella spiegazione di una morale non troppo ottimistica, ma pure un accento toccante che va a posarsi sulla forza non comune di un’unione che, malgrado le asprezze e i vituperi, continua a proseguire senza deteriorarsi. C’è anche la dimensione – incarnata prima di tutto dal personaggio della Rohrwacher – del giovane costretto a diventare adulto in poco tempo, considerata la velocità con cui il sistema circostante pretende evoluzioni accelerate e possibilmente efficienti sulla maturità degli individui che lo mantengono. Albanese e la Buy si distinguono per una formidabile recitazione che si avvale anche degli occhi e di parti del corpo che di norma vengono sottovalutate in quest’aspetto della settima arte. Un fiore all’occhiello per conclusione è la precisione del tratto col quale vengono disegnati i ruoli minori, a partire dal pescatore tuttofare di Battiston per poi procedere con il protettivo fidanzato di Troiano, l’amica affezionata di Signoris, il dirigente libertino della compagnia telefonica di Sassanelli e il padre ex capitano nautico di Ninchi.
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