ivan il matto
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domenica 2 marzo 2025
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e la giustizia sta a guardare
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E’ consolante accorgersi che a 94 anni qualcuno possa ancora avere le energie per pensare e girare un legal thriller del calibro di “Giurato numero 2”, se poi quel qualcuno si chiama Clint Eastwood, ed è alla sua quarantaduesima regia, allora tutti i conti tornano. Già nel lontano 1957 Sidney Lumet aveva dato “La parola ai giurati”, entrando in una complessa camera di consiglio, dove un giurato si metteva, da solo, contro tutti gli altri. Ma qui il regista di San Francisco aggiunge temi e sfaccettature ulteriori. Intanto un clima ‘southern’ (siamo in Georgia) come in “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, la parabola di un individuo tormentato fra delitto e castigo, un bisogno laico di confessione e redenzione per un omicidio avvenuto su un ponte reiteratamente inquadrato, come quelli di “Madison Couty”.
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E’ consolante accorgersi che a 94 anni qualcuno possa ancora avere le energie per pensare e girare un legal thriller del calibro di “Giurato numero 2”, se poi quel qualcuno si chiama Clint Eastwood, ed è alla sua quarantaduesima regia, allora tutti i conti tornano. Già nel lontano 1957 Sidney Lumet aveva dato “La parola ai giurati”, entrando in una complessa camera di consiglio, dove un giurato si metteva, da solo, contro tutti gli altri. Ma qui il regista di San Francisco aggiunge temi e sfaccettature ulteriori. Intanto un clima ‘southern’ (siamo in Georgia) come in “Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, la parabola di un individuo tormentato fra delitto e castigo, un bisogno laico di confessione e redenzione per un omicidio avvenuto su un ponte reiteratamente inquadrato, come quelli di “Madison Couty”. Savannah, Georgia, un solo giurato, il numero 2, si mette contro gli altri 11 che devono giudicare l’assassinio di una ragazza da parte del suo violento compagno, una notte, sul fosso di una strada maledettamente piovosa. Ma quella stessa notte il medesimo giurato non era in casa e combatteva, ancora, contro l’alcolismo. Cosa ne emerge? Un giallo? Un thriller? Un ammirevole apologo sulla possibile/impossibile coincidenza fra giustizia e verità? Comunque la mettiamo un film perfetto, benché ‘piccolo’, secondo l’asciutto stile Malpaso (casa di produzione fondata dallo stesso Eastwood) delle ultime pellicole, da qualunque angolazione lo si osservi. Impaginazione da grande cinema classico dai tempi dilatati; giusta tensione emotiva per intercettare il grande pubblico; la maturità di chi ha una precisa visione del mondo (la si condivida o meno), volando alto verso l’essenzialità di un racconto morale. Irreprensibili i due interpreti principali: Nicholas Hoult, l’angosciato Justin, (già apprezzato co-protagonista dell’ultimo “Nosferatu” di Robert Eggers) che regge con disinvoltura gli interminabili primi piani del regista sui suoi occhi ‘azzurro liquido’; Tony Collette, l’avvocato dell’accusa, destinato a diventare procuratore distrettuale, che evidenzia una padronanza incredibile della sua mimica facciale. L’ennesimo film terminale del ‘nostro’ Clint (ricordate gli spaghetti western?) dopo “Gran Torino”, ci mostra quanto sia più faticoso il dubbio rispetto ai facili dogmi, ed in questo senso vanno lette le due inquadrature (iniziale e finale) della Dea bendata Dike: presso i greci emblema della giustizia
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giovanni morandi
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venerdì 22 novembre 2024
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colpevole o innocente ?
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Clint Eastwood ha scritto la storia del Cinema e ci ha abituato a visioni della società americana, che spesso ci portano-aldila' di una narrativa serrata ed avvincente- a veri e propri interrogativi dell'essere, lasciando a noi pubblico le risposte più varie.
È il caso che si prospetta anche qui per il protagonista di questo film: è un giovane uomo, in attesa di una figlia, che viene convocato per partecipare ad una giuria popolare in un processo per omicidio. L’imputato è accusato di aver ucciso la compagna dopo una lite in un locale. Ma durante il processo Justin Kemp si rende conto che l’assassino di quella donna è proprio lui stesso, che, inavvertitamente, l’ha investita dopo aver passato la serata nel medesimo locale nel quale la coppia aveva avuto un diverbio.
