Parthenope

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Un film di Paolo Sorrentino. Con Celeste Dalla Porta, Stefania Sandrelli, Gary Oldman, Silvio Orlando.
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Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 136 min. - Italia 2024. - PiperFilm uscita giovedì 24 ottobre 2024. MYMONETRO Parthenope * * * - - valutazione media: 3,43 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Parthenope

di nunzio pizzuto


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mercoledì 30 ottobre 2024

Parthenope, 2024, regia di Paolo Sorrentino

È stato scritto che il rapporto che Sorrentino ha con Napoli è simile a quello di Fellini con Roma. Le somiglianze ma anche le differenze non si fermano qui, Sorrentino è, di fatto, uno dei pochi eredi del grande riminese, la capacità di cogliere le sfumature del e nel ruolo degli attori, l’indole visionaria, forse più accentuata in Fellini, li accomuna. La capacità poi di gestire il campo di ripresa, i primi piani e il modo di legare le varie scene, denotano la loro comune ad entrambi grandissima padronanza del mezzo filmico. Parthenope è una ragazza, insieme allegoria della vita personale di ognuno di noi e del destino collettivo di una intera città. Il luogo è oggettivamente “magico” e non tocca a noi evidenziare la complessa bellezza della città che nel proprio nome, insieme a Roma, volle essere il/uno dei modelli possibili della polis. Credo si tratti specialmente del quartiere Chiaja con le sue continue testimonianze classiche a fare da sfondo alle vicende ma il dato non è e non vuole essere folcloristico e neanche paesaggistico in senso lato. Lo sfondo è quello che è, senza sovrapposizioni intellettualistiche, come dicono i napoletani: “chist’è”. La ragazza vive una vita decisamente al riparo da problemi di sussistenza, facendo ella parte del giro di amicizie e di frequentazioni riferentesi ad Achille Lauro, ‘o comandante. Il personaggio ebbe un ruolo centrale nelle vicende politiche della Napoli a cavallo tra la seconda guerra mondiale, il fascismo e il dopoguerra. Tuttavia Sorrentino è bravo nel non cadere nella trappola di una descrizione aprioristica dell’armatore, nel bene e nel male. Persona di grandi eccessi ma con tante sfaccettature, e la cui umanità venne, tra i tanti, riconosciuta alla sua morte, dallo stesso Sandro Pertini, non ancora presidente della repubblica. Lo sviluppo degli avvenimenti narrati nel film procede per intervalli temporali, Parthenope sperimenta la consapevolezza della propria bellezza unita ad una indolenza caratteristica non solo napoletana ma di tutte o quasi, le jeunesse dorée dei ceti benestanti di ogni paese. Anche questa prova, se l’ammettiamo, di vitalità non viene moralisticamente resa dal regista (se mai lo è dallo spettatore), e sconfina, questo sì, in una forma di cinismo, ristretta ad una dimensione iperindividualistica, totalmente solipsistica. Non si tratta, si badi, di una esaltazione di una corporeità brutalmente indifferente ma il risultato di un atteggiamento di aperto nichilismo che rivolge entro sé stessi l’assoluta caduta di qualsivoglia illusione. In tal senso, credo, la contraddizione delle sequenze relative alla camorra e del capoclan amante della ragazza e dello sguardo in carrellata sui “bassi”. Pure il cosiddetto miracolo di San Gennaro non sfugge ad una disamina totalmente spiazzante se ricordiamo come e la festa e gli interpreti e il modo di rappresentarli sedimentano in cliché quasi fossilizzati in noi tutti dalla tradizione. In questo la figura del potente e inquietante cardinale Tesorone rappresenta il collasso di un sistema valoriale che capovolge il sentimento popolare nel culto del potere e dell’ostentazione della ricchezza. È pur vero che Parthenope espunge la dimensione collettiva tutta rinchiusa entro il proprio confine mentale. In questo, in parte, la differenza con alcune delle più celebri scene felliniane, come ad esempio in Amarcord, dove l’analisi di un fascismo provinciale e macchiettistico è reso sì in modo grottesco, anche se con bonomia, ma quello di Fellini però è anche uno sguardo “criticamente” aperto ad una riflessione meno personale, più collettiva. Parthenope sembra risolvere invece solo in sé stessa tutte le tensioni, tutte le antinomie. In questo la visione del mondo a cui Sorrentino accenna è figlia della nostra più stretta attualità, del nostro quotidiano. Quella di un mondo privo o al di fuori di una dimensione socializzante. Ma il cinema dell’autore napoletano, come la migliore letteratura, non indica semplicistiche soluzioni. A Sorrentino basta dare delle vicende un quadro d’insieme. Tocca allo spettatore poi tirare le somme. Parthenope conoscerà il proprio prof. di Antropologia, Marotta, interpretato da Silvio Orlando, che diverrà suo mentore. Quest’ultimo le riconosce una capacità intellettuale assolutamente fuori dal comune. Vincolati dal patto reciproco dalla non volontà di chiedersi reciprocamente le ragioni del proprio operato e di non giudicarsi l’un l’altro, Parthenope e il prof. intessono un rapporto di pari dignità. Quest’ultimo le fa conoscere il proprio figlio, un essere abnorme che vive rinchiuso in casa. Sorrentino qui vuole sottolineare la tragicità e la profondità del dolore sofferti dal padre da una parte, e dall’altra quanto Parthenope comprenda benissimo quanto l’affetto nei confronti del figlio sia da rispettare e sia meritevole che il professore vi si dedichi senza se e senza ma. È questo alla fine quasi del film il messaggio principale di Sorrentino? Al termine del film Parthenope ritorna definitivamente a casa e assiste alla sfilata di un carro a forma di nave che, illuminato a giorno, festeggia il terzo scudetto conseguito nel giugno del 2023. Una nave di nome Napoli.
Nunzio Pizzuto

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