Titolo originale Goya's Ghosts.
Drammatico,
durata 117 min.
- Spagna 2006.
- Medusa
uscita venerdì 13aprile 2007.
MYMONETROL'ultimo inquisitore
valutazione media:
3,40
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Una delle opere più celebri del pittore spagnolo Francisco Goya è intitolata “Il sonno della ragione genera mostri”; questa pellicola diretta dal maestro di origine cecoslovacca Milos Forman elabora con straordinaria forza narrativa questo pensiero, lasciando allo spettatore un potente messaggio di condanna verso tutti i fanatismi, siano essi quelli della religione che quelli della ragione.
Forman opera una curatissima e minuziosa ricostruzione storica della Spagna a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo, attraverso una messa in scena che lascia estasiati grazie a scenografie, ambienti e costumi davvero eccezionali. Questo egregio risultato non deve stupire, costituendo in effetti l'ennesima conferma dell'attitudine di Forman per i film in costume.
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Una delle opere più celebri del pittore spagnolo Francisco Goya è intitolata “Il sonno della ragione genera mostri”; questa pellicola diretta dal maestro di origine cecoslovacca Milos Forman elabora con straordinaria forza narrativa questo pensiero, lasciando allo spettatore un potente messaggio di condanna verso tutti i fanatismi, siano essi quelli della religione che quelli della ragione.
Forman opera una curatissima e minuziosa ricostruzione storica della Spagna a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo, attraverso una messa in scena che lascia estasiati grazie a scenografie, ambienti e costumi davvero eccezionali. Questo egregio risultato non deve stupire, costituendo in effetti l'ennesima conferma dell'attitudine di Forman per i film in costume.
Suggestiva ed emozionante la commistione tra l'arte cinematografica e quella pittorica, connessione che viene realizzata attraverso l'utilizzo di molti capolavori di Goya che vengono mostrati nella pellicola: in questa chiave si segnala la suggestiva carrellata iniziale.
Fa riflettere infine come l'alternarsi delle vicende dei protagonisti suggerisca una costante ed ineluttabile ricapitolazione della storia, dove i carnefici passano repentinamente al ruolo di vittime per tornare nuovamente carnefici.
Straordinari gli interpreti: Javier Bardem, autore di una performance maiuscola, è sicuramente quello che resta più impresso con il suo mefistofelico personaggio; eccezionale anche Natalie Portman, che mette in mostra tecnica e talento non comuni in una prova attoriale particolarmente impegnativa; bravissimo come sempre l'attore svedese Stellan Skarsgard che interpreta Goya. Si segnalano inoltre Randy Quaid nei panni del re di Spagna, Michael Lonsdale nella parte dell'alto prelato a capo del Santo Uffizio e l'attore spagnolo Josè Luis Gomez capace di un'interpretazione intensa e davvero molto convincente.
Magistrale la tecnica registica di Milos Forman, ma non è una novità.
La prima parte della pellicola è decisamente superiore, mentre nella seconda la narrazione diviene meno avvincente e perde di pathos, nonostante gli intricati sviluppi della sceneggiatura.
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La prima parte è veramente eccellente, con la scoperta della ottima ricostruzione storica. La seconda parte cala un po', a mio parere, ma il film rimane godibile. Bravi gli attori, tutti.
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Che sorpresa questo film. Non ne avevo mai sentito parlare prima finchè una sera non l'ho beccato in televisione, peccato che in seconda serata perchè è una fascia in cui non tutti guardano film essendo tardi. Mi è piaciuta molto l'ambientazione storica e geografica del film ovvero la Spagna tra il Settecento e l'Ottocento che non ho mai visto trattare in altri film. Il regista è riuscito a darci una chiara idea di com'era vivere nella Spagna all'epoca, perchè nonostante nel resto d'Europa si progredisse con le idee illuministe in Spagna c'era ancora una tale arretratezza stando legati a certe istituzioni quali l'Inquisizione che non permettevano certo la realizzazione della giustizia perchè si veniva condannati anche se non si mangiava carne perchè accusati subito di giudaismo e tali accusati erano capaci di dichiarare la cosa più assurda del mondo pur di non essere condannati.
