maryluu
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martedì 27 novembre 2007
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i fantasmi di goya
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Film ben strutturato, soprattutto nella parte iniziale. La realtà sociale di fine 700 è egregiamente rappresentata. La trama affascinante. Le atmosfere perfette. Il tutto purtroppo solo nella prima parte e nel finale. Goya è l'unico personaggio del film delineato e caratterizzato in tutta la pellicola. E' un personaggio del suo tempo, altruista con gli amici, timoroso dell'inquisizione e servitore sorridente del Re e proprio forte del suo appoggio si permette di dipingere immagine tremende, diaboliche,cupe, ma tanto tanto reali. L'inquisizione l'avrebbe di certo messo in quelle pittoresche e luride prigioni se non avesse avuto quel potente scudo. . In alternativa la loro crudeltà sfocia fluente nei confronti della povera, ahime, Ines costretta a confessare qualcosa di cui neanche conosceva il nome per una banalità, privata della sua giovinezza proprio da chi l'ha fatta rinchiudere e le ha poi rubato anche il corpo e una figlia.
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Film ben strutturato, soprattutto nella parte iniziale. La realtà sociale di fine 700 è egregiamente rappresentata. La trama affascinante. Le atmosfere perfette. Il tutto purtroppo solo nella prima parte e nel finale. Goya è l'unico personaggio del film delineato e caratterizzato in tutta la pellicola. E' un personaggio del suo tempo, altruista con gli amici, timoroso dell'inquisizione e servitore sorridente del Re e proprio forte del suo appoggio si permette di dipingere immagine tremende, diaboliche,cupe, ma tanto tanto reali. L'inquisizione l'avrebbe di certo messo in quelle pittoresche e luride prigioni se non avesse avuto quel potente scudo. . In alternativa la loro crudeltà sfocia fluente nei confronti della povera, ahime, Ines costretta a confessare qualcosa di cui neanche conosceva il nome per una banalità, privata della sua giovinezza proprio da chi l'ha fatta rinchiudere e le ha poi rubato anche il corpo e una figlia. Nella seconda parte vediamo invece flussi di dominazioni e guerre. La storia appena accennata. Ines divenuta pazza di una pazzia a "metà". . Brutta e caratterialmente " indelineata". Una catena di eventi che si succedono troppo in fretta e troppo precipitosamente. L'inquisizione prima sciolta, poi di nuovo potenza non è il finale più appropriato a mio avviso.
La morte di Fratello Lorenzo ovviamente si. Ma l'esaltazione di un'altra macchina distruttiva no. Anche se valida storicamente a mio avviso non valida per un finale in cui l'anti eroe muore ma i veri " cattivi" restano in vita , e più potenti che mai.Bello comunque il finale. La carrozza della moglie lo abbandona alla morte. Ines gli tiene la mano anche se morto, con in sottofondo una cantilena spagnola che incute tristezza e un sorriso allo stesso tempo. Lorenzo avrà accanto l'unica persona che ha distrutto e voleva continuare a distruggere. Che destino beffardo. E dietro infondo sempre Goya.
Narratore sordo di una storia triste, ricca di morte, miseria e brutalità ma carica anche di amore, arte e altruismo. Potrei continuare a parlare per molto di questo film così ricco di sfaccettature. Pieno di difetti ma molto accattivante.
Nel complesso il mio giudizio è positivo.
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odissea 2001
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sabato 17 maggio 2008
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l'ottusa ripetitività della storia
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E' bene sapere subito che ne L'ultimo inquisitore Forman non racconta la storia di una vita, quella di Goya, uno dei più grandi pittori europei del Settecento, come potrebbe far pensare il titolo originale. Il film cioè non è una biografia romanzata. Il regista appare molto più interessato invece a rappresentare i cicli della Storia e del potere e persegue questo scopo in modo magistrale, alternando e sovrapponendo le fasi, gli avanzamenti e i regressi che la vicenda umana marca nel suo tortuoso e faticoso sviluppo. Stupendo il modo di raccontare l'ingiustizia espressa attraverso l'esercizio del potere, troppo spesso negazione di ogni libertà ora per una ora per l'altra parte della società. Un'idea che viene rappresentata attraverso un susseguirsi di colpi di scena: padre Lorenzo che condanna il proprio superiore religioso, che fugge e poi ritorna da vincitore, ma viene infine condannato dallo stesso prelato che aveva spedito in carcere e dall'ultimo re insediato dopo l'ennesima invasione straniera.
