Dopo aver tentato la carriera letteraria, fa il suo esordio nel cinema nel 1946, come produttore e sceneggiatore di Enamorada di Emilio Fernandez raggiungendo poi la notorietà (di pubblico e di critica) nel 1953 con Radici. Il film (prodotto da Manuel Barbachano-Ponce e da Carlos Velo) esce dagli schemi abituali del cinema messicano. Facendo propria la lezione del neorealismo quella di Que viva Mexico! (Lampi sul Messico, 1933) di S. Ejzenstejn e, per certi versi, quella bunueliana, il regista costruisce il suo film in quattro parti (formula produttiva abituale di Ponce e Velo), assumendo come protagonista il popolo indio, di cui descrive le misere condizioni di vita. Il film ottiene il premio della critica internazionale al Festival di Cannes del 1955 e fa pensare che sia nato un altro grande regista. Il regista invece sceglie il cinema commerciale, con le sue più viete convenzioni. Così non vale la pena di parlare di Los amantes (Gli amanti, 1956) o di Café Colon (Caffè Colon, 1958), di Sfida implacabile (1961) o di Los jovenes amantes (I giovani amanti, 1970) o ancora di El fantasma del lago (Fantasma del lago, 1978). Più interessanti appaiono due suoi film degli anni '60: Toro negro (Toro nero, 1960), ambientato nel mondo delle corride minori e The Time and the Touch (Il tempo e il tatto, 1962), una produzione americana che firma con lo pseudonimo di Carlos I. Arconti. Qui il regista affronta con una certa finezza psicologica l'inconsueto rapporto tra un giovane, una vecchia vedova e un omosessuale. In seguito si dedica a imprese di ordinaria amministrazione commerciale, indulgendo al gusto dell'horror e del melodramma che si rifà ai modelli della produzione statunitensedi serie B.
Da Nuovo dizionario universale del cinema - Gli autori, Editori Riuniti 1996