Aldo Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani) nasce nel 1885 a Firenze. Nel 1902-03 frequenta la scuola di recitazione diretta da Luigi Rasi. Il suo primo volume di versi, apparso nel 1905, è I cavalli bianchi, cui seguono Lanterna (1907) e L'incendiario (1910). In essi, il crepuscolarismo perde certe connotazioni languorose, proprie ad esempio d'un Corazzini, per sostituire il lazzo al sospiro, contro il sospiro (E.De Michelis). Nel frattempo, egli stringe rapporti con i futuristi fiorentini e milanesi, pur se il suo contributo al movimento avrà sempre forme peculiari e poco ortodosse. È del 1911 Il Codice di Perelà, forse il suo esito più rilevante. Nel 1914, la rottura con Marinetti ed il futurismo prelude pure al suo allontanamento dal nazionalismo e dal fascismo: il romanzo Due imperi... mancati (1920) fotografa il suo atteggiamento antiinterventista. Dei lavori successivi, meritano menzione Stampe dell'Ottocento (1932), tutto sul filo della memoria; Le sorelle Materassi(1934), all'insegna di un'immalinconita ironia; Il palio dei buffi (1936), in un'ottica di deformazione del reale. Nel 1941 si trasferisce a Roma, ove si spegne nel 1974, dopo avere licenziato altre opere di minore importanza. Il poeta si diverte / pazzamente / smisuratamente / non lo state a insolentire / lasciatelo divertire / poveretto / queste piccole corbellerie / sono il suo diletto. In questi versi, è possibile rinvenire l'originalità dell'approccio palazzeschiano nell'ambito della letteratura nostrana del primo '900: codesta rivendicazione del divertimento, peraltro, si traduce in forme di sperimentalismo assai più radicali di quelle dei futuristi suoi compagni di strada (in verità, per un periodo assai breve: già nel 1914, il Nostro dichiara infatti su Lacerba di non sentirsi più futurista). Espressa con vigore dapprima nelle raccolte poetiche, la pungente vena palazzeschiana si concretizza al meglio nel romanzo Il Codice di Perelà, allegoria amara e scorata, che prende a tratti l'aspetto di un calco della vita di Gesù. L'insieme di novelle e bozzetti, sospeso sul crinale del grottesco, di Stampe dell'Ottocento, anticipa l'altro grande risultato di quegli anni, Le sorelle Materassi, dove il modulo verista è ibridato con buffe ed intenerite annotazioni. Nelle fatiche successive, da I fratelli Cuccoli (1948) alle novelle de Il buffo integrale (1966), sino ai romanzi Il doge (1967), Stefanino (1969), Storia di un'amicizia (1971), la felice vena espressiva sua faticherà a trovare i giusti sentieri.
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