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E' bene sapere subito che ne L'ultimo inquisitore Forman non racconta la storia di una vita, quella di Goya, uno dei più grandi pittori europei del Settecento, come potrebbe far pensare il titolo originale. Il film cioè non è una biografia romanzata. Il regista appare molto più interessato invece a rappresentare i cicli della Storia e del potere e persegue questo scopo in modo magistrale, alternando e sovrapponendo le fasi, gli avanzamenti e i regressi che la vicenda umana marca nel suo tortuoso e faticoso sviluppo. Stupendo il modo di raccontare l'ingiustizia espressa attraverso l'esercizio del potere, troppo spesso negazione di ogni libertà ora per una ora per l'altra parte della società. Un'idea che viene rappresentata attraverso un susseguirsi di colpi di scena: padre Lorenzo che condanna il proprio superiore religioso, che fugge e poi ritorna da vincitore, ma viene infine condannato dallo stesso prelato che aveva spedito in carcere e dall'ultimo re insediato dopo l'ennesima invasione straniera. Il film è sicuramente qualificato dall'interpretazione di alcuni attori, come Natalie Portman e Stellan Skarsgard, un po' meno dalla recitazione di Bardem (Padre Lorenzo) che sembra impacciato nelle vesti dell'uomo di chiesa e molto più a suo agio nei panni del laico che ha abbracciato (per interesse) gli ideali della Rivoluzione francese. Due scene da ricordare: la lezione sulla tortura inflitta dal mercante all'inquisitore (padre Lorenzo) e la descrizione visiva della tecnica della xilografia. Goya rappresenta l'occhio e la coscienza dell'artista, quasi incredula e sempre più delusa dal flusso irrazionale degli eventi, un punto di vista forse col quale si identifica lo stesso Forman. Il giudizio sull'ottusa ripetitività della Storia e sulla ferocia e grettezza del potere (religioso e temporale)è senza dubbio sconfortato e severo.
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bartolo fontana
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lunedì 30 aprile 2007
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i fantasmi di goya
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Milos Forman, il regista, si muove sapientemente tra i fotogrammi di questa pellicola.
Attori che si muovono con sicurezza ed eleganza, nonostante la crudezza di certe scene.
Costumi e fotografia di interessante livello.
Sarebbe stato preferibile una proiezione in cinemascope, incomprensibile la dimensione di uno schermo normale.
Titolo depistante, più che L'ultimo inquisitore, si sarebbe potuto chiamare L'ultima inquisizione.
Oppure lasciare il tiotolo originale: i fantasmi di Goya.
Gli stessi che suggeriscono al pittore quegli stati d'animo che sulle sue tele trovano la vita, suggerendo e provocando indicibili emozioni.
Film da non perdere, comunque.
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irene p.
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venerdì 27 aprile 2007
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pittorico, amaro, crudele
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Uscito lo scorso 13 aprile, “L’ultimo inquisitore” (titolo originale “Goya’s Ghosts”) non sembra aver guadagnato molto nelle sale italiane.
Questo non sorprende, dato che il film si è ritrovato a dover fare i conti con una concorrenza come “Mio fratello è figlio unico”, “Mr.Bean’s Holiday”, “Sunshine” e “300”. E si sa, molte persone fanno cadere la scelta sui film più discussi, più attesi, più famosi.
“L’ultimo inquisitore” invece, è un film particolare: pittorico, crudele, amaro.
Siamo nella Spagna del 1792. E’ il periodo di massimo splendore del famoso pittore Francisco Goya, un uomo che dipingeva in modo spaventoso la vita umana.
Intorno a lui vi è una Spagna in guerra ed un popolo costretto alla miseria.
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Uscito lo scorso 13 aprile, “L’ultimo inquisitore” (titolo originale “Goya’s Ghosts”) non sembra aver guadagnato molto nelle sale italiane.
Questo non sorprende, dato che il film si è ritrovato a dover fare i conti con una concorrenza come “Mio fratello è figlio unico”, “Mr.Bean’s Holiday”, “Sunshine” e “300”. E si sa, molte persone fanno cadere la scelta sui film più discussi, più attesi, più famosi.
“L’ultimo inquisitore” invece, è un film particolare: pittorico, crudele, amaro.
Siamo nella Spagna del 1792. E’ il periodo di massimo splendore del famoso pittore Francisco Goya, un uomo che dipingeva in modo spaventoso la vita umana.
