dazed and confused
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domenica 10 giugno 2007
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il cult-movie di rob zombie
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Signori, Rob Zombie ha classe e lo dimostra ancora una volta. Visivamente il film è una gioia per gli occhi, con prodezze tecniche e virtuosismi della macchina da presa addirittura superiori a quelli del primo film.
Certo le differenze con il primo sono evidenti: in primis non è più sfacciatamente ironico come il precedente. L'impostazione è molto diversa, grazie a Dio non è un semplice sequel-fotocopia dell'originale, a dirla tutta non è più neppure un horror, bensì stavolta è quasi un road-movie sulle strade della periferia americana.
Non spaventoso come il primo, non ironico come il primo, forse neppure divertente come il primo, ma comunque un film da vedere.
Rob Zombie gioca alla grande con il coinvolgimento dello spettatore e con il suo desiderio recondito di identificazione, proponendoci una pellicola decisamente spiazzante, dove non esiste una distinzione fra buoni e cattivi, non ci sono punti di riferimenti e in generale ogni valore è rovesciato.
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Signori, Rob Zombie ha classe e lo dimostra ancora una volta. Visivamente il film è una gioia per gli occhi, con prodezze tecniche e virtuosismi della macchina da presa addirittura superiori a quelli del primo film.
Certo le differenze con il primo sono evidenti: in primis non è più sfacciatamente ironico come il precedente. L'impostazione è molto diversa, grazie a Dio non è un semplice sequel-fotocopia dell'originale, a dirla tutta non è più neppure un horror, bensì stavolta è quasi un road-movie sulle strade della periferia americana.
Non spaventoso come il primo, non ironico come il primo, forse neppure divertente come il primo, ma comunque un film da vedere.
Rob Zombie gioca alla grande con il coinvolgimento dello spettatore e con il suo desiderio recondito di identificazione, proponendoci una pellicola decisamente spiazzante, dove non esiste una distinzione fra buoni e cattivi, non ci sono punti di riferimenti e in generale ogni valore è rovesciato. Ci descrive un mondo marcio, dove il decadimento dell'attuale società è portato oltre ogni immaginazione.
Il film è fortemente polemico. Rob Zombie si scaglia contro tutto e contro tutti, dai fratelli Marx a un certo tipo di cinema didascalico e poco pontaneo, dalla chiesa al perbenismo americano che tanto sembra dilagare nei mass media.
Come al solito ci regale delle sequenze che cinematograficamente parlando sono impareggiabili, già da subito destinate a diventare scene cult indimenticabili (nonchè uno dei finali più emozionanti ed esaltanti che si siano mai visti su uno schermo).
Citazioni a non finire, riferimenti ogni mezzo secondo e tanti volti noti agli appassionati che vanno a formare un cast stellare e certo in grado di sfoderare grandi interpretazioni. A ciò aggiungete una colonna sonora da urlo, una buona dose di violenza e avrete per le mani un cocktail davvero esplosivo.
In conclusione, una piccola gemma nel panorama degli horror attuali che ci dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che c'è ancora qualcuno con una sana e vera passione per l'horror e con tanta voglia di fare cinema indipendente, ribelle ed originale.
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[+] film da non perdere. davvero.
(di mike)
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[+] sequenze cinematograficamente impareggiabili???
(di nico)
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b
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domenica 10 settembre 2006
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un duro western/horror sulle tracce di pachinpah
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Innanzitutto partiamo dal titolo. Perche' come al solito la distribuzione italiana ha sfornato un titolo che ha ben poco a che fare con quello originale. So che c'e' anche qualcuno che si lamenta del perche' sempre piu' spesso vengano mantenuti i titoli originali, definendo l'operazione come una stupida "moda", se non come una spiacevole forma di servilismo nei confronti degli "amici americani". A costoro direi alla Toto' ..."ma mi facciate o piaceere"...Perche' personalmente mi infastidisce l'operazione opposta, se, come in questo caso, il titolo viene stravolto. Cosi' "The Devils Rejects" diventa "La casa del diavolo"... Veramente bravissimi. Lo scopo, commerciale, e' chiaro. Da un lato ci si riallaccia al titolo precedente, "La casa dei 1000 corpi" , di cui il film e' una sorta di sequel, riprendendone i personaggi.
