Pacific Rim

Due punti per la trama convenzionale del film ma un punto in più per la messa in scena quasi sobria dei duelli tra Jaeger e Kaiju. Perché l’intento del regista non era certo quello di offrire al pubblico una trama densa ed elaborata. Il “già-visto” di suo poteva andare benissimo così com’era. Un’idea diversa, una trama più particolareggiata avrebbe forse sviato l’attenzione dello spettatore dall’azione vera e propria, dal vero scopo per il quale si era voluto fare questo film. Una trama semplice e convenzionale dà la possibilità allo spettatore di farsi coinvolgere invece dall’azione nuda e cruda, in questo film volutamente meno inverosimile che in altri, come appunto nei transformers, con i quali si è voluto fare un confronto d’obbligo e dove si raggiungevano picchi di duelli tanto frenetici ed esagerati quanto fracassoni. Ben venga quindi una rilettura più sobria dei duelli tra buoni e cattivi in un abito dignitoso da sci-fi. Vi è poi l’operazione nostalgia di voler riesumare i film di genere dei Kaiju Eiga, i film sui mostri mutanti, nati e proliferati nel Giappone del dopoguerra, i quali nel loro paese natale avevano a suo tempo riscosso molto successo e dei quali il filone dei Godzilla ne è l’esponente più illustre e conosciuto anche in occidente; e l’operazione nostalgia di voler riproporre i robottoni nipponici degli anni 60 e 70, se non anche più recenti, in una veste alternativa ed originale, facendone degli umanoidi rivisitati, prendendo spunto appunto da altri robottoni conclamati (lo Jaeger protagonista sembra un mix di Testjin 28 e di Gundam). Si può considerare quindi il film in sé come un tributo a questi film e prodotti di animazione di genere, con una trama che si allinea, discostandosi solo un po’, con qualche tocco da maestro di Del Toro, dal manierismo che contraddistingue i film di genere, con i quali il regista si è dovuto inevitabilmente confrontare.