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Clint Eastwood ha scritto la storia del Cinema e ci ha abituato a visioni della società americana, che spesso ci portano-aldila' di una narrativa serrata ed avvincente- a veri e propri interrogativi dell'essere, lasciando a noi pubblico le risposte più varie.
È il caso che si prospetta anche qui per il protagonista di questo film: è un giovane uomo, in attesa di una figlia, che viene convocato per partecipare ad una giuria popolare in un processo per omicidio. L’imputato è accusato di aver ucciso la compagna dopo una lite in un locale. Ma durante il processo Justin Kemp si rende conto che l’assassino di quella donna è proprio lui stesso, che, inavvertitamente, l’ha investita dopo aver passato la serata nel medesimo locale nel quale la coppia aveva avuto un diverbio. Era una notte con una pioggia fitta, la strada era buia e stretta, ma Justin, quella sera, non aveva investito un cervo, come credeva, ma una donna, provocandone la morte. Omicidio colposo si, ma un passato da alcolista rende la posizione di Justin difficilmente difendibile-come gli suggerisce l'avvocato- nell’ipotesi di un processo a suo carico. Inizia così il dramma di un uomo dilaniato tra due possibilità: partecipare alla condanna di un innocente o assumersi la responsabilità della morte della ragazza, rinunciando a veder nascere e crescere la figlia.
Ed ecco che il film ci rimanda ad un vecchio classico del genere legal-thriller, quello interpretato mirabilmente da Henry Fonda in La Parola ai Giurati di Sidney Lumet.
Anche qui la giuria popolare, viene fortemente orientata da Justin in un senso o nell’altro, ed è una perfetta rappresentazione della società americana, nessun eccesso, una fredda istantanea di varia umanità (molto diversa da quella di Lumet, quella a parte il tifoso che perde la partita di baseball- era molto più cosciente e interessata-questa, frutto dei tempi, appare distratta, come se non ci fosse in gioco la vita di un uomo.
Si insinua il dubbio nel dibattito tra i giurati che durante i loro discorsi passano dalla certezza della colpevolezza dell'imputato all'innocenza, spaccandosi tra di loro. Clint naturalmente, come sempre, nonostante le 94 primavere, vanno oltre la semplice narrazione e dietro la macchina da presa ci mette del suo, che va oltre una scarna sceneggiatura, confezionando così un ottimo film.
Nicolas Hoult (un attore inesperto) interpreta un ruolo difficile, intrappolato com'è, in un dilemma morale profondo.
Eastwood ci guida attraverso questo legal thriller psicologico di grande intensità, che culmina in un finale che invita a riflettere sulla propria moralità:
"Siamo disposti a dire la verità, anche a costo di mettere in discussione i nostri affetti più cari e alle piccole conquiste di serenità-dopo una vita ritrovata dopo un passato non esaltante ?"
Ma non è questa forse l'intenzione reale di Clint, che in tutta la sua splendida cinematografia, da Gli Spietati a Cry Macho (al contrario dai veri ? eroi celebrati da Ford e dal suo mentore, Leone), ha "esaltato" (si fa per dire) la figura dell'Anti-eroe, come ce ne sono tanti in questa era "medievale", dove tutto ruota intorno ad un successo "fasullo" di una vita facile e borderline.
Anche il protagonista (ma forse siamo proprio noi...ecco perché Eastwood non è ricorso ad ingaggiare attori famosi) di questa storia lo è: ha vissuto per anni ai limiti della legalità, facendola franca, ed ecco che "la vita" gli presenta il conto.
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enzo70
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domenica 17 novembre 2024
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clint eastwood coltiva la necessità del dubbio
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Clint Eastwood ha scritto la storia del cinema con le sue storie sempre inedite, con spaccati della società statunitense che rappresentano il disagio dell’uomo. Il protagonista di questo film è un giovane uomo, in attesa di una figlia, che viene convocato per partecipare ad una giuria popolare in un processo per omicidio. L’imputato è accusato di aver ucciso la compagna dopo una lite in un locale. Ma durante il processo Justin Kemp, il nome del protagonista, si rende conto che l’assassino di quella donna è proprio lui che, inavvertitamente, l’ha investita dopo aver passato la serata nel medesimo locale nel quale la coppia ha avuto il diverbio.