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Innanzitutto partiamo dal titolo. Perche' come al solito la distribuzione italiana ha sfornato un titolo che ha ben poco a che fare con quello originale. So che c'e' anche qualcuno che si lamenta del perche' sempre piu' spesso vengano mantenuti i titoli originali, definendo l'operazione come una stupida "moda", se non come una spiacevole forma di servilismo nei confronti degli "amici americani". A costoro direi alla Toto' ..."ma mi facciate o piaceere"...Perche' personalmente mi infastidisce l'operazione opposta, se, come in questo caso, il titolo viene stravolto. Cosi' "The Devils Rejects" diventa "La casa del diavolo"... Veramente bravissimi. Lo scopo, commerciale, e' chiaro. Da un lato ci si riallaccia al titolo precedente, "La casa dei 1000 corpi" , di cui il film e' una sorta di sequel, riprendendone i personaggi. Dall'altro si tende soprattutto a cercare di far andare in sala il maggior numero di appassionati del genere, la parola casa e' da decenni associata infatti all'horror. Il tutto ha un sapore decisamente squallido e non sarebbe male punire i responsabili di questa ennesima porcheria facendoli passare "una seratina" in compagnia di Otis e Spalding...Che anche in questo film non scherzano affatto. Se ne accorgeranno tutti gli spettatori sin dalle prime immagini di questo brutale, sconvolgente e devastante film che il Metal Rob Zombie ha sfornato tenendo ben presente ancora una volta la lezione impartita negli anni '70 da Tobe Hooper e che deve molto nell'uso del montaggio al miglior Sam Peckinpah, quello del "Mucchio selvaggio" per intenderci. Ma non si tratta di semplici citazioni. Questo duro e spiazzante horror (road/western) movie, e' proprio un film degli anni '70. O almeno una copia venuta meglio dell' originale. Esagerazioni ? Forse. Ma la naturalezza e l'efficacia con cui quei favolosi anni (anche per l'horror) vengono rievocati cosi' alla perfezione da "La casa del diavolo" non ha eguali o quasi nella cinematografia recente. Questo sia nelle immagini che nelle sporca e cattivissima messa in scena. Notevole anche la sceneggiatura, (e questa e' una piacevole sorpresa) infarcita di dialoghi taglienti e di acida ironia, che descrivono personaggi folli ma fatti di carne e quindi crudelmente autentici. Fatta eccezione per la sola mamma Firely, troppo ma veramente troppo sopra le righe. Per non parlare della colonna sonora, semplicemente da sballo. E cosa dire del "fisico di ruolo" (traduco alla Severgnini, vista l'antipatia che provo per i francesi e la loro lingua...) dei protagonisti, tra cui la mozzafiato moglie del regista? Chiaro non e' un film "adatto" a tutti i palati, anzi tutt'altro. Il sangue scorre a fiumi. (E come il film sia riuscito a trovare una degna distribuzione e' sorprendente. Ma sara' stata molto, ma molto dura, quindi un bravo in piu' al suo regista). C'e da scommettere che molti, anche durante una visione domestica, non riuscirebbero facilmente a portare a termine la visione... E in effetti la brutalita' e la crudezza di molte scene, mai pero' gratuite o spettacolarizzate come accade (troppe) altre volte, film di Tarantino compresi, mettono decisamente a dura prova anche lo spettatore piu' avvezzo. Ma i cultori del genere (aveva ragione chi me lo aveva consigliato) non possono mancarlo. Perche' questo film e' gia' un "cult".
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[+] sì ma solo sulle tracce...
(di nico)
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noemi
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mercoledì 17 maggio 2006
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...non perdetelo!!
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Per chi si è imbattuto nel primo capolavoro di Mister Zombie non può lasciarsi scappare questo sequel! Eravamo rimasti con la famiglia Firefly alle prese con i poliziotti...La ritroviamo barricata nella fattoria a difendersi dall'assalto del vicesceriffo Widell,pronto a tutto pur di vendicarsi dell'uccisione del fratello.I tre sopravvissuti allo scontro(Capitain Spaulding,Otis e Baby) riescono a fuggire e il film si trasforma in una pazzesca corsa sulle strade di un'America desolata e polverosa,in un misto di western depravato e splatter movie.
L'insana mente di Rob Zombie questa volta ha partorito un film decisamente sopra le righe,un sequel che non soffre del problema tipico della categoria:la "coazione a ripetere" trame e ambientazione del precedente.