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Che sorpresa questo film. Non ne avevo mai sentito parlare prima finchè una sera non l'ho beccato in televisione, peccato che in seconda serata perchè è una fascia in cui non tutti guardano film essendo tardi. Mi è piaciuta molto l'ambientazione storica e geografica del film ovvero la Spagna tra il Settecento e l'Ottocento che non ho mai visto trattare in altri film. Il regista è riuscito a darci una chiara idea di com'era vivere nella Spagna all'epoca, perchè nonostante nel resto d'Europa si progredisse con le idee illuministe in Spagna c'era ancora una tale arretratezza stando legati a certe istituzioni quali l'Inquisizione che non permettevano certo la realizzazione della giustizia perchè si veniva condannati anche se non si mangiava carne perchè accusati subito di giudaismo e tali accusati erano capaci di dichiarare la cosa più assurda del mondo pur di non essere condannati. Il film non si ferma a trattare solo questo ma farà vedere come le cose nel giro di poco tempo cambieranno con l'arrivo dei Francesi che divideranno la Spagna tra sostenitori della Francia e persone contro Napoleone. I Francesi sembrano quasi un'ondata di rivoluzione a favore della Spagna coi loro nuovi ideali della libertà, la fratellanza e molti libri di storia tendono ancora ad elogiare i Francesi dell'epoca, eppure il film ci mostra chiaramente come i Francesi non furono così bravi in Spagna. Gli Spagnoli si liberarono dal giogo dell'Inquisizione per ritrovarsi sotto il giogo dei Francesi. Il quadro storico è quindi reso benissimo. Al centro del film, in questo scenario politico confuso ci sono il grande Goya, Ines una ragazza sua musa ispiratrice che finirà sotto il giogo dell'Inquisizione e Lorenzo un cardinale nonchè inquisitore. Il padre della ragazza farà di tutto per farla uscire fino a dimostrare l'inadeguatezza delle torture usate dall'Inquisizione come metodo per confessare e darà vita ad una delle scene migliori del film per cui vale la pena essere visto. Le vite dei tre personaggi di Goya, Ines e Lorenzo si incroceranno anche dopo tanti anni coi Francesi in Spagna e vedremo un'Ines totalmente cambiata e un Lorenzo ugualmente cambiato e che ci sorprenderà per il suo totale cambiamento e ci incuriosirà sapere se è cambiato per volontà sua o per convenienza fino ad arrivare ad un intricato finale piuttosto grottesco. In realtà tutto il film è piuttosto grottesco, fatto da situazioni paradossali, ironiche, a volte quasi comiche e ciò serve a mostrarti ancor meglio le contraddizioni di un'epoca così difficile. Degne di lode sono le interpretazioni di Natalie Portman e Javier Bardem. La Portman sul finire è quasi irriconoscibile fisicamente, è stata truccata benissimo e stimo che si sia prestata per un ruolo che la rendesse così brutta; aldilà del cambiamento fisico sul finire recita proprio bene la parte della disturbata mentale totalmente diversa dall'inizio. Bardem è stata altrettanto magnifico, fa dei monologhi da brivido quando parla al pubblico nel ruolo da cardinale ma anche quando si rivedrà dopo tanti anni in altre vesti. E' un personaggio oscuro e perverso da cardinale come lo erano all'epoca in tanti e sarà ugualmente oscuro, enigmatico ma anche ipocrita e falso dopo. Dunque il film è per me promosso a pieni voti e lo consiglio vivamente a tutti per farsi una buona cultura.
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Passando con impeccabile drammaturgia tra i quadri di Francisco Goya e le vicende stesse che li hanno ispirati, L'ultimo inquisitore vuole cogliere lo spirito di un'epoca.
Accanto alle cupe tinte dell'inquisizione, spietata e dogmatica, si tratteggia una nobiltà caricaturale e ingrassata nel privilegio, fino a rappresentare la guerra napoleonica, tanto violenta quanto traditrice della bandiera rivoluzionaria che portava innanzi.
Due ritratti indicano i cardini della storia: quello della bella e giovane Inés Bilbatùa e quello dell'arcigno inquisitore Lorenzo Casamares.
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Passando con impeccabile drammaturgia tra i quadri di Francisco Goya e le vicende stesse che li hanno ispirati, L'ultimo inquisitore vuole cogliere lo spirito di un'epoca.
Accanto alle cupe tinte dell'inquisizione, spietata e dogmatica, si tratteggia una nobiltà caricaturale e ingrassata nel privilegio, fino a rappresentare la guerra napoleonica, tanto violenta quanto traditrice della bandiera rivoluzionaria che portava innanzi.
Due ritratti indicano i cardini della storia: quello della bella e giovane Inés Bilbatùa e quello dell'arcigno inquisitore Lorenzo Casamares. Lei, figlia di un ricco mercante, diventa vittima delle sevizie dell'inquisizione. Ad interpretarla una bravissima Natalie Portman, che si distingue per l'abilità nell'esprimere i cambiamenti interiori del personaggio nel corso della storia.
