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Rassegna stampa di J.G. Ballard

J.G. Ballard (James G. Ballard) ha lavorato come scrittore, sceneggiatore, è nato il 15 novembre 1930 a Shangai (Cina) ed è morto il 19 aprile 2009 all'età di 78 anni a Londra (Gran Bretagna).

JACOPO IACOBONI
La Stampa

Per una coincidenza che farà felici i cultori del rapporto segreto che a volte s'instaura tra arte e vita, nel '73, subito dopo aver fatto uscire Crash, James Ballard fu vittima di un grave incidente stradale. Mai come allora la reazione triviale «se l'è cercata» acquistò, sfondando i limiti della volgarità comune, una luce scintillante e sinistra.
Scintillante e sinistra è stata, in effetti, l'opera di uno dei più grandi scrittori che ci erano rimasti - scrittori tout court, non solo di fantascienza o maestro del cyberpunk, come era stato facilmente etichettato. Persino del suo cancro Ballard aveva fatto un'epopea postmoderna, il suo agente, Margaret Hanbury, nell'ottobre scorso era arrivata alla Fiera di Francoforte annunciando l'esistenza di un manoscritto in itinere, provvisoriamente intitolato Conversations with My Physician: The Meaning, if Any, of Life. Il grande scrittore inglese, malato e sofferente come la società che non aveva smesso di anatomizzare, non rinunciava a indagare e riflettere neanche su di sé, anzi: «La possibilità di guardare la mia malattia è qualcosa di totalmente insperato, alla mia età». Aveva appena dato alle stampe la sua autobiografia, I miracoli della vita, un lungo e affascinante esercizio di nascondimento, e poteva tornare a scrivere e indagare su uno dei misteri che ne hanno determinato la cifra: il Corpo, i nessi con gli oggetti dentro la civiltà delle macchine, i consumi, le cure, la finzione. Una malattia che sembrava la summa di una vita.

BENEDETTO VECCHI
Il Manifesto

La morte dello scrittore inglese. Dalla guerra civile molecolare ai riti identitari legati al consumo, fino alla disperata rivolta contro il mondo delle merci. La lucida preveggenza di un autore che ha scelto come protagonisti dei suoi romanzi i conflitti di cui sono pervase le società contemporanee
I romanzi di James Ballard alimentano ricezioni che non ammettono mezze misure. Possono essere molto amati, oppure valutati come opere scadenti, con una scrittura algida e poco curata, dove il «non detto» dei personaggi annichilisce ogni «economia dell'attenzione». Eppure Ballard è stato un buon artigiano della scrittura, se con questo si intende la capacità di gettare luce sui lati oscuri della società contemporanee. Al di là delle qualifica di scrittore di fantascienza, Ballard è stato infatti un accurato cartografo dei conflitti sociali del presente. Non che la qualifica di scrittore di genere gli desse fastidio. Per Ballard significava solo che scrivere era divenuto il suo lavoro, come testimoniano le decine di racconti scritti per riviste di science fiction e pubblicati dagli anni Cinquanta agli anni Settanta e che meritoriamente la casa editrice Fanucci ha pubblicato negli anni scorsi. Una fantascienza tuttavia anomala, dove gli alieni costituivano sempre l'immagine rovesciata allo specchio dei terresti, incarnandone così gli inconfessati incubi.

RAPHAëLLE RéROLLE
Le Monde

Le pavillon sinistre où il avait élu domicile, dans la banlieue de Londres, était à l'image de l'ironie dont faisait preuve James Graham Ballard : un bout du monde urbain, triste et sans grâce, aussi désolé que les villes du futur dont le romancier avait si souvent fait les décors de ses livres.
Mort à Londres, dimanche 19 avril, des suites d'un cancer, le grand écrivain britannique avait choisi de vivre au milieu d'un décor qui incarnait, d'une certaine manière, sa vision apocalyptique du monde : la société moderne, expliquait-il, engendre une "banlieuisation de l'âme".
C'est là qu'il recevait, dans une pièce minuscule encombrée d'un tableau reproduisant une toile de Delvaux : une jeune femme habillée d'une longue robe y contemple un miroir infidèle, qui lui renvoie l'image d'un corps entièrement nu. Encore de l'ironie ? Pas seulement. Au-delà de son amour pour le surréalisme, Ballard s'était toujours soucié d'aller au plus près de la vérité nue. Pour lui, cette quête était passée par la science-fiction, puis par l'anticipation sociale, dont il était devenu le grand maître. Imaginatifs, plein d'humour et magnifiquement écrits, ses livres ont tous en commun d'arracher, couche après couche, les faux semblants, les mensonges et les vanités qui entourent nos pratiques et nos représentations de la modernité.

