
Anno | 2024 |
Genere | Horror, Thriller, |
Produzione | USA |
Durata | 85 minuti |
Al cinema | 175 sale cinematografiche |
Regia di | Steven Soderbergh |
Attori | Lucy Liu, Chris Sullivan, Callina Liang, Eddy Maday, West Mulholland Julia Fox, Daniel Danielson, Robert Jimenez, Lucas Papaelias, Natalie Woolams-Torres. |
Uscita | giovedì 24 luglio 2025 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | 3,81 su 19 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 9 luglio 2025
Una ghost story che fa vivere allo spettatore un'esperienza unica e impressionante. Presence è 7° in classifica al Box Office. mercoledì 30 luglio ha incassato € 23.190,00 e registrato 48.039 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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La famiglia di Chris e Blue, figli di una manager in carriera e di un compassato genitore, si trasferisce in una casa in periferia, un edificio ristrutturato che ha almeno un secolo alle spalle. Blue è ancora traumatizzata per la morte di un'amica, mentre Chris mostra scarsa sensibilità nei suoi confronti e cerca di tirar fuori il meglio dalla vita nel nuovo quartiere. Le dinamiche familiari complesse - una madre più affezionata al figlio che alla figlia, dominante verso il marito - si mescolano alla consapevolezza che nella casa si annida una presenza fantasmatica invisibile, dapprima percepita dalla sola Blue ma poi evidente per tutti.
Chi ha paura del film concettuale? Di certo non Steven Soderbergh, che da diverso tempo persegue l'idea di un cinema indipendente che lavori su due livelli: uno di intrattenimento puro, di cui è maestro, che non disdegna incursioni nel genere; e uno che riflette sull'audiovisivo e sulle sue inafferrabili evoluzioni recenti.
Unsane raccontava di uno stalker nella dimensione claustrofobica del formato iPhone, Kimi - scritto insieme a David Koepp come Presence - di un intrigo noir nell'era del Covid e delle intelligenze artificiali. In Presence l'ambito è quello dell'horror soprannaturale, ma la scelta di girare il film interamente in una soggettiva grandangolare, aderendo totalmente al punto di vista del fantasma, è il dispositivo che caratterizza il film e lo rende unico. Non solo perché condiziona la narrazione cinematografica, attraverso la tecnica hitchcockiana di dissolvenze in nero che si traducono in passaggi temporali da un giorno all'altro. Ma perché induce a una riflessione più profonda sulla necessità inesauribile di guardare che affligge la società contemporanea.
La soggettiva del fantasma è anche quella effettivamente di Steven Soderbergh, che in Presence è anche cameraman (sotto pseudonimo) oltre che regista. Ma è anche la soggettiva del cinema, che lavora da sempre sul piano teorico con il fantasmatico e che crea situazioni di finzione di fronte a noi. Ma come si pone questo occhio-macchina da presa rispetto a noi spettatori?
Domina il tempo e lo spazio, come il cinema. Si muove liberamente e senza tagli di montaggio per la casa, come il cinema. Assiste anche ai momenti più intimi di sconosciuti, inclusi i rapporti sessuali, come solo il cinema può fare. Soderbergh ribalta la prospettiva di anni di film su home invasions e case infestate, per girare qualcosa che appartiene a questi sottogeneri e al contempo è poco interessato agli stessi. Chi ha accusato la sceneggiatura di Koepp di essere carente o schematica non ha compreso che il livello lineare della trama è volutamente scarnificato e disossato perché la polpa sta altrove, su quel piano teorico che pochi come Soderbergh hanno il potere di semplificare e avvicinare al pubblico di massa (diversamente da molti autori celebrati dai maggiori festival di cinema).
C'è sì il macguffin, così come il gioco di inganni con lo spettatore con twist finale alla Shyamalan, ma è come se Soderbergh scherzasse con il cliché utilizzandolo sapientemente, pur di raccontare quel che davvero intende comunicare. Il fantasma, che è da sempre un fondamentale elemento del cinematografo, assume molteplici significati: protezione invisibile e ultraterrena di cui necessita una teenager avvenente in questo triste mondo malato; presenza indiscreta e indissolubilmente associata con la soggettiva del regista che è inevitabilmente voyeuristica (e si rifugia nell'armadio come il suo ruolo di "mostro" nel film dell'orrore le impone, da Velluto blu a Babadook).