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Per chi si è imbattuto nel primo capolavoro di Mister Zombie non può lasciarsi scappare questo sequel! Eravamo rimasti con la famiglia Firefly alle prese con i poliziotti...La ritroviamo barricata nella fattoria a difendersi dall'assalto del vicesceriffo Widell,pronto a tutto pur di vendicarsi dell'uccisione del fratello.I tre sopravvissuti allo scontro(Capitain Spaulding,Otis e Baby) riescono a fuggire e il film si trasforma in una pazzesca corsa sulle strade di un'America desolata e polverosa,in un misto di western depravato e splatter movie.
L'insana mente di Rob Zombie questa volta ha partorito un film decisamente sopra le righe,un sequel che non soffre del problema tipico della categoria:la "coazione a ripetere" trame e ambientazione del precedente.
I personaggi conosciuti in "La casa dei 1000 corpi" finalmente si smascherano,mostrando caratteri crudi e brutali in un crescendo di tensione e pura malvagità. La pellicola,per quanto possa lasciare perplessi, appare ancora più violenta rispetto alla precedente, rivelando la mancanza di qualsiasi scrupolo morale e un totale distacco dalla realtà. Le scene sembrano ancora più cruente quando a far da sottofondo è una,a dir poco perfetta,musica country.
Non aspettatevi il solito horror "vecchio stile", ma un film che travalica ogni genere e categoria, lasciando soddisfatti anche nelle sequenze finali: gli spettatori potranno andarsene sazi di tanto sangue!!!
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(di eka)
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antonello villani
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venerdì 19 maggio 2006
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horror rivisitato da un regista heavy metal
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L’erede di Tobe Hooper e Sam Raimi ritorna con la famiglia Firefly. “La casa del diavolo” segue il filone già tracciato con “La casa dei mille corpi”, splatter senza compromessi che porta la firma di un musicista heavy metal con la passione per il cinema horror. Così Rob Zombie riprende i massacri di alcuni psicopatici soprannominati i reietti del diavolo, inquietanti personaggi dediti ad efferatezze di ogni tipo. Dopo il blitz della polizia nella casa degli orrori, lo sceriffo si accorge che mancano all’appello figli e marito di quella signora piacente che sembra essere scesa a patti con il diavolo; un poliziotto dai saldi principi morali, un occhio alla Bibbia ed un altro alla pistola, si mette sulle tracce di una banda di criminali che ha torturato ed ucciso quasi ottanta persone.
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L’erede di Tobe Hooper e Sam Raimi ritorna con la famiglia Firefly. “La casa del diavolo” segue il filone già tracciato con “La casa dei mille corpi”, splatter senza compromessi che porta la firma di un musicista heavy metal con la passione per il cinema horror. Così Rob Zombie riprende i massacri di alcuni psicopatici soprannominati i reietti del diavolo, inquietanti personaggi dediti ad efferatezze di ogni tipo. Dopo il blitz della polizia nella casa degli orrori, lo sceriffo si accorge che mancano all’appello figli e marito di quella signora piacente che sembra essere scesa a patti con il diavolo; un poliziotto dai saldi principi morali, un occhio alla Bibbia ed un altro alla pistola, si mette sulle tracce di una banda di criminali che ha torturato ed ucciso quasi ottanta persone. Sangue a profusione in un film che mescola horror e western in maniera poco convenzionale, Zombie dimostra di saper rivisitare con coraggio diversi generi cinematografici. Scene raccapriccianti si alternano a momenti davvero esilaranti, mentre sullo sfondo dominano i paesaggi desolati della west coast: luci psichedeliche per party a base di whisky e coca, prostitute e vecchi seduti su sedie a dondolo, fucili e pick-up, cavalli e motel sulle freeway. Un ritratto inconsueto ma ben delineato dal regista punk, un esempio mirabile di come il cinema possa diventare un crogiolo di generi ma anche sperimentazione. Scene al rallenty ed immagini sbiadite, il regista americano ci ricorda che il sangue richiama altro sangue –il poliziotto in un delirio di vendetta preleva i responsabili per torturarli nella loro dimora- mentre il male si nasconde ovunque. Attori nel ruolo anche se edulcorati da un umorismo che sfiora il grottesco –ricordiamo la bellissima attrice Shery Moon Zombie, bionda come un angelo e spietata come un diavolo; Sid Haig, Bill Moseley e Leslie Easterbrook già visti nel precedente film- e musiche da autentico road movie. Zombie sceglie pezzi da antologia per impreziosire il viaggio attraverso gli States con una colonna sonora indimenticabile. Consigliato non solo agli amanti dell’horror, ma anche ai cinefili più incalliti e ai fan della musica americana.
