Ginger e Fred |
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Un film di Federico Fellini.
Con Marcello Mastroianni, Giulietta Masina, Franco Fabrizi, Frederick Ledenburg, Martin Maria Blau.
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Commedia,
Ratings: Kids+16,
durata 92 min.
- Italia 1985.
MYMONETRO
Ginger e Fred
valutazione media:
3,44
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La dolce vita anni '80di jekyllFeedback: 2700 | altri commenti e recensioni di jekyll |
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mercoledì 16 dicembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Il cinema di Fellini ha assunto nei suoi ultimi film uno sguardo sempre più cupo e sgomento In “Ginger e Fred” egli dimostra la profeticità di chi coglie in anticipo i segni dell'apocalisse. Protagonista, insieme a Pippo e Amelia, sublimi Mastroianni e Masina, la cui storia egli narra con tono delicato, in magnifico contrasto con tutto il resto, è la civiltà televisiva (contemporanea, ma con radici in quella della tv che oggi ci sembra migliore), una realtà di finzione, di falsi (sottolineata dalla presenza nel film di sosia di personaggi famosi) che rispecchia una società di valori apparenti, senza verifiche. Quella che racconta Fellini è una televisione che dà legittimazione a qualsiasi imbecille e per la quale viviamo nel migliore dei mondi possibili, non importa se all'esterno fumano i sacchi dell'immondizia e gli stessi cartelloni pubblicitari (la pubblicità - contro la quale Fellini in sé non aveva nulla, era contrario al fatto che i film venissero spezzettati dalla stessa - è l'anima di questa tv) sembrano l'illustrazione dell'inferno. Fellini ha sempre operato un processo di deformazione caricaturale, un intervento di chiarificazione magistrale della realtà, come nelle immagini dilatate e barocche de ”La dolce vita”. Da un certo punto in poi non c'è stato più bisogno di intervenire: in “Ginger e Fred” alcune riprese sono effettuate dalla realtà stessa, senza trucchi o forzature. Ma a muovere Fellini non è lo sdegno per una modernità che a pare fare a meno dei valori in cui egli si era sempre riconosciuto; egli comunque rispetta e riesce a sorridere. Affiora invece persino una filosofia del successo (il protagonista si vedrà chiedere l'autografo), l'orgoglio di avergliela fatta, di esserci riusciti; oltre il facile moralismo (anch'esso sbeffeggiato da Fellini in questo film) nei confronti del successo e della volgarità. Che vuol dire che vivere, anche in una realtà spesso che appare poco nobile, sgradevole, che atterrisce, dà già abbastanza. Il mesto finale deciso da Fellini é emblematico: bisogna accettare il proprio destino e non rinchiudersi in un conservatorismo ostile al nuovo. Molti intellettuali e moralisti italiani all'epoca si unirono al nuovo vento francese (con i gollisti al governo al posto dei socialisti che avevano appoggiato Berlusconi nel suo tentativo di entrare nel mercato televisivo d'oltralpe) nell'interpretazione antiberlusconiana del film, attaccando molto pesantemente l'impreditore, con tanta furia quanta miopia. In realtà Fellini, molto più lungimirante, stava raccontando una favola guardando come sempre aveva fatto nel profondo dell'anima italiana, in una mutazione culturale, mentale più che di costume cui la televisione é solo specchio, riflesso, manifestazione.
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