Colin Farrell è un attore irlandese, produttore, produttore esecutivo, è nato il 31 maggio 1976 a Dublino (Irlanda). Colin Farrell ha oggi 48 anni ed è del segno zodiacale Gemelli.
Le mani sono bianchissime e, quando gli parli, sembrano non fermarsi mai. Veloci come gli occhi scuri. Agili conie la niente, allenata grazie ad anni di educazione in scuole raffinate, che lui nasconde dietro a una retorica basic e a un’apparente ruvidezza del pensiero. “Fottutissimo” è il suo aggettivo preferito. Colin Farrell appartiene alla linea di discendenza dei divi ribelli. Ma con un taglio sanguigno e personalizzato, un po’ alla Russell Crowe. Diretto.
Era il Texas line dancing, una versione particolarmente movimentata del Country and Western. Colin la ballava da teenager; quando, a bordo di un pulmino, con altri ragazzini della sua età, diffondeva il folk a stelle e strisce per le campagne d’Irlanda. «L’ho fatto fino a quando non potevo più guardarmi nello specchio: con quel fottutissimo cravattino e il cappello da cowboy sembravo un mandriano gay alla Village People», ha dichiarato Farrell. Che non viene dalla Dublino di Yates e Jamnes Joyce, ma da Castleknock, ma ricco sobborgo della capitale irlandese dove è cresciuto giocando a calcio (suo padre e sito zio erano famosi calciatori) e frequentando ottime scuole private.
«È mia madre ma anche il mio miglior amico il mio compagno di bevute, mia moglie. Si preoccupa fottutamente troppo di me», dice Colin di Rita Farrell, genitrice dal pugno chi ferro e dalle larghe vedute («Se esce un articolo dove dicono che sono stato con una prostituta a Los Angeles, non mi chiede mai perché l’ho fatto, ma perché mi sono fatto beccare con le mani nel sacco»).
Girl Trouble. In italiano si traduce come “problemi di donne”, ma nel mondo di Colin ha un significato speciale. «Per me significa innamorarsi», sostiene senza esitazione. «Tutto il resto - una ragazza che non ti ritelefona, che dice cose cattive sul tuo conto, o roba del genere - non è mai un problema». Che agisca di impulso lo prova il suo brevissimo matrimonio (quattro mesi) coni l’attore Amelia Warner (Amelia era anche il nome del suo primo amore, ai tempi del liceo). «Troppo in fretta e troppo giovani», dice Farrell che, sull’argomento, si manitiene stringato. Il 23 settembre scorso ha avuto un figlio dalla modella Kim Bordenave, ma, anche in quel caso, i piani per il futuro non sono chiari. Con evidente soddisfazione di Fronte allo shock del più puritano pubblico statunitense, Colin non smette di esaltare le virtù del sesso occasionale: «Non vedo cosa ci sia di male se un uomo e una donna si godono uno il corpo dell’altra per un paio d’ore, o anche solo per venti minuti. Due persone nel bagno di un nightclub: entrambi sanno cosa stanno facendo, entrambi si divertono. Può essere uno spasso anche l’apparente volgarità del farlo in un cesso, o in una camera d’albergo non tua. Sono sempre stato convinto che il sesso occasionale sia una cosa fottutissimamente positiva».
L’accento dli Farrell può suonare denso, forte come la schiuma di una Guinness scura, ma le birre che si scola mentre lo intervisti sono Amstel, e rigorosamente Light. Anche le Camel, che accende e consuma una dopo l’altra, sono in realtà quelle più leggere sul mercato. Un tocco di hollywooddizzazione per questa star che giudica la palestra l’equivalente di una tortura cinese? Suo fratello Eamon sembra convinto che ci sia un pizzico di premeditazione in questa immagine da bad boy: «Colin parlava normalmente prima di andare in America. Oggi ha quest’accento da proletario irlandese. A volte non capisco nemmeno quello che dice. Ma non sono in pena per lui. Piuttosto sono preoccupato per Hollywood. Può mangiarsela in un boccone».