Intorno a lui vi è una Spagna in guerra ed un popolo costretto alla miseria.
Il Santo Uffizio decide di ristabilire il tribunale dell’inquisizione, di cui sarà vittima la giovane Ines, musa ispiratrice di Goya, accusata ingiustamente di eresia.
In carcere Ines incontrerà fratello Lorenzo, apparentemente misericordioso nei suoi confronti, ma che poi si rivelerà un approfittatore della situazione per raggiungere i suoi scopi.
La scena poi si sposta a 15 anni dopo, con un Goya ormai sordo, una Ines che esce dal carcere sfigurata e pazza, un Lorenzo che ha lasciato i voti per seguire gli ideali illuminiti e un Napoleone che conquista la Spagna sbandierando il principio della libertà per tutto il paese.
Goya testimonia tutto con la sua arte, dipinge ed incide le atrocità che accadono nel suo tempo, streghe, sabba, prostitute,persone sfigurate, bambini allo spiedo, fucilazioni, impiccagioni…Il tutto rappresentato come un sogno, un’allucinazione che terrorizza in una periodo di terrore.
E così come si vede nelle sue opere, il regista trasporta le immagini nel film. Un processo difficile, che non riesce però bene in tutte le scene.
E’ un po’ come trovarsi in un sogno, o meglio, un incubo, dove niente finisce bene. Non c’è un briciolo di speranza nel film, se non alla fine. Per quanto la scena possa apparire drammatica (dei bimbi giocano intorno ad un cadavere), c’è un senso di allegria inspiegabile: sullo sfondo si comincia a sentire il canto di un bambino, il canto della giovinezza, come metafora di una Spagna che sta per rinascere.
“L’ultimo inquisitore” si avvale di un cast perfettamente adeguato: Jiavier Bardem (“Mare dentro”) interpreta Lorenzo in maniera sublime, con espressioni che parlano da sole, ogni ruga del suo viso parla. Stellan Skarsgård (“Pirati dei Caraibi” “King Arthur” “L’esorcista: la genesi”), è un bravissimo Goya, peccato che nel film il suo personaggio non sia stato ulteriormente approfondito.
Natalie Portman (“Star Wars” “V per vendetta”) da il meglio di se stessa interpretando sia il ruolo di Ines che di Alissia. Prima bellissima, poi sfigurata, e ancora giovane bambina, madre apprensiva, pazza svitata, nobile e poi povera.
Insomma, un film impegnato, che racconta tanto in poco tempo, forse troppo. Eppure è magico, quei dipinti che compaiono nel film valgono tutto.
Peccato che non sia stato mantenuto il titolo originale qui in Italia, “Goya’s Ghosts” (I fantasmi di Goya) perché sarebbe stato molto azzeccato.
E’ un film da vedere, ma una volta sola. Potrebbe lasciarvi troppa amarezza nel cuore.
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sabo
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mercoledì 16 maggio 2007
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grande milos forman
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Milos Forman crea un capolavoro di rara bellezza.
Il film narra le vicende spagnole a cavallo del 1800 viste attraverso gli occhi del pittore di corte Goya
La storia è divisibile in due parti: la prima si svolge durante il regno di Carlo IV, periodo in cui il ristabilirsi della Santa Inquisizione coincide con lo sventurato (ed innocente) comportamento di una ragazzina, comportamento che la porterà nell'inferno degli "eretici".
La seconda parte si svolge a 15 anni di distanza con l'invasione napoleonica ed il successivo rinsaldarsi della monarchia…quello che succede non ve lo anticipo onde non rovinarvi la storia.
Veniamo al film: un lavoro di una drammaticità unica, che unisce la storicità alla tragedia vera e propria, apportando insegnamenti morali che raggiungono gli interpreti come se fossero guidati dalla legge del contrappasso.
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Milos Forman crea un capolavoro di rara bellezza.
Il film narra le vicende spagnole a cavallo del 1800 viste attraverso gli occhi del pittore di corte Goya
La storia è divisibile in due parti: la prima si svolge durante il regno di Carlo IV, periodo in cui il ristabilirsi della Santa Inquisizione coincide con lo sventurato (ed innocente) comportamento di una ragazzina, comportamento che la porterà nell'inferno degli "eretici".
La seconda parte si svolge a 15 anni di distanza con l'invasione napoleonica ed il successivo rinsaldarsi della monarchia…quello che succede non ve lo anticipo onde non rovinarvi la storia.