Antonello Villani
(Salerno)
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darjus
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martedì 12 febbraio 2008
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prospettiva orizzontale e anni settanta
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Anni Settanta e prospettiva orizzontale. Gli anni Settanta sono, per chi conosce la storia contemporanea americana, quelli del declino definitivo dell’American Dream. Muore il sogno degli Hippy e muore l’ultimo baluardo di un’America disposta ad amare e a lottare per una libertà inclusiva e non distruttiva. Gli anni Settanta segnano l’inizio del nuovo Far-west e la morte non è più un’estranea da rispettare, ma una compagna di viaggio con cui congiungersi carnalmente. Morte e violenza esplodono in provincia, come in città, nelle famiglie e negli individui e nessuno può chiamarsi fuori dalla lotta. Zombie, nel dipingere con colori “dilatati” e “stranianti” un male inspiegabile e inevitabile, adotta una prospettiva orizzontale, evitando di giudicare o di spiegare, ma estraendo uno specchio nel quale si guarda anche lui, membro consapevole della comunità cannibale che, anche quando ama e si unisce, uccide, divora, tortura e muore.
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Anni Settanta e prospettiva orizzontale. Gli anni Settanta sono, per chi conosce la storia contemporanea americana, quelli del declino definitivo dell’American Dream. Muore il sogno degli Hippy e muore l’ultimo baluardo di un’America disposta ad amare e a lottare per una libertà inclusiva e non distruttiva. Gli anni Settanta segnano l’inizio del nuovo Far-west e la morte non è più un’estranea da rispettare, ma una compagna di viaggio con cui congiungersi carnalmente. Morte e violenza esplodono in provincia, come in città, nelle famiglie e negli individui e nessuno può chiamarsi fuori dalla lotta. Zombie, nel dipingere con colori “dilatati” e “stranianti” un male inspiegabile e inevitabile, adotta una prospettiva orizzontale, evitando di giudicare o di spiegare, ma estraendo uno specchio nel quale si guarda anche lui, membro consapevole della comunità cannibale che, anche quando ama e si unisce, uccide, divora, tortura e muore. Un film pieno di humor nero e ironia feroce, che non assomiglia a nessun’altra opera e, avvicinandosi più al western che all’horror, si staglia come un ritratto amaro e impietoso dell’America e della famiglia – unita e amorevole, sadica, mortifera e amorale – che toglie ogni punto di riferimento e, con un’ambiguità crudele ma sincera, disorienta chi guarda, impedendogli di identificarsi e costringendolo a subire. ***
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joe80
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giovedì 28 dicembre 2006
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il cult di rob zombie
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Il corpo di una donna a seno nudo, viene trascinato quasi con non curanza, da un uomo alto e barcollante, dal volto sfigurato.
Ella è morta, il suo sguardo è fisso sull'ultimo soffio di vita, che l'ha lasciata in passato.
L'uomo che la sta trasportando, barcolla sforzandosi di tenere il peso; poi si ferma d'improvviso, intento ad osservare qualcosa che si sta muovendo a pochi metri distante.
Delle volanti di polizia attirano la sua attenzione, mentre sfrecciano su una strada deserta ed abbandonata, come se stessero entrando nell'Inferno stesso...
Così si apre la seconda opera del regista, ex rock-star, Rob Zombie.
Dopo l'allucinante e perverso LA CASA DEI 1000 CORPI ecco arrivare l'inevitabile sequel.
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Il corpo di una donna a seno nudo, viene trascinato quasi con non curanza, da un uomo alto e barcollante, dal volto sfigurato.
Ella è morta, il suo sguardo è fisso sull'ultimo soffio di vita, che l'ha lasciata in passato.
L'uomo che la sta trasportando, barcolla sforzandosi di tenere il peso; poi si ferma d'improvviso, intento ad osservare qualcosa che si sta muovendo a pochi metri distante.