«È lui la persona che chiamerei se avessi bisogno di qualcosa alle tre di mattina», spiega Colin. Meno espansivi i commenti sul coprotagonista di Minority Report Tom Cruise, che descrive come «probabilmente non gay». Di Hollywood dice: «Ho sempre subito il suo fascino: questa è la città di Steve McQueen, Brando, Montgomeny Clift, Ernest Borgnine. Ma è anche un posto fottutamente difficile. C’è così tanta enfasi sull’aspetto fisico, sulla tua immagine, sulla carriera. Non importa quanto amore hai nella tua vita, ma quanto ti pagano. Le insalate vanno fortissimo, come il sushi. L’acqua minerale è il massimo. Per le donne c’è la manicure alla Francese. E la cenetta all’inguine in stile brasiliano, quella che la fa sembrare una pista d’atterraggio. Non fa per me».
«A1otto anni», racconta Colini, «mi sono preso una fottutissima cotta per la Monroe. La guardavi negli occhi e vedevi quanto fosse dolce, insicura, debole, magari spaventata dal destino che la attendeva, ma sempre pronta ad accoglierlo a braccia aperte. Aggiungici la volgarità del suo personaggio, le amiche, quel suo modo di camminare. Sembrava la scopata più zozza che potessi farti, e allo stesso tempo aveva la fragilità di un uccellino dall’ala rotta. Una combinazione fatta apposta per spezzare il cuore di qualsiasi uomo».
Da Vanity Fair, 30 Ottobre 2003
L’altra volta, nel 1956, nel film scritto e diretto in Spagna da Robert Rossen, Alessandro il Grande era Richard Burton: il che permise tutte quelle amplificazioni parascandalistiche inevitabili nel caso di attori inglesi, gallesi, scozzesi, irlandesi (bevute, donne, stravaganze, aggressività); e provocò pure discussioni perché l’eroe veniva presentato come una vittima del complesso di Edipo. Stavolta, in Alexander di Oliver Stone, girato in Marocco, destinato a uscire in novembre, il macedone risulta bisessuale e amante dell’eunuco Bagoas, è bello, ha i capelli imbionditi ed è la star del momento: Colin Farrell, il barbaro.
Ha 28 anni, è nato vicino a Dublino, a Castleknock, in Irlanda, è figlio di un calciatore, ha studiato dai preti, fuma moltissimo tabacco e beve moltissima birra, ama il fish ‘n chips (pesce fritto, patate fritte), da ragazzo sognava Marilyn Monroe, è stato sposato con l’attrice Amelia Warner per appena quattro mesi, è pieno di tatuaggi e di anelli d’argento, ha un figlio piccolo dalla modella Kim Bordenave, è cattolico e pacifista. Dal 1996 ha interpretato diciannove film o telefìlm, senza lasciare tracce: o forse soltanto nel personaggio di un piccolo criminale in Interrnission, in una figura laterale di Daredevil, nel ruolo di un detective in Minorità Report Se le sue interpretazioni non risultavano sensazionali, la sua bellezza, le chiacchiere sul suo carattere terribile e la fama di libertino bastavano a dargli popolarità internazionale, a suscitare analogie fuori posto con Marion Brando o James Dean. La sfida cinematografica si pone piuttosto nel suo immediato futuro:
Alexander Ask the Dusk (Chiedi alla polvere) dal romanzo di John Fante, produttore Torn Cruise; A Home at the End of the World (Una casa alla
fine del mondo) di Michael Mayer, storia di due amici-amanti e dell’evoluzione della famigliaarnericana dagli anni Sessanta agli Ottanta; The New World (Il Nuovo Mondo), nuova versione della vicenda della principessa Pocahontas e dell’esploratore bianco John Smith innamorato di lei, diretta dal regista americano sessantenne più difficile, esigente e bravo, Terrence Malick
Si vedrà. Intanto si può apprezzare una star che dal punto di vista caratteriale e comportamentale non somiglia ai divi contemporanei spesso ansiosi di mostrarsi razionali, perbenisti e cauti, ma che si rifà agli attori classici inglesi, al loro genio e alla loro sregolatezza, alla loro leggenda di bellezza e ribellismo.