O, forse, concretizzazione della nostra ossessione scopica, che ci sta conducendo in territori psicologici e comportamentali a noi ignoti, che sta evolvendo la specie umana in qualcosa che ancora non comprendiamo e che ci porta a smarrire l'essenza basilare di ciò che, come specie, ci ha condotto fin nel terzo millennio. Tutto questo, e altro ancora, è celato sotto le sembianze di un film di serie B a basso budget. È un'affermazione che può apparire come una ripetizione, specie a così breve distanza da Black Bag, ma non c'è nessuno che abbia compreso il presente, i suoi limiti e i suoi pericoli, come Steven Soderbergh.
Da Soderbergh si pretende di più. Sembra non abbia rivisto il suo film dopo il montaggio. Vari errori narrativi e due macroscopici. Il film vuole apparire psicologico, ma le reazioni di tutti sono non credibili; perfino quelle della "presenza". Meno di un'ora e mezzo pur essendo infarcito di scene lentissime (per non dire "ferme").
"Presence" di Steve Soderbergh arriva ora nelle nostre sale, dopo essere stato presentato con successo all'ultimo Sundance Film Festival e aver ricevuto il plauso della critica internazionale. Il regista americano stavolta si dedica all'horror, ma lo fa con un film atipico, concettuale, metaforico, molto personale ma con cui sa cucire una metafora universale.
Una vecchia casa americana è abitata da una (indefinita) presenza, attraverso il cui sguardo lo spettatore assiste alla visita di potenziali acquirenti. Nella dimora si trasferisce infine la famiglia Payne, nella quale Blue e Chris sono i figli adolescenti di una coppia in cui la madre è figura dominante e non nasconde la propria preferenza per il maschio, mentre il padre cerca di compensare il gap [...] Vai alla recensione »
Steven Soderbergh racconta che c'era un fantasma nella sua casa di Los Angeles. Una sera, un'amica che stava badando al gatto dei coniugi Soderbergh vide qualcuno, o qualcosa, che dal bagno camminava verso la camera da letto. Ma in casa era sola. Più tardi i Soderbergh scoprirono che negli anni 80 una donna era morta nella casa, probabilmente suicida.
L'ultimo film di Steven Soderbergh ha molto in comune con i suoi precendenti Unsane (2018) e Kimi (2022): premesse chiare e semplici, sostanzialmente legate a un'unica ambientazione, che si prestano a un mare di possibilità. In questo caso abbiamo la prospettiva capovolta di una storia di fantasmi. Noi (o meglio la cinepresa) siamo il fantasma. Siamo sia spettatori sia parte attiva della narrazione [...] Vai alla recensione »
Carriera rara di sperimentazioni affascinanti e prodotti mainstream di successo quella di Soderbergh. Qui entra a gamba tesa (è girato interamente in soggettiva deformata e puntellata da dissolvenze in nero) nel genere horror soprannaturale, nel punto di vista del... fantasma! Immancabile la casa di vecchia data e la famigliola con trauma da elaborare, ma che atmosfera e che avventura visiva.
Facciamo un test. Andate all'uscita di un cinema frequentato da appassionati, oppure sceglie te i più attenti tra i vostri amici, e buttate lì la domanda: chi ha diretto "Traffic", "Erin Brockovich", "Ocean Eleven", "Dietro i candelabri", "Magic Mike", "Contagion", "Full Frontal", più due film su Che Guevara? Pochi risponderanno senza esitazioni: Steven Soderbergh.
La benestante famiglia Payne i coniugi Rebecca (Liu) e Chris (Sullivan), insieme ai figli adolescenti Chloe (Liang) e Tyler (Maday) si trasferisce in un quartiere residenziale di un'anonima cittadina americana. Ma uno spirito invisibile, in agguato negli anfratti dell'appartamento, sta già osservando i nuovi arrivati, la cui serenità è solo una fragile apparenza: Rebecca e Chris sono consumati dalla [...] Vai alla recensione »
Difficile immaginare un regista più prolifico di Steven Soderbergh (1963). Da Sesso, bugie e videotape (1989), il suo fulminante film d'esordio con cui (il più giovane di sempre: 26 anni!) vince la Palma d'Oro a Cannes, Soderbergh ha girato 36 film. Poiché di anni da allora ne sono trascorsi per l'appunto 36, ciò significa molto banalmente un film all'anno.
