francesca meneghetti
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sabato 3 giugno 2023
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qundo la religione va conto l''umanità
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La vicenda che ha ispirato il film, oramai nota, imporrebbe, a chi desidera andare oltre la superficie, un approfondimento storico (cosa che ho fatto su facebook).. Ma a chi volesse attenersi al “testo”, tralasciando l’extra, posso dire che “Rapito” è un film molto bello e ben costruito grafico, e ha altresì il pregio, dal punto di vista del contenuto, di risultare sfaccettato, in grado di andare incontro alla complessità del caso senza spade trancianti. La storia inizia a Bologna Il 24 giugno 1858: in piena notte delle guardie irrompono nella casa di Momolo Mortara, che vive con la moglie Marianna e nove figli. Le tenebre sono anche nell’abitazione (oltre a caratterizzare, con una valenza simbolica, molte altre scene).
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La vicenda che ha ispirato il film, oramai nota, imporrebbe, a chi desidera andare oltre la superficie, un approfondimento storico (cosa che ho fatto su facebook).. Ma a chi volesse attenersi al “testo”, tralasciando l’extra, posso dire che “Rapito” è un film molto bello e ben costruito grafico, e ha altresì il pregio, dal punto di vista del contenuto, di risultare sfaccettato, in grado di andare incontro alla complessità del caso senza spade trancianti. La storia inizia a Bologna Il 24 giugno 1858: in piena notte delle guardie irrompono nella casa di Momolo Mortara, che vive con la moglie Marianna e nove figli. Le tenebre sono anche nell’abitazione (oltre a caratterizzare, con una valenza simbolica, molte altre scene). L’irruzione ha un obiettivo: prelevare il piccolo Edgardo, secondo l’ordine dell’inquisitore di Bologna (allora sotto lo Stato Pontificio), Pier Gaetano Feletti. Questi ha agito così dopo aver appreso che il piccolo, all’età di sei mesi, di fronte a un presunto rischio di morte, sarebbe stato battezzato da una domestica, di nascosto; di fronte alla comprensibile reazione oppositiva della famiglia, concede 24/h di rinvio, ma poi sarà inflessibile e il piccolo verrà strappato dalle braccia dei genitori (scena da brividi) e caricato su una carrozza. Sarà trasferito a Roma, dopo una sosta a Senigallia, città natale del papa Pio IX, per essere educato cristianamente, come vuole il sacramento del battesimo. Nell’istituto romano dei neofiti, Edgardo si adatta rapidamente al contesto: capisce che è l’unico modo di sopravvivere, o forse di tornare a casa, per premio. Rimane molto colpito dal significato della croce e dalle rappresentazioni di Cristo, morto “per colpa degli ebrei” (così gli si dice), vale a dire la sua gente. Tanto che una notte scivola fino in chiesa, si arrampica sulla statua del crocefisso e gli strappa i quattro chiodi conficcati su mani e piedi, per alleviarne il dolore, o per cancellare la presunta violenza al popolo di Israele. Il film si sviluppa poi in senso cronologico, alternando le peripezie della famiglia e della comunità ebraica, nel tentativo di riportare il bambino ai suoi cari, con le vicende storiche che vedono la liberazione di Bologna dal Papa re, con il conseguente processo all’Inquisitore Feletti, assolto per aver eseguito ordini del legittimo governo (nel ’58) e poi la conclusione del processo di unificazione italiana con la breccia di Porta Pia e il ritirarsi di Pio IX in Vaticano, la sua morte, la drammatica traslazione della salma a S. Lorenzo dieci anni dopo. Una tecnica usata con coerenza dal regista è quella del montaggio alternato, che mette a confronto, in parallelo, rituali, laici o religiosi di un tipo, con i rituali del mondo Vaticano.
Nel frattempo Edgardo, che in collegio ha incontrato i genitori una sola volta (altra scena drammatica), diventa sacerdote e sostenitore del papa, convinto della necessità di salvare l’anima degli ebrei, sua madre inclusa, con il battesimo, ma un paio di scene del film lasciano trapelare delle profonde crepe nella sua personalità, segnata dal suo traumatico essere strappato dai suoi affetti e dalla cultura religiosa dei genitori. Anzi, direi che Marco Bellocchio, da sempre attratto dalle non sempre limpide familiari, dà un risalto particolare al dramma di tutti i Mortara.