Veniamo al film: un lavoro di una drammaticità unica, che unisce la storicità alla tragedia vera e propria, apportando insegnamenti morali che raggiungono gli interpreti come se fossero guidati dalla legge del contrappasso. Non manca inoltre una certa dose di cinismo e di grottesca ironia.
E se la prima parte (che poi coincide con il primo tempo) ha scene molto forti, che si confanno ai metodi dell'Inquisizione, la seconda spiazza decisamente lo spettatore con una crudezza ed una sofferenza ancora maggiori.
Bellissime le ambientazioni ed ottime le interpretazioni, soprattutto quella di Javier Bardem che mostra una versatilità encomiabile.
Bellissima, nella parte della spagnola, Natalie Portman ed anch'essa molto brava.
La regia è decisamente spettacolare ma di una spettacolarità pacata, si vede che la mano che dipana la tram è sicura ed esperta, abile nel cogliere ciò che va colto ed altrettanto abile nel sottintendere, ma non è mai invadente.
Non ho veramente parole per definirlo. Scatena grandi emozioni e va visto senza meno.
Al momento credo che sia il miglior film dell'anno, non ha deluso minimamente le mie aspettative.
Nota di merito anche ai titoli di coda, che scorrono sulle tele di Goya.
Andate a vederlo!!
PS Bellissimissima la scena dell'acquaforte!!!!!!!
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begato
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sabato 27 ottobre 2007
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oltre l'ideologia -la violenza nel cuore dell'uomo
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Un film che lascia straniati e obbliga a fare chiarezza sulle proprie ideologie e i propri ideali. Un film senza vincitori e dove chi la spunta ha l'aria di non trovarsi a suo agio nella società di oggi. L'inquisizione, presa nella sua brutalità, ma pure nella sua misericordia (l'occasione finale di rimettere in libertà fratello Lorenzo, purchè egli si penta del male sociale arrecato, è la sintesi più nobile degli ideali inquisitori, tale da dar lezioni ad alcuni giudici contemporanei) non riesce però a raggiungere la nostra razionalità da cittadini laici del XXI secolo. D'altra parte, le truppe di liberatori (i fondatori della giustizia moderna)non godono di particolare fortuna, e a ragione: il popolo non le ama perchè la loro violenza supera quella dei loro predecessori in terra spagnola, le luci gettate su bordelli e ospedali mostrano una società che non è riuscita a rinnovarsi, nel cambio di poltrone si annusa piuttosto un maggior dispotismo e disperazione.
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Un film che lascia straniati e obbliga a fare chiarezza sulle proprie ideologie e i propri ideali. Un film senza vincitori e dove chi la spunta ha l'aria di non trovarsi a suo agio nella società di oggi. L'inquisizione, presa nella sua brutalità, ma pure nella sua misericordia (l'occasione finale di rimettere in libertà fratello Lorenzo, purchè egli si penta del male sociale arrecato, è la sintesi più nobile degli ideali inquisitori, tale da dar lezioni ad alcuni giudici contemporanei) non riesce però a raggiungere la nostra razionalità da cittadini laici del XXI secolo. D'altra parte, le truppe di liberatori (i fondatori della giustizia moderna)non godono di particolare fortuna, e a ragione: il popolo non le ama perchè la loro violenza supera quella dei loro predecessori in terra spagnola, le luci gettate su bordelli e ospedali mostrano una società che non è riuscita a rinnovarsi, nel cambio di poltrone si annusa piuttosto un maggior dispotismo e disperazione.
Se dovessi farmi una critica, a seguito del film, non riuscirei a puntare il dito e a gettare fango indiscriminatamente sui fantasmi del clericalismo o della monarchia (Goya non lo fa), non su quelli della rivoluzione e della modernità (il cardinale non lo fa: e offre un'altra strada a fratello Lorenzo). Piuttosto prenderei la lezione dal pittore, che in ogni occasione e in ogni luogo estrae il suo albo per ritrarre i mille volti dell'invincibile violenza: quella del clero (con cui si apre il film) e quella dei rivoluzionari(cui si legano alcune notissime tele).
