Il film è uscito nel 1955 in Cinemascope, titolo originale è Moonfleet una località vicina al mare in inghiltera dove nel 1757 opera una banda di contrbbandieri. La regia è di Fritz Lang ormai verso la fine della sua carriera ad Hollywood, iniziata nel 1937, maestro in precedenza in Germania già nel film muto e poi sonoro (M-Il mostro di Dusseldorf, Metropolis, Dr Mabuse), in USA si adattò al cinema americano, pur mostrando sempre una dignità stilistica e la sua capacità tecnica; Lang si mostrò estremamente versatile nei generi: dopo il sociale (Fury) molti noir e thriller (tra i tanti: La donna del ritratto, Gardenia blu, La strada scarlatta, Quando la città dorme) non disdegando il genere western (Rancho Notorious) o di guerra (I guerriglieri delle Filippine), Moonfleet è un film d'avventura, genere che poi riprenderà al ritorno in Europa (Il sepolcro indiano, La tigre di Eschanpur ambientati nell'India coloniale).
La vicenda è la storia di un bambino di 11 anni John Mohune (Jon Whiteley) orfano di madre rimasto solo prorta una lettera della madre al suo ex-amante Jeremy Fox (Stewart Granger) discendente della famiglia Mohune da cui era stato cacciato, Fox non lo vuole seguire e vorrebbe mandarlo in collegio ma poi cede all'insistenze del bambino e della sua amante Minton (Viveca Lindfors); Fox vive come un signorotto nel vecchio castello dei Mohune, i suoi redditi però derivano dal contrabbando che lui gestisce tramite una dozzina di loschi figuri; è in relazione d'affari con Lord Ashowood (George Sanders) e la moglie Lady Ashwood (Joan Greenwood) con cui ha un flirt. A farla breve Fox vorrebbe fare una società con il Lord armando alcune navi da corsa, ma succedono imprevisti Jon che è diventato amico del giudice, per caso trova nella cripta del cimitero la tomba dell'antenato dei Mohune che in un medaglione contiene la mappa del Tesoro dell'antenato: un favoloso diamante. Jon dà la mappa a Fox che riesce a decifrarla e con l'aiuto del ragazzo trova la pietra. Il finale è drammatico Fox che voleva andare via non aveva potuto perché l'amante Minton abbandonata aveva fatto la spia alle guardie, Jeremy è ferito dal Lord che vuole impadronirsi del diamante ma Ashwood èi ucciso, decide quindi di lasciare la pietra al ragazzo, quanto a lui si avvia ferito ad imbarcarsi verso un destino incerto. Nella scena finale vediamo Jon che vive nel castello dei Mohune protetto dal giudice Maskew.
E' una storia che mostra pur nella sua semplicità lineare, i complessi sentimenti doppi che emergono nel racconto: amicizia e inganno, amore e tradimento, fiducia e delazione, leatà e inganno, articolazioni tipiche dell'arte di Lang che racconta storie drammatiche ma che prevedono al fondo di un oscuro tunnel lo scorgere finalmente della luce. Il regista in questo film gioca più volte con elementi ambientali gotici da film horror: la scena inziale con il bambino che attraversa un cimitero da incubo, la chiesa gotica con l'imponente e cupa statua del fondatore della dinastia Mohune, la cripta in cui è conservata la salma, direi che Lang riprenda riflessi dai film di Hitchcock: ad esempio la scena tutta suspense in cui Jon in fondo a un profondo pozzo cerca di afferrare l'astuccio con il diamante. Protagonista di un film d'avventura in quegli anni non poteva non essere che Stewart Granger allora all'apice della popolarità (Scaramouche, Il prigioniero di Zenda, Le miniere di Re Salomone) che però verso la fine degli anni '50 iniziò il declino, era un attore dall'aspetto simpatico ed atletico; altro protagonista è George Sanders attore di notevole livello che interpretò molti film nel periodo 1934- 1960 (Il fantasma della signora Muir, Eva contro Eva), brave anche le 2 protagoniste femminili; Lang era un regista dittatoriale e con metodi villani ma con lui gli attori rendevano bene. Il film fu un insuccesso commerciale, ma la critica all'inizio guardinga nel corso degli anni lo rivalutò, fino a considerarlo come uno dei migliori di Lang, non sono d'accordo, comunque resta un film più che discreto, che vede alle prese Lang con il Cinemascope mezzo che non era molto adatto al suo modo di fare il cinema.
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