Soderbergh dirige un horror concettuale, interessante come linguaggio registico, ma che ha un difetto: non fa paura. Una famiglia, dove spicca mamma Lucy Liu, si trasferisce in una casa, tra problemi personali e una presenza, in teoria, inquietante. Ci avesse fatto un corto, sarebbe stato perfetto, ma dilatare il tutto per 85 minuti finisce per stancare, colpa anche dei troppi cliché.
La famiglia Payne, protagonista di Presence, il nuovo sorprendente film di Steven Soderbergh, si trasferisce in una nuova casa nel tentativo di iniziare una nuova vita, dopo il trauma che ha colpito la figlia minore, Chloe, che ha visto morire di overdose la sua migliore amica. Ma in questa nuova abitazione, una villa grande e lussuosa dagli interni eleganti e labirintici, c'è qualcuno ad attenderli. [...] Vai alla recensione »
Presence è una ghost story. Letteralmente: è l'entità che infesta la nuova dimora dei Payne la protagonista del nuovo film di Steven Soderbergh. È attraverso il suo punto di vista - i suoi occhi sono quelli della macchina da presa - che seguiamo una famiglia dai rapporti sfilacciati per meno di un'ora e mezza. Questo regista prolifico, che ama sperimentare e avventurarsi senza paura in sentieri inesplorati, [...] Vai alla recensione »
Soderbergh, malgrado alcuni lavori perlomeno interlocutori, dovuti anche alla sua grande prolificità, conserva intatto il gusto per la sperimentazione, nell'ambito di una ricerca personale volta a sondare i limiti dell'inevitabile connubio tra sguardo e narrazione. Dell'intero cinema, non solo del suo, altrimenti non si spiegherebbe la spinta che lo ha indotto a rimontare I cancelli del cielo di Cimino [...] Vai alla recensione »
Sì. Presence è un altro capolavoro di Steven Soderbergh. Uno dei più cristallini e assoluti, se proprio dobbiamo essere onesti. Anche se è vero che rischiamo di ripeterci ogni volta su questo cineasta così incompreso e trascurato da un gusto sempre più omologato dalla magniloquenza e dal pigro sensazionalismo del "grande" cinema nostalgico che va tanto di moda oggi.
Il cinema, questo fantasma. Se in Here Zemeckis tiene ferma nello spazio una macchina da presa perché il cinema oggi possa essere una finestra aperta sul tempo, un testimone della profondità della Storia, il film di Soderbergh rilancia: girato come al solito dallo stesso regista come operatore e direttore della fotografia (con l'aka Peter Andrews), oltre che da lui montato (nom de plume Mary Ann Bernard), [...] Vai alla recensione »
Fare horror puro senza mostrare nulla. In pochi ci riescono, e tra questi si è egregiamente distinto Steven Soderbergh, il cineasta "totale" notoriamente capace di eccellere in qualunque genere, formato, linguaggio. A dire il vero, il prolifico autore nativo di Atlanta si era finora cimentato in tutto tranne che nel cinema orrorifico, un desiderio alimentato da decenni, ma mai affrontato.
Che cosa significa davvero abitare uno sguardo? Nel film Presence (2024), Steven Soderbergh assume questa domanda come principio fondante di un esperimento radicale, un cinema in cui lo spettatore diventa, letteralmente, lo sguardo di un fantasma. Non uno spirito tormentato, minaccioso o rancoroso, ma una presenza sottile, quasi benevola, vicina a quel «fantasma della pura immanenza» evocato da Gilles [...] Vai alla recensione »
Una normale famiglia americana si trasferisce in una tipica casa di un tipico sobborgo americano. Ma poco a poco capiscono di non essere soli. Tuttavia, questo non è il consueto film di case infestate: il regista è Steven Soderbergh e questo ci fa capire che Presence non è il solito horror. Presence inizia con una lunga sequenza in soggettiva che parte dall'interno di un armadio per arrivare fino [...] Vai alla recensione »
In concorso alla 34esima edizione del Noir in Festival il nuovo film del premio Oscar Steven Soderbergh, Presence, è un thriller horror psicologico con protagonista Lucy Liu. Un genere inedito per il regista, che nel corso della sua prolifica carriera è stato capace di destreggiarsi con film molto diversi tra loro: da Erin Brockovich a Ocean's Eleven, da Traffic a Magic Mike.