Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Portogallo, Italia, Francia, Germania, Giappone, Cina |
Durata | 129 minuti |
Al cinema | 1 sala cinematografica |
Regia di | Miguel Gomes |
Attori | Gonçalo Waddington, Crista Alfaiate, Cláudio da Silva, Lang Khê Tran, Jorge Andrade João Pedro Vaz, Jani Zhao, Teresa Madruga, Manuela Couto, Diogo Dória, Américo Silva, Joana Bárcia, João Pedro Bénard. |
Uscita | giovedì 5 dicembre 2024 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Lucky Red |
MYmonetro | 3,64 su 26 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 29 novembre 2024
Il viaggio di un uomo attraverso l'Estremo Oriente e della sua fidanzata che cerca di raggiungerlo. Il film è stato premiato al Festival di Cannes, ha ottenuto 1 candidatura a Lumiere Awards, In Italia al Box Office Grand Tour ha incassato 172 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Birmania, 1917. Il funzionario dell'Impero britannico Edward riceve un telegramma dalla fidanzata Molly, che vuole raggiungerlo a Rangoon per sposarlo. Edward sale sul primo treno, che deraglia. Da lì inizia un viaggio attraverso l'Estremo Oriente, che lo condurrà in Vietnam, nelle Filippine, in Giappone e infine in Cina, puntualmente raggiunto dai telegrammi di Molly che non demorde e segue le sue tracce tra mille difficoltà.
Miguel Gomes, autore di Tabu e Le mille e una notte, ha contribuito in maniera determinante a rendere una materia sempre più fluida la commistione di cinema documentario e di finzione.
Grand Tour continua un discorso personale e lo porta in Estremo Oriente: la componente di finzione è ambientata nel passato ma è evidentemente girata nel presente, spesso in interni, anche a causa del lockdown da Covid-19. La suggestiva monocromia della fotografia e l'utilizzo di tecniche come l'iris rimandano però a un'epoca lontana del cinematografo. A rappresentare gli esterni sono invece immagini catturate da Gomes durante viaggi recenti in quei luoghi e il montaggio di vecchio e nuovo, bianco e nero e colore, documentario e finzione provoca l'effetto ossimorico desiderato dall'autore. Le lingue parlate sono tante quanti i paesi attraversati e osserviamo prosaici attimi di quotidianità contemporanea - una giostra in Myanmar, un karaoke nelle Filippine e così via - mentre una voce over ricostruisce la storia d'amore incompiuto tra Edward e Molly. Un effetto complessivo straniante, agevolato da un ritmo lento e suadente e dall'immersione in una vegetazione lussureggiante che culla lo spettatore in uno stato semi-onirico.
La prima metà del film si concentra sulle peregrinazioni di Edward e sulla contemplazione, dove la seconda, in cui la protagonista è Molly, è caratterizzata da avventure esotiche e sinistri vaticini, che alzano il livello di pathos e di compartecipazione dello spettatore. Inevitabile pensare a un omaggio al capolavoro Sans Soleil di Chris Marker - come Tabu, d'altronde, lo era stato verso il film omonimo di F.W. Murnau - ripensato in base alla cifra stilistica propria di Gomes, che utilizza un cinema ibrido per sospendere l'atmosfera e trasferire lo spettatore in un limbo in cui la trama conta relativamente, smarrita tra gli scherzi della memoria e di una percezione fallace. Da Tabu Gomes riprende l'utilizzo di un 16mm in bianco e nero e l'ambientazione post-colonialista, utile ad evidenziare il contrasto tra Occidente e Oriente e l'inafferrabilità di quest'ultimo, inevitabilmente incompreso quando osservato attraverso lo stereotipato sguardo occidentale. Forse è cinema per iniziati, ma vale la pena provare ad avvicinarsi al culto del regista portoghese per poterlo apprezzare appieno.