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Clint Eastwood ha scritto la storia del cinema con le sue storie sempre inedite, con spaccati della società statunitense che rappresentano il disagio dell’uomo. Il protagonista di questo film è un giovane uomo, in attesa di una figlia, che viene convocato per partecipare ad una giuria popolare in un processo per omicidio. L’imputato è accusato di aver ucciso la compagna dopo una lite in un locale. Ma durante il processo Justin Kemp, il nome del protagonista, si rende conto che l’assassino di quella donna è proprio lui che, inavvertitamente, l’ha investita dopo aver passato la serata nel medesimo locale nel quale la coppia ha avuto il diverbio. Era una notte con una pioggia fitta, la strada era scura e stretta, ma Justin quella sera non aveva investito un cervo, come credeva, ma una donna, provocandone la morte. Omicidio colposo ma un passato da alcolista rende la posizione di Justin difficilmente difendibile nell’ipotesi di un processo a suo carico. Inizia così il dramma di un uomo dilaniato tra due possibilità: partecipare alla condanna di un innocente o assumersi la responsabilità della morte della ragazza, rinunciando a veder crescere la figlia. La composizione della giuria popolare, fortemente orientato da Justin in un senso o nell’altro, è una perfetta rappresentazione della società americana, nessun eccesso, una fredda istantanea di varia umanità. E la necessità del dubbio emerge con forza nel dibattito tra i giurati che durante i loro discorsi passano dalla certezza della colpevolezza dell'imputato all'innocenza, spaccandosi tra di loro. Clint, al solito, colpisce al cuore, l’età non incide sulla sua capacità di proporre ancora una volta un grandissimo film.
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matteo
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domenica 17 novembre 2024
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non solo un caso di coscienza
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Un uomo che è riuscito a riscattarsi dal proprio passato di alcolista, un uomo per bene e neo padre di famiglia si trova a lottare con se stesso e con la propria coscienza. Eastwood mette in scena una dramma che non riguarda solo il protagonista del racconto ma tutti noi. La ricerca della verità passa in secondo piano di fronte al concetto di colpa ed espiazione su cui è costruito il diritto contemporaneo. Cosa è giusto fare è chiaro a tutti ma farlo, mettere in pratica un dovere morale è tutta un’altra cosa e si giunge persino a sacrificare un innocente piuttosto che perdere la propria libertà e forse la propria vita. Un film complesso che pone anche l’accento sul sistema giuridico americano, sui giochi di potere delle figure preposte a difendere la società, sui limiti dovuti ai pregiudizi delle giurie popolari, sull’imperfezione di un sistema che gli stessi personaggi giudicano comunque il migliore possibile.
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Un uomo che è riuscito a riscattarsi dal proprio passato di alcolista, un uomo per bene e neo padre di famiglia si trova a lottare con se stesso e con la propria coscienza. Eastwood mette in scena una dramma che non riguarda solo il protagonista del racconto ma tutti noi. La ricerca della verità passa in secondo piano di fronte al concetto di colpa ed espiazione su cui è costruito il diritto contemporaneo. Cosa è giusto fare è chiaro a tutti ma farlo, mettere in pratica un dovere morale è tutta un’altra cosa e si giunge persino a sacrificare un innocente piuttosto che perdere la propria libertà e forse la propria vita. Un film complesso che pone anche l’accento sul sistema giuridico americano, sui giochi di potere delle figure preposte a difendere la società, sui limiti dovuti ai pregiudizi delle giurie popolari, sull’imperfezione di un sistema che gli stessi personaggi giudicano comunque il migliore possibile. Ma è davvero così?
Eastwood a questo proposito, dopo aver stillato i dubbi assolve la Legge che viene a mettere ordine e giustizia dove l’individuo aveva scelto la sua vita uccidendo di fatto due persone. Sempre su questo tema è da ricordare anche un altro importante film “Il dubbio. Un caso di coscienza” del regista iraniano Vahid Jalilvand
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imperior max
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lunedì 18 novembre 2024
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a volte la verità non è giustizia.