Enea Sala, che interpreta Edgardo da piccolo, è straordinario, e non solo nello sguardo che ha conquistato il regista; ma si può dire che la qualità dell’interpretazione è ottima in tutti gli attori, a partire da chi fa il genitore (Barbara Ronchi, la segretaria di Imma Tataranni, Fausto Rossi Alesi e Paolo Pierobon di Castelfranco Veneto). Molto suggestiva la ricostruzione di Roma e di Bologna in veste ottocentesca, spesso crepuscolari, se non caravaggeschi, nella fotografia.
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rosmersholm
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lunedì 5 giugno 2023
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sterile
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Bellocchio è uno dei pochissimi registi italiani a fare Cinema con la C maiuscola. E qui, ci sono dei valori assoluti nella regia, fotografia e interpretazioni. Tuttavia non può essere definito un grande film perchè è del tutto assente la dimensione del Trascendente e in una storia che tratta di Conversione (la prima ottenuta con la violenza, ma la seconda con una libera scelta) è una debolezza che emerge stridente. Per Bellocchio tutto si riduce ad una lotta di Potere e sopraffazione ai limiti del sadismo, ignorando completamente ogni altra dimensione . Ci sono solo le manifestazioni esteriori della Religione: i riti in latino ed ebraico, le sanguinolente iconografie cristiane, i Dogmi inculcati a forza.
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Bellocchio è uno dei pochissimi registi italiani a fare Cinema con la C maiuscola. E qui, ci sono dei valori assoluti nella regia, fotografia e interpretazioni. Tuttavia non può essere definito un grande film perchè è del tutto assente la dimensione del Trascendente e in una storia che tratta di Conversione (la prima ottenuta con la violenza, ma la seconda con una libera scelta) è una debolezza che emerge stridente. Per Bellocchio tutto si riduce ad una lotta di Potere e sopraffazione ai limiti del sadismo, ignorando completamente ogni altra dimensione . Ci sono solo le manifestazioni esteriori della Religione: i riti in latino ed ebraico, le sanguinolente iconografie cristiane, i Dogmi inculcati a forza... nessuno dei personaggi appartenenti alla chiesa (e neppure nella comunità ebrea) pare avere il minimo afflato verso la dimensione verticale dell'esistenza. Al limite è un conflitto "giurisdizionale" da risolvere in tribunale. Si dilunga inutilmente sulla parte di Edgardo bambino e fallisce completamente quello che mi pare l'aspetto più interessante: Edgardo ormai adulto, liberato dalla prigionia che sceglie deliberatamente di restare cristiano. Quali enormi implicazioni avrebbe potuto aprire questa consapevolezza! Perchè il cristianesimo è Dogma e Fanatismo, ma è anche Mistero e Fede; statue sanguinolente del Cristo crocifisso e anche Resurrezione "scandalo per gli Ebrei e follia per i Gentili", Rito astruso e Parola evangelica (e la dirompente differenza tra i due monoteismi causata dai Vangeli che raccontano di un Dio altro...). La visione di Bellocchio (che reputo un Maestro di cinema) è troppo limitata e rischia di apparire un inutile, fuori tempo massimo ed infine sterile, polemica. (ps. scritto da un agnostico)
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eugenio
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lunedì 18 settembre 2023
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bellocchio,la religione, la storia
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"Rapito" ovvero il caso del piccolo Edgardo Mortara, che nella Bologna del 1858 segnata dal potere temporale di Pio IX viene sottratto a forza alla famiglia ebraica, perchè battezzato di nascosto dalla balia, e educato secondo i rigidi dettami dell'educazione cattolica.
Un film di Bellocchio, in stato di grazia dopo i recenti Esterno notte sulla controversa figura di Moro, che qui riprende tematiche storiche apparentemente lontani, ma denota, nel suo affresco storico risorgimentale, la coercizione della chiesa Cattolica e gli effetti "negativi" esercitati sulla mente di un bambino, pochi anni prima della Breccia di Porta Pia, che avrebbe sancito il crollo del potere temporale.
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"Rapito" ovvero il caso del piccolo Edgardo Mortara, che nella Bologna del 1858 segnata dal potere temporale di Pio IX viene sottratto a forza alla famiglia ebraica, perchè battezzato di nascosto dalla balia, e educato secondo i rigidi dettami dell'educazione cattolica.
Un film di Bellocchio, in stato di grazia dopo i recenti Esterno notte sulla controversa figura di Moro, che qui riprende tematiche storiche apparentemente lontani, ma denota, nel suo affresco storico risorgimentale, la coercizione della chiesa Cattolica e gli effetti "negativi" esercitati sulla mente di un bambino, pochi anni prima della Breccia di Porta Pia, che avrebbe sancito il crollo del potere temporale. Ma non purtroppo di quella Sindrome di Stoccolma che cambierà Edgardo per sempre.
