Dopo aver visto "I sette samurai" è venuto spontaneo chiedermi perchè tale film sia da decenni considerato un caposaldo del cinema mondiale.
La risposta non può essere immediata, in quanto ritengo che questa pellicola vada considerata tenendo conto del contesto culturale che espone e che fa rivivere. Senza un minimo di conoscenza della cultura e della storia giapponese è infatti non solo superficiale ma anche irrispettoso giudicare a priori le intenzioni di quest'opera.
Che sia un film tecnicamente ben realizzato è chiaro: le ambientazioni, il montaggio in perfetto stile Kurosawa che ricorda e porta avanti la strepitosa innovazione di "Rashomon" (che ha ispirato generazioni di registi), la bellissima fotografia in bianco e nero e soprattutto la straordinaria bravura degli attori sono tutti elementi apprezzabili e di qualità.
Per comprendere però, come dicevo sopra, la grandezza di questo film bisogna analizzarlo considerando la filosofia e la cultura giapponese, e nello specifico quella "samurai", rapportata alla visione e all'interpretazione personale che Kurosawa ne ha saputo dare.
Il termine samurai significa letteralmente "servitore" e indicava la nobiltà guerriera, guerrieri valorosi ma con un senso dell'onore, del rispetto e soprattutto della cultura elevatissimi.
Penso che Kurosawa abbia colto nel segno. Il regista ci ha infatti mostrato il vero senso della cultura samurai, cioè il servilismo e l'umiltà.
I samurai ronin, assoldati e guidati da Kanbei Shimada, danno infatti segno di un'umiltà e di un'umanità straordinarie combattendo, rischiando (e alcuni perdendo) la vita per qualche pugno di riso, difendendo i contadini dai ripetuti attacchi dei briganti soprattutto per l'onore e per i valori profondi che essi avevano impressi nel loro essere.
Per sapere se la visione di Kurosawa sia un po' troppo "poetica" si dovrebbe conoscere più a fondo la cultura del Giappone di quell'epoca, ma ciò che è certo è la stupenda lezione che il film ci dona, intatta ai segni dei tempi, sulla gratuità e sul dono di se stessi agli altri.
I samurai non hanno nulla da guadagnare, anzi hanno moltissimo da perdere inoltrandosi in queste battaglie, ma c'è qualcosa di più profondo e importante del semplice tornaconto personale che li spinge.
Il senso di questo film è senza dubbio una luce luminosissima anche e soprattutto per il nostro tempo, caratterizzato da una società così malata e corrosa da un egoismo imperversante. Ciò sta a testimoniare che le grandi verità e le grandi opere vanno al di là del tempo.
Ho visto qui anche commenti negativi e voci "fuori dal coro": ci possono stare, il flm è complesso e non di facile vedibilità, ma lo spessore dell'opera è fuor di dubbio in quanto occorre considerare il senso profondo e i valori che essa esprime oltre a ciò che si vede e alle scene d'azione, che pure, a mio parere, sono ottime.
Una nota puramente personale non può non andare all'atmosfera straordinaria che mi dona ogni film di Kurosawa: anche stavolta il grande regista ha saputo trasmettermi un nobile e grandioso senso di pace e di serenità, nonostante i molti momenti di tensione del film splendidamente sottolineati da musiche gravi e inquietanti; è una dote veramente rara questa e che non ho ritrovato in nessuna altro regista. Ovviamente però l'arte è opinabile e ognuno sente secondo il suo essere e la sua sensibilità.
Veramente impressionante è poi come Kurosawa faccia rendere al massimo gli attori: anche ne "I sette samurai" le interpretazioni di tutti gli attori sono di altissimo livello, anche impreziosite dalla consueta teatralità kabuki; su tutti ovviamente i "soliti" Takashi Shimura e Toshiro Mifune, attori come se ne sono visti pochi nella storia del cinema.
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