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(Le stelle sarebbero 4,5/5) Ormai è appurato. Clint Eastwood a 94 anni quando si mette dietro la macchina da presa come minimo ci sarebbe da invertirgli le cifre nell’età anagrafica, data una regia molto pulita e a dir poco invisibile nel seguire i personaggi e le loro storie non poco interessanti. Stavolta con GIURATO NUMERO 2 fa’ un legal drama alla base simile ad altri già visti come ad esempio LA PAROLA AI GIURATI di Sidney Lumet, ma con uno sviluppo della storia più umana, più larga e tematiche più riflessive nei personaggi.
In Georgia Justin Kemp, un giovane giornalista sposato con Ally e in attesa di una bambina, diventa membro della giuria del tribunale di Savannah a seguito di un processo per omicidio.
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(Le stelle sarebbero 4,5/5) Ormai è appurato. Clint Eastwood a 94 anni quando si mette dietro la macchina da presa come minimo ci sarebbe da invertirgli le cifre nell’età anagrafica, data una regia molto pulita e a dir poco invisibile nel seguire i personaggi e le loro storie non poco interessanti. Stavolta con GIURATO NUMERO 2 fa’ un legal drama alla base simile ad altri già visti come ad esempio LA PAROLA AI GIURATI di Sidney Lumet, ma con uno sviluppo della storia più umana, più larga e tematiche più riflessive nei personaggi.
In Georgia Justin Kemp, un giovane giornalista sposato con Ally e in attesa di una bambina, diventa membro della giuria del tribunale di Savannah a seguito di un processo per omicidio. Un anno prima una ragazza venne trovata morta in un ruscello e di conseguenza accusato il suo fidanzato, ex spacciatore, con il quale aveva litigato quasi violentemente la sera stessa all’uscita del bar lì vicino. Ad accusa e difesa messe in chiaro i dodici membri della giuria dovranno decidere il verdetto. Dal dissenso di Justin in poi le cose si faranno sempre più complesse e intricate tra dubbi, pregiudizi, ragionamenti, riflessioni e segreti svelati.
Partiamo col fatto che Nicholas Hoult, Toni Collette e J.K. Simmons interpretano benissimo e con naturalezza dei personaggi belli sfaccettati, sorprendenti e che per un motivo o per l’altro non toccano mai del tutto il bianco o il nero. Ma così come tutti i personaggi sono in una scala di grigi dove Eastwood porta lo spettatore a diventare egli stesso giudice e imparziale senza veramente odiare o amare qualcuno di loro. Chi ha un passato non proprio pulito, chi segue più i propri interessi che a fare giustizia, chi nutre troppi pregiudizi ed empatie nei confronti dell’imputato e della vittima, chi fa’ scelte sbagliate e chi ha conflitti interiori.
Inoltre si parla molto di concetti attuali e classici. Molte volte l’accusato viene automaticamente dichiarato colpevole senza un attimo rifletterci, spesso non si entra nei panni delle persone care ai coinvolti al processo, si descrive il sistema giudiziario nelle sue pecche in quanto a volte fallisce per troppa empatia e il contrario, di quanto risulta essere troppo schematico e ristretto nei ruoli quando a volte rompere tali cose risulta invece essere una soluzione migliore e che la verità e i fatti concreti non sono sempre sinonimo di giustizia.
Non mancano poi i colpi di scena, momenti tesi e situazioni molto particolari che terranno incollati alla visione fino ad un finale “sospeso” e nelle mani dello spettatore. Del lato tecnico c’è poco da dire, una scorrevolezza veramente liscia seppur lenta, ma necessaria per far arrivare messaggi che altrimenti verrebbero capiti solo dai dottorati in legge.