Horror psicologico dall'impianto teatrale figlio di attori che col teatro hanno un rapporto quotidiano (Pierobon,Gifuni,Alessi, Sarti, per non parlare della bravissima Barbara Ronchi, madre di Edgardo), Rapito è un cupo film dalla luce caraveggesca dove l'aura divina si mantiene ben lontana e la parola cristiano suona più falsa di una moneta a due teste.
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paolorol
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martedì 26 settembre 2023
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religione=horror
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Il sonno della ragione produce orrore e devastazione. Vite spezzate, sofferenze indicibili, divisioni, eccidi di massa, guerre sanguinose, Tutte cose che sono sotto i nostri occhi, spesso ammalati di presbiopia. Ci è facile provare disgusto e scandalizzarci per i (quasi) lontani orrori dei talebani ma non siamo capaci di vedere cosa succede a casa nostra. Bellocchio cerca di riportarci verso il possesso della nostra mente, drogata e condizionata dai più grotteschi, disparati e fantasiosi dogmi, attraverso una narrazione che, pur utilizzando un'ottica distaccata ed imparziale, ci obbliga con violenza a fare i conti con la realtà. Due religioni combattono una guerra sordida per affermare la propria supremazia (ovviamente non solo ideologica ma anche e soprattutto economica).
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Il sonno della ragione produce orrore e devastazione. Vite spezzate, sofferenze indicibili, divisioni, eccidi di massa, guerre sanguinose, Tutte cose che sono sotto i nostri occhi, spesso ammalati di presbiopia. Ci è facile provare disgusto e scandalizzarci per i (quasi) lontani orrori dei talebani ma non siamo capaci di vedere cosa succede a casa nostra. Bellocchio cerca di riportarci verso il possesso della nostra mente, drogata e condizionata dai più grotteschi, disparati e fantasiosi dogmi, attraverso una narrazione che, pur utilizzando un'ottica distaccata ed imparziale, ci obbliga con violenza a fare i conti con la realtà. Due religioni combattono una guerra sordida per affermare la propria supremazia (ovviamente non solo ideologica ma anche e soprattutto economica). Gli ebrei hanno ucciso Cristo (un ebreo) e pertanto devono essere sterminati. Hitler lo ha fatto con mezzi sbrigativi e radicali, Pio IX ci ha provato con metodi più subdoli ma altrettanto efferati. Il film è splendidamente realizzato, con una sceneggiatura rigorosa, una recitazione eccellente, una ricostruzione scenografica impeccabile. Nessuna sbavatura, nessun eccesso. La storia è orribile già di per sé, solo a sentirla raccontare c'è da fremere di rabbia. Bellocchio lo sa e si tiene in tasca i pugni. La religione rende miserabile il "percorso terreno" delle persone attraverso una selva di limiti, ostacoli e privazioni. Nel film vediamo solo gente intrappolata e castrata. Triste vita quella degli ebrei, non meno triste quella dei cattolici. Bellocchio rappresenta, non giudica.
Quando si esce da un cinema dopo aver visto un horror si prova spesso una sensazione di catarsi liberatoria. Io sono uscito dalla sala con un senso di leggerezza, quasi di allegria. Che fortuna ho, mi sono detto, a non esseremai stato schiavo di queste assurdità, Grazie Bellocchio !
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luciano sibio
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domenica 23 luglio 2023
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la denuncia dell''individualismo e del liberalismo
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Ottimo film con ottime scenegiatture, scenografe e scelte musicali ma si sa che Bellocchio è uno dei più grandi registi italiani che più di ogni altro al momento meriterebbe una produzione americana di grosso calibro per regalarci il capolavoro che è sicuramente nelle sue capacità espressive.Quello che ho invece rimarcato su questo forum è la mancanza di un giudizio critico appropriato sul film. A parte le scene ben architettate e drammatiche sulle separazioni forzose, le scenografie ben riuscite sulla Roma papalina e la presa di Porta Pia,che conivolgono emotivamente lo spettatore, quello che segna il passo nello sviluppo della storia è la conversione effettiva e convinta del protagonista alla religione cattolica.
