La battaglia di Little Big Horn, con la vittoria dei Pellirosse sul generale Custer e il suo 7º Cavalleggeri, ambientato negli anni '70 nella buca provocata dai bulldozers durante lo smantellamento del quartier des Halles a Parigi, con i diseredati e gli sfrattati nella parte dei Pellirosse.
“Les Halles de Paris è stato il nome delle halles centrales, mercato di vendita all'ingrosso di prodotti alimentari freschi, situato nel I arrondissement di Parigi, il cuore della capitale francese”(Wikipedia).
Ferreri gioca con gli stereotipi del western creando un parallelismo con la contemporaneità: un esempio sono i nomi delle tribù indiane, come i Cheyenne, che vengono affiancati ai Palestinesi e ai calabresi.
La decostruzione di questi stilemi cinematografici permette a Ferreri di smascherarne la mitologia: dietro la conquista eroica della frontiera ci fu un vero e proprio genocidi, ed anche oggi la sopraffazione del più debole per motivi economici è alla base della cultura occidentale, del capitalismo.
“Quando penso ai Pellirosse, io penso al proletariato e al sottoproletariato che si lascia schiacciare e umiliare”(Marco Ferreri).
La scelta di inscenare proprio la battaglia di Little Big Horn mostra la volontà dell'autore di sottolineare la distruzione di tale ideologia, la necessaria fine di un pensiero così radicalmente malsano e intollerante.
Il regista spiega inoltre che il western è un genere che permette di esprimere concetti in modo elementare, come “Dio, Patria, Famiglia”. Altrettanto facilmente il film parla di razzismo, pregiudizio, progresso che va a discapito delle fasce sociali più basse, guerra, genocidio, ecc.... Tutti argomenti tristemente attuali. Per questo motivo Non toccare la donna bianca, nonostante possa sembrare a tratti ingenuo e datato, è in realtà invecchiato piuttosto bene, grazie appunto la semplicità con cui vengono espressi i concetti, unito alla grottesca idea di inserire dei personaggi storici in un contesto moderno.
Importante anche la scelta della location: “(...) le Halles di Parigi rappresentano un ambiente ideale per raccontare questa storia, la storia di un genocidio(...) Un enorme buco al centro di tale scenario. Fa pensare a un'area dove si distruggeva e ricostruiva. Uno scenario mobile per una storia eterna”.(Marco Ferreri).
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