Delle volanti di polizia attirano la sua attenzione, mentre sfrecciano su una strada deserta ed abbandonata, come se stessero entrando nell'Inferno stesso...
Così si apre la seconda opera del regista, ex rock-star, Rob Zombie.
Dopo l'allucinante e perverso LA CASA DEI 1000 CORPI ecco arrivare l'inevitabile sequel.
THE DEVIL'S REJECTS, tradotto in italiano dal più commerciale LA CASA DEL DIAVOLO, arriva da noi, dopo un gran parlare di sè in patria..
C'è poco da dire, il film di Rob Zombie, è particolare.
Violento, malato, perverso. LA CASA DEL DIAVOLO, ci ripresenta i terribili Firefly, la famiglia satanica dedita a sevizie e sacrifici.
Nulla di nuovo rispetto al primo fracassone episodio, direbbero i fan più intransigenti, ma l'idea che stiamo assistendo a un qualcosa di diverso e forse più complesso, ci balza subito dalla prima sequenza, in cui i Firefly vengono attaccati da una squadra di poliziotti, comandati dallo sceriffo Wydell, un uomo mosso solo dall'istinto di vendetta, nei confronti del fratello ucciso nel primo episodio.
Colti alla sprovvista i Firefly, tentano in qualche modo di reagire, innescando una violenta sparatoria, che prevade per i primi dieci minuti.
Solo due riusciranno ad uscire dalla casa, Otis e Baby, fratello e sorella, che lasceranno dietro di loro la madre, e il terzo fratello morto durante il conflitto.
I due rejetti della società, si rifugiano in un mothel dove prendono in ostaggio una famiglia, qui li raggiungerà Spaulding, il terzo rejetto del diavolo.
Il film è una continua discesa negli inferi, dove i sopravvissuti della psicotica famiglia, innescano una rocambolesca fuga on the road, lasciandosi dietro sangue e cadaveri seviziati.
Seguiti da uno spietato sceriffo Wydell, prima o poi i rejetti del diavolo saranno costretti ad arrivare ad un inevitabile confronto.
Il film da molti è già considerato un cult.
In un ora e mezza praticamente, vediamo tutto dalla parte dei sopravvissuti della satanica famiglia.
Il ritmo del film, viaggia on the road insieme ai personaggi della storia, rallentando e velocizzandosi a seconda delle sequenze a cui siamo di fronte, velocizzando così la sparatoria iniziale, ed allentando il ritmo in una sequenza dove ci viene mostrata una brutale violenza sessuale, nel Mothel.
Nel mondo di Rob Zombie, non esiste il bene, ma solo il male, la cattiveria dell'uomo, la malattia che l'uomo ha dentro di sè.
E perfino lo sceriffo Wydell, che si definisce "il braccio armato di Dio", alla fine non è altro che come le sue vittime, che tanto ha dato la caccia.
Negli ultimi venti minuti, da carnefici si passa a preda e da preda si passa a carnefici, rimescolando le carte del gioco.
E' la vendetta, è il sangue, è il delirio, è un interessante scambio di ruoli, ed un modo diverso su cui vedere la razza umana.
Per finire, una colonna sonora, e un cast azzecatissimi, conferiscono al film un autentico tocco di originalità, merito anche di un eccellente script.
Rob Zombie, ci regala la sua perla horrorifica, mischiando generi ed emozioni, in un film senza speranze.
Duro e spietato.
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amandagriss
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sabato 23 marzo 2013
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assassini nati
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Opera seconda di Mr.Zombie (La casa dei 1000 corpi segna il suo debutto al cinema),personaggio eccentrico,musicista,autore e regista di talento che ha trovato nelcinema(horror)il mezzo più idoneo per incanalare ed esprimere(sfogare)la sua fervida creatività macabra.“I reietti del diavolo” -questo il titolo originale- è un'opera estrema,singolare,sorprendente,suggestiva,ipnotica,dalleforti venature grottesche e dal sapore indubbiamente violento e malato.Il modello è il cinema horror targato anni '70,che gli permette di raccontarci di torbide soffocanti atmosfere,ambienti sudici,luoghi aspri desolati e senza tempo,dell'afa opprimente ed appiccicosa tipica del sud degli Stati Uniti(basti ricordare il Texas di Non aprite quella porta e il deserto della California de Le colline hanno gli occhi)e,soprattutto,delle vicissitudini di una 'stravagante' famigliola,killer nel dna(la moderna evoluzione de Il Clan dei Barker con''Ma''Kate a fare da capofamiglia-capostipite delle future famiglie assassine del cinema di paura-del geniaccio Roger Corman),che ha fatto della propria fatiscente isolata fattoria un mattatoio di carne umana,antro fetido e infernale costellato di macabri trofei,'archivio' d'interminabili pile di album fotografici contenenti la personalissima storia di ciascuna vittima inerme caduta nellesanguinarie grinfie di costoro che anche il diavolo rifiuta,immortalata dal momento della cattura finoall'esalazione dell'ultimo respiro(come il‘peccatore accidioso’in Seven).