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Ottimo film con ottime scenegiatture, scenografe e scelte musicali ma si sa che Bellocchio è uno dei più grandi registi italiani che più di ogni altro al momento meriterebbe una produzione americana di grosso calibro per regalarci il capolavoro che è sicuramente nelle sue capacità espressive.Quello che ho invece rimarcato su questo forum è la mancanza di un giudizio critico appropriato sul film. A parte le scene ben architettate e drammatiche sulle separazioni forzose, le scenografie ben riuscite sulla Roma papalina e la presa di Porta Pia,che conivolgono emotivamente lo spettatore, quello che segna il passo nello sviluppo della storia è la conversione effettiva e convinta del protagonista alla religione cattolica.
E' evidente l'azione di un potere, quello della chiesa cattolica. che ha ben capito l'importanza della cultura e dell'educazione per la sua conservazione. Il dominio con la forza non può durare se non si basa sulla convinzione personale del suddito. La chiesa ne è tanto convinta che il protagonista diventa quasi un esperimento dimostrativo a sucesso garantito da parte del potere pontificio.Questo apre a un discorso più generale da parte di Bellocchio sulle possibiltà delle scelte individuali e sulla libertà del soggetto difronte al sistema considerato il contesto in un dato momento. Questa apertura a un discorso più generale lo riporta allle sue origini culutarli marxiste in antitesi ai principi liberali sulle libertà individuali e la loro possibilità effettiva rispetto alle dinamiche politiche ed economiche, che sono poprio loro che alla fine forgiano gli individui e fanno la storia e non viceversa.
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giovannivestri
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sabato 10 giugno 2023
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il maestro bellocchio presenta un film libero e che non giudica
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Vedere il maestro in sala dopo il film raccontare di come la sua storia a Cannes sia stata apprezzata e appena arrivato in Italia siano arrivate le polemiche da parte della comunità cristiana ed ebraica rimarca il fatto che siamo un paese che non concepisce la libertà d’espressione e l’arte cinematografica. Un film intenso e diretto da 10. Bellocchio alle critiche risponde giustamente. “Io stavo solo lavorando e non stavo pensando a cosa avrebbe detto quello e quell’altro. In effetti al maestro Bellocchio dopo un onorata carriera è concesso fare un film libero. Come dovrebbe essere.
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luciana razete
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martedì 13 giugno 2023
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opera somma
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Rapito opera somma del maestro Bellocchio che , con straordinaria sensibilità artistica ,riesce a coniugare sempre sapientemente la narrazione di una vicenda umana drammatica con la ricostruzione di un contesto storico , particolarmente critico ( in "Buongiorno notte" nel sequestro Moro , i sentimenti della vittima e di una dei sequestratori si stagliano sullo sfondo degli anni di piombo ) .In “Rapito” è narrata , con fedeltà biografica , la reale vicenda umana del piccolo Edgardo Mortara , bambino istraelita ,di sei anni , battezzato , anni prima ,con un sotterfugio da una domestica cattolica all'insaputa dei genitori- ebrei osservanti .
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Rapito opera somma del maestro Bellocchio che , con straordinaria sensibilità artistica ,riesce a coniugare sempre sapientemente la narrazione di una vicenda umana drammatica con la ricostruzione di un contesto storico , particolarmente critico ( in "Buongiorno notte" nel sequestro Moro , i sentimenti della vittima e di una dei sequestratori si stagliano sullo sfondo degli anni di piombo ) .In “Rapito” è narrata , con fedeltà biografica , la reale vicenda umana del piccolo Edgardo Mortara , bambino istraelita ,di sei anni , battezzato , anni prima ,con un sotterfugio da una domestica cattolica all'insaputa dei genitori- ebrei osservanti . La storia si sviluppa tra il 1852 ed il 1870 tra una Bologna ,allora appartenente allo stato pontificio e la Roma papalina di Pio IX. , il papa re, sovrano di uno stato pontificio in declino sotto la spinta dei moti rivoluzionari e delle aspirazioni unitarie sostenute dalla monarchia sabauda . Dopo qualche anno dal battesimo ,occulto ed ignorato alla famiglia ,il bimbo viene sottratto ai genitori dalla forze dell’ ordine al servizio dello Stato Pontificio , e condotto a Roma in un collegio cattolico di catecumeni