E con ciò l’unico mio rammarico, già da un po’ di anni, è che questo potrebbe diventare l’ultimo film di Clint Eastwood, ma a detta sua ha ancora voglia di farne un altro (mi tocco le palle per lui…). Piccola postilla: Francesca Eastwood, sebbene una piccola, ma importante parte, è veramente carina…
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eugenio
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venerdì 22 novembre 2024
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la parola ai giurati
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Un film di Eastwood alla Eastwood. Meno di due ore, per una vicenda di grande impatto morale ed etica. Il regista scandaglia le contraddizioni dell’animo umano, i sentimenti di giustizia; la sua telecamera lucidamente si sofferma su un gruppo di giurati chiamati a deporre per stabilire se un uomo, violento e irruento, capace di abbandonare dopo un litigio la sua compagna fuori dal locale in una notte di pioggia, sia responsabile della morte di quest’ultima o se “qualcosa” di diverso possa ribattere questa teoria. Questo “qualcosa” ce lo fornisce il protagonista della nostra pellicola, il “giurato numero due”, Justin Kemp (Nicholas Hoult), dal passato di alcolista, ora in attesa di una figlia, che scopre, guarda caso, di poter essere coinvolto nell’omicidio, avendo lui trascorso la serata nel medesimo locale nel quale la coppia ha avuto il diverbio e successivamente avendo investito, chissà, forse un cervo, forse la vittima, proseguendo come se nulla fosse avvenuto.
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Un film di Eastwood alla Eastwood. Meno di due ore, per una vicenda di grande impatto morale ed etica. Il regista scandaglia le contraddizioni dell’animo umano, i sentimenti di giustizia; la sua telecamera lucidamente si sofferma su un gruppo di giurati chiamati a deporre per stabilire se un uomo, violento e irruento, capace di abbandonare dopo un litigio la sua compagna fuori dal locale in una notte di pioggia, sia responsabile della morte di quest’ultima o se “qualcosa” di diverso possa ribattere questa teoria. Questo “qualcosa” ce lo fornisce il protagonista della nostra pellicola, il “giurato numero due”, Justin Kemp (Nicholas Hoult), dal passato di alcolista, ora in attesa di una figlia, che scopre, guarda caso, di poter essere coinvolto nell’omicidio, avendo lui trascorso la serata nel medesimo locale nel quale la coppia ha avuto il diverbio e successivamente avendo investito, chissà, forse un cervo, forse la vittima, proseguendo come se nulla fosse avvenuto.
Il dubbio lecito nasce. E si parla di omicidio colposo. Inizia così il dramma, quello di una persona semplice, che nel corso dello sviluppo della vicenda, in maniera ambivalente, prima sembra far finta di niente, poi inizia una sorta di battaglia dell’insinuazione nella mente di sé stesso e degli altri giurati, vinto dai rimorsi per aver contribuito, probabilmente, alla condanna di un innocente. Con un procuratore intento a farsi solo pubblicità col caso, Faith Killebrew (Toni Colette), la condanna pare scontata ma nulla è come sembra; Eastwood elegantemente non cerca il melodramma, ma con sequenze dirette e immediate, ci fa immedesimare nella vicenda di un uomo dilaniato dai sensi di colpa. Grazie a una fotografia eccellente, Giurato numero due pone inquietanti interrogativi sul significato della parola giustizia, convenzionale nei suoi flashback all'americana ma efficacemente tempestoso a porre domande, sospese, sul labile confine tra colpa e innocenza.
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nino pellino
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venerdì 22 novembre 2024
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un altro bel film di clint eastwood
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Una trama coinvolgente la cui narrazione mi ricorda qualcosa del celebre film "La parola ai giurati" ma con le dovute varianti. Quando la possiible verità, il rimorso di coscienza e l'ombra del dubbio sembrano scontrarsi a vicenda per poi giungere ad un finale insolito ma necessario. Ancora una volta un elogio a Clint Eastwood. Il film merita di essere visto. Meditare per riflettere.
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clintrenato
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lunedì 18 novembre 2024
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clint, regalaci un altro film...
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Un film davvero spiazzante. La cinepresa dell'ormai 94enne Eastwood è sempre attenta nel descrivere ogni istante, ogni atteggiamento, ogni episodio dei protagonisti della vicenda. Il giovane Justin Kemp, giornalista, ex alcolista, ha svoltato la sua vita e adesso è sposato con la giovane Ally, che ha deciso di premiare il cambio di rotta della vita del marito. I due sono in attesa dell'arrivo di un figlio, la gravidanza è ad alto rischio, dato che già l'anno precedente la povera Ally aveva perso due gemelli... Il ragazzo si ritrova coinvolto, come giurato numero 2, in un processo per omicidio, dove una ragazza è stata ritrovata esanime presso un ruscello dopo una caduta da un burrone, e il maggiore indiziato dell'incidente è il fidanzato.