Da Lo Specchio, 32 luglio 2004
Da piccolo, Colin Farrell doveva essere come i bambini delle cover dei dischi degli U2. “Kids“, monelli di periferia con lo sguardo un p0’ perso, non allegro ma vivace. Crescere a Dublino negli anni 70 significava fare soprattutto vita di strada, tornare a casa alla sera con le ginocchia sbucciate perché a calcio si gioca solo sul cemento, tra pozzanghere che persino i soli estivi stentano ad asciugare. Quello dell’infanzia e dell’adolescenza nelle “outskirts” della capitale irlandese è un imprinting che anche adesso, l’attore, non vuole rimuovere. Nonostante a Hollywood sia tra i più “ricercati” della sua generazione (8 milioni di dollari per recitare nel modesto S.W.A.T.), nonostante abbia già lavorato a fianco di grandi come Joel Schumacher (che l’ha lanciato con Tigerland e l’ha rivoluto in In linea con l’assassino), Steven Spielberg (Minority Report) e Oliver Stone (per l’atteso Alexander the Great, nelle sale americane dal novembre 2004), Farrell non si è mai voluto trasferire negli Stati Uniti, ostentando la propria “irlandesità” ad ogni occasione. Se andate sul suo sito ufficiale (www.colinfarrell.ir) campeggia una scritta inequivocabile: “Being Irish is very much a part who I am. I take it everywhere with me“. Più o meno, significa che essere irlandese è una condizione esistenziale e ce l’ha marchiata addosso ovunque vada. Soprattutto se va in America. Farrell non ha mai negato di avere problemi con un paese che non ama il “soccer” (ma lui dice “football”), tanto che due anni fa, in occasione dei mondiali, costretto a rimanere a Los Angeles per un film, si rintanava in albergo con molta birra e la maglietta verde d’ordinanza per rifare Eire. Il pallone è infatti, dopo quello dell’isola verde, il suo secondo lascito generico. Il padre, Eamon Farrell, era un calciatore professíonista. Naturalmente, degli irlandesi a Colin fanno gioco anche i luoghi comuni. Nell’“intro” del suo sito il nostro campeggia in una sorta di incoscienza alcolica e con in mano una bottiglia di birra. Non lo sfideremmo a chi beve di più...
Tra un blockbuster e l’altro, e facendo slalom tra i jet lag (vivere a Dublino e lavorare a Los Angeles non deve essere facile neppure per un divo), Farrell non rinuncia alle produzioni piccole e ad aiutare il cinema irlandese, da qualche anno in forte ripresa. Dai 25 giugno nelle sale italiane lo vedremo infatti in Intermission, dei regista John Crowley e dei commediografo dublinese Mark O’Rowe. Una storia corale sulle conseguenze e le casualità dell’amore che ha come spunto la decisione di un ragazzo, interpretato da Cillian Murphy (28 giorni dopo), di lasciare la fanciulla che ama (Kelly Macdonald) per vedere l’effetto che fa. Lei non la prende bene e gli tiene il muso, così stanno malissimo entrambi. Un po’ alla deriva, i due personaggi sono facile preda di amici “consiglieri” e persone più grandi solo apparentemente “mature“. Una serie di storie parallele ma destinate a convergere prendono il via, e in una di queste “intermission” il nostro Colin, criminale di piccolo taglio ma senza scrupoli, deve sfuggire al detective che Io sta braccando, interpretato da un altro celebre irlandese dello schermo, Colin Meaney.
