felicity
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lunedì 4 luglio 2022
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spettacolarità d''autore ruvida e brutale
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Più interessante nell’antefatto che nell’attuazione della vendetta, The Northman smarrisce la tensione shakespeariana derivante dal fratricidio perpetrato per dare spazio alle incursioni stealth di Amleth nel villaggio guidato dallo zio dove s’è infiltrato come schiavo e all’ottenimento della spada maledetta in grado di ucciderlo.
La brutalità e la visceralità di The Northman e la messa in scena delle vicende che racconta, fanno appello a qualcosa di profondo, di antropologico sepolto dentro di noi, e sono trascinanti.
Ma anche quando l'adrenalina e la violenza non esplodono, e Amleth e messo a confronto con qualcosa di nuovo, di diverso e seducentemente femmineo (la Olga di Anya Taylor-Joy), addirittura di tenero e romantico che potrebbe rappresentare uno strappo, uno squarcio sul telo del suo destino, Eggers sa come catturare l'interesse dello spettatore.
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Più interessante nell’antefatto che nell’attuazione della vendetta, The Northman smarrisce la tensione shakespeariana derivante dal fratricidio perpetrato per dare spazio alle incursioni stealth di Amleth nel villaggio guidato dallo zio dove s’è infiltrato come schiavo e all’ottenimento della spada maledetta in grado di ucciderlo.
La brutalità e la visceralità di The Northman e la messa in scena delle vicende che racconta, fanno appello a qualcosa di profondo, di antropologico sepolto dentro di noi, e sono trascinanti.
Ma anche quando l'adrenalina e la violenza non esplodono, e Amleth e messo a confronto con qualcosa di nuovo, di diverso e seducentemente femmineo (la Olga di Anya Taylor-Joy), addirittura di tenero e romantico che potrebbe rappresentare uno strappo, uno squarcio sul telo del suo destino, Eggers sa come catturare l'interesse dello spettatore.
Ed è forse in quelle questioni, nel ragionamento sul destino, sulla spirale della violenza, e sulle alternative rappresentate dall'odio e dall'amore, dal maschile e dal femminile che The Northman riesce non sono a essere un prodotto di alto intrattenimento, ma un film capace di ragionare su questioni che, nella loro valenza eterna, hanno anche a che fare col nostro presente.
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marco8
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domenica 26 giugno 2022
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per la carità.
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hollyver07
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domenica 5 giugno 2022
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un amleto che si "vende" bene ma non troppo!
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Tema conduttore impegnativo sotto molti aspetti e risolto in un mix d'immagini tumultuose, paesaggi in tinta muschiosa e sonorità generalmente "urlate" a squarciagola giusto per restare afoni nella scena successiva ed adeguatamente assordati in sala. Beh... qualche personaggio sussurra pure ma nel corso della proiezione, chi più chi meno, fan tutti a gara per spolmonarsi almeno in una scena!
Celia a parte é un film fatto "bene ma non troppo" e giusto nella misura per intrattenere, in un mondo da Vichinghi di tendenza con un pizzico di magìa ancestrale ed uno "splatter" da videogame.
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pietro passaro
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domenica 15 maggio 2022
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un amleto in meno
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Tra il Macbeth di Orson Welles e il Kurosawa interprete di Shakespeare, forse è qualcosa, oppure un niente. Perché si ricercano radici senza averle mai possedute?
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cinephilo
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domenica 1 maggio 2022
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la spada della notte si nutre
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Film epico meraviglioso il terzo film di Eggers. Epopea vichinga vera, accurata storicamente dove realtà e mitologia si fondono in un'esperienza mistica ed esaltante che vale la ripetuta visione in sala! Il principe Amleth vedere suo padre, re di una piccola isola nell'Atlantico del Nord, vede il proprio padre morire assassinato dallo zio. Sfuggito per mare alle grinfie di quest'ultimo che lo vuole morto, Amleth cresce in un villaggio di Berserkers e dopo dopo un particolare evento decide di partire verso l'Islanda per tenere fede al giuramento che tenne da bambino: vendicare il padre. Il film è il più commerciale e accessibile di Eggers, diviso in capitoli come Valhalla Rising ed ha una bellezza estetica nella messinscena davvero unica.