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Un film davvero spiazzante. La cinepresa dell'ormai 94enne Eastwood è sempre attenta nel descrivere ogni istante, ogni atteggiamento, ogni episodio dei protagonisti della vicenda. Il giovane Justin Kemp, giornalista, ex alcolista, ha svoltato la sua vita e adesso è sposato con la giovane Ally, che ha deciso di premiare il cambio di rotta della vita del marito. I due sono in attesa dell'arrivo di un figlio, la gravidanza è ad alto rischio, dato che già l'anno precedente la povera Ally aveva perso due gemelli... Il ragazzo si ritrova coinvolto, come giurato numero 2, in un processo per omicidio, dove una ragazza è stata ritrovata esanime presso un ruscello dopo una caduta da un burrone, e il maggiore indiziato dell'incidente è il fidanzato. Da questo momento cominciano i guai per il nostro protagonista. Evitando di darvi altri spoiler, soprattutto per chi ancora non abbia visto questo film, c'è da apprezzare ancora una volta la grande maestria di Clint Eastwood nel raccontare e descrivere storie di gente comune; il vecchio Clint negli ultimi vent'anni ha davvero invertito la rotta, come il protagonista di questo film, ma in maniera davvero ammirevole. "Million Dollar Baby", "Gran Torino", "Changeling" , "American Sniper", "Sully", "Ore 15:17 - Attacco al treno", "Richard Jewell" e l'ultimo appena menzionato, "Juror #2", sono la dimostrazione di come Eastwood sia diventato il vero cantore, una sorta di Omero moderno, ma non nel raccontare eroi senza macchia, bensì uomini e donne comuni, con i loro dubbi, le loro insicurezze ed anche le loro meschinità. In "Giurato numero 2" non c'è alcun difetto, a partire dalla straordinaria sceneggiatura di Jonathan Abrams, la fotografia in chiaroscuro di Yves Belanger, collaboratore fidato da quasi un decennio del vecchio Clint, e il commento musicale mai invasivo e molto lirico del bravo Mark Mancina, che ha preso il posto di colui che per più di 30 anni era stato il musicista "feticcio" di Eastwood, Lenny Niehaus. Ottima la prova quasi monocorde (ma voluta dal regista) del bravo Nicholas Hoult nel ruolo di Justin, straordinarie le prove di Toni Collette e Chris Messina nei ruoli di pubblico ministero e avvocato difensore, molto azzeccati i cammei di J.K. Simmons, che continua a dimostrare la sua bravura di interpretare qualsiasi ruolo, e di Kiefer Sutherland. Si dice che questo sia l'ultimo film per Clint Eastwood; la speranza è che non sia così, che il nostro buon vecchio "uomo senza nome" della trilogia del dollaro, ci regali nei prossimi anni un nuovo film, un nuovo capolavoro. Il cinema ha bisogno di un regista come Eastwood e delle sue storie. Meno supereroi, più Clint.
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samanta
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lunedì 18 novembre 2024
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verità o giustizia?
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Appena uscito nei cinema italiani probabilmente è l'ultimo film, salvo imprevisti, di Clint Eastwood regista che con un colpo di coda ci regala un gran bel film.
Il titolo indica il genere: è un legal thriller in parte ambientato in un'aula giudiziaria, siamo in Georgia: Justin Kemp (Nicholas Hoult) 24 anni, giornalista, con un passato da alcolizzato ma che da 4 anni si è liberato da questa dipendenza è sposato con Ally (Zoey Deutch) in gravidanza avanzata e viene scelto a fare il giurato in un processo penale, malgrado abbia cercato di farsi esonerare.La vicenda processuale (di cui Justin non era a conoscenza) riguarda James Sythe (Gabriel Basso) che è un uomo violento con precedenti penali ha una relazione tossica con Kendall (Francesca Eastwood) una sera di ottobre hanno litigato violentemente (solo a parole) in un bar davanti tutti gli avventori, la ragazza decide di lasciarlo e si avvia a casa a piedi ,sotto una violenta pioggia, James cerca di dissuaderla e poi sale sull'auto e si avvia nella direzione presa da lei, una donna nel bar ha ripreso con il cellulare tutta la scena.
