Il Casanova di Federico Fellini |
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Un film di Federico Fellini.
Con Donald Sutherland, Tina Aumont, Daniel Emilfork, Olimpia Carlisi, Margareth Clementi.
continua»
Biografico,
durata 165 min.
- Italia 1976.
MYMONETRO
Il Casanova di Federico Fellini
valutazione media:
3,53
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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fra morte e vita, autocontrollo e abbandonodi Francesco Di BenedettoFeedback: 0 |
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venerdì 12 gennaio 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Da parte dell’autore un tentativo di appercezione che coinvolga in primis la propria dimensione più direttamente carnale, uno spalancarsi voluttuoso, insistito delle interiora per esserne risucchiati in un viaggio all’interno e al fondo del corpo: fiamme, calore, volti esasperati e sconvolti dall’eccesso, vortici e tempeste, umoralità e impulsività esternate senza freni inibitori nella convulsione caotica del movimento; il tutto sublimato da una messa in scena dalle istanze fortemente estetizzanti nella gestione, capillarmente estesa ad ogni singolo momento compositivo, delle inquadrature, nonostante la dimensione quanto mai terrea, ipertrofica e cumulativa del materiale corporeo presente nelle stesse. Come contrappunto a un viaggio sensorio tanto calamitante, estremo e viscerale quanto maschilisticamente solipsista, mentale ed irreale, sorprendono nel protagonista narcisismo puerile, controllo e freddezza nel relazionarsi ad un’alterità così immensa, irretente e procellosa, oceano di desiderio e di frustrazione cui è naturale abbandonarsi; di qui i tratti ironici e beffardi con cui viene dipinto il personaggio e una sorta di presa di distanza “sentimentale” da parte dell’autore, che fa tutt’uno con la presa di distanza del personaggio stesso nei confronti delle donne che si ritrova a possedere; di qui il rilievo attribuito nell’opera al parossistico e al diverso quale tangibile risorsa di stupore, alito vitale, possibilità concreta di estraniarsi dalla propria cecità e impotenza emotive, dalla propria goffaggine esteriore, rivelatisi poi puntualmente inidonei a sortire alcun effetto sul protagonista. In questo raffreddamento dell’umoralità, in questo suo tendere all’automa, ad un modello formale asettico nella mera collezione dei coiti, l’esperienza esistenziale del Casanova si avvicina allo spaccato antropologico, parimenti settecentesco, che ci dà Barry Lyndon. D’altra parte la rappresentazione del femminile, in tutta la sua carica eversiva di espressività, nell’estremità e nel calore dell’ostentazione carnale, farebbe pensare ad un atteggiamento quanto meno di sincerità, abbandono, tuffo eroico in un abisso che, certo, porterà alla malattia, alla prostrazione e consumazione fisica, alla vecchiaia. Al personaggio concreto sembrerebbe così accompagnarsi uno virtuale, proiezione di quello che il primo non ha voluto o non è riuscito ad essere, disposto com’è a vivere fino in fondo, fino al travolgimento e alla rovina, il fisicamente altro da sé e le proprie pulsioni, in sintonia emotiva con l’autore
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