krizia
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mercoledì 11 luglio 2007
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paura e delirio negli states
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Cosa non vi è piaciuto del film?
ho letto dei post negativi a riguardo. Sul piano narrativo credo tratti della decadenza della classe medio-alta americana (i due protagonisti sono rispettivamente un giornalista e un avvocato) E' il periodo Hippie, gli anni della guerra del Vietman e dell'esplosione di droghe di ogni genere. Credo che tutti noi siamo abituati a vedere il "rivoluzionario" o ribelle in abiti diversi da quelli proposti dai protagonisti il che l'impatto è forte: mi ha fatto pensare allo scompenso di quegli anni, rivolto non solo agli hippies o agli studenti ma a tutti, liberi professionisti compresi.
Credo che i nostri protagonisti si siano sentiti confusi o quanto meno appartenenti ad uno stato nazionale che si affermava come imponente e grandioso ma che in realtà cadeva a pezzi.
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Cosa non vi è piaciuto del film?
ho letto dei post negativi a riguardo. Sul piano narrativo credo tratti della decadenza della classe medio-alta americana (i due protagonisti sono rispettivamente un giornalista e un avvocato) E' il periodo Hippie, gli anni della guerra del Vietman e dell'esplosione di droghe di ogni genere. Credo che tutti noi siamo abituati a vedere il "rivoluzionario" o ribelle in abiti diversi da quelli proposti dai protagonisti il che l'impatto è forte: mi ha fatto pensare allo scompenso di quegli anni, rivolto non solo agli hippies o agli studenti ma a tutti, liberi professionisti compresi.
Credo che i nostri protagonisti si siano sentiti confusi o quanto meno appartenenti ad uno stato nazionale che si affermava come imponente e grandioso ma che in realtà cadeva a pezzi.
Chissà perchè allora proprio la scelta di Las Vegas? la città dei balocchi o meglio la città della finzione dove colori e musica forte vi stanno alla base. Un mondo finto insomma, il luogo del gioco e della perdizione, una metafora degli States di quegli anni secondo me e una critica al perbenismo. C'è un elemento che è presente in moltissime sequenze del film: la Bandiera americana che
Sa un pò di smarrimento come se fosse il punto di riferimento mancante per la gente, un altra protesta ovviamente antiamericana. E' la bandiera che non fa niente, è impotente ma sempre presente nel viaggio dei due.
Cosa non vi è piaciuto del film? la "storia"? com'è stata costruita?
forse si avvicina più a un documentario che a un film per certi versi. Una delle cose che mi ha colpito di più del film è la scelta delle inquadrature. studiatissime una per uno. Quando i protagonisti fanno uso di droghe la macchina da presa si storta, quasi per mettere a fuoco la realtà vista dagli occhi dei protagonisti.
Bellissime. I primi piani poi, i nani, le strade nel belmezzo del deserto le distorsioni dovute alle allucinazioni. Secondo me il Regista una volta nella vita ha mangiato funghi "magici" e ha fatto bene.
Poi scusate la colonna sonora. I Jefferson airplane. Stupenda è "White Rabbit" col suo tono ascendente finale che sembra dover melanconicamente esplodere come l'avvocato vorrebbe per se stesso nella sua vasca da bagno. Una canzone bella da morire che incornicia i protagonisti del film nel favoloso mondo de Las Vegas come Alice nel paese delle meraviglie (protagonista della canzone).
Benicio del toro è fantastico e così anche Johnny depp. Però nei contenuti speciali a Benicio hanno lasciato meno tempo....Uff!
ultima cosa un piano-sequenza che mi è piaciuto molto e che vorrei appuntare come link qui preso da YouTube. La parte bella comincia dal secondo minuto: la composizione della messa in scena, la tripla televisione in fondo e la continua inclinazione della macchina da presa.
http://www.youtube.com/watch?v=uVd-TE89PXY
a me è piaciuto molto questo film, un pò allucinogeno ma in fondo deve descrive l'allucinazione collettiva di una generazione e più che farcela vedere ce la deve far "sentire". E' la generazione americana di quegli anni ed è una storia vera.
Un ultima cosa che col film non c'entra e che è rivolta alle spettatrici: ma quanto è Figo Johnny Depp?
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[+] ma non è il periodo degli hippie!
(di nicoladc89)
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stefano montecchi
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giovedì 20 dicembre 2007
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lucido delirio gilliam
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Contrariamente al giornalismo freddo e puramente distaccato di Capote della fine degli anni sessanta, nei primi anni settanta viene presentato il giornalismo "gonzo" (cool, fico) di Hunter Thompson. Il film di Gilliam ne cavalca lo stile e si appropria del senso del romanzo quasi omonimo al film ("delirio" sostituisce il più letterario "disgusto").