Dare nome e cognome a tale violenza (inquisizione, re, Napoleone) può essere utile. Illudersi di eliminarla col solo far piazza pulita di questi stessi nomi è cosa folle. Questo mi ha insegnato "L'ultimo inquisitore", non risparmiando a nessuno le sue piccinerie e le sue contraddizioni (magistrale la "corda" letteralmente scimmiottata in casa del mercante; e la scena finale col cadavere scortato da un'amante folle, una bimba di nessuno, e un coro di fanciulli irridenti: la massa del domani). Ma additando da ultimo che il male nasce dal cuore di un uomo lacerato (fratello Lorenzo), attraverso di esso impera ovunque si rechi (nell'Inquisizione prima, nella Rivoluzione poi), e che il male non si vince screditando funzioni (tradizionali o innovative che siano), ma rinnovando le intenzioni e le azioni di ognuno, a partire da se stessi.
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immanuel
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sabato 18 dicembre 2010
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elogio della follia
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Con la sua consueta miscela di grottesco e drammatico Forman ci consegna, come aveva già fatto in "Amadeus" (in cui, sebbene la pellicola apparia più biografica rispetto a L'ultimo inquisitore, la narrazione trae linfa ugualmente dal raconto della vita del protagonista), la raffigurazione straordinaria di un'epoca. La vicenda privata di Goya si intreccia con la storia di un'istituzione, l'inquisizione spagnola, che ritorna spesso nei dibatitti storiografici moderni e che è stata assurta a simbolo del "fanatismo religioso" cattolico, all'interno del quale è attivo un monaco, Padre Lorenzo, interpretato come sempre nel modo più adeguato da Javier Bardem, che si prende carico della riedizione di forme e metodi di indagine che erano stati abbandonati, ma che in tempi "confusi", come quelli del predominio del pensiero illuminista, vanno forzatamente riesumati per garantire l'osservanza dell'ortodossia della dottrina e la buona condotta, rispettosa dei dettami evangelici, dei fedeli sempre più avvezzi al peccato.
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Con la sua consueta miscela di grottesco e drammatico Forman ci consegna, come aveva già fatto in "Amadeus" (in cui, sebbene la pellicola apparia più biografica rispetto a L'ultimo inquisitore, la narrazione trae linfa ugualmente dal raconto della vita del protagonista), la raffigurazione straordinaria di un'epoca. La vicenda privata di Goya si intreccia con la storia di un'istituzione, l'inquisizione spagnola, che ritorna spesso nei dibatitti storiografici moderni e che è stata assurta a simbolo del "fanatismo religioso" cattolico, all'interno del quale è attivo un monaco, Padre Lorenzo, interpretato come sempre nel modo più adeguato da Javier Bardem, che si prende carico della riedizione di forme e metodi di indagine che erano stati abbandonati, ma che in tempi "confusi", come quelli del predominio del pensiero illuminista, vanno forzatamente riesumati per garantire l'osservanza dell'ortodossia della dottrina e la buona condotta, rispettosa dei dettami evangelici, dei fedeli sempre più avvezzi al peccato. Il regista, prima fornendoci uno spaccato efficace dell'intolleranza e dell'integralismo cattolici, che si esprimono attraverso i processi sommari, i metodi di tortura e le condanne a morte per eresia, poi dandoci l'immagine della tracimazione della domanda di libertà in arbitrio omicida e della perdita di significato dei proclami di scioglimento dalle catene della schiavitù da parte di Napoleone, di fronte alle violenze e ai soprusi esercitati a danno della popolazione spagnola, ci mette dinnazi alle contraddizioni dell'uomo e all'incoerenza delle sue azioni, prima votate alla realizzazione di uno scopo e puntualmente smentite dalla messa in atto di un comportamento contrario agli intendimenti originari. E' il paradosso dell'agire umano, facile all'incoerenza e ai mutamenti di scena improvvisi. L'incarnazione di questa tendenza è l'inquisitore e il rivoluzionario a un tempo, figura reazionaria e fedele nel progresso, dispotica e democratica, retriva e avanzata. Il cineasta sembra, però, a giudicare dall'esito che assegna alla vita del personaggio, che ci voglia comunicare una visione, in un certo modo, fatalista delle cose. Perché il destino toccato, in principio, all'inquisitore è il medesimo che si ripete nello stesso individuo che però ha assunto spoglie differenti, quelle del giacobino e non più del fanatico. La vera vittima di tutto ciò è, tuttavia, il disagiato, la persona onusta e oppressa da difficoltà e malattie, il disadattato. Colui che dovrebbe essere, a ogni buon conto e prescindendo dalle scuole ideologiche e/o fideistiche, il destinatario degli sforzi degli uomini volti a trasformare in meglio il proprio contesto. L'eterna bambina e madre, ormai dovorata dal germe della follia, colei che più di tutte era stata trascurata da quell'uomo al quale, ormai morto, stringe la mano, è la persona che mostra disinteressatamente umanità e cuore sconfinati.