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Film epico meraviglioso il terzo film di Eggers. Epopea vichinga vera, accurata storicamente dove realtà e mitologia si fondono in un'esperienza mistica ed esaltante che vale la ripetuta visione in sala! Il principe Amleth vedere suo padre, re di una piccola isola nell'Atlantico del Nord, vede il proprio padre morire assassinato dallo zio. Sfuggito per mare alle grinfie di quest'ultimo che lo vuole morto, Amleth cresce in un villaggio di Berserkers e dopo dopo un particolare evento decide di partire verso l'Islanda per tenere fede al giuramento che tenne da bambino: vendicare il padre. Il film è il più commerciale e accessibile di Eggers, diviso in capitoli come Valhalla Rising ed ha una bellezza estetica nella messinscena davvero unica. Regia e fotografia sono meramigliosi, ogni inquadratura è meravigliosa e funzionale a quella successiva. Recitazione degli attori clamorosa e mai sopra le righe. Insomma il film è riuscito in ogni suo aspetto ed è uno di quei film che, se visti in sala, vale doppio. 3 film su 3 riusciti per Eggers (una capolavoro e due mezzi capolavori). Esordio incredibile per questo regista ancora giovane ma già così forte!
Ps il piano sequenza dell'assalto vichingo al villaggio slavo nella terra dei Rus (l'antico regno di Ucraina) è allo stesso tempo uno dei più esaltanti, complessi e riusciti della storia del cinema.
Il finale fa le fiamme (nel vero senso della parola) ed è così bello ed emozionante da togliere il fiato. Mio spassionato consiglio: correte subito a vederlo sul più grande schermo possibile!
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mokujohn
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giovedì 28 aprile 2022
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su un filo sospeso
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Nel suo terzo film Robert Eggers si cimenta con la leggenda nordica di Amleth riportandola in un'ambientazione geografica ed umana più vicina alla versione originale della storia rispetto all'opera di Shakespeare. Per quanto la vicenda sia comunque una rivisitazione è evidente una certa rispettosa meticolosità nella riproduzione del contesto e delle dinamiche socio-culturali, come anche la forte ammirazione ormai assodata di Eggers (vedi "the witch") per le trame popolari del passato in cui misticismo, ritualità e suggestione giocano un ruolo fondamentale. In questo caso però il terreno scelto è molto più impervio e complesso e per questo il tentativo più ambizioso: Eggers decide di confrontarsi con un tema epico dalla durata importante, con un'ambientazione già ampiamente trattata in film e serie di buon successo e con una diversa pubblicizzazione del prodotto, potente, accattivante, rivolta ad una platea più ampia.
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Nel suo terzo film Robert Eggers si cimenta con la leggenda nordica di Amleth riportandola in un'ambientazione geografica ed umana più vicina alla versione originale della storia rispetto all'opera di Shakespeare. Per quanto la vicenda sia comunque una rivisitazione è evidente una certa rispettosa meticolosità nella riproduzione del contesto e delle dinamiche socio-culturali, come anche la forte ammirazione ormai assodata di Eggers (vedi "the witch") per le trame popolari del passato in cui misticismo, ritualità e suggestione giocano un ruolo fondamentale. In questo caso però il terreno scelto è molto più impervio e complesso e per questo il tentativo più ambizioso: Eggers decide di confrontarsi con un tema epico dalla durata importante, con un'ambientazione già ampiamente trattata in film e serie di buon successo e con una diversa pubblicizzazione del prodotto, potente, accattivante, rivolta ad una platea più ampia. Non di meno è costretto a confrontarsi con aspetattive altissime per i suoi precedenti lavori, tecnicamente di livello, fortemente originali ed apprezzati sia dalla critica che da un pubblico generalmente "più esigente". Eggers si muove con intelligenza senza sconfinare nella banalità dell'action/colossal movie e senza trascurare l'insinuazione di dubbi nello spettatore. Il protagonista è nel giusto o le sue azioni sono incatenate ad un retaggio culturale incontestabile? Si può mettere da parte la propria percezione della realtà