Come lo fa? Lo fa distruggendo lo stereotipo dell'occhio distaccato del giornalista che racconta una storia, e contrapponendo ad esso la follia di un giornalista che non vive nessuna storia se non quella che si sta vagamente delinenando nel suo cervello drogato.
Non c'è retorica sulle droghe usate dal protagonista (interpretato da un Johnny Depp magistrale e come al suo solito "atipico") e dal suo compagno di viaggio (un avvocato che ha le sembianze sfatte e gli atteggiamenti disturbanti di un Benicio del Toro volutamente raccapricciante e pericoloso).
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Contrariamente al giornalismo freddo e puramente distaccato di Capote della fine degli anni sessanta, nei primi anni settanta viene presentato il giornalismo "gonzo" (cool, fico) di Hunter Thompson. Il film di Gilliam ne cavalca lo stile e si appropria del senso del romanzo quasi omonimo al film ("delirio" sostituisce il più letterario "disgusto").
Come lo fa? Lo fa distruggendo lo stereotipo dell'occhio distaccato del giornalista che racconta una storia, e contrapponendo ad esso la follia di un giornalista che non vive nessuna storia se non quella che si sta vagamente delinenando nel suo cervello drogato.
Non c'è retorica sulle droghe usate dal protagonista (interpretato da un Johnny Depp magistrale e come al suo solito "atipico") e dal suo compagno di viaggio (un avvocato che ha le sembianze sfatte e gli atteggiamenti disturbanti di un Benicio del Toro volutamente raccapricciante e pericoloso). Se c'è retorica, nel film, è quella che viene smascherata a proposito del buonismo, della politica americana, del grande sogno americano per come è stato concepito e per come ci è stato raccontato in tanti libri e film.
E' di questo che si tratta, del viaggio di un giornalista che non ha pezzi da scrivere: diventa egli stesso il pezzo da scrivere, la sua mente fatta a fette da mille sostanze stupefacenti lo porta a viaggiare oltre il sogno americano per fagli, infine, capire che questo sogno non c'è mai stato, che le intenzioni iniziali erano buone ma che tutto si è risolto in un nulla di fatto, anzi, che coloro che hanno intrapreso il viaggio per quel sogno americano, alla fine, si sono ritrovati ad essere dei vagabondi disadattati.
L'intelligenza e la morale del libro sono presenti anche in questo film, che accresce la visione eccessiva degli stati di alterazione mentale dei due protagonisti facendoceli anche piacere, dopo che lo spettatore sembra che abbia addirittura convissuto con loro.
Eccessivo, non per tutti, divertente e malsano ma, come un Bukowski in stato alterato, disincantato e nel profondo malinconico.
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raoul duke
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mercoledì 5 settembre 2012
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dove l'onda si è infranta, ed è tornata indietro
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Una pellicola che diventa la più forte rappresentazione della finzione, in un mondo dove la finzione prende giorno dopo giorno sempre più piede nella nostra quotidianeità. E' l'altra faccia della medaglia, è il minuto di stordimento di fronte ad una società che solo adesso, guardandoci indietro, possiamo definire grottesca. E' la bufala del sogno americano, il disgusto che nasce di fronte alla demenza quotidiana e la paura di graffiarla così forte da doverne pagare le conseguenze. Ma ecco dove il film diventa capolavoro: nella droga. Nessuna pellicola prima aveva mai realizzato una descrizione così bella e veritiera del mondo delle droghe acide, del mondo che inzia a sgretolarsi e a diventare energia pura.
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Una pellicola che diventa la più forte rappresentazione della finzione, in un mondo dove la finzione prende giorno dopo giorno sempre più piede nella nostra quotidianeità. E' l'altra faccia della medaglia, è il minuto di stordimento di fronte ad una società che solo adesso, guardandoci indietro, possiamo definire grottesca. E' la bufala del sogno americano, il disgusto che nasce di fronte alla demenza quotidiana e la paura di graffiarla così forte da doverne pagare le conseguenze. Ma ecco dove il film diventa capolavoro: nella droga. Nessuna pellicola prima aveva mai realizzato una descrizione così bella e veritiera del mondo delle droghe acide, del mondo che inzia a sgretolarsi e a diventare energia pura. Un film, che regala anche a chi non l'ha mai provato, un breve viaggio nel paradosso della droga, dove muore la speranza e rimangono solo i vetri infranti, rotti alla ricerca della luce in fondo al tunnel. Una trama frammentata che stimola all'inverosimile la curiosità dello spettatore, che lo rende protagonista della vicenda, per fargli capire che non è la solita pittoresca interpretazione di una serata all'insegna della sregolatezza. Un'avvertimento a ritmo di Jefferson Airplane, che sembra dire "Ehy, la vita va oltre il delirio di questo mondo", con parole e dialoghi che mai sarei stato in grado di immaginare prima della visione del film. Un'interpretazione magnifica di Johnny Depp e Benicio Del Toro, che riescono a rendere il tutto molto divertente. E' più di un film, è un regalo a se stessi.
