Messaggero d'amore

Un film di Joseph Losey. Con Julie Christie, Margaret Leighton, Alan Bates, Michael Redgrave Titolo originale The Go-Between. Drammatico, durata 110 min. - Gran Bretagna 1970. MYMONETRO Messaggero d'amore * * * * - valutazione media: 4,17 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Meno sociologico e più umano Valutazione 3 stelle su cinque

di Fabal


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giovedì 30 gennaio 2014

Il piccolo Leo, prossimo ai tredici anni, trascorre l'estate nella residenza estiva del compagno Marcus, la cui famiglia è aristocratica. Da subito il ragazzino instaura un rapporto speciale con la sorella maggiore di Marcus, la diciottenne Marian. In gran segreto, una volta ottenuta la fiducia di Leo, la ragazza lo incarica di consegnare delle lettere a Ted, lo stalliere della tenuta. Leo diventa così il "messaggero d'amore" tra i due: prima svolge il suo compito per devozione a Marian, ma poi inizia a intuire la natura del legame segreto e vuole saperne di più.
Con questa ultima sceneggiatura al fianco di Losey, Pinter amplia l'ottica del dramma frontale e introduce più personaggi, tutti diversi, legati da un sistema di relazioni complesse e implicite. Quel che che già distanziava L'incidente da Il servo, è ora consacrato in Messaggero d'amore: ventilata dagli ariosi landscapes del Norfolk, la pellicola si dipana in modo organico e per nulla autoreferenziale, filtrando la logica del gap classista con la più genuina curiosità che un tredicenne nutre per l'amore e il sesso. Meno sociologico e più spontaneo, The Go-Between è inferiore a The servant per stile e dettaglio registico, ma superiore per umanità narrativa e sincerità verso lo spettatore. Ancora presente è il classico tema pinteriano della manipolazione, affrontata stavolta con piglio molto delicato: se il ruolo di Mercurio, affidato a Leo, è il frutto di una "manipolazione" da parte dei due amanti (che in tal caso non farebbero una gran figura), è altrettanto vero che il consenso del ragazzino non è mai incondizionato e diventa anzi oggetto di scambio.
Inoltre, e per la prima volta in tutta la "trilogia", si può scorgere più di una concessione al bagaglio emotivo dei personaggi, facendo emergere almeno un'identificazione positiva con il piccolo Leo, il cui animo tutto sommato innocente resta tale anche dopo il rito di malocchio ai danni di Marian. Bella e sorridente, interpretata da un'ottima Julie Christie, la ragazza si arrocca in un tormento autentico, forse malizioso ma non ipocrita. A differenza della glaciale Anne de L'incidente, le cui azioni sempre distaccate dall'ottica emotiva si dipanavano con scarsa chiarezza, Marian è mossa da sentimenti netti e contrastanti, vinti dalla spietata logica di classe di un'aristocrazia i cui rampolli non abbagliano certo per lungimiranza. Facile bersaglio di Losey è l'ingenuità autolesionista di Lord Triminghan, che sostenendo "non c'è colpa che sia della donna" si dimostra ignaro dell'intera vicenda, per non dire anacronistico. Stavolta, però, il finale non è all'insegna del sovvertimento.

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