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Dead Man's Wire, un film teso come un cavo, sul confine tra vittime e carnefici e sui risvolti nascosti della cronaca che nutre i tabloid

Gus Van Sant racconta un sequestro realmente accaduto nel '77. Fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia.
di Marianna Cappi

martedì 2 settembre 2025 - Mostra di Venezia

La mattina dell’8 febbraio del 1977, nello stato dell’Indiana, Anthony Kiritsis, detto Tony, quarantaquattro anni, entra nell’ufficio del presidente della Meridian Mortgage Company e, in sua assenza, prende in ostaggio il figlio e socio in affari, Richard O. Hall, legandogli al collo un cavo teso collegato al grilletto di un fucile a canne mozze calibro 12 (il “dead man’s wire” del titolo). Chiede cinque milioni di dollari, come risarcimento per essere stato ingannato dall’agenzia e derubato del profitto che avrebbe fatto vendendo il suo terreno se la Meridian Mortgage non lo avesse deliberatamente ostacolato; chiede di non essere accusato né processato; esige delle scuse personali da parte di Hall senior, che ritiene il diretto responsabile della sua disgrazia. Il lungo negoziato telefonico tra rapitore e forze dell’ordine attrae come un magnete altre vite e altre storie: quella del conduttore radiofonico afroamericano Fred Temple, “the voice of Indianapolis”, che parla con Tony in diretta, e di una giovane giornalista televisiva in cerca dell’occasione giusta per essere lanciata in prime time. Il cavo del telefono, della radio e della televisione, dunque, come emblema di ciò che connette, nella diversità di sorti ed esistenze.

Gus Van Sant torna dunque ai personaggi dall’ego sperduto dei suoi primi film, quei loser che il tempo attuale - un tempo di difficoltà economiche e relazionali, un tempo di strumenti “wireless”- richiama prepotentemente in scena. Lo fa a partire da una sceneggiatura preesistente rispetto al suo coinvolgimento, nella quale deve aver intravisto la possibilità di fare proprio il racconto della bizzarra vicenda di cronaca alla base, sfruttandone tanto la tensione interna (del cavo e della narrazione), perfetta per il cinema, che la qualità a suo distorto modo eroica della crociata contro la ferocia del capitale di Kiritsis, che ha saputo evitare un epilogo scontato e brutale.

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