Il film si muove su un sottofondo angosciante, costellato da continui riferimenti mediatici al disastro ambientale imminente. Televisori accesi ovunque trasmettono notizie allarmanti sul cambiamento climatico, sull?inquinamento, sulla progressiva autodistruzione dell?umanit?. In questo contesto, il regista islandese Benedikt Erlingsson tratteggia un personaggio femminile di grande forza e spessore morale: Halla, la ?donna elettrica?. Halla ? una donna che decide di prendersi una responsabilit?. Non si limita a denunciare o a indignarsi: agisce. Compie atti di sabotaggio contro l?industria elettrica islandese per difendere la natura del suo Paese, che considera minacciata da logiche economiche cieche e distruttive. Fa saltare tralicci dell?alta tensione con meticolosa intelligenza tattica, affrontando ogni sfida con determinazione, anche le pi? estreme ? come quella di avvolgersi nella pelle di un montone morto per sfuggire alla polizia. La sua ? una scelta consapevole, che comporta il rischio della prigione o persino della morte. Ma quando un individuo arriva a sacrificare se stesso? Quando non esistono pi? altri metodi, quando la democrazia fallisce nel dare risposte concrete, quando il dialogo non produce pi? alcun cambiamento. In questo senso, il film ? di drammatica attualit?: riflette sulla crisi delle democrazie liberali, sempre pi? incapaci di rappresentare realmente le esigenze collettive. La lentezza, la retorica, l?impotenza istituzionale vengono contrapposte sempre pi? spesso all?apparente efficienza delle soluzioni illiberali. E cos?, mentre le autocrazie appaiono, almeno in apparenza, pi? rapide nel decidere e agire, le democrazie mostrano il volto di una stanchezza politica che spinge molti a credere che il potere debba concentrarsi nelle mani di pochi per poter davvero trasformare il mondo. Il film ? una feroce critica alla democrazia formale. I rappresentanti del governo, che appaiono in TV o intervengono nei media, si limitano a condannare gli atti sovversivi di Halla, senza mai interrogarsi sulle ragioni profonde che li motivano. La loro risposta ? burocratica, sorda, vuota: uno specchio impietoso dell?impotenza delle istituzioni democratiche di fronte alle grandi crisi del nostro tempo. Ma Halla ? anche altro. Nella vita quotidiana dirige un coro: ? dolce, empatica, armoniosa, perfettamente integrata nella comunit?. Questa dualit?, radicale nell?azione, eppure delicata nella relazione, ? uno dei tratti pi? affascinanti del film. Ed ? come se il regista, nel voler rappresentare insieme decisione e dolcezza, forza e cura, si fosse trovato quasi giocoforza a incarnare queste qualit? in una figura femminile. La donna, e non l?uomo, diventa l?unico soggetto credibile per esprimere questa ?dolce intransigenza?. In questo senso, il film sembra attraversato da una sorta, parafrasando Freud, di ?invidia della vagina?: un riconoscimento implicito che solo un corpo femminile pu? contenere entrambe le dimensioni senza entrare in contraddizione. La sua decisione di adottare ? la materializzazione di quello spirito profondamente umano che la anima: Halla ama i suoi simili ed ? proprio per questo che ? disposta a sacrificarsi. La bambina ucraina che le viene affidata le offre l?occasione di dimostrarlo. Ma il regista ci avverte: il loro incontro ? commovente, ma avviene in un contesto di piogge catastrofiche. Sono costrette a scendere dal bus a causa di un?alluvione, segno che non ? possibile vedere il futuro con serenit?. Ancora una volta, la dimensione politica prende il sopravvento su quella personale di Halla. La donna elettrica ? dunque una parabola potente, a tratti surreale e ironica, sull?attivismo, sul coraggio individuale, ma anche sulla solitudine di chi lotta per un ideale. Un film che mescola commedia, thriller e impegno civile con uno stile originale, profondamente nordico, ma capace di toccare temi universali.
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