Farrell è abituato ai ruoli da cattivo che, se pensiamo alla divertita interpretazione di Bullseye in Daredevil, sembrano proprio non dispiacergli. Ma per l’immediato futuro, dopo aver terminato le riprese dei kolossal di Stone sul conquistatore dei conquistatori, Colin vuole lasciare un’impronta con ruoli ancora più significativi. Sarà per esempio il mitico Arturo Bandini, personaggio creato da John Fante, in Ask the Dust dell’ex sceneggiatore Robert Towne. E ancora John Smith, l’ufficiale inglese di cui si innamora Pocahontas, in The New World, epica ricostruzione dello “scontro” tra i nativi americani e i primi britannici sbarcati in forze nel “nuovo mondo”. Dirige scrive e sceneggia Terrence Malick, per la gioia di tutti.
Film Tv, 26, giugno 2004
A 28 anni, amo la vita e le donne. Mi piace lavorare, ma anche bere. E se qualcuno scrive che la mia vita è immorale, non basta a Hollywood per rinunciare a scritturami. Finché fai incassare puoi fare quello che vuoi... E il manifesto di un astro nascente, in risposta a chi. gli aveva chiesto: ma Colin Farrell è davvero quel ragazzaccio che dicono? Bello, sexy, intenso, talentuoso. E ribelle. Figlio di un campione di calcio e della terra d’Irlanda che, giura, non lascerà mai, lui da bambino pensava a un futuro in serie A. Invece Kevin Spacey lo ha scoperto su un palcoscenico londinese e lo ha voluto per un Un perfetto criminale. Poi Joel Schumacher, l’uomo a cui dice di dover tutto, lo ha trasformato nel flemmatico soldato Bozz, che lotta contro l’assurdità della guerra in Vietman in Tigerland. Non fu un successo, ma Hollywood trovò il suo nuovo “bello e impossibile”.
Un dublinese che fuma una sigaretta dietro l’altra e che alla tequila preferisce la birra Amstel Light. Uno che non ha paura di definire «repellente» quella «fottuta voglia di Bush di entrare in guerra» ‚ ma che poi si scioglie a parlare del figlioletto di nove mesi avuto dalla modella Kim Bordenave. Uno che alle spalle ha un matrimonio durato il soffio di un’estate (con l’attrice Amelia Warner), ma anche anni di alcol e depressione. Insomma, perfetto con quell’aria da bulb strafottente e gli occhi profondi. Da Tigerland sono passati appena quattro anni, ma il cachet di Farrell ha già superato gli 8 milioni di dollari a film, grazie a collaborazioni importanti.
In divisa è con Bruce Willis in Sotto corte marziale. In cravatta e doppiopetto scuro, per Steven Spielberg è l’agente che bracca Tom Cruise in Minority Report. Ne La regola del sospetto studia da agente segreto con Al Pacino, mentre rapato a zero diventa Bullseye, l’assassino dalla mira perfetta del fumettistico Dare Devil con Ben Affleck. Ancora per Schumacher, resta intrappolato nella cabina telefonica di In linea con l’assassino, minacciato da un cecchino folle, poi si arruola nelle teste di cuoio di S.W.A.T accanto a Samuel L. Jackson. Ma per amore della sua Dublino scommette anche su un’opera prima come Intermission, commedia corale diretta dall’irlandese John Crowley. In un turbinio di intrecci con 54 personaggi, tutti alla ricerca dell’amore, Colin è un criminale da strapazzo, in cerca di compagni deboli e vulnerabili per un ultimo colpo che dovrebbe permettergli di sistemarsi.