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Appena uscito nei cinema italiani probabilmente è l'ultimo film, salvo imprevisti, di Clint Eastwood regista che con un colpo di coda ci regala un gran bel film.
Il titolo indica il genere: è un legal thriller in parte ambientato in un'aula giudiziaria, siamo in Georgia: Justin Kemp (Nicholas Hoult) 24 anni, giornalista, con un passato da alcolizzato ma che da 4 anni si è liberato da questa dipendenza è sposato con Ally (Zoey Deutch) in gravidanza avanzata e viene scelto a fare il giurato in un processo penale, malgrado abbia cercato di farsi esonerare.La vicenda processuale (di cui Justin non era a conoscenza) riguarda James Sythe (Gabriel Basso) che è un uomo violento con precedenti penali ha una relazione tossica con Kendall (Francesca Eastwood) una sera di ottobre hanno litigato violentemente (solo a parole) in un bar davanti tutti gli avventori, la ragazza decide di lasciarlo e si avvia a casa a piedi ,sotto una violenta pioggia, James cerca di dissuaderla e poi sale sull'auto e si avvia nella direzione presa da lei, una donna nel bar ha ripreso con il cellulare tutta la scena. Kendall viene trovata morta in un burrone sotto un ponte, l'autopsia accerta che ha ricevuto un colpo in testa ed è caduta dal ponte. Justin ricorda che quella notte circa a quell'ora era passato sul ponte aveva sentito un colpo, era sceso non avendo visto nulla era convinto di avere colpito un cervo numerosi nel luogo. Altri protagonisti sono il P.M. Faith Killebrew (Toni Colette) vice procuratore distrettuale che è candidata nell'elezione del Procuratore Distrettuale e una vittoria nel processo garantirebbe l'elezione e un giurato Harold (J.K. Simmons) che si rivela essere un poliziotto andato in pensione. Per non "spoilerare" tralascio la trama di un film che deve essere visto fino in fondo senza anticipazioni.
Clint lascia il cinema con un botto finale perché il Giurato numero 2 è un capolavoro,, è un film "clintiano" al massimo, che termina, dopo avere avvinto lo spettatore per una continua suspense, lasciandolo pensare: perbacco è fuori moda! Non è come si potrebbe pensare, un remake di La parola ai giurati capolavoro di Sidney Lumet del 1957, ma certamente Clint con un'abilità magistrale ne ha attinto alcune scene, ad esempio un testimone anziano che dichiara di avere visto l'imputato la notte del delitto scendere dall'auto e guardare intorno ha probabilmente mentito perché dalla sua posizione non poteva vedere l'imputato, ricorda la donna teste che nel film di Lumet testimoniava di avere visto il ragazzo uccidere il padre affermando una cosa non vera stante la sua posizione. Si è parlato di influenza di Hitchcock, il che appare credibile per i continui colpi di scena, che Clint ha vitalizzato con continui flashback, in ogni caso dimostra l'intelligenza di un regista che ha imparato dai maestri del passato. Ho trovato poi eccezionale la scena delle arringhe finali dell'accusa e del difensore, che sapientamente sono state frazionate con l'utilizzo di flashback e di flash forward risolvendosi in un botta e risposta: ad ogni affermazione del procuratore risponde subito la risposta del difensore. Clint è anche un regista di attori nel senso che anche un attore discreto con lui rende al massimo sapendo il regista ottimizzare le sue qualità, ho trovato bravissima Toni Colette (Sesto senso, Cena con delitto) nel ruolo di procuratore divorata dai dubbi e dalla scelta tra verità e giustizia, bravo anche Nicholas Hoult (Tolkien nel film omonimo), quanto a J.K. Simmons è un veterano del cinema e la sua bravura è riconosciuta, qui è nel ruolo di un giurato curioso, simpatico e fuori dalle righe, bravi anche tutti i comprimari. La Warner bros. voleva fare uscire il film solo in Home video , visto però il successo in Francia, Spagna e adesso in Italia oltre che nelle sole 45 sale USA (!), pare che lo voglia lanciare in vista degli Oscar. D'altra parte Eastwood ha avuto sempre difficoltà con il mondo radical chic di Hollywood pur avendo vinto 2 Oscar come regista e 2 come migliore film (ne meritava di più) non ha mai vinto un Oscar come attore, probabilmente è mal visto dalla Hollywood radical chic, in disgrazia essendo un conservatore repubblicano (ha votato Trump), ma che ha saputo disinvoltamente affrontare le più diverse storie. In conclusione un film capolavoro che dà la scelta del finale allo spettatore: è meglio la verità o la giustizia, o forse tutte due?
