
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone |
Regia di | Adachi Shin |
Tag | Da vedere 2025 |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 25 aprile 2025
Il film è in parte diario di viaggio, in parte commedia autoriflessiva.
CONSIGLIATO SÌ
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Taro, regista indipendente di dubbie prospettive, vive la vita in una condizione di perenne svagatezza, guidato e mantenuto dalla metodica fidanzata Yuki. Invitato a Beppu per una menzione speciale assegnata da un festival al suo film, viene denigrato dall'organizzatrice e così preferisce frequentare le terme locali di Bungo Ono anziché gli appuntamenti mondani legati alla manifestazione. Qui Taro incontra Miki, che era in sala a vedere il suo film, e trascorre la giornata con lei, immerso nel piacevole limbo che precede una possibile storia d'amore.
Già sceneggiatore di 100 Yen Love, Shin Adachi scrive e dirige un curioso film, che scimmiotta il cinema indipendente di festival in stile Sundance per raccontare una possibile storia d'amore.
Il regista si sofferma su tutto ciò che caratterizza un "breve incontro", per dirla con David Lean, ossia il fugace momento di condivisione tra due sconosciuti, divenuto negli anni stereotipo cinematografico nel cinema indipendente.
Senza idealizzare alcunché, Adachi si concentra sul non detto e sulle occasioni mancate, sulla titubanza incurabile del suo protagonista, incapace di uscire dal proprio personaggio e arrendersi a quel che sembra indicare il destino.
Il linguaggio e i riferimenti sono quelli del cinema indipendente americano, come rende palese il riferimento esplicito a Prima dell'alba di Richard Linklater, ma Good Luck si prende gioco di ogni idealizzazione romantica e al contempo ne è schiavo, intrappolato in un immaginario che non lascia scampo ai sognatori.
Taro è certamente uno di questi, talmente disancorato dalla realtà da rendersi conto a malapena di frequentare una compagna che non ama e perseguire una carriera di regista senza uno scopo preciso, quasi per ottemperare alle aspettative altrui più che per un'insopprimibile ossessione.
Per rappresentare un sommovimento interiore, a fronte dell'ordinarietà e del minimalismo di ciò che avviene esteriormente, Adachi si serve di un linguaggio dimesso, di immagini digitali e povere, che agevolino il giochino metacinematografico e restituiscano una sensazione di realismo.
Come spettatori siamo costantemente in dubbio sul fatto che la vicenda di Taro sia un film nel film, relativamente stupiti quando questo avviene (ma si presume sia un sogno del regista). L'eventuale matrioska di film nasconderebbe una matrioska di mondi ugualmente ordinari, indistinguibili tra loro, e in nessuno di questi Taro sarebbe padrone delle sue decisioni.
Nel suo cammino incontra personaggi bizzarri, quasi a farci intendere che di persone equilibrate non ne esistano: è così il mondo che circonda Taro o è la sua percezione soggettiva a vederlo in questo modo?
Il lavoro di Hiroki Sano nel dare corpo a Taro è straordinario: con lo sguardo cerca sempre qualcosa che si trova fuoricampo, quasi a evidenziare la speranza del ragazzo che ci sia qualcosa di più nel mondo, nella vita; qualcosa che lui non è in grado di cogliere e sfugge alla sua inquadratura/prospettiva.
Sano insiste sui tratti comici del personaggio, dall'andatura alle espressioni stralunate, ma riesce a mantenere il tono nell'ambito del realismo, senza sfociare nel grottesco o caricaturale.
Taro resta sempre credibile ed è impossibile non immedesimarsi, almeno in parte, con le sue incertezze, da quelle legate alla carriera da filmmaker al fatto di non essere mai riuscito a dichiararsi a una ragazza, e aver dovuto sempre attendere la prima mossa altrui.
In sostanza un maschio beta, se non gamma, del tutto idoneo a rappresentare, con leggerezza, l'incertezza generazionale contemporanea.
Taro, regista indipendente di dubbie prospettive, vive la vita in una condizione di perenne svagatezza, guidato e mantenuto dalla metodica fidanzata Yuki. Invitato a Beppu per una menzione speciale assegnata da un festival al suo film incontra Miki, che era in sala a vedere il suo film, e trascorre la giornata con lei, immerso nel piacevole limbo che precede una possibile storia d’amore.
Già sceneggiatore di 100 Yen Love, Shin Adachi scrive e dirige un curioso film, che scimmiotta il cinema indipendente di festival in stile Sundance per raccontare una possibile storia d’amore.
Senza idealizzare alcunché, Adachi si concentra sul non detto e sulle occasioni mancate, sulla titubanza incurabile del suo protagonista, incapace di uscire dal proprio personaggio e arrendersi a quel che sembra indicare il destino. Il linguaggio e i riferimenti sono quelli del cinema indipendente americano, come rende palese il riferimento esplicito a Prima dell’alba di Richard Linklater.