Eletto da “People Magazine” tra i 50 più belli, paragonato a Marion Brando o James Dean (i miti della sua adolescenza), ora per Colin Farrell è arrivato il momento della consacrazione. La data è il 5 novembre 2004, quando in sella al mitico Bucefalo, fiero nella sua armatura (meno, pare, della tinta bionda dei capelli) debutterà al cinema in Alexander, Alessandro Magno secondo Oliver Stone. Un kolossal da 100 milioni di dollari che con Antony Hopkins (Tolomeo), Angelina Jolie e Val Kilmer (Olimpiade e Filippo, i genitori del sovrano) promette un ritratto a chiaro scuro di un grande condottiero dedito alla bisessualità. LI ragazzo avrà soddisfazioni anche dalle altre storie in arrivo. A fine luglio esce in America (in autunno in Italia) A Home at the End of the World, con Robin Wright Penn, Sissy Spacek e Dallas Roberts. Diretto da Michael Mayer e scritto dal premio Pulitzer Michael Cunningham (The Hours), il film affronta il tema della omosessualità all’interno dell’evoluzione della famiglia americana, dagli anni 60 agli 80, attraverso la storia di due amici-amanti. Più avanti sarà l’immaturo, bigotto e contaballe Arturo Bandini, aspirante scrittore di origini italiane, protagonista di tre romanzi di successo di John Fante. Il titolo è Ask the Dusk, Chiedi alla polvere, dal romanzo che è un cult anche in Italia, il produttore è Tom Cruise. E non è finita. Terrence Malick, regista mito (in trent’anni solo tre film, ma tutti capolavori), ha mollato il Che Guevara con Benicio Del Toro voluto da Steven Soderbergh, pur di dedicarsi a una nuova versione della storia di Pochaonthas: The New World, sul set dal 26 luglio. Per Farrell il ruolo del protagonista: l’esploratore John Smith, innamorato della principessa indiana.
Da L’Espresso, 24 giugno 2004
Qui di seguito trovate le risposte ad alcuni interrogativi fondamentali sul conto di Colin Farreli. Tipo: sullo schermo sfoggia un magnetismo da vero divo, ma è anche capace di recitare? Risposta: sì. E può affrontare una gamma eccezionale di ruoli. Gli spettatori potranno rendersene conto guardandolo nella parte medita di uomo timido e vulnerabile, nel film Una casa alla fine del mondo.
La sua immagine di cattivo ragazzo - fuma e beve senza ritegno, e cambia fidanzata nell’arco di tempo in cui uno normale si limita a battere le palpebre - ha in qualche modo danneggiato la sua carriera? No. Ha già lavorato con Steven Spielberg e in autunno uscirà il suo primo kolossal, Alexander di Oliver Stone, nel quale impersona il grande condottiero dell’antichità. Ha appena finito di girare una storia d’amore che si svolge negli anni Trenta, Chiedi alla polvere, con la regia di Robert Towne, e ha iniziato le riprese di The New World di Terrence Malick, nel quale è invece John Smith (ricordate Pocahontas?). Il tipo di esistenza che conduce rispecchia la sua fama di irresistibile ribelle? Diciamo che non fa nulla per smentirla. Ha 28 anni, e da tempo è sul punto di essere consacrato come stella hollywoodiana di prima grandezza. A volte la sua vita all’insegna dell’inquietudine eclissa l’ottimo lavoro svolto per esempio in film come La regola del sospetto (il thriller sulla Cia dove recita a fianco di Al Pacino) o affrontando con successo ruoli che nessun altro avrebbe potuto rendere accettabili (S.W.A.T). Pensate a Sean Penn agli albori della sua carriera, aggiungete il glamour di Brad Pitt, e avrete un’ idea di come potrà essere brillante il suo futuro.
«Sarà bello essere preso sul serio come attore invece che come ubriacone», mi risponde divertito quando gli dico che vorrei parlare del suo lavoro. «Non ho dubbi su quale sia l’attività che mi riesce meglio», aggiunge, e mima il gesto di scolarsi una bottiglia. «Ma parliamo pure di entrambe».