Lui, un domenicano accecato dalla fede e dall'ambizione, si rivelerà radicalmente cambiato dopo la prigionia di Inés, ma forse il cammino per la redenzione sarà più arduo e non coinciderà col semplice cambio di bandiera. Un bravissimo Javier Bardem mostra come tutte le fedi possono fomentare azioni egualmente disumane, se troppo devoto è l'atteggiamento verso di esse.
La fotografia, che richiama attentamente i quadri dell'epoca, trionfa nell'ultima scena, dove il sipario della narrazione si chiude davanti a tutti gli attori del dramma, come a significare la Storia, azione di concerto, e allo stesso tempo fiume in piena che travolge e intreccia le singole storie di vita.
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“L'ultimo inquisitore” è un dramma storico di spessore, ben curato e ben diretto, con un cast funzionale e di qualità, che nonostante qualche buco della sceneggiatura, fila liscio come l'olio.
In generale è un film che non esalta, anche se ben fatto, vedendolo si ha l'idea che poteva anche essere fatto meglio; ma comunque, tanto di capello ad un regista come Milos Forman, che a 74 anni suonati ci delizia ancora con belle pellicole come questa.
Indubbiamente, la parte migliore del film è rappresentata dal cast, che pullula di attori di classe, e che dal primo all'ultimo ci forniscono prove ottime, rendendoci molto reali i personaggi interpretati.
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“L'ultimo inquisitore” è un dramma storico di spessore, ben curato e ben diretto, con un cast funzionale e di qualità, che nonostante qualche buco della sceneggiatura, fila liscio come l'olio.
In generale è un film che non esalta, anche se ben fatto, vedendolo si ha l'idea che poteva anche essere fatto meglio; ma comunque, tanto di capello ad un regista come Milos Forman, che a 74 anni suonati ci delizia ancora con belle pellicole come questa.
Indubbiamente, la parte migliore del film è rappresentata dal cast, che pullula di attori di classe, e che dal primo all'ultimo ci forniscono prove ottime, rendendoci molto reali i personaggi interpretati.
Il mattatore è senz'altro Javier Bardem, il cui cambio faccia di un personaggio enigmatico e subdolo come Lorenzo gli riesce benissimo, mostrandoci i due volti del personaggio con una opposizione di caratteri ben riuscita (il viscido inquisitore e il focoso rivoluzionario napoleonico); Steven Skasgaard interpreta il ruffiano ma abile pittore della realtà Francisco Goya, dando un tono curioso ad un artista emblematico e così importante nel suo testimoniare le vicende della Spagna del prima e dopo ancien regìme; e non sto neanche a sprecarmi sulla maiuscola prova di Natalie Portman, che qui si dimostra come una delle più promettenti interpreti femminili del mondo (oggi una delle più brave).
La sceneggiatura è alquanto affascinante e si occupa in maniera magnifica nel rappresentare l'epoca storica in cui visse il pittore, anche se, negli ultimi quaranta minuti di storia c'è un precipitare troppo frettoloso degli eventi, che ci toglie un po' di gusto nella visione, ma a parte questo, è una bella sceneggiatura, aiutata dallo stile pittorico che dà Forman alle scene (in totale simbiosi di come la racconta Goya attraverso i suoi quadri e incisioni).
Le scenografie sono ben curate, ma non eccezionali, diciamo che sono meglio i costumi, curati dall'esperta Yvonne Blake.
Un film che comunque vale la pena di guardare, sia per il notevole cast e sia per una affascinante riproposizione storica di una testimonianza storica valida come quella di Goya, le cui scene dove c'è l'artista all'opera sono un qualcosa di estremamente interessante ed emozionante da vedere.
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L'Inquisizione, detta eufemisticamente Santa Inquisizione, commise crimini pari al nazismo o al comunismo staliniano, inferiori soltanto al secondo come quantità, ma tutti di un'efferatezza sconvolgente. E' la triste storia di Isabèl, di nobile famiglia, torturata in maniera atroce da questi sedicenti difensori della fede, per poi essere schiavizzata e ridotta a diventare la prostituta di Lorenzo, il suo accusatore e carceriere, protetto dallo scudo della Chiesa. Una storia infame, che soltanto un regista incisivo quale Milos Forman riesce a ricreare mirabilmente sullo schermo, mostrando in alcune scene quanto sadico autocompiacimento vi fosse in questi preti nell'assistere alla tortura di una povera ragazza, appesa nuda - affinchè ognuno potesse vedere le sue intimità mentre urlava di dolore sotto i tormenti - per accrescere la sua umiliazione davanti ai giudici, gente costretta al voto di castità che lasciava sconfinare la propria fantasia malata in chissà quali pratiche erotiche.