Un film che pone tante domande , senza risposte, e ha mille sfaccettature
Grande potenza espressiva gia nella scarna essenzialità del titolo ( rapito) , nella splendida fotografia - dai toni cupi ma fortemente suggestivi con le atmosfere brumose di viaggi fluviali ( verso un destino ignoto ) tra canali e nebbie ,, nelle vibranti musiche di sottofondo e nell’ interpretazione magistrale di tutto il cast . Merita particolare menzione l Edgardo giovinetto ( Leonardo Maltese , promettente giovane talento del cinema italiano (, il tragico Ettore Tagliaferri del “signore delle formiche= di Amelio ) e la superlativa performance di Pierobon , Papa Pio IX la cui figura viene da alcuni commentatori , secondo me a torto ,ricondotta all “horror . Mi dissocio da questa conclusione per la complessità del personaggio , un Pontefice , - angosciato dalla prospettiva di dissoluzione dello stato pontificio e di un mondo che gli gira intorno sull 'orlo del baratro - che unisce alla dedizione e a momenti di quasi tenerezza verso il piccolo Edgardo ,la protervia del potere temporale e dell ‘ intollleranza religiosa con la ostinata separazione del bambino della famiglia ebrea , in un contesto storico ( di antisemitismo post medievale ) in cui l 'ebraismo è considerato il paradigma della diversità ed i suoi riti una superstizione da combattere con il ghetto e la conversioni forzate ( In un ben diverso contesto la canonizzazione forzata del film “l ora di religione “dello stesso maestro Bellocchio ). Il regista ha sempre dichiarato che in Rapito prevale il romanzo e l ' appassionata narrazione della vicenda umana del piccolo Edgardo e del suo tormento nel difficile percorso di adattamento ad un realtà inaspettata di cui finisce per subire la fascinazione con l ‘ accoglienza dei nuovi riti . La regia insiste con l’ intermittenza e l' alternanza ravvicinata tra le scene delle solenni celebrazioni liturgiche del Collegio in Vaticano e quelle dei riti domestici ebraici, attorno al desco familiare , Pare un emblema del profondo contrasto tra due monoteismi , quello cristiano cattolico , ( con struttura dommatica e gerarchia clericale e Pio IX è proprio il papa del Concilio vaticano primo e del dogma dell infallibilita ) e quello ebraico ,, privo d struttura dogmatica e casta sacerdotale , , basato essenzialmente su riti domestici e tradizione familiare , entrambe le fedi intransigenti e praticate con la ripetizione di riti e formule cui il piccolo Edgardo ( dalla memoria prodigioa secondo il rettore del Collegio ) si adatta , in modo pedissequo ,ripetendole in lingue che forse comprende poco - l’ yiddish ed il latino -;ed in questa ripetizione , prima in ambiente familiare e pii nella comunità dei catecumeni - trova la sua chiava di adattamento e di appartenenza alla comunità..
Un film cha fa già discutere , specie della controversa figura di papa Pio IX e se l “Osservatore romano “ricorda che la vicenda risale ad epoca ben anteriore al concilio Vaticao II , la comunità ebraica di Roma , pur dando atto di un clima ormai cambiato , non dimentica le conversioni di tanti bimbi ebrei sfuggiti all olocausto , manifestando stupore per la difesa d’ ufficio del Papa Re ( poi canonizzato ).
Film avvincente con una tensione narrativa costante nella non breve durata di 2 ore e trenta .
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clara stroppiana
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lunedì 19 giugno 2023
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i pugni di bellocchio
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Una carrozza tirata da cavalli al galoppo attraversa così veloce le strade della notte che quasi le ruote di legno escono dal loro asse. Il mantello del cocchiere svolazza nero come le ali di un uccellaccio. Se non fosse per il colore diremmo di trovarci dentro uno dei primi film horror degli anni ’30 e forse quella è la carrozza che va a prendere un cadavere per il dottor Frankenstein. No, l’atmosfera da brivido e carica di oscuri presentimenti c’è, ma la storia è un’altra. Si racconta del rapimento di un bambino ebreo di sette anni nella Bologna papalina del 1858. A sottrarlo alla sua casa però non sono dei malviventi, degli sgherri al soldo di un signorotto, ma gli inviati del tribunale dell’Inquisizione per conto di Papa Pio IX.