e rimanere lucidi nel confronto con quella degli altri? Esiste la reale possibilità di costruire per se stessi un destino diverso, lontano dagli istinti animali ma anche da ciò che ci è stato insegnato fin da piccoli, un destino veramente personale? Seppure la recitazione di Aleksander Skarsgard sia quasi monocorda questo conflitto interno è percepibile in particolar modo se raffrontato ai ruoli femminili (Anya Taylor-Joy ed un'ottima Nicole Kidmann) che sembrano appartenere ad un mondo parallelo a quello maschile, incomprensibile per l'uomo, caratterizzato più dal lucido ingegno per la sopravvivenza che da un destino ineluttabile di vendetta, autodistruzione e gloria ultraterrena. La nota dolente significativa è da ricercare probabilmente nell'assenza di enfasi e vigore emotivo tipici di un film di genere epico e questo non è dovuto, per l'appunto, solo ad un retaggio culturale da cui, anche noi come il protagonista, facciamo difficoltà a separarci, ma anche dalla durata stessa della pellicola e da un vero e proprio coinvolgimento dello spettatore che tarda ad arrivare. Non sono presenti originalità stilistiche degne di nota nè uno straordinario sforzo interpretativo come nel precedente "The lighthouse"; l'inquietudine psicologica arriva nel primo confronto madre-figlio adulto dopo ben oltre un'ora/un'ora e mezza di girato. Tecnicamente il film rimane di alto livello visivo e sonoro ma di minor impatto rispetto ai primi due e per certe scene quasi succube della necissità di computer grafica. Con "The northman", pur dimostrando nuovamente grande audacia e personalità e pur muovendosi con estrema attenzione e cura, Eggers dà come l'impressione di aver raggiunto l'obiettivo soltanto a metà, in un ambizioso e complicato bilico tra profonda riflessività ed epicità, tra originalità stilistica e memoria visiva, tra critica ed aspettative del pubblico. In ogni caso i lavori di questo regista continuano a chiedere a gran voce di essere visti e meritano di esserlo, continuano a lasciar intravedere una nuova via di rappresentazione e d'introspezione critica, continuano semplicemente a rinnovare l'interesse per ciò che verrà dopo.
Una preghiera per il futuro: che il doppiaggio sia al tramonto della sua esistenza e che finalmente possiamo tutti godere delle reali voci degli attori con la proiezione di film in lingua originale fin già dal primo giorno di uscita. Il doppiaggio di Anya Taylor-Joy -non me ne voglia Letizia Ciampa- è veramente inascoltabile.
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confucio
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mercoledì 27 aprile 2022
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film bruttino
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Prendete il Signore degli anelli, frullate con la serie tv Viking e un pò di horror, otterrete questa bevanda piuttosto scialba e impresentabile, che non consiglio assolutamente. Ovvero, alcune scene sono divertenti, ma non per volontà dell'autore. L'epicità della pellicola è tutta riassunta nella frase: Ho dei parenti alle Orcadi.
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marco
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martedì 26 aprile 2022
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notevole, film da vedere al cinema, non delude.
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Bellissimi i piani sequenza, violento il giusto, a tratti onirico. Mi hanno affascinato le scene al buio e il gioco di luci.
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jaylee
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lunedì 25 aprile 2022
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quanto era verde la mia islanda
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Al terzo film, Robert Eggers si fa convincere da uno dei vari Skarsgaard (stavolta è Alexander, sono ben 3 oltre al padre Stellan, a farne un mini-clan svedese – e poi dicono degli italiani) a riprendere un’antichissima leggenda nordica del X secolo, quella del principe Amleth, il cui padre, re della sua gente, viene ucciso dallo zio e da lui usurpato nel trono. Ebbene si, Shakespeare ne fece un re-boot con la sua versione (con il suo Hamlet, la H davanti, il nostro Amleto), segno che già commercialmente nel sedicesimo secolo era una buona idea.