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Opera seconda di Mr.Zombie (La casa dei 1000 corpi segna il suo debutto al cinema),personaggio eccentrico,musicista,autore e regista di talento che ha trovato nelcinema(horror)il mezzo più idoneo per incanalare ed esprimere(sfogare)la sua fervida creatività macabra.“I reietti del diavolo” -questo il titolo originale- è un'opera estrema,singolare,sorprendente,suggestiva,ipnotica,dalleforti venature grottesche e dal sapore indubbiamente violento e malato.Il modello è il cinema horror targato anni '70,che gli permette di raccontarci di torbide soffocanti atmosfere,ambienti sudici,luoghi aspri desolati e senza tempo,dell'afa opprimente ed appiccicosa tipica del sud degli Stati Uniti(basti ricordare il Texas di Non aprite quella porta e il deserto della California de Le colline hanno gli occhi)e,soprattutto,delle vicissitudini di una 'stravagante' famigliola,killer nel dna(la moderna evoluzione de Il Clan dei Barker con''Ma''Kate a fare da capofamiglia-capostipite delle future famiglie assassine del cinema di paura-del geniaccio Roger Corman),che ha fatto della propria fatiscente isolata fattoria un mattatoio di carne umana,antro fetido e infernale costellato di macabri trofei,'archivio' d'interminabili pile di album fotografici contenenti la personalissima storia di ciascuna vittima inerme caduta nellesanguinarie grinfie di costoro che anche il diavolo rifiuta,immortalata dal momento della cattura finoall'esalazione dell'ultimo respiro(come il‘peccatore accidioso’in Seven).Road
horror-movie d'autore immerso in un'insolita cornice western,che ne esalta la durezza ed il carattere volutamente grezzo,crudo e disturbante,che ben sottolinea i caratteri dei personaggi,impregnando la storia tutta d'impressionante realismo.Torture,sangue,violenza efferata secondo lo stile ‘splat pack’,mai sopra le righe e mai gratuiti per un’opera obliqua,che si marchia a fuoco nella mente,che coinvolge e spiazza, travalicando il genere nel concentrarsi ad osservare l'umanità colta nel suo quotidiano squallore.Sicuramente originale nell’azzerare la classica equazione bello=buono,associando la normalità(e avvenenza)fisica alla mostruosità interiore.Follia vissuta come condizione di assoluta normalità,intesa addirittura come valore aggiunto,capace di distinguere ed elevare dalla massa ordinaria,informe e omologata.Citazioni cinefile, ottima fotografia,facce azzeccate,dialoghi e monologhi di reminiscenza tarantiniana ed una grande colonna sonora contribuiscono a rendere questo piccolo film un capolavoro horror del nuovo millennio, impreziosito da uno struggente,bellissimo finale: epilogo dagli echi epici che suggella la fine eroica di assoluti antieroi,quelli che la Settima Arte continua,instancabile,a raccontarci.
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a.l.
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lunedì 22 maggio 2006
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affinita' bestiali
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In una fattoria sperduta in mezzo al nulla vive una famiglia di mostri, che divora i viandanti: il confine fra noto ed ignoto è terra di esplorazione e di sfida per l’intelligenza e l’audacia umane, ed il pericolo per chi vi si addentra è di smarrire identità e ragione. L’archetipo è antichissimo, lo si trova già nell’”Odissea”, dove la capacità di sconfiggere il “disumano” segna l’atto di nascita del razionalismo pre-illuministico occidentale, ma è anche, capovolta, la situazione tipo del più conservatore dei generi cinematografici, l’horror, dove emerge insopprimibile e inconciliabile, sconfitto provvisoriamente, il male. “La casa dei 1000 corpi”, opera prima dell’ex leader di un celebre complesso rock, Robert Cummings, in arte Rob Zombie, rielaborava, sperimentando un mix delirante di musica dura e splatter, il motivo della casa isolata piena di cadaveri, e con “Devil’’s rejects”( “i rifiuti”, tradotto in italiano con il manualistico “La casa”)non abbandona i suoi grotteschi eroi, li segue nella disperata fuga, ne racconta la tragica sconfitta.