ANTONIO CARONIA
L'Unità

James G. Ballard è stato uno degli scrittori più lucidi e affilati nel Novecento, ne ha scavato le tendenze e le pieghe più segrete. Il suo sguardo ha svelato per noi ciò che avevamo sotto gli occhi e che non sapevamo vedere, ciò che conoscevamo e non sapevamo dire, ciò che ci affascinava e ci respingeva - e non sapevamo perché. Adesso che anche lui è morto, dopo William S. Burroughs, dopo Kurt Vonnegut, dopo Philip K. Dick, possiamo ben dire che il XX secolo è morto, quel secolo dominato dal «matrimonio fra ragione e incubo», secondo la pacata e terribile definizione che ne diede nel 1974, nella prefazione all’edizione francese di "Crash".
ICONE NEURONICHE
Ballard è stato uno di quegli scrittori nei quali i temi dominanti si intrecciano in maniera inestricabile: leggi di tecnologia, e ti accorgi che parla dei mezzi di comunicazione; descrive un paesaggio, ma è un frammento di pelle ingrandito ed esplorato minuziosamente; parla di elicotteri, di vecchi bunker in disuso e di cavalcavia, e sono paesaggi della mente. «Icone neuroniche sulle autostrade spinali». Non è tanto il fatto che niente sia come sembri - tutti i grandi scrittori sanno bene come far emergere da una scena apparentemente semplice significati nascosti. No, è proprio che l’interno e l’esterno in lui si rovesciano come un guanto, e lo fanno con una naturalezza sconcertante e a volte - per molti lettori - irritante. Certo, l’ispirazione è molto vicina a quella di Burroughs, ma la scrittura è completamente diversa, opposta. «In fondo sono solo un narratore tradizionale con un’immaginazione fervida», ha scritto in «I miracoli della vita», dimenticandosi di avere scritto uno dei testi di narrativa sperimentale più intricati nel Novecento, «La mostra delle atrocità».

MATTEO SACCHI
Il Giornale

James Graham Ballard si è spento a 78 anni dopo una lunga malattia. È stato l’ultimo genio indiscusso della fantascienza britannica. Aveva una vena cupa e catastrofica che riusciva a miscelare atmosfere oniriche a un costante senso di angoscia. Sue alcune pietre miliari della letteratura di science-fiction dedicata alle possibili apocalissi venture. Ma non solo: è suo il bellissimo e autobiografico L’impero del sole (scritto nel 1984) da cui il regista Steven Spielberg ha tratto nel 1987 l’omonimo film. Nato a Shanghai da genitori britannici durante la Seconda Guerra Mondiale, Ballard venne internato con la famiglia nel campo di prigionia giapponese di Lunghua. Da quella esperienza di sofferenza e violenza vissuta durante l’infanzia (Ballard era nato nel 1930) lo scrittore ha tratto una narrazione intensa che racconta l’abiezione umana filtrandola attraverso gli occhi dell’innocenza infantile.

