American Gangster

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Un film di Ridley Scott. Con Denzel Washington, Russell Crowe, Cuba Gooding Jr., Josh Brolin, Rza.
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Drammatico, durata 157 min. - USA 2007. - Universal Pictures uscita venerdì 18 gennaio 2008. MYMONETRO American Gangster * * * - - valutazione media: 3,27 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Gangster di seconda mano. Valutazione 2 stelle su cinque

di Bruce Harper


Feedback: 1664 | altri commenti e recensioni di Bruce Harper
giovedì 11 aprile 2013

Sciogliamo subito le riserve.
American Gangster è un buon film. Un buon film sì, ma non un classico.
Vale a dire? Vale a dire che di questo film tutto si può dire ma di certo non si tratta di un film originale. Una film che affonda le radici nel genere di provenienza ma che nel contempo riesce a rinnovare/stilizzare/disarticolare codici, tematiche e figure. Partiamo dai character. La storia narra ascesa e caduta di un boss di Harlem, l’identikit del Narcos perfetto, la parabola del Self-made-man, l’American Dream, lo Yuppy e così via. E sull’altro fronte? Di la lo sbirro perfetto, altro che Robocop, uomo integerrimo, castigamatti infallibile ma gran puttaniere, padre detestabile nonché amico dei boss. Messi bene anche qui, sissignore. Ciò nonostante, e rimanendo a Richie Roberts, quante volte abbiamo incontrato un poliziotto simile nell’immaginario iconico-narrativo-estetico della cultura a stelle e strisce?! Mi limito a due esempi, il Loyd Hopkins delle magistrali opere di Ellroy e il Vick Mackey di The Shield . Ma ce ne sarebbe una questura piena. La mia domanda diventa in sintesi: due personaggi del genere, così stereotipati e logori, cosa aggiungono di nuovo al popoloso immaginario dei gangster di Hollywood che va da Piccolo Cesare a Tony Montana, dagli Intoccabili dai Goodfellas, dal King of New York a Carlito Brigante? Praticamente nulla, e ad uno sguardo più attento Frank Lukas risulta un gangster indigesto perché centrifugato, onnivoro e di seconda mano.
Rimaniamo su incertezze e perplessità. Il film di Mafia. Il gangster movie. Il film di Mafia è un film difficile da gestire perché non parla solo di un personaggio, un protagonista contornato da co-protagonisti, villain e gregari. Il film di mafia è creatura più complessa perché ogni film di Mafia innesta una dialettica tra protagonista e sfondo che non rimane mai semplice accessorio, latente background formale. Tutt’altro. Nei gangster movie, lo sfondo, che sia la famiglia o la città, assurge a coprotagonista dell’opera alimentando con forza riti, costumi, connotati, contraddizioni e manie. In questo film dove sono? Magari nelle intenzioni perché nella pratica? Cut, cut, cut!Sfrondiamo tutto, ripartiamo da zero, montaggio alternato a iosa e tutte le sequenza con focalizzazione centrale su Frank e su Ritchie, sul boss e lo sbirro, la preda e il cacciatore, Ying e Yang, Caino e Abele.
Sul piano della messa in scena altresì, polarizzando l’intreccio sul confronto incrociato e senza tregua tra Frank e Ritchie, Ridley Scott sortisce  l’effetto opposto a quello agognato e rende difficile una fruizione spensierata e piacevole appunto in virtù  della sua ossessiva linearità. La ripartizione delle scene via via si accorcia, si scandisce, la punteggiatura si infittisce, ma il ritmo si dilata invece che serrarsi, si stiracchia invece che tendere al cuore della storia. E poi dove sono i crocevia, i turning point, la scena madre, l’attesa, la suspense, le cesure e le epifanie imprevedibili? Suvvia, la trama è davvero un po’ scontata, anzi, lo è oltre misure. Si consiglia studio approfondito Heat La Sfida per realizzazione film bi-polarizzati.
Rimangono di buono, perché del buon ripeto c’è: Ridley Scott che finalmente ritorna a ‘scrivere’ con il linguaggio del Cinema, recitazione ad altissimi livelli (ma date a Denzel meno pathos e nutella!), degno di nota il comparsame, la fotografia plumbea ma cangiante, un sound design ibrido, rarefatto e dirompente, l’eloquenza della visione e la magniloquenza degli scenari: Harlem, l’afro-style, il glam, il soul,  il funk, il Vietnam, i copricapo e gli idranti, il crack e l’eroina, le Limo e le Cadillac, James Brown e Mohammed Alì, Richard Nixon e Marthin Luther King. Il confronto tra l’ipocrisia istituzionalizzata degli sbirri corrotti e l’onesta essenzialità dell’adempimento al proprio ruolo sociale di Ritchie. Nonchè, last but not least, il discorso ultimo sui meccanismi del Capitale e del Capitalismo, i Monopoli e il Profitto che non guarda a distinzione di razza, censo o religione e la cui legge recita: ogni mezzo è lecito, la concorrenza è la condizione del Mercato, il Mercato è il luogo dell’incontro tra domanda e offerta.
Morale. Io sono il mercato. Firmato, Frankie Lucas.

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