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mrblonde90
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giovedì 23 dicembre 2010
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follia e sregolatezza di gonzo e duke a las vegas
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Terry Gillian( ex membro del famoso gruppo comico inglese "Monty Python") dirige un film grottesto e a tratti onirico sulle (dis)avventure di un giornalista, Gonzo( Jonnhy Deep) e del sul avvocato, Duke( Benicio del Toro) in giro per Las Vegas. Il film parte con loro che sfrecciano su una decappottabile nel deserto già "fatti" e con il bagagliaio pieno di tutte le droghe possibili e immaginabili. Dopo di che è tutto un susseguirsi di follie e di sregolatezze nella "città del peccato". L'intento di Gonzo è quello di scrivere un pezzo su di una gara motociclistica nel deserto e di ricerevere la visita di un fotografo, un tale La Serta, ma poi tutto va per il peggio.
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Terry Gillian( ex membro del famoso gruppo comico inglese "Monty Python") dirige un film grottesto e a tratti onirico sulle (dis)avventure di un giornalista, Gonzo( Jonnhy Deep) e del sul avvocato, Duke( Benicio del Toro) in giro per Las Vegas. Il film parte con loro che sfrecciano su una decappottabile nel deserto già "fatti" e con il bagagliaio pieno di tutte le droghe possibili e immaginabili. Dopo di che è tutto un susseguirsi di follie e di sregolatezze nella "città del peccato". L'intento di Gonzo è quello di scrivere un pezzo su di una gara motociclistica nel deserto e di ricerevere la visita di un fotografo, un tale La Serta, ma poi tutto va per il peggio. Tutto ciò che avviene nella pellicola si rivela essere poi tutto frutto di un delirio da mescalina, metefrina, etere e chi più ne ha più ne metta. Il film di Gillian ricalca la vita di una generazione di persone disincantata, rimasta con la mente al periodo hippy, a Woodstock, che deve far fronte ad una società spietata e fintamente per bene, che viene a Las Vegas per distruggersi economicamente nellla speranza di un sogno americano che qui sembra non esista. Il film è godibile anche se a tratti noioso. Tuttavia alcune scene sono veramente elisaranti, come quando Deep è sotto l'effetto dell' adrenocromo, o di quando Del Toro cerca di convincere Deep a buttare lo stereo nella vasca al culmine di "White rabbit". Comunque grande prova attoriale per i due protagonisti. Cameron Diaz compare in un cameo girato in ascensore. Ottima la canzone di sottofondo "Somebody to love" dei Jefferson Airplay.
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cinemalove
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venerdì 3 ottobre 2014
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allucinogeno
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Il vero punto forte è l'argomentazione delle droghe, dell'uso e dell'abuso fatto da parte dei protagonisti (Depp e Del Toro) raccontato in un modo visionario, tipico del repertorio di Gilliam. La trama se letta semplicemente sembra banale, ma il regista è bravo a coadiuvare tra loro gli eventi, tra un centinaio di pasticche, buste d'erba ed un intero repertorio di droghe. Il che rende tutto più sopra le righe, bizzarro a dir poco. Apprezzabile e non scontato il racconto dell'assunzione delle stesse, che rende partecipe lo spettatore dello stato d'animo con cui si svologono le scene. Fantastica, manco a dirlo, l'interpretazione di Depp e Del Toro.
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Il vero punto forte è l'argomentazione delle droghe, dell'uso e dell'abuso fatto da parte dei protagonisti (Depp e Del Toro) raccontato in un modo visionario, tipico del repertorio di Gilliam. La trama se letta semplicemente sembra banale, ma il regista è bravo a coadiuvare tra loro gli eventi, tra un centinaio di pasticche, buste d'erba ed un intero repertorio di droghe. Il che rende tutto più sopra le righe, bizzarro a dir poco. Apprezzabile e non scontato il racconto dell'assunzione delle stesse, che rende partecipe lo spettatore dello stato d'animo con cui si svologono le scene. Fantastica, manco a dirlo, l'interpretazione di Depp e Del Toro. Meritevole
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pointbreak
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venerdì 4 settembre 2015
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depp unico pilastro
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Apatico nonsense di un viaggio scanzonato e scalmanato a Las Vegas. Pellicola dal caldo gusto estetico, variopinta di effetti al limite del fumettistico. Il plot, a dir la verità, non ha né capo né coda, e si regge unicamente sulle gambe (spassose) di uno straordinario Johnny Depp.