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Una carrozza tirata da cavalli al galoppo attraversa così veloce le strade della notte che quasi le ruote di legno escono dal loro asse. Il mantello del cocchiere svolazza nero come le ali di un uccellaccio. Se non fosse per il colore diremmo di trovarci dentro uno dei primi film horror degli anni ’30 e forse quella è la carrozza che va a prendere un cadavere per il dottor Frankenstein. No, l’atmosfera da brivido e carica di oscuri presentimenti c’è, ma la storia è un’altra. Si racconta del rapimento di un bambino ebreo di sette anni nella Bologna papalina del 1858. A sottrarlo alla sua casa però non sono dei malviventi, degli sgherri al soldo di un signorotto, ma gli inviati del tribunale dell’Inquisizione per conto di Papa Pio IX. Edgardo (un bravissimo Enea Sala alla sua prima prova cinematografica) è cristiano e come tale deve essere educato, sostengono, per via del battesimo che una domestica cattolica gli ha somministrato quando, a pochi mesi, sembrava in punto di morte. Va dunque portato via dalla famiglia di Giudei in cui era nato, anche se questa nega che quel battesimo sia mai avvenuto e si oppone con tutte le sue forze alla perdita del figlio.
Non siamo dentro una storia inventata, un romanzo di Dan Brown. E’ tutto vero. Un fatto realmente accaduto, ma così particolare e con tale risonanza in gran parte dell’Europa del tempo da diventare un caso, il “caso Mortara”, già affrontato e discusso in diverse pubblicazioni. Nel raccontarlo con il suo film, Bellocchio affida un ruolo importante all’ottima fotografia di Francesco Di Giacomo per sottolineare le atmosfere cupe e inquietanti dei luoghi illuminati dalle lampade ad olio e dalle candele, dove le presenze prendono forma all’improvviso in un mescolarsi deformante di bagliori e di ombre. Dove ragioni e passioni si scontrano. Dove la discussione e la critica sono negate dai dogmi. Dove la sopravvivenza delle minoranze, come quella degli ebrei romani, nella monarchia assoluta dello Stato della Chiesa, comporta l’umiliarsi con un atto di prostrazione, mentre la macchina da presa inquadra in dettaglio il susseguirsi di baci a fior di labbra della pantofola papale. Anche le musiche, composte da Fabio M. Capogrosso, sottolineano, sebbene con una presenza a tratti ingombrante, e un’enfasi forse eccessiva, la drammaticità delle situazioni.
“L’abito non fa il monaco”, si dirà, ma al bambino, spogliato dei suoi vestiti, viene “cucita addosso” una divisa uguale a quella di tutti gli altri ospiti del collegio. Primo passo verso un nuovo Edgardo da plasmare secondo la dottrina cattolica. Messo dunque nei “panni di un altro”, eccolo catapultato in un mondo alieno, dove non ci sono violenze fisiche, ma la pressione psicologica è tale da fargli deragliare la mente tra incubi notturni e smarrimenti nella luce del giorno. I toni del thriller psicologico si fanno via via più forti. “Quel Cristo in croce sono stati gli Ebrei ad ucciderlo” gli dicono indicando il grande Crocifisso appeso dietro l’altare. Una colpa, un peso insopportabile per il piccolo ebreo che con un gesto riparatore tanto ingenuo quanto allucinatorio, ad uno ad uno toglie i chiodi dalle mani e dai piedi piagati di Gesù che si stacca dalla croce, si libera della corona di spine e si incammina scomparendo in dissolvenza come un Avatar. Una sequenza che non può non suscitare pietà per le angosce patiteda quel ragazzino in nome di una legge che si pretende divina e superiore a tutte le leggi degli uomini.
Con un salto temporale, e con sorpresa se non si conosce il caso, ritroviamo Edgardo giovane prete. Bene lo interpreta Leonardo Maltese che ci mostra l’agitarsi nel suo animo di un’inquietudine e di una ribellione che a tratti riemergono prepotenti dal passato, mentre il presente scorre tra slanci di fede e amore per il “suo” Papa.
I genitori, che non hanno mai smesso di lottare contro la violenza subita dal loro bambino, dalla loro famiglia e dalla comunità ebraica, moriranno sconfitti anche dai tribunali laici dell’Italia unita e senza il conforto dell’affetto filiale.
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[+] ok
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mauridal
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venerdì 23 giugno 2023
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il male è necessario
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Quando talvolta il male, è necessario per ottenere un supremo bene. Quando un qualsiasi potere, politico, militare , religioso, un potere reale, che determina scelte e condizioni di vita delle persone che vivono in situazioni subalterne , opera e agisce con il terrore e la violenza procurando dolore e morte, allora il male è una categoria del potere .