ANDREA COLOMBO
Il Manifesto

James Ballard è morto. Aveva 78 anni e passerà alla storia come l'autore che meglio e più profondamente di ogni altro ha saputo cogliere, spesso anticipandoli, i lati oscuri della contemporaneità, di quell'epoca torva che alcuni hanno chiamato postmoderna, altri postfordista, e in cui tutti viviamo.
Inglese ma nato a Shangai nel 1930, finì con tutta la famiglia in un campo di prigionia giapponese durante la guerra. Quell'esperienza fondativa l'ha poi raccontata nell' “Impero del Sole” (1984) che Spielberg si è occupato di trasformare tre anni dopo in film. Un'autobiografia completa è uscita l'anno scorso. Si chiama “Miracle of Life” e nelle librerie italiane è appena arrivata, edita da Feltrinelli. Lo scrittore, malato di cancro al pancreas e alle ossa, cosciente di essere vicinissimo alla fine, racconta la sua vita: l'infanzia a Shangai, la prigionia, l'arrivo in un'Inghilterra molto diversa da come la aveva immaginata (“Mi resi conto che l'Inghilterra in cui ero stato indotto a credere era un prodotto della fantasia”), poi la carriera di scrittore, la traumatizzante morte della prima moglie nel'64, il conseguente e lungo idillio con l'alcol, la risalita dopo l'incontro con una nuova compagna, Claire Walsh.

DAVID L. ULIN
The Los Angeles Times

J.G. Ballard didn't settle for challenging his readers. He sought to provoke them usually with success.
If J.G. Ballard -- the visionary British novelist who died Sunday of prostate cancer at age 78 -- ends up being remembered, it will likely be as a science fiction writer who aspired to use genre as a vehicle for art. That's true enough, in a certain small-bore manner, but it's ultimately reductive, a way of categorizing Ballard that his entire career stood against.
A member of the New Wave science fiction movement of the 1960s, Ballard started out writing proto-environmental thrillers that highlighted the prescience of his imagination: "The Wind From Nowhere" posits a world-wide windstorm that becomes apocalyptic, while "The Drowned World" is about a planet swamped by risen seas. It was really in the 1970s, however, that Ballard found his voice as a writer, focusing on the dangers of mechanization and socialization, the tension between the veneer of civilization and the animal brutality it sought to conceal. Novels such as "Crash" and "High-Rise" uncovered the orgiastic possibilities of violence years before the concept became common cultural currency; "Vermilion Sands" and "Running Wild" investigated a nightmare suburbia where chaos simmered beneath the landscaped surfaces of subdivisions and lawns.

BRUCE WEBER
The New York Times

J. G. Ballard, a writer of dystopian, literary fiction whose novels and short stories of a contemporary society in insidious thrall to technology, the media and relentless progress both expanded and defied the genre of science fiction, died on Sunday in London. He was 78, and lived in Shepperton, west of London.
The cause was cancer, said Margaret Hanbury, his agent since 1983. In more than 20 novels and story collections, Mr. Ballard coupled his potent descriptive powers with an imagination attracted to catastrophic events and a melancholy view of the human soul as being enervated and corrupted by the modern world.
He is best known for “Empire of the Sun,” a somewhat autobiographical novel from 1984 about an English boy growing up in Shanghai, during the Japanese occupation in World War II. The book made the short list for the Man Booker Prize, Britain’s most prestigious literary award, and Steven Spielberg turned it into a 1987 film (with a screenplay by Tom Stoppard) starring Christian Bale and John Malkovich.
Although not a characteristic work — it was neither as fantastical nor as provocative as many of his other books — “Empire” revealed Mr. Ballard’s own childhood as the source of much of his surrealistic imagination. It is full of the images — emptied swimming pools, abandoned buildings — that came to symbolize his view of the world as “a bizarre external landscape propelled by large psychic forces,” as he said in an interview with The New York Times Magazine in 1990.

LOREDANA LIPPERINI
Il Venerdì di Repubblica

James Graham Ballard accetta di essere intervistato da Evelyn Finger per Die Zeit. Gli viene chiesto, naturalmente, un parallelo tra le apocalissi naturali (nel caso, l'uragano Katrina) e le catastrofi che aveva raccontato nei suoi libri. A cominciare dalla primissima, quel Vento dal nulla, pubblicato nel 1961, dove il vento nasce inspiegabilmente, cresce, si alimenta in ogni parte del mondo e distrugge tutto quel che trova sul suo cammino. Ballard risponde: "Tutti i miei libri affrontano lo stesso problema: la civiltà umana è come la crosta di lava di un vulcano. Sembra solida, ma se la calpesti, trovi il fuoco".

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