Chi si approccia per la prima volta al film di Gilliam non può fare altro che notare – oltre alla giostra di scorribande dei protagonisti – un cast di tutto rispetto. Il compagno delirante di viaggio di Depp (un giornalista strafatto) è Benicio Del Toro, un avvocato samoano dal coltello facile, anche lui strafatto. Accanto a loro una carrellata di talenti quali l’autostoppista Tobey Maguire (Spider-man); la sempre gnocca Cameron Diaz; la giovanissima casperiana Christina Ricci nei panni di una pittrice amante di Barbra Streisand; lo sbirro della stradale Garey Busey (Point Break); la simpatica nei-panni-di-una-bionda Ellen Barkin; la fugace apparizione di Craig Bierko (Il 13° piano); e persino Flea, la “pulce” dei Red Hot Chili Peppers, non nuovo alle divagazioni attoriali (Ritorno al futuro 2 e 3).
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Apatico nonsense di un viaggio scanzonato e scalmanato a Las Vegas. Pellicola dal caldo gusto estetico, variopinta di effetti al limite del fumettistico. Il plot, a dir la verità, non ha né capo né coda, e si regge unicamente sulle gambe (spassose) di uno straordinario Johnny Depp.
Chi si approccia per la prima volta al film di Gilliam non può fare altro che notare – oltre alla giostra di scorribande dei protagonisti – un cast di tutto rispetto. Il compagno delirante di viaggio di Depp (un giornalista strafatto) è Benicio Del Toro, un avvocato samoano dal coltello facile, anche lui strafatto. Accanto a loro una carrellata di talenti quali l’autostoppista Tobey Maguire (Spider-man); la sempre gnocca Cameron Diaz; la giovanissima casperiana Christina Ricci nei panni di una pittrice amante di Barbra Streisand; lo sbirro della stradale Garey Busey (Point Break); la simpatica nei-panni-di-una-bionda Ellen Barkin; la fugace apparizione di Craig Bierko (Il 13° piano); e persino Flea, la “pulce” dei Red Hot Chili Peppers, non nuovo alle divagazioni attoriali (Ritorno al futuro 2 e 3).
Il pilastro del film però resta lui, Depp. Senza le sue maschere facciali straordinarie, il film non si reggerebbe in piedi. E non sarebbe diventato nemmeno popolare tra il pubblico. La pellicola entra a pieno titolo nei “drug movies” senza però eccellere. Niente a che vedere con Requiem for a dream, Trainspotting o il cult Blow, anch’esso affidato al camaleontico Depp. In questo folle e variopinto carosello, tra droghe e allucinazioni, si palesa il disegno di Hunter S. Thompson, autore del libro a cui si ispira il film, nonché inventore del “Gonzo journalism”, uno stile soggettivo basato sulle esperienze personali e le sensazioni (non a caso Dr. Gonzo è il nome dell’avvocato interpretato da Del Toro).
Uno sguardo Kerouachiano frutto della Beat Generation di quegli anni, tipicamente hippy e contro la guerra del Vietnam. Tema politicamente presente anche nel film, con le apparizioni comiche di Nixon (su tutte il poster con i baffetti di Hitler). Ci si aspettava qualcosa di più dalle scelte musicali. La curiosità dello spettatore è comunque appagata dalla sregolatezza di un’esperienza “delirante” che attira i più giovani.
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marcloud
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domenica 2 dicembre 2018
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come tuo avvocato ti consiglio di vederlo
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Un cult senza tempo che ha ispirato diversi registi e almeno una generazione di fumatori di marijuana. Un film assurdo, zeppo di momenti esilaranti e degno di essere annoverato tra i fondamentali. Forse non è adatto a tutti ma rimane una perla nel suo genere.
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milaru
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mercoledì 18 febbraio 2015
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pura finzione
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È un MUST. Rispecchia a pieno la movida americana di Las Vegas.