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[+] radical chic ? inutile polemica
(di alex2044)
[ - ] radical chic ? inutile polemica
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johnny1988
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mercoledì 20 novembre 2024
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la lucidità di un regista di 94 anni
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Una giuria è chiamata a emettere un verdetto in un caso che vede come imputato un giovane uomo accusato dell'omicidio della fidanzata. Le prove indiziarie, e non schiaccianti, e le testimonianze incerte spingono comunque i giurati verso la soluzione a loro più ovvia, ossia la colpevolezza. Solo uno di loro, il n.2, sembra nutrire una coscienza morale, oltre che a nascondere una verità che potrebbe ribaltare le sorti del processo, tale che induce i colleghi a riesaminare la cronologia degli eventi.
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Una giuria è chiamata a emettere un verdetto in un caso che vede come imputato un giovane uomo accusato dell'omicidio della fidanzata. Le prove indiziarie, e non schiaccianti, e le testimonianze incerte spingono comunque i giurati verso la soluzione a loro più ovvia, ossia la colpevolezza. Solo uno di loro, il n.2, sembra nutrire una coscienza morale, oltre che a nascondere una verità che potrebbe ribaltare le sorti del processo, tale che induce i colleghi a riesaminare la cronologia degli eventi.
Clint Eastwood, pur non confermando la consanguineità con il cult di Sydney Lumet "La parola ai Giurati", prende senza tanti dubbi spunto dal soggetto di Reginald Rose e ne ripropone la maggior parte degli schemi narrativi, rimpastando la matrice con risvolti originali e un plot twist all'ultimo secondo che, malgrado alcuni potrebbero aver previsto, lascia di sicuro con il fiato sospeso. Non tanto e solo per la solidità dei nuclei semantici, una scansione di battute dal ritmo serrato e per la curiosità che ineludibilmente suscita nel pubblico. Ma anche e soprattutto per la sorprendente freschezza di un'opera (si pensava ultima e invece...) che conferma per l'ennesima volta la lucidità intellettuale di un uomo, che alla bellezza di 94 anni, sa girare un film al tempo stesso "classico" e attualissimo. Come nella maggior parte del suo Cinema, Clint Eastwood definisce i confini, non solo quelli visibili e politici dei suoi lavori più noti, come il tramonto eterno della conquista dell'ovest, visto come metafora di una terra promessa mai del tutto raggiunta, su cui non cala mai la notte e non si alza mai il sole.
Eastwood ridisegna anche i confini umani, i tormenti etici, che oscillano nel cuore degli uomini, su un filo teso fra l'establishment, apparentemente inconfutabile e "perfetto" e lo scrupolo interiore, terribilmente vacillante. Nicolas Hoult si fa portatore di un'America ingabbiata in un sistema labirintico e pregiudiziale, la cui voce si spegne sotto l'eco dei bisogni più urgenti. Justin Kemp infatti sarà costretto a scegliere, come gli altri giurati, se dare la precedenza alla gravidanza della moglie o nel salvare la vita del condannato, rischiando di mettere in gioco la propria.
Un film che parla, come sempre nel Cinema di Eastwood, al mondo "adulto", alla classe dirigente, e alle nuove generazioni, instillando nel pubblico sempre i dubbi che sollevano il valore attribuito alla "giustizia" e quello dato alla "verità".
Uno dei film più profondi e vividi della stagione, sicuramente degli ultimi 10 anni anni e passa di carriera del regista. Basta un confronto con la versione di Lumet per farsene un'idea. E Nicolas Hoult, da sempre molto bravo, questa volta è un lacrimogeno potentissimo.
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