Si è creato uno stile elegantemente trasandato - quando ci siamo incontrati, non si era rasato e indossava una camicia di jeans slacciata - e ha tatuato “Carpe diem” sull’avambraccio. Nonostante questo, è molto distante dallo zotico che i giornali adorano ritrarre. Durante la cena si è mostrato incredibilmente gentile e affascinante: ha ordinato una bistecca, che ha masticato tenendo la bocca chiusa. Dopo tutto non ci troviamo davanti un teppista di strada, ma un ragazzo proveniente dalla media borghesia dei sobborghi di Dublino, che ha raggiunto risultati di notevole interesse in campo artistico. Il primo quattro anni fa: Tigerland è un film a basso costo girato da un regista importante, Joel Schumacher (Batman & Robin), sulle vicende di un gruppo di militari che si preparano ad andare in Vietnam. L’intera storia ruota intorno al personaggio di Colin Farreli, Roland Bozz (per il quale si è perfino inventato un credibile accento texano), che aiuta i soldati meno furbi e accorti a trovare il modo di sfuggire alla guerra. Un ruolo da eroe protagonista che è diventato il prototipo delle interpretazioni di Farreli. In Phone Booth-In linea con l’assassino, di Schumacher, è costretto a rimanere in una cabina telefonica da un cecchino che minaccia di sparargli se riappenderà - il classico ruolo sp~ccone che consente a un attore di dilagare sullo schermo. Poi è la volta di Minority Report, dove appare nelle vesti di un raffinato detective in doppiopetto. La parte è limitata, ma ci mostra come Colin Farrell sia in grado di ripulirsi la-sciandosi alle spalle l’aspetto da bullo. Ottenere la parte nel film di Spielberg ha rappresentato un vero salto di qualità.
Poi, come genio del computer assoldato dalla Cia in La regola del sospetto (2003), èstato più che all’altezza di Al Pacino. E anche se ha dichiarato di non aver mai avuto la tentazione di eguagliare la performance di Pacino, dice: «Parliamoci chiaro, non ci siamo incontrati all’epoca in cui ha girato Scarface. Non voglio dire che adesso Al si impegni meno, ma io stesso non sono in grado di prevedere se tra quindici, dieci o cinque anni potrò contare sulla voglia di fare che ho al momento, e se sarò disposto ad affrontare le rogne che qualche volta questo mestiere si tira dietro». Nonostante tutta questa energia, la maggior parte dei suoi film è stata all’insegna del più puro intrattenimento, fino a Una casa alla fine del mondo. La sceneggiatura è stata scritta da Michael Cunningham, dal suo omonimo romanzo (pubblicato prima di The Hours), e il regista è Michael Mayer, al suo esordio dopo una carriera in teatro. «Quando ha letto il copione del mio film Colin era già un attore di prima grandezza», spiega Mayer. «Non aveva bisogno di lavorare in una pellicola indipendente o con un regista alle prime armi. In quel periodo era impegnato a recitare la parte di Bullseye, il cattivo di Daredevil. Si era rasato a zero i capelli ed era pieno di tatuaggi assurdi». Impossibile immaginare qualcosa di più diverso da Bobby, il dolce e tenero protagonista di Una casa alla fine del mondo, che va a vivere con il suo migliore amico, il gayJonathan (Dallas Roberts), e la sua coinquilina Clare (Robin Wright Penn). Bobby (che all’inizio del film indossa una necessaria ma terribile parrucca castana lunga fino alle spalle: con la frangetta, perfino) è il grande amore di Jonathan, ma si innamora ricambiato di Clare, creando così uno struggente triangolo. Come se non bastasse la faccenda della testa rasata, Bobby non ha molto in comune con Colin Farrell. Nel romanzo Clare lo presenta così: «Il suo viso era innocente come una ciotola vuota», e per di più è ancora vergine all’età di 24 anni. Ma è stata proprio questa sua semplicità ad attirare Farrell: «Fino a quel momento i miei personaggi erano stati caratterizzati da una certa dose di spavalderia, di incombente ed evidente sofferenza cinematografica». Comunque, se a Farrell è stato utile questo ruolo, anche il film è stato aiutato da Farrell. «Dopo che Colin è stato coinvolto, trovare i finanziamenti e mettere insieme il cast è diventato più semplice», ha spiegato Mayer. «Il film si è lasciato alle spalle l’etichetta di produzione indipendente legata a una storia gay, attirando così più spettatori».