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L'Inquisizione, detta eufemisticamente Santa Inquisizione, commise crimini pari al nazismo o al comunismo staliniano, inferiori soltanto al secondo come quantità, ma tutti di un'efferatezza sconvolgente. E' la triste storia di Isabèl, di nobile famiglia, torturata in maniera atroce da questi sedicenti difensori della fede, per poi essere schiavizzata e ridotta a diventare la prostituta di Lorenzo, il suo accusatore e carceriere, protetto dallo scudo della Chiesa. Una storia infame, che soltanto un regista incisivo quale Milos Forman riesce a ricreare mirabilmente sullo schermo, mostrando in alcune scene quanto sadico autocompiacimento vi fosse in questi preti nell'assistere alla tortura di una povera ragazza, appesa nuda - affinchè ognuno potesse vedere le sue intimità mentre urlava di dolore sotto i tormenti - per accrescere la sua umiliazione davanti ai giudici, gente costretta al voto di castità che lasciava sconfinare la propria fantasia malata in chissà quali pratiche erotiche. Tutto ciò sotto gli occhi esterefatti e preoccupati - anche se egli non assiste direttamente a tali porcherie - del pittore Goya, che della vicenda è il narratore. La sconfitta finale di Lorenzo, assurto ad un ruolo molto importante ma in seguito decaduto, e il suo pubblico "garrotamento" davanti ad una folla eccitata dall'esecuzione, non suscitano alcuna pietà nello spettatore, per ciò che l'uomo ha rappresentato.La compassione, ancora una volta, va tutta alla povera Isabèl, che segue barcollando il carretto su cui è stato posto il cadavere di quell'essere abietto, che ella continua ad invocare per nome, con voce infantile e patetica, come se il tempo si fosse arrestato al tempo in cui egli si approfittava di lei in carcere. Una vita strappata, ancorata ai ricordi che paradossalmente sembrano i meno tristi della sua infelice esistenza.
Domenico Rizzi, scrittore.
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Amara riflessione sul potere e sulla circolarità della Storia, ottimamente interpretata - eccezionale Natalie Portman, in particolare - e splendidamente fotografata.
Un film interessante per i temi trattati, ma non destinato a rimanere impresso nello spettatore.
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Al di là di considerazioni tecniche,mi resta una sensazione di sconfitta che é il bilancio di tormenti e (scarse) fortune dei protagonisti. Lorenzo tormentato dal rimorso e dalla paura di un passato che sembra non volerlo abbandonare. Ines innocente vittima delle atrocità di un epoca oscurantista. Il grande pittore costretto a seguire la ragione del denaro,quindi quella dei suoi committenti. Ma se la presunta peccatrice viene tratteggiata come un anima pura,gli altri mostrano più ombre che luci. E la figlia del peccato salirà sul carro dei vincenti,ignara del dolore,sposa del nuovo sovrano.
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Nella Spagna del 1792 l'Inquisizione era ancora un'istituzione potente e soprattutto operativa a pieno regime. In Francia, solo tre anni prima, i rivoltosi avevano assaltato la Bastille dando inizio a quello che sarebbe stato l'evento che avrebbe sconvolto per molti decenni il mondo occidentale e le cui conseguenze avrebbero per sempre modificato le esistenze delle generazioni a venire. Sarebbe stata questa una bella ed interessante chiave di lettura dell'ultimo film di uno dei registi più amati del secolo scorso, Milos Forman.
Ma il contrasto e le dicotomie tra due mondi così vicini geograficamente ma lontani spazi siderali come mentalità e sviluppo del pensiero filosofico è solo lambito da "L'ultimo inquisitore", così come tangenzialmente si tratta della vita del pittore Francisco Goya ed ancora più superficialmente si parla dell'innata aspirazione dell'uomo ad arrampicarsi sulle ripide scale che portano alle vette della società.
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Nella Spagna del 1792 l'Inquisizione era ancora un'istituzione potente e soprattutto operativa a pieno regime. In Francia, solo tre anni prima, i rivoltosi avevano assaltato la Bastille dando inizio a quello che sarebbe stato l'evento che avrebbe sconvolto per molti decenni il mondo occidentale e le cui conseguenze avrebbero per sempre modificato le esistenze delle generazioni a venire. Sarebbe stata questa una bella ed interessante chiave di lettura dell'ultimo film di uno dei registi più amati del secolo scorso, Milos Forman.