La storia tratta di due amici, uniti da un legame lavorativo (giornalista ed avvocato) che cercano lo sballo del weekend nella città "della paura e del delirio". Il film è ben fatto, la narrazione non è quasi mai lenta e, nonostante l'eccessiva durata di quasi 2 ore, sa incollare allo schermo; sicuramente la brillante interpretazione di J.Depp (nei lontani anni '90, e dunque ai suoi albori) sotto l'effetto dei più svariati tipi di acidi, insieme alla perenne voglia di (auto)distruzione di B. del Toro, saranno i due motivi principali che vorranno sì che guardiate tutto il film, titoli di coda compresi (durante i quali partirà uno dei tanti capolavori dei Rolling Stones).
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È un MUST. Rispecchia a pieno la movida americana di Las Vegas.
La storia tratta di due amici, uniti da un legame lavorativo (giornalista ed avvocato) che cercano lo sballo del weekend nella città "della paura e del delirio". Il film è ben fatto, la narrazione non è quasi mai lenta e, nonostante l'eccessiva durata di quasi 2 ore, sa incollare allo schermo; sicuramente la brillante interpretazione di J.Depp (nei lontani anni '90, e dunque ai suoi albori) sotto l'effetto dei più svariati tipi di acidi, insieme alla perenne voglia di (auto)distruzione di B. del Toro, saranno i due motivi principali che vorranno sì che guardiate tutto il film, titoli di coda compresi (durante i quali partirà uno dei tanti capolavori dei Rolling Stones).
Depp è perfettamente in grado di rispecchiare, inoltre, l'uomo medio che, tra acidi e razionalità, riuscirà comunque ad avere due pesi e due misure. Il finale è un po' come lo si aspetta, non ne resterete delusi e, probabilmente, lascerà un ghigno di sorriso stampato sulla faccia.
Consiglio vivamente (per chi leggesse, ovviamente), di leggere prima il libro e solo successivamente visionare il film.
Chi pensa che sia un film che si riduce a narrare la storia di due tossici, non ha capito completamente nulla. Thomson unico nel suo genere.
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n1k93xx
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giovedì 26 marzo 2015
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manifesto della cultura hippy
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<<Sei pronto ad insediarti in un albergo di Las Vegas, con l’intento di compiere una frode aggravata, con la testa piena di acido?>>.
Raul Duke, giornalista, accompagnato dal suo amico e avocato Dott Gonzo, deve scrivere un articolo su una corsa di moto a Las Vegas.
Il viaggio si trasforma, ben presto, in un’avventura dai colori psichedelici ed esilaranti.
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<<Sei pronto ad insediarti in un albergo di Las Vegas, con l’intento di compiere una frode aggravata, con la testa piena di acido?>>.
Raul Duke, giornalista, accompagnato dal suo amico e avocato Dott Gonzo, deve scrivere un articolo su una corsa di moto a Las Vegas.
Il viaggio si trasforma, ben presto, in un’avventura dai colori psichedelici ed esilaranti.
L’intento di Gonzo e Duke è di incassare l’accreditamento della stampa per trasformare un viaggio di lavoro in una vacanza stupefacente! Il loro arsenale comprende:
2 buste di erba,
75 palline di mescalina,
5 fogli di acido,
una saliera di coca,
½ litro di etere puro,
alcolici…
Il film, carico di scene suggestive, proietta lo spettatore nella dimensione del surreale. È emblematica la scena in cui il giornalista, Raul Duke, si reca allo sportello della reception in preda alle allucinazioni.
L’impressione dominante è che chiunque, almeno una volta nella vita, vorrebbe compiere una simile avventura.
Il film potrebbe essere considerato il manifesto della cultura Hippy. I racconti malinconici del protagonista lasciano intravedere i segni di questa cultura. L’apogeo della demistificazione si realizza nella San Francisco degli anni 60’. Dove, ricorda il giornalista, il senso di vittoria sul retrogrado e sul male è come la cresta dell’onda. Ma lungo una collina di Las Vegas possiamo scorgere il punto in cui l’onda si infrange e torna indietro. Un decennio più tardi lo scenario del mondo, prima sgargiante e scintillante, diventa a tinte fosche. La cultura dell’acido si sfrangia nella dicotomia tra la dimensione ideale e utopistica e la realtà “macabra e rapace”.
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brando fioravanti
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lunedì 14 gennaio 2013
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solo delirio
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Un giornalista sportivo parte per las vegas per documentare la corsa nel deserto. Durante il viaggio fa uso di ogni tipo di droga fino ad arrivare ad un totale delirio. Mano a mano ci si ritrova catapultati in una avventura goliardica e surreale. Il talento visionario di Gilliam è fuori questione come la bravura degli attori protagonisti, il problema è che la fantasia non è minimamente bilanciata da un pò di razionalità. Seppure il film riesce a essere a tratti memorabile, fa fatica a reggersi su un susseguirsi di scene che non hanno una vera storia.
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