Tra un po’ arriverà Alexander (vedi box qui sotto) e Farrell si scalda. È evidente che si è immedesimato fino in fondo nel personaggio: «Alessandro il Grande... Grande sì, ma a che prezzo. A discapito di se stesso, della sua salute, della sua stabilità mentale». Nei provini appare con i capelli biondi. Visti i precedenti c’era da aspettarsi che il suo agente inserisse nel contratto una clausola che sancisse l’obbligo di un’acconciatura decente. E lui ringhia: «Tesoro, un’acconciatura sbagliata ti può fregare!».
Da Vanity Fair, 21 ottobre 2004
È un attore famoso a livello internazionale, apprezzato per il suo lavoro sia nei film dei maggiori studios cinematografici che nelle piccole produzioni indipendenti. Farrell, al momento, è impegnato nelle riprese del fantasy drammatico Ondine, per la regia di Neil Jordan. La storia gira attorno ad un pescatore irlandese che trova una donna che pensa essere una sirena. Di recente, ha ultimato le riprese di due film: The Imaginarium of Doctor Parnasus, di Terry Gilliam, accanto a lui, nel cast ricordiamo anche Jude Law e Johnny Depp; e il thriller Triage, del regista bosniaco Danis Tanovic. Tutti e tre i film usciranno nel 2009.
Più recentemente, Farrell ha recitato al fianco di Brendan Gleeson nel film indipendente In Bruges-La Coscienza dell’Assassino, presentato al Sundance Film Festival del 2008. Questa commedia dark segue le vicende di una coppia di killer che si nascondono a Bruges, in Belgio, dopo aver portato a termine un difficile lavoro a Londra. Farrell è stato il protagonista del film di Woody Allen Sogni e Delitti, presentato al Festival del Cinema di Venezia del 2007; di Miami Vice di Michael Mann; e di Chiedi alla Polvere, di Robert Towne, basato sul romanzo di John Fante.
Agli inizi della sua carriera cinematografica, Farrell ha ottenuto un London Film Critics Circle Award per il suo lavoro in Tigerland di Joel Schumacher. Successivamente, è tornato a collaborare assieme a Schumacher nel thriller In Linea con l’Assassino. Farrell ha anche ricevuto una nomination agli Empire Award come Migliore Attore per il ruolo nel film Minority Report di Steven Spielberg.
Farrell ha recitato in molte altre pellicole, come ad esempio The New World-Il Nuovo Mondo di Terrence Malick; Alexander di Oliver Stone; Una Casa alla Fine del Mondo, tratto dal romanzo del premio Pulitzer Michael Cunningham; Intermission; S.W.A.T.; Daredevil; La Regola del Sospetto di Roger Donaldson, in cui appare al fianco di Al Pacino; Sotto Corte Marziale; e American Outlaws.
Farrell è nato e cresciuto in Irlanda, a Castleknock. E’ figlio di Eamon Farrell e nipote di Tommy Farrell. Sia Tommy che Eamon Farrell negli anni ’60 giocavano per la squadra di Calcio Irlandese Shamrock Rovers; seguire le loro orme è sempre stata l’ambizione giovanile di Colin. Tuttavia, presto ha iniziato ad interessarsi alla recitazione e così ha deciso di iscriversi alla Gaiety School of Drama di Dublino.
Ancor prima di ultimare il corso, Farrell ha ottenuto un ruolo da protagonista nella miniserie Falling for a Dancer, adattamento cinematografico scritto da Deirdre Purcell e tratto dal suo stesso romanzo. In seguito, è stato il protagonista della serie della BBC Ballykissangel, ed ha recitato in Zona di Guerra, che ha segnato il debutto alla regia di Tim Roth,
Farrell al momento vive a Dublino, in Irlanda.