
Titolo originale | Reflet Dans un Diamant Mort |
Anno | 2025 |
Genere | Thriller, |
Produzione | Belgio, Lussemburgo, Francia, Italia |
Durata | 87 minuti |
Regia di | Hélène Cattet, Bruno Forzani |
Attori | Fabio Testi, Koen De Bouw, Yannick Renier, Maria de Medeiros, Thi Mai Nguyen Céline Camara, Kezia Quintal, Sylvia Camarda, Sophie Mousel, Barbara Hellemans, Hervé Sogne, Manon Beuchot, Sébastien Landry (II), Aline Stevens, Olivier Bisback, Nilton Martins, Luigi Gargiulo, Jacopo Bruno, Vanessa Compagnucci. |
Uscita | giovedì 3 luglio 2025 |
Distribuzione | Lucky Red |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 |
MYmonetro | 2,85 su 11 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 7 luglio 2025
Un ex spia deve tornare in azione quando la misteriosa vicina di stanza scompare. In Italia al Box Office Reflection in a Dead Diamond ha incassato nelle prime 2 settimane di programmazione 13,2 mila euro e 7,4 mila euro nel primo weekend.
CONSIGLIATO SÌ
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In un grand hotel sulla Costa azzurra, l'anziano agente speciale John rimane affascinato da una giovane donna e ricorda i suoi giorni da spia negli anni '60. Quando la donna scompare misteriosamente, l'uomo è preda delle sue fantasie e rivive le avventure del passato, tra furti di gioielli, rapimenti e torture, arrivando a temere che forse i suoi nemici del passato sono tornati. John vive la sua vita, o forse ha sempre fatto parte di un mondo di fantasia, segnato dall'immaginario del cinema d'avventura d'un tempo?
Al limite tra memoria, cinefilia e delirio, i due registi belgi Hélène Cattet e Bruno Forzani arrivano al punto di non ritorno della loro estetica postmoderna ispirata al mondo dei gialli italiani, non solo cinematografico.
Dopo il cult Amer del 2009 e il successivo Lacrime di sangue (2013), il cinema citazionista e necrofilo del duo è diventato un marchio, amato soprattutto dai cinefili appassionati della medesima materia di studio (il thriller italiano degli anni Settanta, da Mario Bava a Dario Argento, da Umberto Lenzi a Sergio Martino) e dal pubblico dei festival specializzati. Il metodo è sempre lo stesso: confezione raffinatissima, effetti visivi e figurativi ricalcati in modo pedissequo e talvolta stupefacente, fotografia dai toni pop, animazione che spezza le riprese dal vivo, musica ispirata alle composizioni dell'epoca. Il tutto con un gusto del paradosso e dell'esagerazione - nella saturazione dell'immaginario e nella ripetizione - che può mettere a dura prova la pazienza dello spettatore bendisposto.
Non è un cinema accomodante, quello di Cattet e Forzani, nonostante l'evidente intenzione popolare: a partire dall'amore totale per un immaginario e la sua estetica, ne chiede un altro altrettanto forte a chi guarda. Bisogna stare al gioco, è l'unica regola richiesta.
In Reflection in a Dead Diamond, primo loro film a trovare la via della sala in Italia e anche ad aver ricevuto un riconoscimento d'autore (era in concorso all'ultima Berlinale), il mondo di riferimento è sempre alla produzione pop italiana, anche se l'omaggio questa volta è soprattutto a Diabolik e al genere spionistico anni '60, dunque non solo cinema ma anche romanzi gialli e fumetto. Se la presenza di Fabio Testi è un chiaro rimando a un corpo cinematografico simbolico (anziano e decadente, l'attore diventa il manifesto vivente di una pratica artistica), la grafica tra l'avanguardia e il pop e i tagli delle inquadrature appartengono ad altre forme di narrazione e messinscena (o in pagina).
In più - ed è questo l'aspetto nuovo del film, dal momento che la confusione di realtà e immaginazione era già di Lacrime di sangue - c'è la svolta metacinematografica, a innescare un cortocircuito tra omaggio, rappresentazione, racconto, revisione, fantasia e proiezione che svuota di senso l'operazione stessa. Come a dire che ormai - e non certo da oggi - il processo confuso di produzione delle immagini ha infettato, non solo la memoria del protagonista, ma la capacità stessa degli autori (e del cinema) di creare e rappresentare la realtà.
La cosa in sé potrebbe risultare interessante almeno a livello teorico, se non fosse che la prima inquadratura della donna di spalle di fronte al mare è la ripresa di un'analoga immagine (e conseguente riflessione concettuale) di Barton Fink dei Coen, anno di grazia 1991, che negli ultimi anni registi francesi come Yann Gonzalez e Bertrand Mandico hanno realizzato analoghe operazioni necro-cinefile sul corpo dell'horror italiano, rivelandone la deriva mortifera o rivoluzionaria (ad esempio, in Un couteau dans le coeur o Les Garçons sauvages), e proprio in Italia il lavoro dei Manetti su Diabolik ha dato vita a un'ipotesi di cine-fumetto diversa, in cui si è stati capaci di recuperare il tono anacronistico e il ritmo dilato della scansione delle tavole.