Mi capita di vedere recentemente diversi film improntati alla lentezza. È una constatazione, più che una critica. Anzi, potrebbe essere una scelta polemica rispetto alla velocità che impronta la nostra contemporaneità. In Gran Tour, complice una voce narrante asiatica, cantilenante, e la prevalenza di BN, la dimensione onirica, che è stata sottolineata da alcune critiche, induce una dolce sonnolenza, [...] Vai alla recensione »
Un film decisamente diverso da quanto normalmente ci viene proposto al cinema. Gomes dimostra di conoscere bene la tecnica e di saperla usare al servizio di una storia che è un pretesto per una differente riflessione su tanti temi. Alla fine si esce dalla sala discutendo del film con gli amici e, fosse anche solo per questo, è un bel risultato. Non frequente.
Difficile non essere ammaliati dalla cifra stilistica del regista Miguel Gomes in Grand Tour: il bianco e nero, le immagini sporche, slabbrate, le ricostruzioni sceniche che ricordano un cinema di altri tempi. Il classico si mescola allo sperimentale, in un film che indaga le conseguenze del colonialismo, la paura del diverso, la comunione con una natura non sempre ospitale.
Il Grand Tour di Miguel Gomes non si svolge in Europa ma in Asia. Nel 1917 (con licenza di geniali anacronismi). Non è motivato da amor di conoscenza ma da desiderio di fuga (dall'amore). Edward è un funzionario dell'impero britannico, Molly la sua fidanzata. Non si vedono da sette anni, il matrimonio è imminente (sic). Lui se la dà a gambe, lei lo insegue.
È vero: quello che fa Miguel Gomes non ha uguali. Non ha termini di paragone, non assomiglia a nient'altro che puoi vedere. È un'esperienza, un progetto, qualcosa che sfugge istintivamente alle regole, agli schemi. Alle cornici, anche. Ma ha più a che fare con l'arte (e con l'essere artista) che con il cinema se per cinema intendiamo «stasera cosa facciamo? Andiamo a vedere un film?».
Funzionario dell'Impero britannico di stanza a Rangoon, Edward riceve un telegramma dalla fidanzata Molly, che gli annuncia l'arrivo imminente e la volontà di sposarlo. Preso dal panico, l'uomo si dilegua, viaggiando a caso per il Sudest asiatico. Molly non si dà per vinta e si mette sulle sue tracce. Il grand tour del titolo è piuttosto un detour etnografico, una deviazione che va dalla Birmania al [...] Vai alla recensione »
In Birmania, nel 1917, un giovane funzionario britannico apprende dell'imminente arrivo della promessa sposa dall'Inghilterra, e decide di fuggire, con la donna che lo insegue. Il «Grand Tour» del titolo non è quello che aristocratici e artisti dei secoli scorsi facevano alla scoperta delle bellezze naturalistiche e monumentali dell'Europa, bensì una fuga attraverso l'Oriente (da Rangoon a Singapore, [...] Vai alla recensione »
Vincitore del Premio per la migliore regia all'ultimo Festival di Cannes e designato portoghese per la corsa all'Oscar, Grand Tour è diretto da Miguel Gomes, uno degli autori più originali del cinema contemporaneo. Il film, una grande coproduzione europea tra Portogallo, Italia (Vivo film) e Francia, dopo l'anteprima mondiale sulla Croisette ha conquistato i festival di tutto il mondo, da Londra a [...] Vai alla recensione »
Nel 1918 il giovane funzionario britannico Edward, di stanza a Rangoon, viene a sapere che Molly, sua fidanzata da otto anni, sta per raggiungerlo. Decide allora di partire per un giro di mezzo continente asiatico, tra Birmania, Cina, Filippine, Giappone e Vietnam. La donna, rifiutandosi di pensare che Edward voglia sfuggire al matrimonio, si mette sulle sue tracce.