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Quando talvolta il male, è necessario per ottenere un supremo bene. Quando un qualsiasi potere, politico, militare , religioso, un potere reale, che determina scelte e condizioni di vita delle persone che vivono in situazioni subalterne , opera e agisce con il terrore e la violenza procurando dolore e morte, allora il male è una categoria del potere . Il male inteso come valore opposto al bene che in genere è un valore che dovrebbe prevalere nell’esercizio di un potere dedito al governo di una piccola o grande comunità . Di solito consideriamo come poteri forti , quelli militari , i regimi politici che controllano il popolo con le armi , dove un dittatore o capo supremo spesso arriva alle guerre per consolidare il proprio potere. Tutta questa premessa per chiedersi il vero significato della storia raccontata da Marco Bellocchio nel film Rapito, dove a mio parere si tratta proprio della storia di un potere, in questo caso religioso, proprio quello del Papa di Roma, cattolico cristiano con milioni di fedeli credenti. In realtà il popolo dei fedeli credenti in un Dio ultraterreno, capace del Bene massimo per tutta l’umanità, poi , viene a seguire sulla terra, gli insegnamenti dei ministri e del Capo della chiesa cattolica , il Papa che ne è il rappresentante . La storia del film narra appunto ,che tutta la vicenda del bambino ebreo Edgardo ma battezzato cristiano , a Roma nel 1850 è derivata dalle decisioni di un singolo uomo e dei suoi ministri che esercitano un proprio potere quale potere decisionale assoluto e incontestabile, il potere di un capo riconosciuto e venerato dai fedeli credenti, ma osservato e spesso inquadrato da tutto un altro mondo che non ottempera alla sua linea di pensiero e di condotta. Il rapimento del piccolo Edgardo è una azione di forza dei gendarmi pontifici contro la sua famiglia che, ebrea non poteva dargli una educazione cattolica come tutti i cattolici devono avere secondo i precetti della fede. L’ordine di prelevare e riportare il bambino a Roma in un collegio dello stato pontificio viene dapprima da un frate della Santa Inquisizione, ma poi dopo un generale sollevamento pubblico del caso ,anche in ambito internazionale, dovuto all’interessamento delle varie comunità ebraiche, la decisione di. trattenere il ragazzo viene direttamente da Pio IX con l’avallo di tutta la Chiesa cattolica. A questo punto la narrazione si complica poiché il potere del Papa è inoppugnabile, neanche la famiglia nonostante vari ricorsi legali, riesce ad opporsi, mentre il bambino cresce senza i genitori, viene formato, educato secondo i modelli religiosi della Chiesa. Il Ragazzo diventa un perfetto cattolico, inquadrato nella realtà pontificia. Tutto questo avviene a ridosso dell’Unità d’Italia e quando nel 1870 lo stato pontificio viene annesso al Regno d’Italia, e Pio. IX muore, il giovane Edgardo invece di andare via e riunirsi ai fratelli e alla madre, diventa prete, definitivamente assoggettato al potere della Chiesa. Questa storia raccontata perfettamente nel film vuole indicare come l’operato del Papa svolto a salvaguardare l’integrità della Chiesa il suo potere e il supremo compito di salvare l bene degli ignari fedeli, si trova ad operare un male necessario, ai danni di un singolo bambino inizialmente togliendolo con la forza ai genitori ma successivamente conquistandolo alla Chiesa. Possiamo noi spettatori dal libero pensiero, anche giudicare il passato storico del Papa e quindi fare un confronto con la storia presente. Il merito di Marco Bellocchio e dei suoi film è di far riflettere e pensare sui fatti e sugli uomini che agiscono, e questo film in particolare è tra i migliori, anche della ultima cinematografia italiana. Proprio mentre si scrive e si discute del film, cade l’anniversario odierno dell’altro fatto rubricato come il caso Emanuela Orlandi, accaduto in tempi moderni all’interno della Stato Vaticano, con altro Papa e altri personaggi, forse il male colpisce ancora . (Mauridal)
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shagrath
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venerdì 11 agosto 2023
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vicenda lontana ma vicina a noi
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Bellocchio ci presenta una storia interessante e dalle molteplici interpretazioni, solo in apparenza lontana anni luce dalla sensibilità contemporanea, la storia vera di una conversione di un bambino ebraico di sei anni sottratto con la forza all'amore della sua famiglia. Un atto di esercizio del potere e di annullamento dei diritti umani più rudimentali, giustificato da posizioni dottrinali contorte fino a ridursi a foglia di fico da porre sopra le vergogne del papa.
Ma questa assurda storia non è ambientata nell’alto medioevo, non nel barbaricum o in altri luoghi non gravati dalla luce della scienza, ma nella seconda metà dell’800, nel cuore di un occidente in mutazione.