Perché al termine dell'estenuante visione di Reflection in a Dead Diamond, travolti da un cinema ipertrofico, ipercolorato, ipercitazionista, iperconsapevole, anche iperviolento, ci si chiede: ma è davvero questo il modo migliore per rendere omaggio al passato, o è solo una maniera tutta contemporanea, veloce e superficiale, di dare al presente una forma abbagliante e basta?
John è un signore di una certa età, indubbiamente. Ma nonostante la barba bianca e il volto tempestato da rughe, i suoi occhi sono ancora penetranti, anche se turbati. Comunque, è elegantissimo nel suo vestito di lino leggero color crema; per non parlare dei mocassini di camoscio ai piedi. John in effetti è un agente segreto; o almeno lo era negli anni 60.
Con tutto quel cinema pop alle spalle (da controfigura per Sergio Leone ai ruoli per Valeri, Fulci, Castellari), culto delle bellezza maschile amata e irrisa nei violenti '70, a 84 anni Fabio Testi fa un amaro e bollito Bond (da giovane è Yannick Renier) in questo stralcio di thriller di spie in Costa Azzurra a partire dal memoir dell'anziano, che ora teme il ritorno di vecchi nemici.
L'anziano John D. interpretato da Fabio Testi è già nella sua forma pre-mortem, pensionato in un albergo di lusso della Costa Azzurra, quando un riflesso sulla spiaggia riattiva la sua voglia di pensare, meglio ancora di ricordare, riannodando i fili della memoria per tornare a cinquant'anni prima, quando il mar Mediterraneo nel sud della Francia accompagnava con lo sciabordio delle onde il ritmo dell'inces [...] Vai alla recensione »
Si può ancora portare sullo schermo il proprio amore per il cinema e per dei generi quando ormai il discorso su di essi si è ridimensionato a un riflettersi autoreferenziale, mentre il pensiero sul fatto filmico sembra limitarsi a rivoletti di cinefilia incapaci di entrare in contatto con l'altro da sé? Il contesto cinematografico attuale nel quale Hélène Cattet e Bruno Forzani si muovono è quello [...] Vai alla recensione »
Cattet & Forzani sono bravissimi, in quello che fanno. E quello che fanno, da Amer in poi, è reinventare e rilanciare le forme del cinema bis europeo, soprattutto italiano, degli anni 60 e 70. Giallo Argento, spaghetti western, qui eurospy. Ne fanno la lingua con cui s'esprime la loro arte. Citano? Certo. Omaggiano? Sicuramente. Ma il fatto è che riaprono un bagaglio di forme, strumenti, espedienti [...] Vai alla recensione »
Come sempre, il duo (anche nella vita) Cattet & Forzani mira a un'esperienza cinematografica non ortodossa, qui, fin dal titolo, prismatica, sinestetica, anche felicemente auto-contraddittoria. Di nuovo, si gioca secondo le regole di un genere del cinema (italiano) del passato, ricombinandone forme e suoni in variazioni, citazioni, echi senza fine: dopo il giallo (Lacrime di sangue) e lo spaghetti [...] Vai alla recensione »
Raffinare la materia per riscoprirla grezza, puro elemento passionale, pulsione ipervisibile di un cinema che sta prima di ogni declinazione espressiva: Cattet & Forzani giungono in Concorso alla Berlinale 75 con l'attesissimo (quanto meno dai loro fan) Reflet dans un diamant mort, omaggio senza pudore alcuno alla istintualità bassa del cinema italiano di genere, quello giallo segnatamente.
Hélène Cattet e Bruno Forzani arrivano come due alieni nel concorso di Berlino 75. Il loro film , Reflection in a Dead Diamond , è qualcosa di totalmente diverso. Fuori dalle solite logiche: il primato della trama, la dittatura del racconto, la necessità di dire qualcosa. A ben vedere, chi conosce la coppia di cineasti francesi non si meraviglia: già il clamoroso esordio, Amer , e i successivi L'Étrange [...] Vai alla recensione »
I leggendari film di James Bond, si sa, da anni deliziano generazioni e generazioni, al punto da poterci addirittura azzardare ad affermare (esagerando?) che è come se con tale saga fosse stato quasi creato un genere cinematografico a sé, visivamente inconfondibile e che in epoca recente ha saputo coniugare le più avanzate tecniche del digitale con atmosfere d'altri tempi.
A 12 anni dall'exploit di L'étrange couleur des larmes de ton corps, che a Locarno 66 divenne istantaneamente un cult, e a 8 dall'altrettanto celebrato Laissez bronzer les cadavres, Cattet e Forzani riprendono le fila dal punto preciso in cui le avevano lasciate, con un esercizio di stile dedicato al cinema di genere principalmente italiano (con Fabio Testi lì a testimonianza esplicita e vivente), [...] Vai alla recensione »