Miguel Gomes, portoghese, classe 1972, ex critico rivelatosi regista con Tabu (2012) e una fluviale riscrittura di Le mille e una notte (2015), il "grand tour" l'ha fatto davvero. Ma non in Italia, come gli artisti e gli scrittori nel 700 e nell'800. È andato in Asia Orientale, ha viaggiato in condizioni anche perigliose ed è tornato con riprese eterogenee che ha poi montato all'interno di un film [...] Vai alla recensione »
Birmania, 1917. Edward, funzionario dell'impero britannico, , protagonista di Gran Tour, riceve da Molly, fidanzata paziente da ormai sette anni, un telegramma ultimativo: arrivo a Rangoon e ci sposiamo. E lui prontamente fugge, sale sul primo treno con l'intento di far perdere le proprie tracce. Ma non ci riesce. Lui si sposta a Singapore, in Thailandia e in Vietnam, in Giappone e in Cina, insomma [...] Vai alla recensione »
Grand Tour, ultimo film del regista portoghese Miguel Gomes, racconta la fuga dal matrimonio di Edward (Goncalo Waddington), un funzionario dell'impero britannico che dalla Birmania viaggia in Giappone, Tailandia, Vietnam, Cina e Giappone, mentre Molly (Crista Alfaiate), la fidanzata, lo insegue disperatamente convinta che la sua sparizione non abbia nulla a che vedere con un ripensamento sulle nozze. Un [...] Vai alla recensione »
La sensazione, guardando "Grand Tour" di Miguel Gomes (Premio per la migliore regia all'ultimo Festival di Cannes e designato portoghese per la corsa all'Oscar), è quella di perdersi. Amando di farlo. Come il protagonista del film, Edward, un funzionario dell'Impero britannico, di stanza in Birmania nel 1918, che, alla notizia dell'arrivo della di Molly, la sua promessa sposa, fugge attraverso il [...] Vai alla recensione »
In fuga dalla promessa sposa nell'Asia esotica anni '20, con stranianti inserti dei luoghi oggi, un funzionario britannico sospettato di spionaggio pare il protagonista. Invece è lei, Molly, al disperato inseguimento. Tre le città e un fiume impossibile da risalire è l'Apocalipse Now della consunzione amorosa. Ispirato da due pagine di Il signore in salotto di Maugham, bloccato e reinventato causa [...] Vai alla recensione »
Edward (Gonçalo Waddington) è un funzionario britannico di stanza a Rangoon, ex capitale della Birmania. Quando viene a sapere che la sua fidanzata Molly (Crista Alfaiate) sta per raggiungerlo con l'obiettivo di sposarlo, colto dal terrore del matrimonio e in preda a una malinconia abissale, si dà precipitosamente alla fuga. Senza perdersi d'animo, Molly, decisa a non permettere ai suoi progetti nuziali [...] Vai alla recensione »
Grand Tour, originale, bellissimo film di Miguel Gomes, è una lungimirante co-produzione di Portogallo, Italia (Vivo Film) e Francia: dopo il premio per la migliore regia all'ultimo Festival di Cannes, arriva nelle nostre sale giovedì. Non è per tutti, ma può essere tutto, laddove si voglia un cinema capace di stupire, persino, mesmerizzare, saltando tra vintage e futuro, old fashion e magnifiche e [...] Vai alla recensione »
Runaway Bride" - titolo italiano "Se scappi ti sposo" - era un film di Garry Marshall, anno 1999. Julia Roberts era al suo terzo matrimonio, se non fosse fuggita all'ultimo momento da tutti e tre. Tanto da meritarsi gli onori della cronaca, e del giornalista Richard Gere che si appassiona alla storia. Ma la sposa è sparita, resta la testimonianza del terzo poveretto abbandonato.