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Bellocchio ci presenta una storia interessante e dalle molteplici interpretazioni, solo in apparenza lontana anni luce dalla sensibilità contemporanea, la storia vera di una conversione di un bambino ebraico di sei anni sottratto con la forza all'amore della sua famiglia. Un atto di esercizio del potere e di annullamento dei diritti umani più rudimentali, giustificato da posizioni dottrinali contorte fino a ridursi a foglia di fico da porre sopra le vergogne del papa.
Ma questa assurda storia non è ambientata nell’alto medioevo, non nel barbaricum o in altri luoghi non gravati dalla luce della scienza, ma nella seconda metà dell’800, nel cuore di un occidente in mutazione. Bellocchio ci riporta negli ultimi anni di vita dello Stato della Chiesa, una nazione in avanzato stato di necrosi. Mentre in Europa divampa la rivoluzione industriale, si affermano i valori di democrazia, di uguaglianza e di libertà, a Roma un Papa-Re continua a invocare ogni venerdì santo l’Iddio per chiedere la conversione dei “perfidi giudei” (Oremus et pro perfidis Judaeis), non disdegnando di dare un aiutino all’Onnipotente facendo rapire i figli dei giudei dalle loro case. Finché la polizia papale, su mandato dell’inquisizione, non irrompe nella casa di un mercante bolognese, tale Salomone Mortara (ben interpretato da Fausto Russo Alesi) che non ci sta. L’imprenditore si rivolge alla stampa, denuncia il drammatico rapimento del figlio e fa scoppiare il caso. Ma per Santa Romana Chiesa è tutto regolare: il bimbo è stato battezzato di nascosto, contro la volontà di chiunque, per mano di una domestica analfabeta ma indottrinata ben bene. Quindi ora il neonato è cristiano, si è convertito, e nello Stato della Chiesa gli obblighi del cristiano si sovrappongono alla legge dello stato, e sono obblighi tanto pervasivi da poter schiacciare bambini, famiglie e individui (sharia scansati proprio).
Bellocchio ci porta a Roma nel collegio dei catecumeni, luogo ammantato di ipocrisia mistica dove il bimbo rapito scoprirà di non essere l’unico che dovrà imparare a conoscere Cristo: il luogo è pieno di orfani e di altri bambini ebraici. La conversione viene inquadrata sotto una luce impietosa, luce che lo stesso clero ha acceso con il caso Mortara: non libertà o scelta, ma obbligo ed indottrinamento. Una spiritualità vuota, fatta di ripetizioni, di parole incomprese, di misticismo, incubi, allucinazioni, di internamento, di misteri della fede, di preghiere continue ed ossessive, di obbedienza ceca. Una ortodossia che porta a imprigionare la mente dietro sbarre invisibili ma che non lasciano passare più nulla. Niente amore, niente salvezza, niente redenzione. Ma soprattutto niente luce della ragione. Il giovane ebreo, sottratto all’amore della sua famiglia, deprivato di un’educazione eterogenea, cresce diventando un cattolico invasato, in preda all’amore/odio per il papa, incapace di rispettare perfino sua madre in punto di morte, incapace di partecipare al funerale del padre. Uno spirito eradicato e perduto in un misticismo tanto fanatico quanto vuoto.
Nessuna salvezza neppure per il Papa-Re, qui interpretato magistralmente da Paolo Pierobon, che crede di dover rispondere solo a Dio e quindi di dover restare inamovibile su posizioni medievali in un mondo in rivoluzione. Una credenza fatale, fedelmente ricostruita nel film: quando Pio IX viene abbandonato dall’opinione pubblica occidentale, travolto dallo sdegno, dalla satira internazionale, anche a causa del caso Mortara, il Regno d’Italia non tarda a sferrare un pietoso colpo di grazia allo Stato della Chiesa, oramai solo fonte di imbarazzo per tutta l’Europa.
Vicende in apparenza lontane, eppure attuali nell’indagare il tema sia della “conversione” religiosa nei bambini (un non senso, dato che un bambino non può avere gli strumenti mentali per fare una scelta di fede. Eppure si continua a battezzare neonati come se non ci fosse un domani), sia sul tema di un clero perennemente anacronistico rispetto alla platea dei fedeli (per non parlare dei non fedeli). Un film che dunque parla di noi, delle nostre radici secolari, che ci invita a non dare per scontati i nostri diritti e i nostri progressi perché non lo sono affatto, ma sono il risultato di una lotta mai cessata per affermare la ragione sul misticismo più tronfio.
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