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In una fattoria sperduta in mezzo al nulla vive una famiglia di mostri, che divora i viandanti: il confine fra noto ed ignoto è terra di esplorazione e di sfida per l’intelligenza e l’audacia umane, ed il pericolo per chi vi si addentra è di smarrire identità e ragione. L’archetipo è antichissimo, lo si trova già nell’”Odissea”, dove la capacità di sconfiggere il “disumano” segna l’atto di nascita del razionalismo pre-illuministico occidentale, ma è anche, capovolta, la situazione tipo del più conservatore dei generi cinematografici, l’horror, dove emerge insopprimibile e inconciliabile, sconfitto provvisoriamente, il male. “La casa dei 1000 corpi”, opera prima dell’ex leader di un celebre complesso rock, Robert Cummings, in arte Rob Zombie, rielaborava, sperimentando un mix delirante di musica dura e splatter, il motivo della casa isolata piena di cadaveri, e con “Devil’’s rejects”( “i rifiuti”, tradotto in italiano con il manualistico “La casa”)non abbandona i suoi grotteschi eroi, li segue nella disperata fuga, ne racconta la tragica sconfitta. La chiave del film è l’adesione sentimentale/estetica al vitalismo deforme dei personaggi: il mondo barbarico e amorale, dove Dio, legge e giustizia si riducono a sete di vendetta e l’esistenza è caccia spietata al nemico o orgia animalesca nelle stanze di un bordello, è humus fertile per la ferocia dei massacratori. Zombie fa uscire i suoi demoni dalla clausura e li getta nel bel mezzo dell’inferno: il mitico west dei pionieri, ripreso qui nei paesaggi desertici e nella figure simbolo, messo alle strette e costretto a prendere le armi contro l’orrore, si toglie la maschera; l’epopea, nutrendosi delle sue stesse ossessioni, rivela la brutalità della sua ideologia. La vicenda di “Cockeye”, il vendicatore, è paradigmatica di un percorso di involuzione verso il tribalismo selvaggio, tragicamente parallello a quello del progresso storico. Il morbo satanico plasma il cosmo e nella galleria di corpi ripugnanti persino la grazia fisica di un volto incantevole di donna si rivoltola nel sangue e nel fango. Ma paradossalmente i mostri, grazie al rifiuto assoluto della socialità, conservano la purezza: la malvagità ha le sue fragilità nell’amore per il proprio simile e in questa zona d’ombra, al di là delle astrazioni della morale, si cela un’ironica parvenza di redenzione. Il nucleo familiare di carnefici dementi è coeso e solidale: i figli adorano padre e madre, hanno patetici ricordi di un passato felice, e la molla del loro agire è l’obbedienza alla legge di natura, da cui scaturisce la libidine sfrenata di compiere stragi. L’empietà raccapricciante è uno dei tanti volti, certo il più scabroso, della libertà istintuale, per la quale vale la pena morire: non è un caso se come in “Thelma e Louise” anche qui un’auto scoperta corre verso il vuoto. La fedeltà incondizionata all’impulso vitale motiva la trasgressione del serial killer e quella dell’artista, musicista o cineasta: il padre, veste i panni di un clown di Groucho Marx, il figlio cita “la fabbrica di cioccolato”, l’immaginario ricavabile dalle pellicole anni 70’ e rock da brivido fanno da sfondo, un burattino, rubato a “Le colline hanno gli occhi”, si acquatta deus ex-machina nell’ombra. “La casa del diavolo” invoca così la complicità dei cultori della settima arte, gli stessi sbeffeggiati nella persona del critico cinematografico consultato dallo sceriffo: questioni di affinità elettive del resto fra chi le bestialità le commette e chi le immagina.