Ma il contrasto e le dicotomie tra due mondi così vicini geograficamente ma lontani spazi siderali come mentalità e sviluppo del pensiero filosofico è solo lambito da "L'ultimo inquisitore", così come tangenzialmente si tratta della vita del pittore Francisco Goya ed ancora più superficialmente si parla dell'innata aspirazione dell'uomo ad arrampicarsi sulle ripide scale che portano alle vette della società.
Dall'autore di capolavori come "Qualcuno volò sul nido del cuculo" o "Amadeus" (di cui il film ricorda alcuni momenti rispettivamente nella descrizione della pingue monarchia spagnola e nella carrellata di un manicomio ante litteram) ci saremmo aspettati un maggior livello di introspezione e soprattutto una narrazione meno convenzionale. Invece, "L'ultimo inquisitore" - tratto da un romanzo scritto dallo stesso Forman assieme a Jean-Claude Carrière - rimane in superficie senza mai affondare l'analisi sul periodo che ci rappresenta e proponendoci personaggi o scontati o privi di spessore.
Con una fotografia piatta e senza anima Forman realizza un film che tentenna tra la tentazione di spiegarci il ruolo di un artista della grandezza di Goya testimone delle tragedie che gli si compiono intorno, all'intento di realizzare un melò cavalleresco alla Dumas dove sentimenti come amore, onore, vendetta dominano i destini degli uomini. Il risultato è un'opera confusa - e la commistione tra registro drammatico e toni da commedia accentua il disorientamento - dove solo in alcuni momenti (l'ultima sequenza su tutte) il genio del regista di origine ceca si eleva e, pur se per poco, ci incanta.
Il buon cast di attori presenti (brava la Portman nel doppio ruolo affidatole, dignitoso Stellan Skarsgard nei panni di Goya, un pò troppo carico il divo Bardem) mitiga lievemente la delusione per un film per il quale nutrivamo qualche aspirazione in più.
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[+] lascia un commento a andyflash77 »[ - ] lascia un commento a andyflash77 »
Questo film non vuole mettere in scena tanto la personalità dell'artista (come su Amadeus, opera dello stesso regista su Mozart), quanto il messaggio che Goya vuole comunicare coi suoi quadri. "Il sonno della ragione genera mostri" titola il più famoso degli 80 Capricci dell'artista, quel sonno che fa diventare dannosa qualsiasi ideologia spinta al fanatismo, sia che si tratti della religione Cattolica (che dovrebbe essere simbolo di fratellanza e misericordia), sia che si professino le idee socialmente avanzate della Rivoluzione Francese. Tanto le Sacre Scritture quanto la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino diventano strumenti di tortura verso persone innocenti, mezzi per calpestare quei diritti per il quale si dovrebbe lottare.
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Questo film non vuole mettere in scena tanto la personalità dell'artista (come su Amadeus, opera dello stesso regista su Mozart), quanto il messaggio che Goya vuole comunicare coi suoi quadri. "Il sonno della ragione genera mostri" titola il più famoso degli 80 Capricci dell'artista, quel sonno che fa diventare dannosa qualsiasi ideologia spinta al fanatismo, sia che si tratti della religione Cattolica (che dovrebbe essere simbolo di fratellanza e misericordia), sia che si professino le idee socialmente avanzate della Rivoluzione Francese. Tanto le Sacre Scritture quanto la Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino diventano strumenti di tortura verso persone innocenti, mezzi per calpestare quei diritti per il quale si dovrebbe lottare. Come nei dipinti di Goya, il film mostra come il terrore superstizioso faccia sì che il mostruoso e il demoniaco alberghino nella stirpe umana, particolarmente in quegli uomini di Chiesa che credono (forse anche in buona fede) di contrapporvisi. Anche l'esercito francese, autoproclamatosi portatore giusto di ideali che sono veramente avanzati e necessari allo sviluppo della Spagna, finisce per essere dipinto tanto dall'artista quanto dal regista come una batteria di soldati freddi e insensibili come il metallo, che sparano sui civili e stuprano le donne. Qualsiasi ideologia deve essere sempre vagliata dalla ragione, perché anche partendo con buone intenzioni se si arriva al fanatismo si può sfociare nella parte bestiale e brutale dell'uomo.
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