Zhang è uno dei maggiori esponenti della cosiddetta "quinta generazione", quel gruppo di registi cinesi che, raccoltosi intorno agli studi di Xi'an, ha scelto il cinema per esprimere la propria esigenza di libertà e criticare un sistema politico troppo repressivo. In questi registi, come anche in Zhang, la volontà di rinnovamento e il (per lo più) metaforico spirito di denuncia si fonde con i caratteri tipici del teatro cinese, basato sul predominio di elementi simbolici e su una drammaticità appena sussurrata, ma molto penetrante. Altra caratteristica del gruppo, e che si ritrova particolarmente accentuata nell'opera di Zhang, è la capacità di creare immagini dal forte rigore estetico, sia dal punto di vista cromatico che da quello della messa in scena.
Queste capacità in Zhang si sono espresse fin dai primi film, quando, in tre piccoli capolavori, affrontava la medesima tematica inserendola in contesti differenti e modificando di conseguenza lo stile utilizzato. Sorgo rosso (1989), Ju Dou (1990) e Lanterne rosse (1991) hanno come pretesto una precisa situazione di fatto: l'acquisto di una donna-moglie da parte di un marito-padrone. Un dato narrativo che già avrebbe una sua ragion d'essere: la constatazione dell'annullamento dell'amore a vantaggio della violenza, della sopraffazione, del mercato dei sentimenti. Ma c'è dell'altro. I film di Zhang, infatti, vengono tutti ambientati in un tempo lontano, non sempre databile, ma che serve a mascherare la metafora del presente, che in ogni nuovo capitolo si arricchisce di ulteriori elementi. Il ruolo del marito infatti è in ogni caso espressione di un potere che ha delle pretese, impone regole di organizzazione, impartisce punizioni in caso di disobbedienza. Di fronte a questo potere - che ha tutti i caratteri di quello cinese contemporaneo - Zhang mostra le modalità per ribellarsi e insegna come i tentativi di insurrezione individuale siano destinati alla sconfitta. Ma alla fine dei suoi film, l'uomo che combatte contro il potere rimane sconfitto, perisce inesorabilmente. E Zhang fornisce anche la motivazione di questi fallimenti: il potere non ha un volto preciso, può essere in tutti i luoghi e assumere le sembianze più impensate: in ogni caso è invisibile e, proprio per questo, difficile da combattere.
Con il successivo La storia di Qiu Ju (1992), Zhang ritorna al presente per dimostrare che il sentire, i desideri e le esigenze di giustizia degli uomini non potranno mai avere soddisfazione all'interno di un meccanismo sociale - neanche il migliore - perché questo, in ogni caso, ragiona con la logica delle istituzioni e degli apparati che sarà sempre diversa da quella dei singoli essere umani.
Ai meccanismi del potere guarda anche Vivere (1994) che, seguendo le vicende di una famiglia cinese dagli anni Quaranta ad oggi, intende mostrare come i mutamenti della Storia creano sconvolgimenti che agiscono direttamente nella vita e nei sentimenti delle persone, mutando finanche le tradizioni, la cultura, la maniera di divertirsi. La vita dell'uomo, al di là dei gesti e delle tensioni che conservano la loro immutabilità perché sono espressione dell'umano, è un'eterna farsa destinata a cambiare significato quando cambia il capocomico.
Molti i premi vinti dal regista cinese. Fin dall'esordio Sorgo rosso, premiato a Berlino nel 1987, è stato un fenomeno conteso dai festival occidentali: Lu Dou (1990) ebbe la nomination agli Oscar, Lanterne rosse (1991) il Leone d'Argento a Venezia e La storia di Qiu Ju (1992) quello d'Oro. Vivere! (1994) vinse il Gran Premio della Giuria a Cannes, Non uno di meno (1999) il Leone d'Oro a Venezia, La strada verso casa (1999) l'Orso d'Argento a Berlino.
Nel 2004 ha diretto due colorati film d'avventura, House of Flying Master e Hero.