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frz94
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lunedì 22 novembre 2010
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la casa del diavolo
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Dopo la casa dei 1000 corpi, Rob Zombie si è cimentato nel sequel: "la casa del diavolo" (il solito titolo in italiano forviante; il titolo originale suonerebbe come "i reietti del diavolo"). Un film indubbiamente molto violento, ma che ha qualcosa da dire oltre la violenza. La scena si apre con l'assedio della polizia al ranch della famiglia di maniaci e assassini del film precedente. Due di loro riescono a fuggire, mentre la diabolica madre viene fatta prigioniera; i fuggitivi non si limitano a far perdere le tracce, ma durante la fuga fanno prigionieri e seviziano quattro malcapitati. Perchè? Perchè non limitarsi a fuggire e accollarsi un ulteriore rischio?
In seguito si riuniscono con il vecchio capitan Spaulding e si nascondono da un pappone loro amico.
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Dopo la casa dei 1000 corpi, Rob Zombie si è cimentato nel sequel: "la casa del diavolo" (il solito titolo in italiano forviante; il titolo originale suonerebbe come "i reietti del diavolo"). Un film indubbiamente molto violento, ma che ha qualcosa da dire oltre la violenza. La scena si apre con l'assedio della polizia al ranch della famiglia di maniaci e assassini del film precedente. Due di loro riescono a fuggire, mentre la diabolica madre viene fatta prigioniera; i fuggitivi non si limitano a far perdere le tracce, ma durante la fuga fanno prigionieri e seviziano quattro malcapitati. Perchè? Perchè non limitarsi a fuggire e accollarsi un ulteriore rischio?
In seguito si riuniscono con il vecchio capitan Spaulding e si nascondono da un pappone loro amico. Ma sulle loro tracce c'è lo sceriffo Wydell, pari alle sue prede per ferocia e determinazione, che fa, del trovare i tre criminali, lo scopo della sua vita.
Un film in cui non si riesce a immedesimarsi con nessuno. Tutti sono marci e spietati, chi più, chi meno, in un mondo arido e desolato/ desolante come i luoghi in cui è ambientata la storia. Un film sulla negatività, la crudeltà e la casualità del mondo, che di gran lunga oltrepassa e annichilisce carnefici e perseguitati.
Il finale è girato con una maestria rara e nel complesso i dialoghi sono azzeccati, anche se a volte gratuitamente troppo volgari.
Da vedere.
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noia1
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domenica 12 ottobre 2014
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“non mi avrai mai sceriffo”
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La famiglia Firefly è in fuga, uno sceriffo dai modi inconsueti li bracca.
L’intero dizionario di Rob Zombie è chiuso in quest’ora e mezza.
Sorprendente, una serie di rimandi al cinema anni ’70 è una buona scusa per presentare una trama fuori da qualsiasi schema.
La sceneggiatura è travolgente, pazza, alleggerisce la trama all’inverosimile; scariche di violenza adrenalinica tengono attaccati allo schermo con inseguimenti e sparatorie piene si sangue e spappolamenti. Il vero clou però sono le sadiche torture psicologiche che i protagonisti dedicano alle vittime, peggiori poi perché di queste ultime si fa sempre un piccolo approfondimento psicologico, sono credibili e per questo fa quasi male vederli subire umiliazioni tali.
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La famiglia Firefly è in fuga, uno sceriffo dai modi inconsueti li bracca.
L’intero dizionario di Rob Zombie è chiuso in quest’ora e mezza.
Sorprendente, una serie di rimandi al cinema anni ’70 è una buona scusa per presentare una trama fuori da qualsiasi schema.
La sceneggiatura è travolgente, pazza, alleggerisce la trama all’inverosimile; scariche di violenza adrenalinica tengono attaccati allo schermo con inseguimenti e sparatorie piene si sangue e spappolamenti. Il vero clou però sono le sadiche torture psicologiche che i protagonisti dedicano alle vittime, peggiori poi perché di queste ultime si fa sempre un piccolo approfondimento psicologico, sono credibili e per questo fa quasi male vederli subire umiliazioni tali.
Sarebbe un film da dieci e lode se non fosse stato horror, o perlomeno, le atmosfere sarebbero dovute essere state più accentuate, ci sono momenti angoscianti definibili tali non perché trasmettono vere sensazioni ma per il fatto che questo si vede trasparire dalle vittime, si suppone quindi dovesse essere trasmesso anche allo spettatore.
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