Intendiamoci, della leggenda originale si è persa pressoché traccia, difficile capire quanto sia fedele (alla versione di Shakespeare sicuramente poco, anche se alcuni elementi, il figlio astuto che si finge “altro, l’aiuto di una proto-Ofelia – qui una Rus di nome Olga-, la madre che sposa lo zio, ci sono); in questa versione, che sembra un incrocio tra Valhalla Rising di Nicholas Winding Refn e la serie TV Vikings, però ci sono molti aspetti interessanti.
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Al terzo film, Robert Eggers si fa convincere da uno dei vari Skarsgaard (stavolta è Alexander, sono ben 3 oltre al padre Stellan, a farne un mini-clan svedese – e poi dicono degli italiani) a riprendere un’antichissima leggenda nordica del X secolo, quella del principe Amleth, il cui padre, re della sua gente, viene ucciso dallo zio e da lui usurpato nel trono. Ebbene si, Shakespeare ne fece un re-boot con la sua versione (con il suo Hamlet, la H davanti, il nostro Amleto), segno che già commercialmente nel sedicesimo secolo era una buona idea.
Intendiamoci, della leggenda originale si è persa pressoché traccia, difficile capire quanto sia fedele (alla versione di Shakespeare sicuramente poco, anche se alcuni elementi, il figlio astuto che si finge “altro, l’aiuto di una proto-Ofelia – qui una Rus di nome Olga-, la madre che sposa lo zio, ci sono); in questa versione, che sembra un incrocio tra Valhalla Rising di Nicholas Winding Refn e la serie TV Vikings, però ci sono molti aspetti interessanti. Innanzitutto, la commistione tra realtà e magia, più o meno indotta da sostanze psicotrope (ebbene si, sembra che i nostri vichinghi fossero particolarmente dediti ai funghi allucinogeni), dove il confine tra quello che è vero è quello che è percepito è particolarmente labile, tanto da sfociare in un furore mistico-religioso, tanto spirituale quanto truculento.
E poi, il limte di ciò che è giusto da ciò che è necessario: alla fine siamo proprio sicuri di conoscere quelli che ci circondano? E che il male sia davvero là fuori, o forse è tutto molto relativo?
Dicevamo, The Northman, (che si poteva semplicemente tradurre il Normanno o l’Uomo Del Nord, capirai lo sforzo) a dire la verità, non ci sembra particolarmente originale, e forse neanche così coeso narrativamente; ma è ben fatto, quasi ipnotico a volte, la storia ha un che di grandioso in mezzo a tutto quel fango e quel sangue e quel fuoco, in un’Islanda che sembra primordiale e degno scenario di uomini/dei/demoni che combattono fino alle porte di Hel. Certo, si potevano prendere sviluppi diversi, forse meno scontati, ma insomma, stiamo anche parlando di una leggenda scandinava medioevale, non di un’opera narrativa originale (tipo The Last Duel di Ridley Scott, per intenderci), e quindi tanti spunti moderni avrebbero potuto sembrare forzati. Da questo punto di vista ci ha ricordato molto come operazione il nostrano Il Primo Re di Matteo Rovere (anche questo, un buon film).
Bene gli attori, magari non stratosferico Alexander Skarsgaard/Amleth, ma bravissime Nicole Kidman, una regina Gudrun spaventosamente politica, e Anya Taylor Joy, la strega Rus che sa come manipolare le menti; c’è pure spazio per Ethan Hawke e, in un cameo praticamente minuscolo, Willem Dafoe che interpreta il giullare/stregone di corte (anche qui, un parallelismo con lo Yorick di Shakespeare).
Positivamente Primordiale. (www.versionekowalski.it)
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athos
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venerdì 22 aprile 2022
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walhalla
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Epic movie esoterico senza un attimo di tregua. Dramma familiare che si perpetua nel tempo. Come sempre in questi film d'azione la psicologia dei personaggi ne soffre, comunque risulta una pellicola godibile, con una bella fotografia e un finale appassionante.
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