Il suo compleanno (ottant'anni) cade, in effetti, più avanti nell'anno, il 17 settembre. Ma ad anticiparlo è arrivato un bel librone, Tullio Kezich. II mestiere della scrittura (a cura di Riccardo Costantini e Federico Zecca, Kaplan, pp. 432, euro 24), e non mi perdo certo l'occasione di fare gli auguri a quello che considero un maestro e, per quel che vale, anche il «mio» (inconsapevole) maestro. Trovo molto appropriato il titolo II mestiere della scrittura, perché non si sa quale «cappello» mettere sulla testa di Kezich per definirlo. quello di drammaturgo (vedi i suoi molti rapporti teatrali con Pirandello e con Svevo), di storico del cinema (vedi il bellissimo libro su Fellini, vedi i suoi mirabili saggi sul Western), di produttore (è stato alle spalle di autori come Lina Wertmüller e Ermanno Olmi), di sceneggiatore (vedi La leggenda del santo bevitore), di narratore (con piccoli gioielli come Il campeggio di Duttigliano o L'uomo di sfiducia), o quello per cui è forse più noto, di critico cinematografico, per Repubblica prima e, poi, per Il Corriere della Sera.
In effetti, quello di «scrittore» è il più compiuto. Un maestro della bella scrittura funziona le, senza sbavature, costruita ad arte, giornalistica per presa, letteraria per ricchezza, antiretorica per scelta e talento. Una delle letture più avvincenti della mia giovinezza è stato il bel libro che Tullio Kezich ha dedicato a Salvatore Giuliano
di Francesco Rosi. Le sue schede di critica cinematografica per il Panorama dei bei tempi erano un piccolo capolavoro di concisione e di sintesi, di costruzione del discorso e di sapidità, che hanno insegnato molto a molti aspiranti critici. Potevi non essere d'accordo (e la concisione rendeva spesso i giudizi più recisi), ma non potevi fare a meno di ammirare la qualità dell'argomentare. Le sue invenzioni verbali sono folgoranti e spesso esilaranti (non potrò mai dimenticare un «Armin Mueller Stahl talponeggia in Knickerbocker»).
Le sue recensioni insegnano che il cinema non è fatto soltanto di cinema, ma della profonda conoscenza dei mille rivoli (la letteratura, la musica, l'arte, la società) che lo compongono. Insomma, grazie, caro Tullio, continua a rallegrarci.
Da Il Venerdì di Repubblica, 21 marzo 2008