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adriano lotito
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lunedì 21 maggio 2007
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non è il vero forman
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non è il più grande Milos Forman quello che ha realizzato questo film. Avvincente, mai noioso e molto duro e drammatico, una storia fedele ai fatti che sono veramente accaduti nell’epoca dell’inquisizione e in quella napoleonica visti dagli occhi di un Goya profondamente colpito dai cambiamenti storici ma non approfonditamente analizzato dal regista seppur ottimamente interpretato da Stellan Skarsgard. Infatti non è un film biografico, il pittore spagnolo non è che un osservatore dei fatti, di cui sono invece protagonisti il prima inquisitore e poi giacobino frate Lorenzo e la povera Ines rovinata per una ingiusta condanna dell’Inquisizione e impersonati magistralmente da un severo Javier Bardem e da una strabiliante Natalie Portman, alla prova più importante della sua carriera.
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non è il più grande Milos Forman quello che ha realizzato questo film. Avvincente, mai noioso e molto duro e drammatico, una storia fedele ai fatti che sono veramente accaduti nell’epoca dell’inquisizione e in quella napoleonica visti dagli occhi di un Goya profondamente colpito dai cambiamenti storici ma non approfonditamente analizzato dal regista seppur ottimamente interpretato da Stellan Skarsgard. Infatti non è un film biografico, il pittore spagnolo non è che un osservatore dei fatti, di cui sono invece protagonisti il prima inquisitore e poi giacobino frate Lorenzo e la povera Ines rovinata per una ingiusta condanna dell’Inquisizione e impersonati magistralmente da un severo Javier Bardem e da una strabiliante Natalie Portman, alla prova più importante della sua carriera. Sicuramente un bel film ma certo non al livello dei capolavori “Amadeus” e “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. Belli i costumi e le scenografie così come la fotografia. Efficaci gli attori comprimari specialmente Michael Lonsdale nella parte di Padre Gregorio e Josè Luis Gòmez nelle vesti del padre di Ines. Nonostante le numerose pecche è comunque un film da vedere.
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panzarita
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mercoledì 1 agosto 2007
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ma quell'inquisitore...
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ma davvero la Chiesa permetteva ad individui come Lorenzo e il Cardinale di fare i loro porci comodi, nascosti dalla veste talare?
E davvero Goya era stato uno spettatore impotente?
e davvero le ragazze erano tanto ingenue come Ines?
Al di là di queste considerazioni il film avvince, non dà tregua e stupisce, lasciando anche il groppo in gola.
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cineofilo92
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lunedì 14 maggio 2007
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il nuovo forman è semplicemente strepitoso!!!
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Ci mancava molto Milos.
é tornato con un film inquietante e illuminante, che ha accuratamente ripescato le atmosfere di Amadeus e le ha rese più cupe e viscerali, offrendoci una visione distorta (e veritiera) delle vicende a cavallo tra la Rivoluzione Francese e Napoleone. Sotto gli occhi di un artista che percepisce tutto il resto come assurdo. Tra momenti di alta intensità e altri di grande suggestione, tutto fila liscio fino alla fine. Davvero magistrali le varie interpretazioni, tra cui spicca il trasformista Javier Bardem e una Natalie Portman al meglio.
Se The Departed era il più grande evento cinematografico del 2006, Goya's Gosth potrebbe diventare quello 2007 molto facilmente. Ha le carte giuste.
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Ci mancava molto Milos.
é tornato con un film inquietante e illuminante, che ha accuratamente ripescato le atmosfere di Amadeus e le ha rese più cupe e viscerali, offrendoci una visione distorta (e veritiera) delle vicende a cavallo tra la Rivoluzione Francese e Napoleone. Sotto gli occhi di un artista che percepisce tutto il resto come assurdo. Tra momenti di alta intensità e altri di grande suggestione, tutto fila liscio fino alla fine. Davvero magistrali le varie interpretazioni, tra cui spicca il trasformista Javier Bardem e una Natalie Portman al meglio.
Se The Departed era il più grande evento cinematografico del 2006, Goya's Gosth potrebbe diventare quello 2007 molto facilmente. Ha le carte giuste. E nulla di scontato...
Questo è grande cinema!
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