Dalla prima immagine ci si al- lontana dalla narrativa tradizionale e dai suoi punti di riferimento temporali. Nel 1918 un ufficiale dell'impero britannico fugge dalla Birmania per evitare le nozze. Viaggia in un sudest asiatico magico, ricostruito in studio, che si mescola a quello ripreso con stile documentaristico nel 2020. Realtà, finzione, cinema muto o dialogato: la meccanica dell'opera va oltre [...] Vai alla recensione »
Il nuovo film del regista portoghese Miguel Gomes (Tabu, Le mille e una notte - Arabian Nights), riprende il tema europeo del grand tour, il classico viaggio educativo e propedeutico alla maturità che compivano solitamente i giovani rampolli dell'aristocrazia per conoscere le bellezze artistiche dell'Europa. Del grand tour classico il film di Gomes però ha mantenuto solo il titolo, visto che il viaggio [...] Vai alla recensione »
Ogni film di Miguel Gomes è la ricerca del film che il regista vorrebbe e dovrebbe fare, e che invece non sa, non può, non vuole fare. I suoi racconti sovrappongono parole e immagini sfasandole, illustrano al contrario pagine di diario, usano la tradizione (letteraria, cinematografica) come traccia da seguire e riscrivere. Grand tour, storia di un funzionario inglese del 1917 in fuga dalla promessa [...] Vai alla recensione »
Una grande avventura coloniale che tradisce il movimento. E una storia d'amore in cui gli innamorati sono assenti l'uno all'altra... Geniale fantasmagoria di Miguel Gomes, giustamente premiata per la Regia a Cannes77, Grand Tour è un oggetto di cinema che sta letteralmente fuori dal tempo e dallo spazio: non tanto per posizione teorica, ma per una questione di prassi e anche di pragmatismo.
Dal coccodrillo di Tabu al panda di Grand Tour il passo non è così breve. In mezzo c'è tutto: l'ascesa di Miguel Gomes, le pagine di W. Somerset Maugham, un tour asiatico per le riprese e uno europeo e internazionale per i soldi, il covid, il cinema. C'è il colore ma anche - e soprattutto - il bianco e nero, il super 16mm, il teatro in molte sue forme e declinazioni, l'afflato documentaristico e le [...] Vai alla recensione »
A differenza dei tanti film girati durante la pandemia o sul tema pandemia, Grand Tour è forse l'unica opera a portare il segno della pandemia dentro le immagini. Perché una buona metà del film Miguel Gomes l'ha girata a distanza, restando chiuso in uno studio con la troupe a Lisbona, mentre il set era allestito a 3500 km di distanza, in Cina, fra Shanghai e la provincia del Sichuan, vicino al Tibet. [...] Vai alla recensione »
In concorso invece è passato l'originale ma non particolarmente appassionante «Grand Tour» del visionario portoghese Miguel Gomes che, dopo essere stato negli anni scorsi tre volte in Quinzaine, vede finalmente spalancarsi le porte della sezione principale. Dove arriva portando il suo cinema ibrido che unisce, in un continuum, video e bianco nero, mascherini da cinema muto e documentario.
Che per Miguel Gomes il cinema fosse un'arte della fuga, già era chiaro dall'inizio de Le mille e una notte. Il regista scappa a gambe levate dal set, lasciando pieno potere alle immagini di muoversi tra i racconti, tra la fascinazione affabulatoria e la libertà dalle trame. Con Grand Tour, quest'arte della fuga si salda all'estetica esotica e aurorale di Tabù e giunge a compiuta definizione.
Un funzionario inglese a inizio Novecento di stanza a Rangoon (oggi si direbbe Yangoon, non essendo più Birmania, ma Myanmar) riceve un telegramma da Molly, la sua fidanzata, che lo informa che lo sta raggiungendo per sposarsi. Edward scappa attraverso l'Asia, mentre Molly cerca di poterlo trovare. Gomes ci porta ancora una volta dentro un viaggio affascinante, in questo caso con un'energia quasi [...] Vai alla recensione »
Rangoon, Birmania 1917. Edward (Gonçalo Waddington), funzionario dell'Impero britannico, fugge dalla promessa sposa Molly (Crista Alfaiate) che arriva da Londra. Durante il viaggio, il panico di Edward cede alla malinconia, mentre Molly, decisa a sposarsi, lo insegue in un grand tour asiatico, esperienza in voga nell'élite europea all'inizio del XX secolo.